Copertina
Autore Alessandro Amadori
CoautoreAntonio Valente
Titolo La sfera di cristallo
SottotitoloI sondaggi d'opinione e il marketing politico
EdizioneGarzanti, Milano, 2006, Saggi , pag. 184, cop.fle., dim. 13,7x21x0,9 cm , Isbn 978-88-11-60059-6
PrefazioneManuela Ferri, David Parenzo
LettoreElisabetta Cavalli, 2006
Classe media , marketing , politica
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Indice

Prefazione, di Manuela Ferri e David Parenzo               7

Introduzione                                               9

Ci si può fidare dei sondaggi?, 10;
Quanta fretta, ma dove corri?, 12;
I ricchi e i poveri, 14;
Legge che vai problemi che trovi, 15;
Successi e insuccessi clamorosi, 20;
I flussi elettorali dal 2001 al 2006, 22;
Sondaggi pre-elettorali, exit poll e proiezioni, 23

1. Un po' di storia                                       29

Che cos'è un sondaggio, 29;
La demoscopia: una scienza ancora giovane, 32

2 Il sondaggio come processo di ricerca                   41

Tipologie di sondaggi in base all'argomento, 43;
Le fasi di un sondaggio, 45

3. Il briefing e la stesura del progetto                  53

Che cos'è il briefing, 53;
La stesura del progetto di ricerca, 55

4. Il campionamento                                       57

Quale campione? Di quanti casi?, 57;
Come si costruisce un campione, 59;
La misura dell'errore campionario, 62;
Riassumendo, 67

5. Il questionario                                        69

Le regole auree per scrivere un questionario, 69;
Tipologie di domande, 71;
Il sequenziamento delle domande, 74

6. Le interviste                                          77

Le interviste face to face o personali, 78;
Le interviste telefoniche, 79;
Le interviste postali, 81;
Le interviste via Internet, 82;
Le interviste via SMS, 84;
Lo svolgimento del field, 84

7. L'elaborazione dei dati                                89

Il data entry, 90;
La produzione dei dati, 91;
I calcoli statistici, 94;
Appendice: qualche nozione aggiuntiva di statistica,      98

8. La presentazione dei risultati                        101

Il rapporto di ricerca, 101;
Due esempi concreti, 104

9. Le frontiere della ricerca                            115

Il marketing emozionale, 115;
Il neuromarketing, 119

10. Politica e sondaggi d'opinione                       127

Sondaggi e psicopolitica, 127;
Si possono influenzare le risposte?, 129;
Il problema dell'affidabilità delle risposte, 130;
Il problema dell'affidabilità delle domande, 131;
Il corretto utilizzo dei sondaggi, 134

11. Lo strano caso delle politiche 2006                  139

Una campagna anomala, 139;
Una legge elettorale confusa e confusiva, 140;
Una battaglia elettorale di lungo corso, 141;
Una comunicazione sovrabbondante e multilivello, 146;
Un modello interpretativo del comportamento elettorale, 150;
La «sorpresa» delle urne: un epilogo prevedibile, 155;
Postfazione: le macerie del terremoto-elezioni, 164;
Le elezioni successive ad aprile 2006, 167

Conclusioni                                              169


Bibliografia                                             177

 

 

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Pagina 9

INTRODUZIONE



I sondaggi d'opinione, e in particolare quelli politico-elettorali, sono per molti aspetti la versione moderna, ossia impostata in termini statistico-scientifici, delle antiche forme di consultazione scaramantica e divinatoria. Lo ha chiaramente dimostrato la polemica seguita alle elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006, in occasione delle quali si è indubbiamente avuta una performance non esattamente lusinghiera da parte delle rilevazioni demoscopiche (specificamente nella forma degli exit poll), sia pure con qualche lodevole eccezione.

Intanto vediamo quali sono stati i risultati oggettivi della tornata elettorale in questione:

CAMERA (Italia più estero)

Voti Unione                 19.495.305    seggi 348
Voti Casa delle Libertà     19.364.516    seggi 281
Differenza: 130.789 a favore dell'Unione


SENATO (Italia più estero)

Voti Unione                 17.543.842    seggi 158
Voti Casa delle Libertà     17.692.754    seggi 156
Differenza: 148.912 a favore della Cdl


VOTI IN ITALIA
                            Camera        Senato
Unione                      19.001.684    16.725.077
CdL                         18.976.460    17.153.256


VOTI ALL'ESTERO
                            Camera        Senato
Unione                      459.454       426.544
Cdl                         368.819       333.000


