Copertina
Autore AA. VV.
Titolo Occupy Wall Street
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2012, Serie Bianca , pag. 224, ill., cop.ril., dim. 14x22x1,4 cm , Isbn 978-88-07-17230-4
OriginaleOccupying Wall Street
EdizioneOR Books LLC, New York, 2012
TraduttoreVirginio B. Sala, Stefano Valenti
LettoreRossana Rossi, 2012
Classe movimenti , paesi: USA
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Indice


 13 Introduzione

 17 Inizi
 27 È nata un'occupazione
 38 L'assemblea generale
 47 Il Ponte di Brooklyn
 55 60 Wall Street
 62 Studenti e sindacati
 73 La vita in piazza
112 Difesa dell'occupazione
123 POCcupy. Anche People of Color occupa Wall Street!
135 Al confine della piazza
145 Washington Square, Times Square
155 L'arte della piazza
164 L'occupazione si propaga
175 I media occupati
184 Lo sgombero
194 Il futuro dell'occupazione
203 Un giorno nella vita della piazza

209 Cronologia di un movimento in marcia
216 Contatti utili
221 Scrittori per il 99%


 

 

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Pagina 17




Inizi



                                Siete pronti per un momento Tahrir?

                              Invito da "Adbusters", 13 luglio 2011



Occupy Wall Street è parte di un movimento globale che nell'ultimo anno ha raggiunto quasi tutti i continenti. Le proteste, nelle varie nazioni, hanno avuto luogo sotto forme di governo differenti e sono state diverse fra loro per le richieste specifiche avanzate, ma tutte hanno espresso lo stesso sdegno nei confronti delle ingiustizie di un capitalismo globale senza freni. Nei primi mesi del 2011, il Nord Africa e il Medio Oriente hanno visto una miriade di proteste popolari: le manifestazioni in Tunisia sono iniziate il 17 dicembre 2010, dopo che un venditore ambulante ventiseienne, Mohammed Bouazizi, si era dato fuoco per denunciare il comportamento della polizia, che continuava a confiscare le sue merci per estorcergli denaro, impedendogli così di dare di che vivere alle otto persone della sua famiglia. Fotografie e video di Bouazizi si sono diffusi viralmente su Facebook, scatenando la rabbia di una generazione di giovani tunisini e dando il via a colossali dimostrazioni di piazza che, il 14 gennaio, hanno costretto il presidente Ben Ali all'esilio.

Poi le proteste si sono propagate all'Algeria, al Libano, alla Giordania, alla Mauritania, all'Oman e all'Arabia Saudita. Le prime proteste di piazza in Egitto ci sono state il 25 gennaio e il 31 gennaio oltre 250.000 persone si sono radunate in piazza Tahrir al Cairo. Nel mite clima invernale egiziano, decine di migliaia di persone hanno montato piccole tende individuali e grandi tendoni aperti, enormi pezze di tela o fogli di plastica trasparente stesi su pali. I visitatori donavano cibo alla "tendopoli", che ha riunito persone di ogni età, ideologia e tendenza. Sono state formate commissioni popolari, un servizio di sicurezza volontario, un sistema di raccolta dei rifiuti, servizi medici, un "angolo dei pittori" dove i manifestanti più istruiti preparavano cartelli, mostre all'aperto di striscioni rivoluzionari, un palco improvvisato su cui i poeti potevano recitare le loro poesie, addirittura uno spazio all'aperto per i matrimoni. Queste commissioni e questi spazi speciali sono serviti da modello per i movimenti successivi in Europa e negli Stati Uniti.

Il 14 febbraio, la prima ondata di manifestazioni popolari negli Usa ha scosso il Campidoglio dello stato del Wisconsin, a Madison, e rapidamente ha raggiunto i campus universitari vicini e le città di Milwaukee, Green Bay e Columbus nell'Ohio. Nonostante la rivolta avesse un obiettivo specifico: opporsi al programma di tagli alla spesa sociale nel bilancio dello stato del Wisconsin, che limitava anche alcuni diritti di contrattazione collettiva, alcuni manifestanti sventolavano bandiere egiziane. Il 20 febbraio, il leader sindacale cairota Kamal Abbas pubblicava su YouTube un video di solidarietà con i "lavoratori nel Wisconsin": "Siamo al vostro fianco come voi siete stati al nostro," diceva.

In estate, le sollevazioni si erano propagate all'Africa subsahariana, all'America latina, all'Asia e all'Europa. Tutte queste proteste hanno influenzato quanti avrebbero poi partecipato a Ows. Senia, del gruppo di lavoro sulla stampa, per esempio, ha notato che gli occupanti di origini latinoamericane avevano tratto "una grandissima ispirazione" dalle proteste recenti, anche se poco pubblicizzate, in Cile, Colombia, Argentina, Brasile, Messico e Venezuela. Ma fra tutte le proteste del 2011, forse quella che ha avuto il maggiore impatto sulla forma e sulle strategie di Ows sono stati i grandi accampamenti degli indignados.

Coordinato attraverso Facebook e Twitter, il movimento spagnolo del 15 maggio, o 15M, ha marciato in una sessantina di città spagnole e ha piantato le sue tende in piazze pubbliche molto visibili, al che si deve il nome las acampadas, gli accampamenti. La televisione pubblica iberica ha stimato che al movimento si siano aggregati dai 6,5 agli 8 milioni di persone, per protestare contro i tagli alla spesa sociale, contro la disoccupazione salita al 20 per cento e altre conseguenze dell'avidità delle corporation.

