Copertina
Autore Shalom Aleichem
Titolo La storia di Tewje il lattivendolo
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2000 , pag. 160, dim. 125x195x10mm , Isbn 978-88-07-81599-7
OriginaleTevye der milkhiger
PrefazioneGad Lerner
TraduttoreLina Lattes
LettorePiergiorgio Siena, 2002
Classe narrativa ucraina
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Indice

     5  Il Don Chisciotte sconsolato
        che generò l’umorismo ebraico
        di Gad Lerner

    11  Il premio
    34  Una brutta sorpresa
    53  I figli d’oggigiorno
    76  Hodel
    97  Chave
   114  Sprinze
   134  Tewje va in Terra Santa

 

 

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Pagina 7

[dalla prefazione di Gad Lerner]

Leggendo oggi, con il senno di poi, la rassegnazione del popolo narrato da Shalom Alechem, ci è impossibile sfuggire all’interrogativo più tragico. Di lì a mezzo secolo milioni di Tewje sarebbero andati come pecore mansuete al macello chiedendosi in cuor loro, timorosi di bestemmiare, a quale disegno superiore ciò potesse mai corrispondere. Ma Shalom Alechem, irremovibile, aveva già risposto in anticipo al quesito del XX secolo: "Quanto più sfortuna l’uomo ha, tanto più fiducia deve avere in Dio; quanto più povero è, tanto più deve sperare". Tewje non smette di ripeterselo, viaggiando sul carretto, e intanto combatte con le lacrime perché lui non è mica una donnicciuola.

A questo punto viene proprio da chiedersi come sia possibile ridere tanto leggendo un libro così triste. Eppure è la verità: si ride a crepapelle. L’affresco sociale della Galizia ebraica si affolla di personaggi, dal sensale al macellaio vedovo, passando attraverso la colorita serie degli aspiranti generi per le figlie da maritare: c'è il generoso sovversivo Pfefferl che chissà come mai usa perder tanto tempo con lo studio; e il capitalista Pedozur che aspirando a diventare un Rotschild si vergogna del suocero lattaio; e ancora il villeggiante scavezzacollo, il lontano parente truffatore, il sarto mediocre, perfino un pretendente goj, cioè cristiano, che Dio ce ne liberi. Con la moglie Golde che non la smette mai di imprecare e lui di minacciarla pur sempre amandola e sognandola grassa, riverita matrona di una fattoria, circondata di oche e servette. Nei dialoghi s’intrecciano strepitosamente la commedia degli equivoci - per esempio la trattativa in cui il protagonista scambia una figlia per una vacca - e la cerimoniosità liturgica di cui infarcisce la sua vita quotidiana.

Con Teeje il lattivendolo ci abbeveriamo così direttamente alle fonti dell’umorismo ebraico.

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Pagina 34

Una brutta sorpresa


Molti sono i pensieri del cuore dell’uomo... Cosi è detto, credo, nella nostra Santa Thorah. Io non ho bisogno di tradurvelo, Reb Scialom Alechem: ma ha lo stesso significato di quando diciamo: "Il miglior cavallo ha bisogno della frusta; e l’uomo più accorto ha bisogno di un buon consiglio." Di chi parlo io? Io parlo di me stesso: perché se fossi andato allora da un buon amico e gli avessi raccontato tutto l’affare, di certo non sarei finito così malamente. Ma "la vita e la morte sono in balia della lingua". Quando Dio vuol castigare l’uomo, gli leva l’intelligenza. Quante volte mi son detto: "Attento, asino d’un Tewje! Tu non sei, come si dice, un imbecille; perché dunque ti lasci menar cosi per il naso? Che male sarebbe se accanto al tuo latte, al tuo burro, alla tua crema, che in tutto il mondo, a Boiberik e a Jehupez (e dove mai no?), sono cosi celebri, che male sarebbe se tu avessi anche un po’ di denaro sonante, ben nascosto per esempio nel materasso, e di cui nessuno saprebbe niente? Perché: che cosa importa alla gente se Tewje ha o non ha denaro?

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Pagina 76

Hodel


L’uomo viene dalla polvere e finisce in polvere, non si riferisce altro che a me. Dove c’è un dolore o una qualsiasi disgrazia, là ci debbo essere assolutamente io. E sapete perché? Forse perché io son di carattere cosi credulo e ho una cieca fiducia in tutti... I nostri savi ci hanno più di una volta messo in guardia. Rispetta ma sospetta. Ma che devo farci, se son fatto cosi? Voi sapete benissimo che la mia fede in Dio è grande e che io non mi lamento mai contro Colui che vive eterno. Quello che Egli fa è bene. E poi anche se voi una volta provate a lamentarvi, a che cosa vi giova? Si legge nelle "Selichot": L’anima appartiene al Signore e anche la carne appartiene al Signore.

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