Copertina
Autore Salvatore Abate
Titolo Costellazioni e mitografia
EdizioneLiguori, Napoli, 2003, Manuali , pag. 638, cop.fle., dim. 165x238x26 mm , Isbn 978-88-207-3349-0
LettoreRiccardo Terzi, 2004
Classe astronomia , miti
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Indice

Ai lettori                                      3
Prefazione                                      7
Introduzione                                   11

I    Grandezza apparente e grandezza assoluta  33
II   Stelle variabili, novae e supernovae,
     variabili periodiche                      67
III  Ammassi stellari, nebulose, stelle
     giganti e nane, Via Lattea               113
IV   Costellazioni intorno al Polo Nord
     Celeste                                  169
V    Cielo stellato alle latitudini dell'Italia
     nelle diverse stagioni dell'anno         233
VI   Costellazioni di primavera               299
VII  Costellazioni d'estate                   335
VIII Costellazioni d'autunno                  385
IX   Costellazioni intorno alla Croce del Sud 421
X    Conclusione                              475
XI   Mitografia                               485


Appendice                                     581
Bibliografia                                  633

 

 

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Pagina 7

Prefazione


Il cielo stellato, immagine eterea luminosa di profonda armonia, non passa inosservato davanti agli occhi anche del distratto osservatore e provoca al tempo stesso meraviglia stupore estasi.

Dovunque si volge lo sguardo, osserviamo un drappeggio fatto di infiniti punti luminosi, che danno origine a raffigurazioni ora di geometria, ora di uomini, ora di animali; talvolta stranissime, rimangono a lungo fisse, quasi scolpite nella mente, ed offrono, nello stesso tempo, momenti, non solo di nuova bellezza, ma anche di riflessione per quanto il firmamento ha saputo mirabilmente riservare all'umanità.

E subito siamo pervasi da un senso di muta venerazione, quando rammentiamo che ogni punto è una stella, ogni stella un sole come il nostro; ogni galassia, la cui luce impiega milioni di anni per arrivare fino a noi, è, a sua volta, simile alla Via Lattea; e la nostra Terra, con il suo carico umano, in questo sistema di mondi, è...

L'occhio spazia in una visione di totale bellezza, assoluta, che avvicina l'animo a rari momenti di vera contemplazione e così avvertiamo segni di inquietudine, incertezza, quasi disorientamento, ma anche gioia spirituale, di cui ci liberiamo con difficoltà, quando volgiamo lo sguardo altrove, giacché lo stellato si presenta come qualcosa di misterioso, di incomprensibilmente elevato per noi uomini della strada.

E che dire delle emozioni che avvertiamo, quando ammiriamo lo spettacolo splendido del tramontare o del sorgere del Sole? Sembra assistere a una lotta quasi disperata del nostro fulgido astro, che tenta, senza riuscirvi, di non cedere il posto alle prime ombre della sera, per poi... ritirarsi di fronte all'incalzare dell'oscurità della notte, se pur flebilmente rischiarata dai freddi delicati raggi di luce stellare; ma si rifà all'aurora, quando con la forza del suo splendore, inizia a squarciare quell'oscurità, che lo aveva sconfitto: dapprima i raggi di luce delle stelle quasi fuggono, si scontrano, si mescolano, si separano, per ritrovarsi altrove, lontano dalla Terra, mentre una tenue luce comincia ad apparire in lontananza; poi il buio della notte, a mano a mano, viene sopraffatto e sostituito con luce vivificante.

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Pagina 11

Introduzione


                        Se tu segui tua stella,
                        Non puoi fallire a glorioso porto.

                        (Dante, Inferno: XV, V.V.55-56)



Il cielo è una mera illusione del nostro occhio, che distribuisce le stelle del firmamento su quella apparente meravigliosa superficie sferica a tutti nota come "volta celeste", dove si proietta lo spettacolo fantastico ed avvincente del cielo stellato, una rivelazione fra le più stupende della Natura.

