Autore Ahmet Altan
Titolo Tre manifesti per la libertà
Edizioneedizioni eo, Roma, 2018, assolo , pag. 192, cop.fle., dim. 12x18x1,4 cm , Isbn 978-88-6632-983-1
OriginaleOpen Letter from ..., A Portrait of the Indictment as Judicial Porn, Defense: I am not your defendant, Defense: The Justice of Stupidity
TraduttoreYasemin Çongar, Silvia Castoldi
LettoreGiovanna Bacci, 2018
Classe paesi: Turchia , diritto , media












 

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Indice


  5 Lettera aperta di 51 Premi Nobel
    per richiedere il rilascio di alcuni
    giornalisti turchi incarcerati

 15 Ritratto dell'atto di accusa
    come pornografia giudiziaria
    Silivri; 19 giugno 2017

121 Non sono il vostro imputato
    Silivri, 19 settembre 2017

129 La giustizia della stupidità
    Silivri; 12-16 febbraio 2018


 

 

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LETTERA APERTA DI 51 PREMI NOBEL
PER RICHIEDERE IL RILASCIO
DI ALCUNI GIORNALISTI TURCHI INCARCERATI



Signor presidente Erdoğan,

vogliamo richiamare la sua attenzione sul danno inflitto alla Repubblica di Turchia, alla reputazione del Paese e alla dignità e al benessere dei suoi cittadini attraverso la carcerazione e la condanna di scrittori e pensatori, giudicate illegali e ingiuste dalle massime autorità in materia di libertà di espressione.

In un Memorandum sulla libertà di espressione e sulla libertà dei media in Turchia (2017), Nils Muižnieks, all'epoca Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d'Europa, ha denunciato:

In Turchia lo spazio per il dibattito democratico si è ridotto in maniera allarmante a causa di crescenti abusi giudiziari contro ampi strati della società, tra cui giornalisti, parlamentari, accademici e semplici cittadini, e di azioni governative che hanno diminuito il pluralismo e indotto all'autocensura. Questo deterioramento ha avuto luogo in un momento molto difficile, ma né il tentato colpo di Stato né altre minacce terroristiche nei riguardi della Turchia possono giustificare misure che violano la libertà di stampa e rinnegano a tal punto lo Stato di diritto.

Le autorità devono invertire la rotta con la massima urgenza, modificando la normativa e la procedura penale, ripristinando l'indipendenza della magistratura e riaffermando l'impegno a proteggere la libertà di espressione.

L'esempio più evidente delle preoccupazioni espresse dal Commissario per i diritti umani è l'incarcerazione, avvenuta nel settembre 2016, di Ahmet Altan, romanziere e giornalista di grande successo; Mehmet Altan, saggista e docente di economia; e Nazlı Ilıcak, eminente giornalista; il tutto è avvenuto nell'ambito dell'ondata di arresti che hanno fatto seguito al fallito colpo di Stato del luglio 2016. I tre scrittori sono stati accusati di aver tentato di sovvertire l'ordine costituito con la forza e la violenza. In origine i pubblici ministeri volevano incriminarli per aver lanciato «messaggi subliminali» ai sostenitori del golpe durante un talk show televisivo. La conseguente ondata di ridicolo li ha spinti a modificare il capo d'accusa, affermando che i tre avevano utilizzato una retorica «che invocava il golpe». E infatti la Anadolu Ajansi, l'agenzia stampa di Stato, lo ha definito «il processo per l'invocazione del golpe».

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La giustizia della stupidità
Silivri, 12-16 febbraio 2018



Vostro Onore,

sono venuto qui oggi non per essere giudicato, ma per giudicare.

Giudicherò coloro che, a sangue freddo, hanno ucciso il potere giudiziario per poter imprigionare migliaia di persone innocenti.

Baserò il mio giudizio sull'atto d'accusa contro di noi, un testo che passerà alla storia del diritto come "documento omicida".

Non ho il potere di punire o imprigionare nessuno. E in nessun caso vorrei avere un simile potere.

Però ho il potere di portare alla luce l'assassinio, stabilire l'identità dei colpevoli, esibire di fronte a voi le armi insanguinate utilizzate per questo perfido delitto e mettere agli atti i crimini che sono stati commessi.