Organizzando assemblee generali e gruppi di lavoro che formulavano le decisioni attraverso un processo basato sul consenso, gli indignados, ancor più dei manifestanti di piazza Tahrir, hanno creato strutture che Ows avrebbe poi riutilizzato e rifinalizzato. Willie Osterweil, un attivista impegnato in alcuni dei primi incontri di pianificazione per Ows, così come per la Nycga, l'assemblea generale di New York, e per una prima occupazione andata sotto il nome di "Bloombergville", ha descritto gli accampamenti spagnoli che ha visitato a giugno: "Questi campi sono diventati centri di informazione, di protesta e di vita rivoluzionaria: gli indignados hanno predisposto cucine per distribuire cibo gratuito, commissioni dedicate a temi specifici (l'ambiente, il mondo militare, i diritti delle donne ecc.) e tenevano incontri, teach-ins e discussioni pubbliche. Era una forma diversa di democrazia, in cui lavoro, risorse, decisioni erano tutti condivisi. Coprono le tende con cartelloni con slogan rivoluzionari, e dovunque vadano lasciano striscioni di tessuto, cartelli di cartone e graffiti".

L'occupazione spagnola ha elettrizzato Willie: "In Spagna ho recepito questo senso di urgenza e mi sono reso conto concretamente (anziché solo intellettualmente) della natura del momento storico e delle possibilità che ci si aprivano qui negli Usa," ha scritto in un blog. "L'accampamento ti dà una sensazione magica, ma è tutto raffazzonato, improvvisazione su improvvisazione: nastro adesivo, corde, tele cerate, tessuto, pali metallici per tende tese su un tetto di tela che si incurva, fogli di plastica appoggiati a tre lunghe aste di bambù tenute insieme con il nastro adesivo. Un gran temporale potrebbe tirar giù tutto, ma non si può dire lo stesso dello status quo? Questo accampamento, se fosse affiancato da un numero sufficiente di altri accampamenti simili in tutto il mondo, potrebbe essere quel temporale."

Nel corso della sua visita Willie ha preso contatti con gli indignados e in seguito ha discusso con loro mentre pianificava con altri attivisti le occupazioni di New York. "La mia esperienza in Spagna è stata incredibilmente importante e ha influenzato la mia partecipazione a Bloombergville, alla Nycga e alla fine a Ows." Le sue interazioni con gli indignados dimostrano anche quanto gli organizzatori in continenti diversi abbiano comunicato e si siano sincronizzati fra loro, condividendo idee e tattiche.

Fra le molte cose che hanno avuto in comune, i manifestanti in tutto il mondo hanno occupato spazi con un'importanza simbolica e hanno costruito una comunità di intenti, cercando di creare, in miniatura, il tipo di società in cui vorrebbero vivere, una società che si cura di tutti i bisogni dei suoi membri - cibo, vestiario, alloggio. Gli accampamenti hanno dato loro un senso di comunità e di famiglia, oltre che un luogo fisso in cui parlare fra loro e con la stampa. Facebook e Twitter sono censurati in qualche forma in alcuni paesi, ma molti manifestanti possiedono uno smartphone, il che ha consentito ai movimenti ben organizzati di mobilitare rapidamente un gran numero di persone. Questo spiega, almeno in parte, non solo la diffusione incendiaria delle proteste del 2011, ma anche la preferenza per l'organizzazione non gerarchica e per i processi decisionali "orizzontali", che assomigliano all'organizzazione delle reti sociali online più che alle strutture di governo tradizionali.

Quando Willie è tornato dalla Spagna e dalle manifestazioni degli indignados, i New Yorkers Against Budget Cuts (Nyabc), l'Iso (Internazionale socialista) e alcuni altri gruppi stavano inscenando un'occupazione in tono molto più dimesso contro i tagli alla spesa sociale proposti dal sindaco di New York Michael Bloomberg: avevano dato a questa occupazione di tre settimane il nome di Bloombergville. Se il Consiglio comunale avesse approvato la proposta del sindaco nella sua forma originaria, quattromila insegnanti delle scuole pubbliche avrebbero perso il lavoro e venti caserme dei pompieri sarebbero state chiuse. A partire dal 16 giugno, varie decine di manifestanti hanno occupato l'angolo fra Broadway e Park, vicino a City Hall, il municipio. Era giugno, le notti erano calde e le tende non erano necessarie: il gruppo iniziale dormiva in sacchi a pelo sotto impalcature. I maggiori sindacati municipali e degli insegnanti fornivano il cibo, c'era anche una piccola biblioteca e si tenevano teach-in con i docenti della Columbia University. L'occupazione è proseguita per qualche giorno ancora dopo il 29 giugno, quando il Consiglio comunale ha approvato un budget modificato.

Come i manifestanti che poi hanno preso parte alle prime assemblee generali e a Occupy Wall Street, gli occupanti di Bloombergville hanno parlato del forte senso di comunità provato nel corso di queste occupazioni e di questi incontri. Le persone presenti "costruivano relazioni molto strette e cameratesche", ha detto Jackie Di Salvo, sessantotto anni, professore del Baruch College e da molto tempo organizzatore sindacale. "Per me è stato molto facile dormire lì. C'erano persone che stavano sveglie tutta la notte per essere sicure che tutti stessero bene." Jez Bold, ventisette anni, che ha partecipato a Bloombergville la seconda settimana, da tempo aveva evitato forme più convenzionali di protesta politica, ma è rimasto "stupito dall'idea di questa comunità che si formava intorno a questa azione politica".

Per Jez il senso di comunità proveniva in parte dalla forma atipica del movimento: "Non era una protesta o una marcia, in nessun senso tradizionale. Certo non era una manifestazione in nessun senso tradizionale. Erano tutte persone che avevano semplicemente programmato di dormire lì, e così hanno dovuto lavorare tutte insieme per dormire lì". Jez ha visto gli abitanti di Bloombergville pianificare i pasti, creare una biblioteca, condurre teach-in e addirittura pensare a un'opera su Bloombergville. Questi progetti hanno creato un'atmosfera che Jez ha descritto come "una sorta di veranda. Come se tutti avessero una veranda a New York e si potesse scendere e girare nella propria veranda collettiva su Park Place e Broadway".