In una notte limpida e senza Luna il cielo appare brulicante di stelle: è straordinario osservarlo e abbracciarlo con un colpo d'occhio.

Qui è spontaneo il ricordo del racconto "Il taglio del bosco" (Cap. IX; Rizzoli Libri) di Carlo Cassola: il protagonista, - Guglielmo -, boscaiolo, dialoga con il carbonaio. È notte; il carbonaio inconsciamente guarda il cielo stellato e prorompe, tra meraviglia e stupore, in parole semplici di ammirazione, quasi un invito al suo interlocutore di guardare il cielo in quell'armonia di ordinata bellezza.

"Com'è alto! [...] E quante stelle! [...] Sarà venuto in mente a nessuno di contarle? [...] Guglielmo [...] poi si mise a guardare in alto. "Quante stelle! Quanti mondi lontani e sconosciuti! Gli aveva detto una volta Don Mario che le stelle sono milioni di volte più grandi della Terra. Erano anch'esse abitate? C'erano anche lassù il lavoro, la sofferenza, la morte, il dolore?"

Guardando il cielo stellato si ha la sensazione di vedere milioni di stelle, ma si resta sorpresi nell'apprendere che, senza l'aiuto di strumenti, l'occhio umano può racchiudere nel suo campo visivo solo poco più di quattromila stelle.

Lo splendore di una notte stellata, immobile nella sua tremolante luce senza dubbio incantevole per lo spettacolo che offre, suggestiona la nostra immaginazione e vi suscita un senso di "mistero" ed è bellezza che affascina: emblematici sono i dipinti "L'esterno di caffè di notte con il cielo stellato di Parigi" (Rijksmuseum - Amsterdam) e "La notte stellata" (Museum of Modern Art, New York) nella rappresentazione impressionistica di Vincent Van Gogh, anche se velati da latente malinconia, come tutte le opere del grande maestro olandese.

Il senso figurativo e l'immaginazione dell'uomo hanno visto le stelle più brillanti disporsi in costellazioni che, con il trascorrere del tempo, sono state osservate come fisse sia nelle posizioni del loro raggruppamento interno sia nel rapporto con le altre stelle. Le costellazioni, quindi, sembrano a prima vista rimanere immutate attraverso i secoli, così come le posizioni relative dell'una rispetto all'altra: costituiscono l'aspetto immutabile della sfera celeste.

L'osservazione accurata, però, ha rivelato degli spostamenti minimi nelle posizioni delle stelle e conseguentemente un lento e graduale cambiamento nelle forme delle costellazioni.

Questi movimenti, che non hanno legame alcuno con la rotazione apparente diurna della sfera celeste, sono dovuti, invece, a movimenti reali delle stelle.

Fu Edmund Halley (1656-1742) a scardinare la concezione illusoria delle stelle "fisse" nel 1718, dimostrando Halley che le fulgide stelle Siria, Betelgeuse, Aldebaran e Arturo si erano spostate dalle posizioni osservate da Claudio Tolomeo (100-178), astronomo geografo matematico ad Alessandria d'Egitto, che le aveva riportate nel suo catalogo stellare (150 d.C.) giunto fino a noi attraverso l'Almagesto, traduzione araba del lavoro fatto dal più grande astronomo dell'antichità come proseguimento del primo catalogo stellare compilato da Ipparco di Nicea (194-120 a.C) quasi tre secoli prima (130 a.C): il catalogo di Ipparco riportava la posizione e lo splendore di 850 stelle.

E... Shakespeare nella tragedia "Giulio Cesare" (Atto III, Scena I; traduzione di Carlo Rusconi, Ed. Newton Compton) dice: "I cieli sono cosparsi di infinite stelle; tutte sono di fuoco e tutte sfavillano, ma fra di esse non ve n'è una che conservi eternamente il suo posto".