Pronunciare un giudizio non significa avere l'autorità di incarcerare.

Pronunciare un giudizio significa dire la verità basandosi sulle prove.

Qualunque persona onesta ha questo diritto e questa autorità.

Io ho il diritto di parlare a nome delle migliaia di persone innocenti che non solo non hanno organizzato nessun golpe, ma non hanno nemmeno modo di protestare contro la persecuzione di cui sono fatti oggetto. Ho il diritto di parlare a nome loro, perché ho visto con i miei occhi l'ingiustizia che hanno subìto e ho condiviso il loro destino all'interno di queste mura di pietra.

Prima di parlarvi dell'omicidio, lasciate che vi parli di nuovo della Legge, del sistema giudiziario e della giustizia, per potervi illustrare la scena del crimine.

La Legge è un sistema di valori forgiato, fin dall'inizio dei tempi, dalle sofferenze inflitte a esseri umani da altri esseri umani.

È il Dio terreno che l'umanità, ferita da guerre, genocidi, massacri, assassinii, tradimenti, persecuzioni e ingiustizie, ha creato per proteggersi, trovando rifugio nella sua ombra.

Ogni atto di ingiustizia aumenta la forza e la gloria di questo Dio.

Ogni atto di ingiustizia contribuisce a far apprezzare maggiormente l'importanza e la necessità della Legge.

Ogni colpo di martello dell'ingiustizia plasma la Legge e le fa assumere linee più nitide, più definite, ma questo martello non può incrinare né distorcere la Legge, né staccarne dei pezzi.

La Legge è come Zeus sull'Olimpo: intoccabile e irraggiungibile.

Ogni despota, ogni oppressore, ogni dittatore desidera uccidere la Legge, ma nessuno di loro può farlo.

La Legge è immortale.

Si tiene a distanza, e aspetta paziente coloro che sentono il bisogno di cercarvi rifugio.

È il sistema giudiziario che fa scendere la Legge dalle alte vette su cui dimora per portarla all'interno della società.

Protetto da una solida armatura, il sistema giudiziario sostiene sulle proprie ali forti e scintillanti il Dio della Legge e lo porta agli uomini.

La dama Giustizia emerge nel momento in cui la Legge e la società si incontrano.

Le società accudite dalla dama Giustizia trovano pace, fiducia e completezza; l'ingiustizia è impedita, il furto e la violenza cessano.

Nel triangolo e nel sacro vincolo tra Legge, sistema giudiziario e giustizia l'unico anello debole che si può incrinare, danneggiare o distruggere è il sistema giudiziario.

Ecco perché il primo obiettivo di ogni despota, di ogni dittatore, è il sistema giudiziario.

Un sistema giudiziario che vola alto portando la Legge sulle proprie ali è luminoso, forte, maestoso, ammirevole e rassicurante; un sistema giudiziario che è stato colpito e ferito a morte è orrendo, disgustoso e rivoltante.

Nel momento in cui viene colpito e cade il sistema giudiziario comincia a marcire, viene infestato dai vermi e va in putrefazione. Il pus scorre nelle sue vene al posto del sangue.

Un sistema giudiziario morto o morente emana un fetore insopportabile; nemmeno l'inferno puzza così tanto.

L'odore dei cadaveri putrefatti che ha invaso oggi la Turchia è l'odore di un sistema giudiziario sul letto di morte. È un fetore che raggiunge tutti i settori della società e inorridisce chiunque.

Oggi deporremo questo miserevole corpo in cancrena sul tavolo settorio.

Mentre il sistema giudiziario, grazie agli sforzi di pochi giudici onesti, cerca disperatamente di tornare a vivere e dimostrarsi di nuovo capace di essere il sacro veicolo alato del Dio della Legge, oggi esamineremo la terrificante situazione dell'altra metà della magistratura, quella che ha accettato volontariamente di marcire e morire.

In una conferenza dal titolo Sulla stupidità tenuta a Vienna l'11 marzo 1937, un anno prima che Hitler si impadronisse dell'Austria, Robert Musil ha affermato:

In un manuale di psichiatria a suo tempo molto noto viene riportato come caso di stupidità la risposta alla domanda «Cos'è la giustizia?»: «Che sia punito l'altro», mentre oggi proprio questa posizione è discussa come base per una concezione del diritto.