Jez è stato testimone anche dell'arresto dei "Bloombergville 13", che si sono legati fra loro nell'atrio per impedire al Consiglio comunale di votare i tagli al budget. "Si sono seduti tutti, si sono ammanettati con le manette di plastica l'uno all'altro, si sono messi in cerchio e si sono rifiutati di andar via. È arrivata la polizia, ha detto loro di andarsene e loro si sono rifiutati," ricorda Jez. "Hanno cominciato a tagliare le manette, qualcuno si è ammanettato di nuovo agli altri, e alla fine li hanno tirati su uno per uno e li hanno spinti dietro", arrestandoli tutti. Il giorno seguente il Consiglio comunale ha votato. "Tutti erano molto delusi", quando hanno saputo che erano stati approvati tagli pesanti, ma qualcuno si è rincuorato per il fatto che il Consiglio aveva modificato la proposta di Bloomberg e cancellato gran parte dei licenziamenti e delle chiusure delle caserme dei pompieri.


***


La Nyabc aveva appena concluso l'occupazione di Bloombergville quando, il 13 luglio, "Adbusters", una rivista ecologica e anticonsumismo con sede a Vancouver, ha diffuso il suo invito all'azione:

#OCCUPY WALL STREET
Siete pronti per un momento Tahrir?
Il 17 settembre invadete Manhattan, tirate su tende,
cucine, barricate pacifiche e occupate Wall Street.


Sul sito web della rivista, un post sotto l'invito esortava i lettori a cogliere lo Zeitgeist e a dar vita a un movimento che fosse "una fusione di piazza Tahrir con le acampadas di Spagna".

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Pagina 34

[...] Dopo che sono stati presentati ed elaborati quattro blocchi, l'assemblea generale ha cercato nuovamente il consenso. L'anonimo estensore delle minute di quel giorno ha registrato che "tutti erano emozionati che fosse stato raggiunto il consenso e che il documento sarebbe stato pubblicato online, in uno dei più begli esempi di vera democrazia che, personalmente, abbia mai visto".

I "Princìpi di solidarietà", il primo documento ufficiale prodotto dall'occupazione, erano, e sono:

• Praticare una democrazia partecipativa diretta e trasparente;

• Esercitare la responsabilità personale e collettiva;

• Riconoscere il privilegio intrinseco degli individui e l'influenza che ha in tutte le interazioni;

• Responsabilizzarsi a vicenda contro ogni forma di oppressione;

• Ridefinire la valutazione del lavoro;

• La sacralità della sfera privata individuale;

• La convinzione che l'istruzione è un diritto umano;

• Impegnarsi a praticare e sostenere l'applicazione estesa dell'open source.

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Pagina 47

Il Ponte di Brooklyn



            Ragazzi, voglio che lo sappiate... So perfettamente da dove venite.
            La mia famiglia è stata fregata dai pignoramenti e da prestiti da
            ladri e dalle storture delle banche... ma non posso stare con voi
            per colpa di questo distintivo.

            Un poliziotto che arrestava i manifestanti sul Ponte di Brooklyn



Il 1 ° ottobre 2011 più di mille persone si sono ritrovate a Zuccotti Park per protestare per l'incidente verificatosi una settimana prima, quando, durante una manifestazione vicino a Union Square, il viceispettore Anthony Bologna della polizia di New York aveva usato lo spray al peperoncino contro tre ragazze, benché fossero già state bloccate dalle reti arancioni. L'attacco è stato videoregistrato ed è circolato su YouTube, suscitando indignazione fra gli abitanti di New York e galvanizzando i sostenitori di Ows in tutto il paese. In risposta è stata organizzata una manifestazione che doveva raggiungere uno dei punti più rappresentativi della città: il ponte di Brooklyn.

Intorno alle 15, quel sabato, dietro uno striscione che diceva "We The People", il corteo è partito da Zuccotti Park e si è mosso verso nord sulla Broadway, allungandosi per vari isolati. I manifestanti portavano cartelloni che dicevano "Liberiamoci", "Il futuro non è più quello di una volta", "Corruzione e avidità NON sono americani" e "Sei amato" e cantavano slogan del genere "Come mettiamo fine a questo deficit? Finiamola con la guerra! Tassiamo i ricchi!" o la sua variante beffarda "Iniziamo la guerra! Mangiamo i ricchi!". Dopo una mezz'ora i manifestanti sono arrivati vicino al ponte, dove è cominciata la confusione. Il corteo si è spezzato, all'ingresso del ponte si è formato un collo di bottiglia, qualcuno ha scelto di continuare sui marciapiedi autorizzati, mentre altri sono andati coraggiosamente verso l'ingresso della carreggiata del ponte. Quelli che hanno scelto le corsie delle auto si sono trovati presto davanti a un gruppetto di poliziotti, per lo più in camicia bianca e con un megafono, disposti sul percorso del corteo. Uno degli agenti ha cercato di mandare un avvertimento con il megafono, ma la sua voce è stata sovrastata dagli slogan "Prendiamo il ponte! Prendiamo il ponte!". Cogliendo l'opportunità, quelli nella prima fila del corteo si sono presi a braccetto e, resi fiduciosi dalla massa di persone che cantava dietro di loro, hanno cominciato una lenta, ma decisa avanzata verso la polizia e le corsie del ponte. In pesante inferiorità numerica, gli agenti hanno fatto dietrofront e si sono avviati verso Brooklyn, continuando a gridare nelle loro radio. Mentre il corteo si avviava sulle corsie degli automezzi, vari manifestanti che avevano imboccato i marciapiedi hanno saltato la recinzione per unirsi all'occupazione del ponte.

