Copertina
Autore Jorge Accame
Titolo Venecia
EdizioneTullio Pironti, Napoli, 2004 , pag. 80, cop.fle., dim. 110x180x6 mm , Isbn 978-88-7937-330-2
OriginaleVenecia [1998]
PrefazioneAntonio Melis
TraduttoreMarco Ottaiano, A. Ambrosini, al.
LettoreElisabetta Cavalli, 2006
Classe teatro argentino
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Pagina 13

Personaggi:

Gringa, maitresse

Rita,

Graciela

e Marta, le ragazze

Chato, cliente

Don Giacomo, vecchio amante della Gringa

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Pagina 15

QUADRO I



Cortile di una casa modesta. Due uscite: una sulla strada; l'altra verso l'interno dell'abitazione. La Gringa col suo bastone esce e scappa in strada: Marta esce a cercarla, la raggiunge e la riporta dentro. La Gringa si oppone un po', ma alla fine si lascia trascinare da Marta.


CHATO (entra dalla strada, porta un organo elettronico) Ragazze! Ragazze! Rita! (entra Rita)

RITA Che fai, Chato?

CHATO Guarda questo strumento qua.

RITA Che roba è?

CHATO Forte, vero?

RITA Vediamo, su, appoggialo qua (gli sgombra la tavola). Dove l'hai preso?

CHATO Me lo ha prestato Sarapura il ciccione. Osservalo bene, ci divertiremo un mondo con questo strumento.

RITA Sai suonare?

CHATO Certo; mio nonno mi ha insegnato a suonare la fisarmonica. Questo è più lungo, c'è da farci più pratica.

RITA Vado a chiamare Graciela che venga a ballare (verso l'interno). Graciela! Vieni, che è arrivato il Chato! (Entra Graciela)

GRACIELA Ciao, Chato (sorpresa vedendo l'organo). E questo qui?

CHATO Hai visto? È elettronico, me lo ha prestato Sarapura il ciccione, mi ha pure dato le istruzioni, il ciccione (fruga nella tasca, si radunano tutti e tre davanti all'organo). No! Ho lavato il giubbotto e mi si è bagnato il foglietto. E adesso? Qualcosa lo rimediamo (legge). Il rosso, no. No. Poverone, questo dobbiamo suonare: Pover, premi Pover (provano la tastiera e suona).

RITA Su, balliamo, Graciela. Ti sei esercitata allo specchio come ti ho detto?

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Pagina 23

MARTA (tornando, vede che la Gringa vuole accendere una sigaretta e gliela toglie) Che fai? Vuoi darti fuoco? Già hai incendiato la tenda della tua camera.

GRINGA Via di qui, vacca.

MARTA E pensare che eri così buona... (Graciela si siede vicino e comincia a smaltarsi le unghie)

GRINGA Non riuscirò mai a squagliarmela. Se ci fosse don Giacomo ad aiutarmi.... Don Giacomo sì che era un signore. Mi diceva: "Garofanino, la voglio portare a Venezia". Diceva "Tutto il mondo è bello, tutto, però c'è una città più bella. È una città fatta sull'acqua".

GRACIELA Non capisco un cazzo di quello che sta dicendo.

GRINGA Che è fatta sull'acqua.

GRACIELA Che cosa?

GRINGA Ma Venezia, di che parliamo sennò? E mi diceva che la gente non va in automobile, che va in nave, in gondola....

RITA (da dentro) Ragazze, avete dato da mangiare ai cani?

GRACIELA (Si alza in piedi, interrompendo la Gringa) Sì, Rita, gliel'ho dato io!

GRINGA ...mentre gli innamorati si guardano negli occhi. Poi il tano metteva la musica e ballavamo. E poi... ormai non mi ricordo più. Ma me ha perdonado tuto... lo dice qui, in sua lettera.

GRACIELA E lei che gli ha fatto?

GRINGA Gli ho fatto ogni tipo di carognata (cerca nella tasca e tira fuori un foglio). Qui mi dice: "Garofanino io la perdono, la amo, e l'aspetto a Venezia". Firmato: "Don Giacomo".

GRACIELA Vediamo.

GRINGA No, sono cose mie, personali. Bimba mia, mi aiuterai ad andare a Venezia? (entra Chato dalla strada, lancia occhiate di rimprovero a Graciela e a Rita. Rita va verso l'interno della casa).

GRACIELA No, Gringa, che Venezia d'Egitto; bisogna lavorare.

GRINGA Lavorare, lavorare, lavorare, e l'amore? Tu non sai cos'è l'amore? Ma cosa vuoi che ne sappia!

RITA (al Chato) E tu? Non te n'eri andato? (Chato si avvicina lentamente, guardando fisso Rita e raccoglie un borsellino che aveva dimenticato sulla sedia. Lo prende e fa per andarsene di nuovo. Marta glielo impedisce e se lo porta dentro.)

CHATO Hanno il cuore di ghiaccio le ragazze. Mi vogliono per il mio denaro (esce con Marta).

GRACIELA (alla Gringa) Com'è 'sta faccenda del tano Giacomo?

GRINGA (a Graciela) Ti racconto. Molti anni fa io scesi a Buenos Aires, lo conobbi al Teatro. Il tano era un bel ragazzo, alto, un signore. A quel tempo mi esibivo in balli spagnoli e mi chiamavano "La Garofanino".

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