È difficile trovare un altro esempio che rifletta altrettanto bene il nostro presente.

Oggi in Turchia il sistema giudiziario e i mezzi di comunicazione concepiscono la giustizia come "la punizione dell'altro".

E "l'altro" siamo noi, tutti gli oppositori dell'AKP.

Ci troviamo sotto processo in un Paese in cui ciò che un tempo veniva percepito come "stupidità" è ora considerato "giustizia".

Tutti i principali quotidiani del mondo, dall'India alla Norvegia, dalla Germania alla Gran Bretagna, dall'Italia agli Stati Uniti, dedicano intere colonne a questo processo... Numerose organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite al Consiglio d'Europa, dal Parlamento europeo all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, lo seguono molto da vicino. Il motivo del loro interesse è che questo processo offre la plateale dimostrazione di un marciume che costituisce un oltraggio a tutte le conquiste dell'umanità fino a oggi.

Il mondo guarda con orrore a questo processo, come se si trattasse dell'autopsia di un sistema giudiziario assassinato.

Vi illustrerò ogni singola fase dell'assassinio, ma prima è necessario per tutti noi capire un fatto molto semplice.

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Pagina 143

La paura che tiene in piedi l'attuale regime segnerà anche la fine del governo.

Perché nessuna società può sopportare una tale paura.

Nessun governo che diffonda la paura e la violenza può restare molto a lungo al potere.

Come diceva Talleyrand, il ministro degli Esteri di Napoleone Bonaparte: «Con le baionette si può fare tutto, tranne che sedercisi sopra».

L'attuale governo sta cercando di sedersi sulle baionette. Ecco perché alla fine perderà le elezioni e il potere.

In realtà il governo è consapevole di questa possibilità ed è per questo che sta cercando di servirsi del tentativo di colpo di Stato del 15 luglio come scusa per mettere a tacere l'opposizione e accusare chiunque di golpismo e terrorismo.

Anche noi, oggi, ci troviamo in prigione con la prospettiva di essere condannati all'ergastolo nel quadro di questa repressione.

Lo Stato turco ci accusa di aver partecipato al tentato golpe del 15 luglio.

È un'assoluta bugia.

I servizi segreti, che ci hanno tenuti d'occhio per anni, sanno che si tratta di una bugia e che non abbiamo niente a che spartire con il golpe. La polizia e i pubblici ministeri che hanno scritto quegli atti d'accusa lo sanno altrettanto bene.

Ed è proprio per questo che non sono in grado di esibire neanche una prova concreta. È per questo che quelle che loro definiscono "prove" del nostro golpismo non sono nient'altro che tre articoli di giornale e un dibattito televisivo.

È per questo che la Corte costituzionale ha entenziato che arrestare qualcuno solo per un paio di editoriali e discorsi è stata un'aperta violazione della Costituzione.

Dato che il governo persiste nell'accusarci di golpismo basandosi su queste bugie, i miei dubbi riguardo agli eventi del 15 luglio si rafforzano.

Per quale motivo una forza che si serve dei fatti del 15 luglio come scusa per continuare a mentire con tanta ostinazione su di me dovrebbe aver scrupoli a mentire anche su altro?

Nella cella in cui vivo oggi ho più diritto di chiunque altro di nutrire dubbi sul 15 luglio.

E ne ho di molto forti.

Cosa è stato, in realtà, il golpe più ridicolo a cui il mondo abbia mai assistito? Che cos'è stato questo colpo di Stato che ha causato la morte di centinaia di persone e il ferimento di migliaia, questo golpe che Erdoğan ha interpretato come una «benedizione divina» e che alla fine lo ha portato al potere assoluto?

Esistono nella storia altri tentativi di golpe paragonabili a questo per stupidità e viltà?

Sì.

In effetti nella storia si è verificato un altro evento fatale che somiglia moltissimo a quello del 15 luglio.

Il cosiddetto Incidente del 31 marzo di un secolo fa.

Ora vi spiegherò le somiglianze tra questi due eventi, e ne resterete molto sorpresi.