Mentre i manifestanti invadevano le corsie cantando "Siamo il 99 per cento!", "Le banche si sono tirate indietro! Siamo stati svenduti!" e "Il ponte di chi? Il nostro ponte!", i poliziotti hanno serrato i ranghi e hanno predisposto una barricata utilizzando l'ormai onnipresente rete arancione, innalzata a mezz'altezza per bloccare il corteo. Chi si trovava in testa al corteo si è fermato, ma non poteva vedere chi si trovava più indietro, e ha cominciato a circolare la voce che la polizia aveva circondato completamente i manifestanti. Quelli rimasti sui marciapiedi hanno potuto continuare a muoversi, ma quelli che si erano riversati sulle corsie degli automezzi si sono ritrovati intrappolati nelle reti. Queste reti arancioni, che nelle settimane precedenti erano diventate sinonimo di arresti, hanno colto di sorpresa molti manifestanti, convinti che la protesta pacifica non violasse alcuna legge, che non avevano sentito gli avvertimenti della polizia di non entrare nelle corsie del ponte riservate agli automezzi.

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Pagina 55

60 Wall Street



            Sono uno di quelli che dormono ancora all'aperto nel parco... la
            notte scorsa eravamo una trentina, e avevamo solo due ombrelli.
            Se finito qui andate a casa, magari passate dal parco e lasciate
            il vostro ombrello, così magari riusciamo a non bagnarci troppo
            stanotte.

            Un visitatore a un incontro del gruppo per il libro di Ows
            al 60 di Wall Street



Se, il 17 settembre, Zuccotti Park era l'indirizzo principale del movimento Occupy Wall Street, la seconda casa del movimento era certo l'atrio di un grattacielo al 60 di Wall Street. L'atrio, tecnicamente uno spazio pubblico di proprietà privata, con un regolamento ben preciso che ne limita l'uso, come Zuccotti Park, è enorme, ben illuminato e visivamente impressionante: il pavimento è di marmo bianco e nero, con panchine in grigio scuro e per tutta la sua lunghezza si alzano colonne rivestite di specchi con la base coperta di pietra simile a granito; alle due estremità ci sono grandi porte di vetro, mentre lungo una terza parete interna si allinea una serie di bar tutti a vetri; incongruamente, questa sorta di rifugio in una delle città più urbane della Terra ospita cascate artificiali e alberi di palma. Per gli uomini d'affari di Wall Street questo spazio era una specie di riserva, un luogo in cui pranzare lontano dalla frenesia della sala contrattazioni, mentre per altri, all'estremo opposto della scala socioeconomica d'America, i senzatetto, era un luogo dove potersi sedere e magari giocare a scacchi, per lo meno nelle ore di apertura, dalle 7 del mattino alle 10 di sera.

Da poco dopo il 17 settembre, quell'atrio è diventato anche un luogo in cui i sostenitori di Ows possono riposare e socializzare e, soprattutto, è diventato il luogo di incontro regolare per diversi fra i gruppi di lavoro più visibili e importanti del movimento. C'è voluto un po' di tempo perché acquisisse questo ruolo: "Quando sono andata per la prima volta al 60 di Wall Street," ricorda Imani J. Brown, parlando del suo gruppo di lavoro su arte e cultura, "erano pochissime le persone che si incontravano lì". Ma poco più di un mese dopo, aggiunge, centinaia di persone lo utilizzavano "tutto il giorno, ogni giorno". Di pomeriggio e di sera vi si svolge una serie continua di riunioni dei gruppi di lavoro: oltre a quello per l'arte e la cultura, fra le 14 e le 20 circa, vi si riuniscono quelli per l'azione diretta, dei facilitatori e quelli della struttura, della solidarietà ambientalista, di Ows en español (il collegamento con i movimenti di lingua spagnola) e, forse il più importante di tutti, quello della finanza. Entrando nell'atrio o da Wall Street a sud o da Pine Street a nord, il suono che colpisce le orecchie è particolare: è il basso e costante brusio delle voci umane, un ronzio costante, inframmezzato ogni tanto da strane esclamazioni; è il suono di un'attività concertata, entusiasta e cooperativa.

La sensazione che si prova al 60 di Wall Street riflette questo dinamismo. Entrare nell'atrio attraverso le porte girevoli di uno dei due ingressi significa passare accanto al flusso costante delle persone che entrano ed escono, talvolta alla spicciolata, in altri momenti come una vera fiumana. Significa passare oltre un piccolo distaccamento di sicurezza che, da quando Ows ha iniziato a utilizzare questo atrio, è costituito da poliziotti in uniforme oltre che da personale della proprietà, tipi di corporatura robusta che indossano scarponi da combattimento e inconfondibili tute militari blu (le Bdu, baule dress uniform, uniformi da battaglia) con gli immancabili berretti in stile esercito. Pattugliano avanti e indietro l'atrio o stanno fermi in silenzio accanto agli ingressi e ricordano costantemente che al 60 di Wall Street, come a Liberty Plaza, le cose non vanno come al solito.

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Pagina 73

La vita in piazza



                Ho detto, sono una bibliotecaria. So organizzare i libri. Di
                questi tempi, organizzare libri è un atto rivoluzionario.