Non desti meraviglia l'associazione che io tento di fare ai versi: la chiarezza esplorativa del firmamento da parte di Shakespeare quasi mi costringe sorprendentemente a vedere nel drammaturgo il precursore di Halley nella scoperta di questo moto sconosciuto fino al 1718. E il poeta Giacomo Zanella, da parte sua, nella poesia "La veglia" (V.28):

"L'universo non dorme e non si arresta."

In verità, già duemila e cinquecento anni fa, Eraclito di Efeso, il filosofo del divenire, nel suo libro indagine sulla natura del "logos" universale - di cui possediamo circa centotrenta frammenti - scriveva: "Tutto scorre".

Ora, però, gli spostamenti annuali delle suddette stelle sono noti con precisione; ad esempio, per Sirio il moto annuo è valutato in 1",32 e per Arturo in 1",48.

In base a questi risultati lo spostamento totalizzato nei quindici secoli intercorsi tra Tolomeo ed Halley risultò di circa 33' per Sirio (1",32x1500 = 1980" =~ 33') e di circa 37' per Arturo (1",48x1500 = 2220" =~ 37'): l'uno e l'altro superarono in estensione il diametro apparente del Sole o della Luna (diametro medio solare e lunare =~ 32').

Oggi conosciamo il moto proprio di oltre diecimila stelle, tutti di piccola entità, ma non è raro osservare qualcuno di valore maggiore: e.g. la stella di Barnard (Edward Emerson Barnard, 1857-1923) con i suoi circa 11" d'arco per anno.

Il moto proprio delle stelle non è evidente e, quindi, non osservabile ad occhio nudo; ciò a causa delle distanze stellari che, per il loro valore elevato, rallentano il moto apparente e rendono impercettibili gli spostamenti delle stelle: un aereo ad altissima quota, ad esempio, è visto spostarsi molto lentamente a causa della distanza.

Il moto proprio delle stelle conferisce al firmamento un aspetto relativamente variato.

Le stelle, dunque, si muovono realmente e gli spostamenti che ne derivano portano, come già avvenuto nel passato, ad una completa trasformazione delle figure sideree, i cui aspetti, tanto familiari oggi, daranno forma in un futuro lontano a configurazioni diverse da quelle attuali.


            Chi è ancora vivo non dica: mai!
            Quel che è sicuro non è sicuro.
            Com'è, così non resterà.
            ...
            e il mai diventa: oggi!

            Bertolt Brecht (da Poesie e canzoni, Ed. Einaudi)

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Pagina 138

Poiché la maggior parte delle stelle è più piccola del Sole ne deduciamo che le dimensioni stellari sono straordinariamente "minuscole", se confrontate con le distanze stellari. Enormi, rispetto a quelle stellari, invece, le distanze galattiche, inconcepibili per noi, ma non se rapportate alle dimensioni delle galassie.

Gli antichi conoscevano una sola "nebula" stellare, quella descritta da Ovidio che ne coglie la bellezza per la particolarità della forma ondulata e il delicato tenue chiarore:

            C'è in alto nel cielo una via, che si vede
            quand'è sereno: Lattea si chiama, e
            spicca proprio per il suo candore.

            (Metamorfosi, Libro I, VV 168-169;
            traduzione di P. B. Marzona, Ed. Einaudi)

La Via Lattea, nell'emisfero boreale celeste, attraversa le costellazioni Perseo, Cassiopea, Cigno, Aquila e lambisce quelle di Orione, Gemelli, Toro, Auriga, Ofiuco; nell'emisfero australe celeste attraversa lo Scorpione, il Sagittario, la Croce del Sud e lambisce il Triangolo Australe, la Nave Argo (Carena, Poppa, Vela), il Cane Maggiore.

Sullo sfondo luminoso della Via Lattea e nelle viciniori zone di cielo osserviamo un'abbondanza di stelle, mentre nelle regioni di cielo distanti dalla Via Lattea la concentrazione di stelle è minore.