Proprio come il tentativo di golpe del 15 luglio, l'Incidente del 31 marzo 1909 fu organizzato da componenti dell'esercito considerate fortemente religiose.

Alla rivolta del 1909 parteciparono tremila soldati.

In base alle cifre ufficiali, al tentativo di golpe del 15 luglio hanno partecipato circa cinquemila soldati.

In entrambi i casi il numero dei ribelli era molto ridotto.

In entrambi i casi i ribelli non avevano la forza di resistere al grosso dell'esercito.

Prima dell'Incidente del 31 marzo uomini in abiti religiosi si recarono spesso negli alloggiamenti militari per sobillare i soldati. L'apparato di intelligence del Comitato dell'unione e del progresso era ben consapevole di questi episodi, ma non si oppose in alcun modo.

Prima del 15 luglio gli organi statali e governativi sapevano che era imminente un golpe. Un giornalista filogovernativo lo ha scritto addirittura in aprile, facendo anche i nomi dei golpisti. Il 15 luglio, a poche ore dall'inizio del colpo di Stato, un ufficiale si è recato presso il MIT, i servizi segreti turchi, per informarli che stavano per cominciare le operazioni militari.

Quando ebbe inizio l'Incidente del 31 marzo la Prima armata di stanza a Istanbul avrebbe potuto facilmente soffocarla. Ma aveva ricevuto l'ordine di non agire.

Secondo il generale che attualmente occupa la carica di vice Capo di stato maggiore, se il 15 luglio i soldati avessero ricevuto l'ordine di rimanere all'interno dei propri alloggi il tentativo di golpe sarebbe stato sventato. Quell'ordine non è stato mai diramato.

Ancora oggi non si sa chi fosse l'ufficiale che ha capeggiato l'Incidente del 31 marzo.

E non si sa nemmeno chi sia l'ufficiale che ha capeggiato il golpe del 15 luglio.

In entrambi i casi si è trattato di un'operazione militare, ma senza un ufficiale al comando chiaramente individuabile.

Durante i fatti del 31 marzo i ribelli commisero una serie di sanguinose uccisioni.

Anche il 15 luglio i golpisti hanno commesso una serie di sanguinose uccisioni. Dato che erano in possesso di armi più sofisticate, il numero delle vittime è stato molto più alto.

Alla fine dell'Incidente del 31 marzo i ribelli si arresero senza opporre resistenza appena la Prima armata entrò nella città di Istanbul.

Il 15 luglio i golpisti si sono arresi tre ore dopo che il popolo e l'esercito avevano cominciato a marciare contro di loro.

L'Incidente del 31 marzo fu una ribellione contro il Comitato dell'unione e del progresso, che però gli conferì un potere indiscusso e assoluto.

Il 15 luglio si è trattato di un golpe contro l'AKP ed Erdoğan, ma la conseguenza è stata che quest'ultimo ha ottenuto un potere indiscusso e assoluto.

Dopo i fatti del 31 marzo il Comitato dell'unione e del progresso arrestò migliaia di dissidenti i cui nomi comparivano già sulla sua lista nera.

Dopo il golpe del 15 luglio sono stati arrestati migliaia di dissidenti i cui nomi comparivano già sulla lista nera dell'AKP.

Dopo i fatti del 31 marzo il numero di dissidenti politici agli arresti era tale che le prigioni non bastavano a contenerli, perciò il governo rilasciò i criminali comuni.

Dopo i fatti del 15 luglio il numero di dissidenti politici agli arresti era tale che i criminali comuni sono stati rilasciati.

Dopo l'Incidente del 31 marzo il Comitato dell'unione e del progresso instaurò un regime di oppressione e paura.

Dopo i fatti del 15 luglio 1'AKP ha instaurato un violento regime di oppressione e paura.

Ora, qualcuno dovrebbe spiegarmi le somiglianze tra questi due eventi fatali e maledetti.

Com'è stato possibile che una rivolta militare contro il Comitato dell'unione e del progresso abbia spianato a quello stesso partito la strada verso il potere assoluto, e una rivolta militare contro Erdoğan abbia spianato a lui la strada verso il potere assoluto?