                Betsy Fagin, volontaria alla biblioteca popolare di Zuccotti Park



I quartieri di Zuccotti Park

Occupy Wall Street si è conquistata la fama, sulla stampa, di non avere un messaggio unico o un unico insieme di richieste, e di avere invece abbracciato la varietà di opinioni difese dai suoi molti, diversi sostenitori. C'erano atteggiamenti fra loro incoerenti: accanto ai nemici giurati della Federal Reserve, che sostengono Ron Paul, e che erano ben visibili con i loro cartelli "End the Fed", "Chiudiamo la Fed", sul lato di Liberty Plaza che dà su Broadway, c'erano altri per i quali invece la Federal Reserve deve essere certo riformata, ma non va abolita. Zuccotti Park ospita sia chi propone riforme specifiche come la reintroduzione del Glass-Steagall Act, sia rivoluzionari che vogliono l'abbattimento totale del capitalismo, o un'anarchica abolizione di ogni gerarchia nel governo e nella società americana.

Con la progressiva evoluzione dell'occupazione a Liberty Plaza queste differenze (diventate alla fine delle divisioni) hanno avuto una loro identificazione anche nella topografia della piazza e nell'esperienza vissuta da quanti dormivano nel parco, in particolare dopo che avevano cominciato a spuntare le tende verso la fine di ottobre e agli inizi di novembre. Anche se le divisioni non erano nettissime, la piazza ha cominciato a dividersi geograficamente e si sono venute a creare due zone distinte: orientale e occidentale.

Per molti aspetti, il parco era un tutto coeso: nonostante la varietà degli obiettivi ultimi dei diversi sostenitori di Ows, ogni persona coinvolta nell'azione concordava sulla necessità di un cambiamento. In termini di condizioni di vita, con il progressivo aumentare del numero delle persone che rimanevano tutta la notte, la piazza ha finito per diventare affollata e lo spazio ha cominciato a scarseggiare.

Si notava però che, con il procedere dell'occupazione, le estremità orientale e occidentale della piazza andavano assumendo un aspetto sempre più differente l'una dall'altra. Rispetto all'estremità orientale, dove si trova la grande statua rossa, quella occidentale risultava più organizzata: le tende da quella parte in genere erano più grandi, offrivano alloggio a gruppi di dimensioni considerevoli, ed erano disposte a distanza ravvicinata in modo che, a partire dai lati della cucina, rimanessero due passaggi liberi fino ai bordi del parco.

Rispetto alle grandi tende dell'estremità occidentale, gran parte della metà orientale del parco era un groviglio impercorribile di piccole tende singole. Anche lì c'erano due passaggi paralleli sui lati, ma in parecchi punti erano notevolmente più stretti e andavano molto più a zig-zag di quelli dalla parte occidentale. Nonostante questo aspetto di caos addensato, nella zona orientale del parco si trovava la maggior parte delle più importanti attività organizzate, fra cui lo spazio media, il centro per la diretta video e la biblioteca popolare, tutte attività ospitate in grandi tende ben indicate.

Per entrare nel parco non c'erano difficoltà dall'estremità orientale, dove ampi scalini scendevano dai marciapiedi di Broadway verso vari punti di ingresso. Gli scalini passavano intorno alla statua rossa, all'angolo sud-est, dove si trovava il "palco popolare" e lungo il lato meridionale della piazza; anche da lì si poteva entrare senza ostacoli, salvo l'occasionale manifestante seduto sui gradini o che dimostrava davanti alla scalinata.

Non era altrettanto facile accedere dall'estremità occidentale: in gran parte era transennata dalla polizia e molti manifestanti stavano seduti sui gradini che salivano al parco, che in quel punto è più in alto rispetto al livello della strada, e questo ostacola l'ingresso. Nell'angolo sud-ovest una serie di tende bloccava un breve sentiero, creando una via senza uscita e impedendo l'accesso a uno dei passaggi principali.

Di conseguenza, l'unica via di accesso da quel lato del parco passava per l'angolo nord-ovest, dove il visitatore era accolto da un'immagine di forte contrasto, di un genere del tutto peculiare a Occupy Wall Street: proprio di fronte allo spazio per la meditazione, una pedana intorno a un albero, ornata di bruciaincenso e di varie, non meglio identificate, icone e altre decorazioni spirituali, incombeva il traliccio di una torre d'osservazione mobile della polizia di New York, sinistro, costante sguardo da Panopticon sulla vista sottostante.

L'accesso era solo la prima delle differenze fra le due sezioni del parco. Anche se le distinzioni non erano solide e concrete, anche un visitatore casuale poteva sentire le differenze fra la parte orientale e quella occidentale. In generale sembrava che la parte orientale del parco ospitasse i sostenitori del movimento più riformisti e più vicini alla classe media, mentre la parte occidentale ospitava attivisti più vicini alla classe lavoratrice, meno disposti a compromessi politici.

Nella parte orientale del parco si trovavano la biblioteca popolare, il caucus Lbgtq, Información en español e i gruppi di lavoro stampa, relazioni con i media, lo sportello legale e, ovviamente, l'assemblea generale. In parole povere, era dove aveva il quartier generale la maggior parte delle funzioni più importanti del movimento. Nella parte occidentale, invece, erano ospitati gli interventi più apertamente radicali: un tavolo per la riacquisizione di terre per i nativi americani; il "campo lotta di classe", un gruppo di lavoro anarchico e parecchi altri gruppi rivoluzionari; e i famigerati e chiacchierati percussionisti del Pulse, che suonavano da un palcoscenico di fortuna in cima alla scalinata sul lato occidentale.

