Copertina
Autore Paolo Albani
CoautorePaolo della Bella
Titolo Forse Queneau
SottotitoloEnciclopedia delle scienze anomale
EdizioneZanichelli, Bologna, 1999 , Isbn 978-88-08-26070-3
PrefazionePaolo Rossi
LettoreRenato di Stefano, 2000
Classe scienze improbabili , giochi , umorismo , esoterismo , collezionismo
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Pagina 9

Per un'enciclopedia «ricreativa»


            La poesia è una scienza esatta
                        come la geometria.
                          Gustave Flaubert

     Tutte le scienze esatte sono dominate
             dall'idea di approssimazione.
                          Bertrand Russell

       Il difetto delle enciclopedie è che
                   soffrono d'appendicite.
                   Ramón Gómez de la Serna
All'inizio degli anni Trenta lo scrittore francese Raymond Queneau intraprende uno studio su una schiera di «paranoici reazionari e chiacchieroni rimbambiti» che chiama fous littéraires.

Chi è un fou littéraire nell'accezione queniana? E' un autore edito le cui elucubrazioni (il termine non è usato in senso peggiorativo) si allontanano da tutte quelle professate dalla società in cui vive; dunque è il fautore di speculazioni, pubblicate quasi sempre a proprie spese, che non rimandano a dottrine anteriori e che non hanno avuto alcuna eco. In questo senso un fou littéraire non ha né maestri né discepoli.

Data la varietà degli argomenti a cui si dedicano questi «pazzi letterari» (matematica e linguistica, medicina e botanica, ecc.), Queneau decide di presentare i loro deliri in un'opera intitolata Enciclopedia delle scienze inesatte. Proprio come l' Encyclopédíe de la Pléiade, di cui peraltro, ironia della sorte, Queneau assume la direzione nel 1951, anche la prima - l'enciclopedia «anomala» - è pensata dal suo ideatore divisa in due parti: una serie metodica e una serie storica.

Per molti anni Queneau ricerca le tracce di questi eterocliti, come in seguito preferisce definirli, lungo chilometri di scaffali della Bibliothèque Nationale di Parigi, fino a scrivere un manoscritto di settecento pagine «impubblicabile e impubblicato, né finito né incompiuto», rifiutato, fra gli altri, dagli editori Gallimard e Denoël. In seguito alcuni brani di questo manoscritto confluiscono nel romanzo Les enfants du limon (1938).

Lo spirito in cui nasce la formidabile impresa queniana è apertamente influenzato dal gusto per l'insolito, il bizzarro, il singolare e dall'attenzione dedicata alla follia, insieme alla «surrealtà» dei sogni, al gioco, all'erotismo, al caso, all'arte primitiva, all'umorismo nero, propri del movimento surrealista che Queneau inizia a frequentare fin dal 1924 (nel 1925 è cofirmatario della Déclaration du 27 janvier, una sorta di manifesto-lampo sul senso della rivoluzione surrealista sottoscritto dal gruppo al completo). Com'è noto, André Breton considera i pazzi delle creature «vittime della loro immaginazione» che dall'immaginazione attingono un grande conforto e ne esalta, in uno slancio dai connotati velatamente romantici, il desiderio di rivolta, l'inosservanza delle regole della società borghese, il rifiuto della censura, dell'autorità e della ragione.

E' guardando al progetto queniano di un' Enciclopedia delle scienze inesatte che abbiamo messo mano e cominciato a lavorare alla nostra Enciclopedia delle scienze anomale, pensata fin dall'inizio come una specie di «Wunderkammer» o «petit cabinet de curiosités» allestiti per documentare alcuni aspetti inusitati e sorprendenti che si accompagnano e vivacizzano il mondo della scienza - quella «normale», canonica.

Come nei ricchi magazzini dei collezionisti dei secoli XV e XVI si accumulano oggetti meravigliosi, «artificiale, naturale, mirabilia» provenienti da ogni angolo del mondo, così nelle pagine di questa Enciclopedia trovano posto segnalazioni e frammenti di scienze e teorie che sfuggono, a vari livelli, all'ortodossia del pensiero scientifico dominante, sanzionato e riconosciuto dalle Accademie.