Per quale motivo non è stato possibile impedire queste due rivolte, nonostante in entrambi i casi le autorità ne fossero a conoscenza in anticipo?

È facile raccontare bugie, dire «Il 15 luglio è opera tua» e sbattermi in galera, ma non è altrettanto facile rispondere a queste domande.

È proprio per questo che 1'AKP preferisce occultare i segreti dietro il fallito golpe del 15 luglio invece di svelarli.

Proprio come coloro che si erano chiesti «Cosa è davvero successo il 31 marzo?» furono dichiarati "traditori", ora coloro che si chiedono cosa sia davvero successo il 15 luglio sono a loro volta dichiarati "traditori".

Fu proprio il Comitato dell'unione e del progresso a impedire che le indagini svelassero la storia segreta dei fatti del 31 marzo.

Quella rivolta, che dal punto di vista militare non aveva la minima possibilità di successo, rimase un mistero.

Però fu utilizzata come una miccia intrisa d'olio per mantenere vivo il fuoco sotto l'argomentazione per cui "lo Stato era in pericolo" e dunque le leggi speciali erano giustificate.

Anche il tentato golpe del 15 luglio non aveva la minima possibilità di successo militare.

Non ci vuole un genio di strategia militare per capire che una forza di cinquemila uomini non può sconfiggere un'armata di cinquecentomila; basta solo saper contare.

E il tentativo del 15 luglio non aveva il sostegno della base della società.

Lo dimostrano le folle coraggiose che sono scese nelle strade per contrastare il colpo di Stato. Tutti i settori della società si sono opposti a quel golpe sanguinoso e perfido e hanno condannato quelle atrocità immorali.

Ebbene, come ha potuto aver luogo un tentativo così sanguinoso, del tutto privo di razionalità e di pietà?

Per mesi, prima dei fatti, i giornali avevano scritto che si stava preparando un colpo di Stato e che i servizi segreti avevano ricevuto informazioni di grande importanza; e quindi per quale motivo non si è riusciti a impedirlo?

Nessuna di queste cruciali domande ha ricevuto una risposta chiara e diretta.

Invece moltissime persone, tra cui imam di paese, insegnanti, pasticcieri, uomini d'affari, giornalisti, studenti e docenti universitari, sono stati arrestati in fretta e furia e sbattuti in galera.

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Vedete come la definizione di "colpo di Stato" è cambiata durante l'epoca del potere assoluto di Erdoğan?

Adesso sono gli scrittori, e non i generali, i veri golpisti.

E perché?

Perché adesso loro non hanno più paura dei generali. Grazie alle politiche volte a soddisfare ogni minimo desiderio dell'esercito, proprio come nel periodo della tutela militare, non hanno più nessun motivo di averne.

Le armi non li spaventano, ma la penna sì.

Perché la penna raggiunge un luogo dove le armi non possono arrivare: la coscienza della società.

Nulla terrorizza il governo quanto la coscienza della società, perché loro sanno di aver compiuto azioni che ridurrebbero in pezzi quella coscienza facendola sanguinare.

Hanno il terrore folle che la loro ampia rete di clientelismo e corruzione venga messa a nudo.

Ecco perché cercano di bloccare ogni singola penna, ogni singola voce in grado di raggiungere la coscienza della società, mantenendola ostaggio di un sistema giudiziario in coma.

E sono talmente ansiosi di farlo che il loro pubblico ministero non ha il minimo scrupolo a riscrivere le stesse accuse prive di fondamento, come se non ci fosse già stata alcuna udienza e non avessimo già confutato quelle assurdità.

Sono stato direttore del quotidiano Taraf, che ha pubblicato l'articolo sul seminario Balyoz, il quale secondo il pubblico ministero «non era un tentativo di colpo di Stato».

Il seminario della Prima armata di cui si parla in quell'atto d'accusa era stato organizzato da dei generali che avevano disobbedito agli ordini dello Stato maggiore.

Loro stessi avevano registrato le discussioni, e oggi tali registrazioni si trovano negli archivi del governo.