Non si trattava semplicemente di differenze di sapore ideologico: potevano generare, e infatti hanno generato, un vero senso di reciproca antipatia fra i "residenti" delle due parti del parco. Descrivendo il suo gruppo, Kv, uno degli organizzatori del "campo lotta di classe", dichiarava: "Questa parte del campo non è per le riforme. Questa parte è per la rivoluzione, sapete? Non siamo... non abbiamo niente da perdere. Non siamo ragazzini liberal dei college. Non vogliamo aggiustare il sistema, vogliamo fottutamente bruciarlo fino alle fondamenta". KV è passato a criticare quegli stessi "ragazzini liberal dei college" perché tornavano a dormire nelle loro stanze la sera e raccontava come, una volta, visitando la zona orientale del parco alla ricerca di un evento di "microfono aperto", si era sentito dire che l'organizzatore non era lì al momento, era "nel ghetto" - solo per scoprire che "nel ghetto" voleva dire la sua parte del parco, "vicino a 'lotta di classe'".

Il disprezzo poteva andare anche in direzione opposta. Daniel Levine, che ha contribuito a fondare lo "sportello informativo est", in cima alla scalinata sul lato orientale del parco, si adatta perfettamente alla caratterizzazione che KV faceva dei manifestanti della parte orientale: Levine è un ventiduenne studente del Baruch College che, invece di accamparsi nel parco, la sera tornava a dormire nel suo appartamento a Brooklyn. "La parte occidentale," dice Levine, "a volte diventa proprio sgradevole. Conosco qualcuno di quelli che si occupano dei servizi igienici e mi dicono che di solito è lì che ci sono zuffe e spacciatori"; per Levine era la sede degli "elementi più trasandati", e la parte occidentale era vista come un posto in cui non era possibile desiderare di passare del tempo, a causa dei "percussionisti, che non sanno suonare. In genere sembra di sentire qualcuno che bussa a una porta molto forte e per un sacco di tempo" e a causa di una esasperante concentrazione di "fottuti hippy che vogliono suonare The Times They Are A-Changin' diciotto volte di fila davanti al tavolo". Nonostante questi atteggiamenti, Levine non dava molto credito all'immagine di una divisione fra est e ovest del parco basata specificamente su ragioni politiche, e la definiva "una posizione interessante". Secondo lui, invece, il posto che ciascuno sceglieva era determinato non tanto da grandi ideali ma, più pragmaticamente, da dove si trovava di volta in volta il tavolo che distribuiva le sigarette gratis.

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Pagina 123

POCcupy
Anche People of Color occupa Wall Street!



            Lo scopo di People of Color (Poc) è rendere questi attivisti
            progressisti bianchi e il movimento consapevoli, far loro
            comprendere che, non perché adesso navigano in cattive acque e
            sentono puzza di bruciato questo vuol dire che la gente al mondo
            non si sia rivoltata per decenni, per secoli.

            Jodi, membro del gruppo di lavoro People of Color (Poc)



Il movimento era bello. Era il crepuscolo del 23 settembre e le luci sulla pavimentazione in marmo tremolavano al defluire continuo della folla. Una donna nera sola e in abito scuro scendeva circospetta le scale. Era il suo primo giorno a Zuccotti Park e scrutava la scena. Guardava a destra e a sinistra in direzione della "grande Cosa rossa", nome con cui gli occupanti avevano ribattezzato la scultura Joie de vivre. La donna sembrava interessata alle conversazioni che si svolgevano attorno a lei ma, non conoscendo nessuno, era rimasta in silenziosa e imbarazzata attesa fin quando l'assemblea generale non era cominciata.

Jamie, membro del gruppo di lavoro People of Color, letteralmente "gente di colore", che si descrive come "una donna di colore del 99 per cento", si era unita per la prima volta a Occupy Wall Street il 15 ottobre, il National Day of Action. "Sono venuta da sola," ha spiegato, "perché nessun altro voleva venirci. Neanche uno dei miei amici era interessato e ho pensato: fottetevi, vado a dare un'occhiata... Mi piaceva quella energia... Ma qualcuno ha cominciato a notare che la maggioranza dell'assemblea generale era composta da maschi bianchi, il massimo del privilegio possibile nell'attuale struttura sociale. Molte delle persone che fanno parte del 99 per cento guardano con interesse ai temi trattati dal movimento - temi che incidono sulla loro esistenza quotidiana. Eppure non sono presenti a Zuccotti Park perché si sentono emarginate, perché sentono che la loro voce non è ascoltata o perché hanno vissuto esperienze razziste." Jodi, che ha iniziato a frequentare Zuccotti Park il 17 settembre, primo giorno dell'occupazione, ha potuto testimoniare l'evoluzione di questa iniziale mancanza di rappresentanza. "Nelle prime due settimane passavo di tanto in tanto da quelle parti, e di persone di colore neanche l'ombra," ha detto. "Era inquietante. Poi, d'improvviso, un'esplosione e la presenza è diventata molto più consistente. Credo che sarebbe stato ridicolo se quella situazione si fosse protratta mentre il movimento si pone come il rappresentante del 99 per cento." La sua opinione è condivisa da molti occupanti, manifestanti, organizzatori, attivisti comunitari e media del movimento che auspicano una presenza ancora maggiore di gente di colore e di membri delle comunità emarginate.

Così, il 1° ottobre, mentre quella sensazione di alienazione cresceva, durante l'assemblea generale una donna si è alzata e ha proposto un gruppo di lavoro intitolato alla gente di colore, un gruppo di lavoro chiamato People of Color, chiedendo a chiunque fosse interessato di "farsi trovare alla Cosa rossa... Adesso". Nonostante avesse discusso l'idea con molti alleati bianchi e con gente di colore, questo membro fondatore del Poc all'inizio ha dovuto vincere l'indifferenza di due bianchi per mettere la proposta in agenda. "Occupy Wall Street non era lo spazio diverso e protetto che proclamava di essere," ha detto in seguito. "Non mi aspettavo il contrario. Il movimento è nato in una società radicalmente ostile e per iniziativa di individui pericolosamente inclini a una logica di neutralità razziale."