Le rarità della nostra collezione sono scienze (il termine è usato in un'accezione «bassa», per indicare semplicemente uno studio condotto in modo sistematico su un particolare argomento o problema), il più delle volte abbozzate in forma di «modesta proposta», frutto delle farneticazioni di «mattoidi scienziati» (non solo francesi, come quelli presi in esame da Queneau), ma anche, e qui c'inoltriamo in uno spazio visibilmente «ludico-creativo», scienze partorite dalla sofisticata e dirompente inventiva di scrittori e di artisti. E ancora: scienze o discipline non riconosciute, marginalizzate e discriminate dalla scienza codificata nei manuali universitari, o alternative a quest'ultima; scienze dimenticate perché ritenute erronee, scomparse, abortite; scienze occulte, magiche, ma anche «potenziali», ovvero al confine di altre scienze.

A questo multiforme intreccio di «scienze anomale e improbabili» abbiamo affiancato altre voci - piccole bacheche che fanno mostra di sé nella nostra curiosa «stanza delle meraviglie» - attestanti una campionatura (necessariamente soggettiva) di teorie fantasiose, non di rado elaborate da scienziati di fama internazionale; di congetture e ipotesi strane, tanto insostenibili sul piano del ragionamento scientifico quanto, in alcuni casi, «belle» su quello della forza immaginativa; di materie d'insegnamento e cattedre istituite in università o accademie altrettanto inconsuete.

Volendo schematizzare e ridurre all'essenziale una materia tanto fluida e complessa come quella qui trattata, possiamo suddividere lo spazio della nostra indagine in due principali aree di riferimento, non sempre peraltro nettamente distinguibili:

A. SCIENZE ANOMALE, cioè difformi dal modello standard di scienza:

A.l. Alternative (es.: Omeopatia).
A.2. Potenziali (es.: Limitologia).
A.3. Occulte (es.: Parapsicología).
A.4. Dimenticate (es.: Frenologia).

B. SCIENZE IMPROBABILI, che non significa «impossibili»:

B.1. Eteroclite (es.: Dominatmosferologia).
B.2. Letterarie (es.: Elegantologia).
B.3. Comiche (es.: Spropositologia).
B.4. Utopiche (es.: Fantascienza).

Come si vede il nostro «temerario» progetto copre un orizzonte molto più ampio di quello delineato da Queneau, nostra iniziale fonte d'ispirazione. In quanto tale esso si presenta - e non potrebbe essere altrimenti - in uno stato ancora necessariamente provvisorio, non esaustivo. Del resto, come insegna il gesuita Emanuele Tesauro, «chi più sa, più conosce di non sapere, essendo limitato ciò che si sa, e illimitato ciò che s'ignora».

Qual è il senso (ammesso ve ne sia uno) di una raccolta di perle incastonate in un «Sapere dissonante»?

Da un lato il nostro atipico collezionismo, senza nulla concedere ai detrattori della scienza e ai nemici della razionalità, trova una giustificazione nel puro piacere di attraversare un territorio inesplorato, poco conosciuto e per certi aspetti avvincente come quello che possiamo chiamare del «meraviglioso scientifico», in ogni sua manifestazione, si tratti di un folle solutore della quadratura del cerchio o di un cercatore dell'elisir di vita eterna o ancora di uno scrittore nel pieno esercizio del suo divertimento letterario, come il Balzac della Patologia della vita sociale.

Dall'altro crediamo che la ragione non ultima del nostro progetto vada ricercata nella funzione stimolatrice e tonica che, malgrado tutto, svolgono gli «indirizzi eterodossi». Questi, per dirla con Federigo Enriques, «se pure in essi prevalga la negazione sopra la costruzione positiva, obbligano gli studiosi a difendere il loro modo di proseguire la ricerca; mercé la lotta stimolano dunque una nuova valutazione dei problemi o dei metodi». Ha scritto al riguardo John Maynard Keynes: «Se vogliamo fare qualcosa di buono, dobbiamo apparire eterodossi, problematici, pericolosi e disubbidienti a coloro che ci hanno preceduto». Provocatoria affermazione che ne richiama un'altra, non meno seducente, di un tal Albert Einstein: «Se vuoi diventare un vero scienziato, pensa almeno mezz'ora al giorno in maniera opposta a quella dei tuoi colleghi».

Non sappiamo se lo sforzo di mantenere unite in modo efficace le due anime - fantastico-queniana e similscientifica - della nostra Enciclopedia sia riuscito. Riprendendo un verso di Giulia Niccolai ci sentiamo di dire soltanto: «Forse che sì, forse Queneau!»

 

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Riferimenti



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