In quel seminario i generali affermavano esplicitamente di compiere preparativi per «l'arresto dei leader dei partiti politici»; «l'inizio di una controversia militare con la Grecia allo scopo di guadagnarsi il consenso dell'opinione pubblica»; l'epurazione e la sostituzione di alcuni sindaci, di cui veniva stilato un elenco, e l'arresto di duecentomila dissidenti che si opponevano alla tutela militare, con i quali riempire interi stadi.

Agli occhi del pubblico ministero, questo non era un tentativo di colpo di Stato.

Invece, tre opinionisti che parlavano in televisione, quello sì era un tentativo di colpo di Stato.

Sia le discussioni dei generali sia la nostra conversazione televisiva si trovano negli archivi governativi.

Portiamo qui le registrazioni e ascoltiamole entrambe.

In questo modo il popolo di questo Paese capirà chiaramente qual è il concetto di "golpe" nella mente di un sistema giudiziario ormai morente.

Stiamo parlando del seminario Balyoz, organizzato dai generali, perché il pubblico ministero presenta l'articolo da me pubblicato in proposito nel 2010 come prima prova della mia partecipazione al tentato golpe del 15 luglio.

Permettetemi di ripetere e sottolineare il concetto in modo da renderlo chiaro a tutti.

L'atto d'accusa presenta un articolo da me pubblicato nel 2010, ovvero sei anni prima dei fatti, come prima prova della mia partecipazione al colpo di Stato del 15 luglio 2016.

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E ora vi elenco le espressioni utilizzate dal pubblico ministero per mettere sotto accusa le mie osservazioni:

«Usare la retorica...», «fare commenti...», «con questo tipo di retorica...».

In altre parole, ho commesso il crimine di «golpismo» usando la «retorica» e «facendo commenti».

Che cos'è un colpo di Stato secondo questo pubblico ministero?

I golpe non si fanno con i «commenti», ma con le armi.

Solo nelle dittature, in cui la società viene governata con la paura e la violenza, i «commenti» vengono considerati un'arma.

Sfortunatamente, la Turchia è diventata proprio questo.

Ancora oggi sottoscrivo parola per parola la «retorica» e i «commenti» di quel dibattito.

E quali sono questi commenti e questa retorica, così terrificanti e «golpisti»?

Avrei affermato che il seminario Balyoz tenuto dalla Prima armata era un «tentativo di golpe».

Sì, la penso così ancora oggi.

E la pensano così anche il primo ministro e il presidente della Corte di cassazione.

Avete intenzione di mettere anche loro sotto processo?

Avrei affermato che in Turchia non c'è libertà di espressione.

Oh mio Dio! Quale terrificante atto di golpismo!

Non c'è neppure un briciolo di libertà di espressione in questo Paese.

Se ci fosse libertà di espressione, per quale motivo saremmo sotto processo per la nostra «retorica» e i nostri «commenti»?

Avrei usato una retorica «insultante» nei riguardi di Erdoğan.

Come ho già affermato in precedenza, dire cose «insultanti» non è un crimine.

Può qualcuno essere considerato un «golpista» a causa della sua retorica «insultante»?

Quel programma è stato trasmesso in diretta la sera del 14 luglio.

Secondo le affermazioni del pubblico ministero io avrei dichiarato durante il dibattito che ci sarebbe stato un colpo di Stato.

Queste sono le sue precise parole:

«L'imputato ha dichiarato che ci sarebbe stato un colpo di Stato».

Anche se non lo processassero per nient'altro, lo processeranno per questo.

Perché si tratta di una bugia bella e buona.

Non c'è traccia di questa frase nei miei commenti.

Non può esserci.

Il pubblico ministero è seduto lì. Gli chiedo di farci sentire la frase in cui dichiaravo che ci sarebbe stato un golpe.

Non può farlo.

Perché non esiste.

Quel povero sventurato si è fatto in quattro per tirar fuori un crimine, e non avendolo trovato ha deciso di inventarselo, e ha escogitato questa bugia.

Una bugia talmente priva di fondamento che basta un minuto per smascherarla.

Possibile che nessuno gli chieda dov'è quella frase?

Un giorno o l'altro lo faranno.

Prima racconta una bugia, e poi su quella bugia costruisce il suo ragionamento.

«Ha dichiarato che ci sarebbe stato un golpe, non avrebbe potuto saperlo se non fosse stato complice dei golpisti, perciò è un golpista anche lui». Ecco cosa afferma il pubblico ministero.