Cinque persone, bianche e di colore, si sono presentate al primo incontro e si sono scambiate gli indirizzi e-mail. Nel secondo incontro il gruppo contava una ventina di membri e al terzo un centinaio di persone di diversi colori sedeva in circolo alle spalle della Cosa rossa e, grazie al consenso generale, il gruppo era diventato un luogo accogliente per qualunque persona che si identificava con la definizione di persona di colore. Lanciato il 1° ottobre 2011, l'appello del Poc alla gente di colore - il primo documento del gruppo approvato all'unanimità – diceva:

Per tutti coloro che vogliono sostenere l'occupazione di Wall Street, che vogliono lottare per una società più giusta ed equa, ma che si sentono esclusi dalla campagna, questo messaggio è per voi. Per tutti coloro che credono che la loro voce non sia ascoltata, che si sono sentiti a disagio o inadatti a partecipare alla campagna, che sentono sia stato loro imposto il silenzio, questo messaggio è per voi. Per tutti coloro che non si sono interessati a Occupy Wall Street ma che sanno che un radicale cambiamento sociale è necessario, per tutti coloro che hanno pensato di unirsi alla protesta ma che non sanno da dove o come cominciare, questo messaggio è per voi. Non siete soli. Le persone che hanno costituito il gruppo di lavoro People of Color si sono riunite perché condividono quelle sensazioni e ritengono che l'opportunità di elevare le coscienze offerta da Occupy Wall Street sia imperdibile. È arrivato il momento di portare avanti in modo deciso l'espansione e la diversificazione di Ows. Se questo vuole davvero essere il movimento del 99 per cento avrà bisogno del resto della città e del resto del paese.

Diciamo la verità. La crisi economica non è cominciata con il tracollo di Lehman Brothers nel 2008. La gente di colore e la povera gente in realtà sono in stato di crisi fin dalla fondazione di questa nazione e le comunità indigene anche da prima. Sappiamo da tempo che il capitalismo serve unicamente gli interessi di una modesta minoranza composta in grande parte da bianchi.

Le persone di colore sanno da sempre che ogni qualvolta le "necessità" economiche richiedono misure di austerità ed è chiesto di stringere la cinghia, noi siamo i primi a perdere il lavoro, le scuole frequentate dai nostri figli sono le prime a vedersi tagliare i finanziamenti e i nostri corpi sono i primi a essere brutalizzati e imprigionati. Solo noi possiamo dire questa verità al potere. Non dobbiamo perdere l'occasione in questo scontro di mettere in prima linea le necessità della gente di colore sulle cui spalle questo paese è stato costruito.

Il gruppo di lavoro People of Color nasce per favorire un movimento inclusivo di consapevolezza razziale. Ci rivolgiamo alle comunità di colore e a lavoratori immigrati senza documenti e a basso reddito, a carcerati, persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (Lgbt) di colore, a comunità religiose emarginate come quella musulmana, e ai nativi americani, persone per le quali questa occupazione è conseguenza di un'altra occupazione e che hanno dunque la necessità di essere decolonizzati. Sappiamo che molti individui hanno responsabilità che non consentono loro di partecipare all'occupazione e che la pesante presenza poliziesca a Liberty Park agisce indubbiamente per molti da deterrente. Lo sappiamo perché siamo alcuni di questi individui. Ma questo movimento non è confinato a Liberty Park: con il vostro aiuto il movimento diventerà accessibile a tutti.

Se non accadrà non avrà successo. Nell'ignorare le dinamiche di potere e privilegio, questo movimento sociale monumentale rischia di replicare le strutture stesse dell'ingiustizia che cerca di eliminare. Lavoriamo dunque attivamente a unire le diverse voci di tutte le comunità in modo che sia chiara la posta in gioco e chiediamo che un movimento che si propone l'eliminazione dell'ingiustizia economica abbia al proprio centro un'onesta lotta per l'eliminazione del razzismo.

Il gruppo di lavoro People of Color non nasce per dividere ma per unire. La nostra speranza è che noi, il 99 per cento, possiamo progredire insieme criticamente consapevoli che avidità, corruzione e diseguaglianza, caratteristiche innate del capitalismo, minacciano le vite di tutte le popolazioni della Terra.

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Fin dai primi tempi del movimento la narrazione personale ha contribuito a costruire solidarietà - e a rendere visibile Ows presentandolo al mondo esterno. Per molti, il desiderio di esorcizzare la frustrazione associata agli obiettivi positivi era doppiamente motivante. Nelle assemblee generali e negli incontri cittadini studenti ed ex studenti esprimevano ansia e perfino disperazione nei confronti della prospettiva di una crescente accumulazione del debito. Per loro la posta in gioco era elevata. Nel loro caso il movimento non rappresentava semplicemente un importante progetto sociale o un esperimento di politica comunitaria, ma una possibilità di redenzione da obbligazioni finanziarie impossibili.

Lo speak-out che si è tenuto a Washington Square Park, un parco pubblico nel cuore del campus di un college privato, ha attirato circa seicento partecipanti. Un facilitatore incaricato ha avvicinato a una a una le persone, che hanno spiegato il motivo della loro presenza. Il microfono umano ripeteva il racconto delle singole storie, rendendole udibili fin sul fondo, al confine sud del parco. Molti degli studenti presenti si erano mobilitati la notte precedente per impedire lo sgombero di Zuccotti Park eppure, invece di essere esausti, erano baldanzosi e parlavano con l'urgenza di chi è consapevole della necessità della solidarietà.