La Via Lattea, come già detto, non è l'unica galassia dell'Universo: ora sappiamo che esistono un centinaio di miliardi di galassie in fuga l'una dall'altra come risultato di una potente esplosione avvenuta circa quindici miliardi di anni fa, il Big Bang, la grande esplosione dalla quale ha avuto origine l'Universo attuale.

Che cos'è il Big-Bang?

Edwin Powell Hubble, nel 1929, osservò che la luce proveniente dalle galassie presentava uno spettro luminoso ("arcobaleno" prodotto dalla luce quando attraversa un prisma: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancione, rosso), i cui colori erano spostati verso il rosso.

Che cosa significa "spostato verso il rosso"?

La risposta ci introduce al Big-Bang che non è impresa agevole alla comprensione; tuttavia, esemplificando e semplificando, vi saremo prossimi concordando con l'avvertimento di A. Einstein:

"Ogni cosa dovrebbe essere resa nel modo più semplice possibile, senza essere semplicistico."

Un primo tentativo con un esempio.

Un atomo sulla Terra emette radiazione di colore viola. Lo stesso atomo se lo immaginiamo su una qualsiasi galassia emetterà radiazione dello stesso colore, che raggiunta la Terra, dopo aver concluso il suo viaggio cosmico, apparirà "indaco": è l'effetto Doppler della radiazione luminosa.

Il fenomeno è familiare a tutti e generalmente è illustrato con l'esempio del suono del clacson di un'auto in moto che si avvicina ad un osservatore, vi transita davanti e successivamente si allontana: nel moto di avvicinamento dell'auto il suono è sentito più acuto, fino a quando l'auto non transita per l'osservatore; nel moto di allontanamento il suono è sentito più basso di tonalità.

A causa del moto dell'auto, sorgente del suono, l'osservatore avverte il cambiamento di altezza del suono, cambiamento dovuto alla variazione del numero delle onde sonore che in un secondo di tempo colpiscono il suo orecchio.

L'effetto Doppler si verifica sia per le onde sonore sia per le onde luminose e così, quando la luce parte da una sorgente mobile e raggiunge l'occhio dell'osservatore, si manifesta una variazione di frequenza, ossia di colore. Se la sorgente si avvicina, le onde luminose diventano più brevi e così in un secondo di tempo raggiungono in maggior numero l'occhio dell'osservatore e la luce percepita si sposta verso frequenze maggiori (violetto: f =~ 0,7): si ha uno spostamento verso il blu (blue shift); se la sorgente si allontana, le onde diventano più lunghe e così raggiungono l'occhio in numero minore e la luce percepita si sposta verso frequenze minori (rosso: f =~ 0,4): si ha uno spostamento verso il rosso (red shift).

Dunque lo spostamento dei colori dello spettro luminoso verso il rosso rivela che la luce osservata proviene da una galassia che si allontana dalla Terra.

Hubble concluse, pertanto, che le galassie si stanno allontanando dalla Terra e conseguentemente l'Universo ora è in espansione.

È verosimile pensare quindi che un tempo le galassie siano state vicine le une alle altre e così l'ipotesi che tutta la materia dell'Universo sia stata un tempo addensata in un solo punto, in una sola "singolarità", detta "sfera di fuoco primordiale", è del tutto credibile.

La "sfera primordiale" in cui era concentrata l'unità originaria di materia dell'intero Universo è stata individuata approssimativamente a quindici miliardi di anni fa, conoscendo gli astronomi quanto distanti sono ora le galassie e con quale velocità si stanno spostando.

In quell'epoca tutta la materia e l'energia dell'Universo erano concentrate nella sfera di fuoco all'enorme temperatura di miliardi e miliardi di gradi.

Se si accetta poi l'idea che l'espansione della materia sia iniziata nella sfera primordiale allora è anche lecito concludere che sia stato il Big-Bang di quell'esplosione ad originare l'Universo; e il Big-Bang è il punto di partenza della teoria elaborata per spiegare l'origine dell'Universo.

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