Prima inventa una frase, qualcosa che io non ho mai detto, e poi imbastisce un'accusa basandosi su quella frase.

E il povero sistema giudiziario continua a contorcersi a terra, in punto di morte.

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Pagina 187

Di conseguenza, in Turchia sta montando un'anarchia ottusa, non ideologica, di tipo mafioso. In ogni parte del Paese assistiamo all'incremento delle guerre tra bande, dei raid di folle inferocite e degli omicidi.

Io non credo che la Turchia permetterà al proprio governo di continuare su questa strada, trascinando con sé l'intero Paese.

Il fatto che perfino Abdullah Gül, uno dei fondatori nonché ex presidente dell'AKP, si sia schierato contro quest'ultimo decreto e abbia insistito per la sua abrogazione dimostra quanto stiano crescendo la consapevolezza del pericolo e il senso di disagio all'interno della base del partito.

E dato che il sistema giudiziario è stato assassinato sta sfumando anche la possibilità di impedire che il terreno manchi loro sotto i piedi, la possibilità di salvare se stessi e anche la Turchia.

Ripeterò ciò che ho detto nell'articolo di cui si servono per accusarmi:

Siamo all'ultimo atto di un pessimo dramma.

La strada su cui è stato trascinato questo Paese per colpa di un golpe stupido ed efferato; la strada percorsa in compagnia di un sistema giudiziario ormai morto, formulando accuse vaghe contro i dissidenti, sta arrivando alla fine.

O il governo l'abbandonerà...

Oppure la sua stessa base, con l'anima resa marcia dalla paura, si renderà conto ancora prima dei dissidenti che altro marciume significherebbe la fine, e rovescerà il governo.

Il governo si sforza di intimidire l'opposizione e sbattere in galera i dissidenti, ma alla fine verrà rovesciato proprio dalla base dell'AKP, che ha ancora più paura dei dissidenti ma è costretta a interiorizzarla.

Nessuno si rende conto dei rimpianti, della paura, della preoccupazione, della rabbia e della delusione che si accumulano in silenzio nella base dell'AKP.

Il vero, grande rischio per Erdoğan non sono le voci dei suoi oppositori, ma il silenzio dei suoi sostenitori.

Per dirla con le parole di Shakespeare: Erdoğan, temi quel silenzio!

In quel silenzio ci sono gli occhi dei bambini affamati.

I volti pallidi dei disoccupati il cui incarnato si è fatto bianco come la cera.

Gli sguardi tristi dei padri con la testa china per la vergogna davanti ai loro figli.

I singhiozzi soffocati delle madri infelici.

Forse è possibile trovare un modo per ridurre al silenzio le voci.

Ma come si fa a soffocare il silenzio?

Un'intera società è infelice.

La Turchia guarda in preda ai brividi un governo impazzito, come un uomo che vacilli sull'orlo dell'abisso.

Lo scopo dei processi come il nostro è nascondere simili fatti agli occhi angosciati della società.

Un sistema giudiziario che non rispetta la Costituzione, le leggi e le sentenze della Corte di cassazione, che si limita a eseguire gli ordini politici del governo, ora ci mette sotto processo per "ucciderci in prigione".

L'ergastolo significa morte in prigione.

Quello che vogliono per noi è che moriamo in prigione.

Ma la Storia ci ha insegnato una cosa.

I despoti che hanno punito i loro oppositori in maniera ingiusta alla fine sono stati puniti alla stessa maniera.

Chi ha spedito la gente sulla ghigliottina è finito sulla ghigliottina, chi ha imprigionato ingiustamente i cittadini è andato in prigione, chi li ha esiliati è stato esiliato.

La natura delle punizioni che i despoti hanno inflitto agli altri è stata segnata come porto d'approdo sulla mappa del loro destino.

Ora, voi mi volete veder morire in prigione.

Vi ho detto tutta la verità su questo processo, e ora vi dico questo: sono pronto a morire in prigione.

E vi chiedo: e voi?

Siete pronti anche voi a morire in prigione?

Perché qualunque punizione ci infliggerete verrà segnata come porto d'approdo sulla mappa del vostro destino.

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