Una madre che aveva deciso di tornare a studiare dopo un decennio trascorso ad allevare i figli ha raccontato dell'amore per il proprio corso di studi, ma anche della paura che il diploma di assistente sociale non sarebbe stato sufficiente a consentirle di ripagare il prestito contratto e tanto meno permettersi le tasse dei figli ormai prossimi al college. Un'energica ragazza si è alzata e ha tenuto un teach-in improvvisato sul debito studentesco, facendo una similitudine con la crisi dei mutui e la tattica predatoria delle banche. Diversi studenti hanno lamentato i recenti tagli ai fondi federali riservati al diritto allo studio. Un altro ragazzo, del Vermont, ha detto di essere venuto non perché studente, ma perché avrebbe voluto esserlo. Vent'anni, disoccupato e impossibilitato a frequentare l'università, ha detto: "Il mio futuro è desolante".

Nonostante il debito e le tasse scolastiche fossero le questioni principali della giornata, uno degli intervenuti, Jason Ide - giovane studente e presidente della sezione 814 degli autotrasportatori -, ha lanciato un appello alla solidarietà tra studenti e lavoratori, raccontando come i membri della sua sezione, camionisti che consegnano opere d'arte per le case d'aste d'élite della città, siano costretti a subire la serrata del datore di lavoro. "Siamo nella stessa barca," ha detto. "I membri della nostra sezione non prendono lo stipendio da dodici settimane."

Verso la conclusione dello speak-out, gli studenti hanno costituito gruppi di lavoro, tra cui uno di studenti di colore, uno contro l'oppressione e un gruppo d'azione cui è stato assegnato il compito di definire futuri happening. Si sono radunati attorno alle panchine indicando i distintivi che indossavano e sollevando i cartelli per dimostrare la ragione che li aveva spinti a Washington Square. Un ragazzo in uniforme da boy scout con un piede di gomma sanguinolento che fuoriusciva da uno zaino kaki aperto, e che andava di gruppo in gruppo, aveva infine seguito alcuni studenti decisi a tornare a Zuccotti Park, altri ancora se ne sono andati a compiere azioni contro filiali di banche locali che si sono concluse con alcuni arresti.

Mentre gli studenti si disperdevano, qualcuno all'estremità sud del parco ha urlato: "Ci vediamo al ballo delle cinque!". Ed è cominciata una lenta convergenza da tutti gli angoli della città verso Times Square, dove migliaia di dimostranti - studenti e non - si sarebbero radunati mescolandosi con turisti e curiosi. Alcuni di loro erano radiosi - in fondo il movimento aveva appena respinto il principale tentativo di chiudere l'accampamento di Zuccotti Park. Altri ritenevano l'occupazione ancora vulnerabile e volevano difenderla. Ma tutti erano arrivati per la stessa ragione per la quale la gente si presentava a ogni protesta di Occupy: mettere fine alla plutocrazia.

Nonostante la polizia impedisse l'attraversamento della piazza, rendendo impossibile a molti dimostranti ricongiungersi con amici, familiari o gruppi affini, la manifestazione continuava ad avere un tono pacifico e allegro. La giornata di protesta coincideva con ComicCon, raduno di fanatici dei fumetti da tutto il paese, e con ZombieCon che, secondo la definizione data dal sito web, era "un gruppo liberamente organizzato di zombie assetati di sangue", i quali si "radunano una volta all'anno per attaccare New York in una teatrale, assurda parodia di cieco consumismo e di scelte demenziali". I partecipanti delle due convention in questo modo si erano uniti ai dimostranti nei loro costumi, dando alla protesta un aspetto unico, con supereroi e zombie perfettamente mescolati al 99 per cento degli indignati con i loro cartelli.

Insieme a studenti, amanti dei fumetti e una coalizione di morti viventi, la protesta di Times Square aveva attirato famiglie con bambini, lavoratori, disoccupati e giovani professionisti. Ilektra Mandragou, designer freelance, era venuta con il marito, studente del Cuny e professore aggiunto. La ragazza reggeva un cartello che diceva: "Sono una immigrata. Ero venuta a portarti via il lavoro. Ma nemmeno tu hai un lavoro". Mentre la folla cresceva, una scritta campeggiava sopra le teste dei manifestanti: "Il movimento Occupy Wall Street è in tutto il mondo", in riferimento alle proteste di solidarietà che quel giorno si svolgevano in ottanta paesi.

Gli zombie, avendo cominciato a bere all'1 di pomeriggio, dopo un'oretta circa sono tornati da dove erano arrivati, in modo da continuare nei loro festeggiamenti serali, che si sarebbero conclusi alle 4 del mattino. Le fila dei contestatori di Times Square intanto continuavano a infoltirsi.

La giornata si è conclusa con oltre ottanta arresti, una cifra bassa se raffrontata con quanto accaduto durante la marcia sul Ponte di Brooklyn. Ma la folta presenza di agenti di polizia intimidiva, diretta com'era perfino contro il più mite dei manifestanti. "Stavano per arrestare mio figlio. Siamo riusciti a sfilarci mentre calava la rete," dice Rivka Little, fondatrice di 99 Percent School, diventata in seguito attiva in Occupy Harlem e Parents for Occupy Wall Street. "Le moto della polizia erano lanciate direttamente su di noi. È stato spaventoso." Le figlie della donna - di sei e dodici anni - avevano trascorso numerosi weekend a Zuccotti Park durante l'occupazione. Sebbene per incentivarle a partecipare Rivka avesse fornito loro snack alla frutta e abiti caldi, incidenti come quelli di Times Square ricordavano alle ragazze che cambiare il mondo è una faccenda seria. O come ama dire scherzando Rivka: "La rivoluzione non è una scampagnata!".

Per la maggioranza delle famiglie, tuttavia, le conseguenze delle proteste di Times Square si limitavano a un po' di appetito in più. Sotto le insegne dell'Hard Rock Café un bambino di cinque anni, adattando un canto di protesta alle proprie esigenze, salmodiava: "Il popolo! Unito! Adesso va a mangiare!".

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