Dunque, nei fatti si è avuto un sorprendente pareggio pressoché perfetto (descrivibile con la metafora della mela spaccata esattamente a metà), con una lievissima superiorità del centro-sinistra alla Camera e una lieve superiorità del centro-destra al Senato. Dato che la grande maggioranza dei sondaggi pre-elettorali (pubblicati fino al 23 marzo, ultima data utile consentita dalla legge) segnalava invece una netta superiorità del centro-sinistra nelle intenzioni di voto, pienamente confermata dagli exit poll, per lo studio dell'opinione pubblica la giornata di lunedì 10 aprile passerà alla storia italiana come una sorta di «lunedì nero». Negli ultimi anni infatti mai i sondaggi e gli exit poll, e le stesse proiezioni, avevano sbagliato tanto (o almeno pasticciato tanto) nel fornire indicazioni attendibili su quali sarebbero stati i risultati finali. Eppure la statistica è una scienza che rispetta e applica precise leggi matematiche e probabilistiche, e chi fa ricerche di mercato sostiene che, più che sondaggi affidabili o inaffidabili, esistono sondaggi e ricerche fatti bene oppure fatti male. Per cercare di capire che cosa è successo veramente il 10 aprile 2006 ecco allora una prima, sommaria rassegna di statistica applicata alle elezioni.

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1. UN PO' DI STORIA



Che cos'è un sondaggio

In apertura di ogni testo divulgativo, è bene porre alcune definizioni. Il nostro non fa eccezione. Che cos'è allora, in generale, un sondaggio di opinione? Diciamo che per sondaggio di opinione si intende una particolare ricerca di mercato avente per oggetto le opinioni di una collettività su un determinato argomento; e che per ricerca si intende una procedura ragionata di raccolta e analisi di informazioni, concernenti uno o più aspetti di un determinato mercato (compreso quel particolare mercato che è formato dall'opinione pubblica). Come dicono gli anglo-sassoni, fare ricerca significa in sostanza fare «marketing intelligence» (il braccio informativo-conoscitivo del marketing).

Perché le aziende, le organizzazioni, le istituzioni investono in ricerca? Per l'ottima ragione che uno studio di mercato o di opinione ben fatto consente di ridurre il rischio associato a un processo decisionale. Per esempio, prima di lanciare sul mercato un prodotto o una campagna pubblicitaria, con una ricerca di mercato è possibile verificare l'aderenza del prodotto o del messaggio ai bisogni del consumatore, riducendo appunto il rischio di sbagliare.

Ciò premesso, una prima grande ripartizione delle ricerche distingue le indagini strategiche da quelle tattiche. Ricerca strategica è un'indagine che serve per decidere appunto la strategia dell'organizzazione in un particolare mercato. Ricerca tattica è invece un'indagine che aiuta a profilare meglio sul mercato un prodotto o un servizio, in uno dei suoi elementi di marketing mix (prodotto stesso, prezzo, package, distribuzione, promozione, pubblicità, posizionamento). Le ricerche di mercato fanno parte del più ampio Sistema Informativo di Marketing aziendale o istituzionale (SIM), che a sua volta è per così dire il «centro di ascolto» del marketing dell'organizzazione. Nonostante la loro grande importanza, gli studi di mercato hanno in Italia una dimensione economica piuttosto contenuta. Il mercato nazionale delle ricerche vale circa 500 milioni di Euro. Quello mondiale attorno ai 10 miliardi di Dollari.

Un'altra distinzione importante è quella fra indagini primarie e indagini secondarie. Ricerca primaria è un'indagine fatta appositamente per rispondere a un particolare problema aziendale, intervistando un campione (che può essere variabile di volta in volta, ossia un campione rotativo, oppure costante nel tempo, ovvero un panel). Ricerca secondaria è invece un'indagine svolta consultando fonti ufficiali (per esempio, dati Istat, statistiche interne aziendali, statistiche comunali, provinciali, regionali, e così via), senza intervistare direttamente nessuno. Quindi, nella ricerca primaria lo studioso raccoglie in prima persona «dati freschi», mentre in quella secondaria analizza ed elabora dati raccolti in precedenza da altri.

Le ricerche primarie sono chiamate anche indagini sul campo, perché prevedono la costruzione e l'esplorazione di un campione, mentre quelle secondarie sono definite anche desk research visto che consistono nella consultazione a tavolino di dati provenienti appunto da altre fonti. Le ricerche possono inoltre essere «ad hoc» (cioè ritagliate su misura per specifici problemi) oppure continuative (ossia ripetizioni periodiche di una stessa indagine, per vedere l'evoluzione temporale del fenomeno). A loro volta frequentemente le indagini continuative sono in forma «multiclient», ovvero raccolgono dati per più committenti contemporaneamente, ciascuno dei quali sottoscrive un singolo pezzo dell'indagine complessiva. Questo ci porta subito a parlare dei vari attori del processo di ricerca.

In un moderno processo di ricerca, sono coinvolti quattro attori fondamentali: il committente, l'intervistato, il ricercatore e l'autorità di controllo. Il committente è colui che commissiona l'indagine ed è il proprietario legale dell'informazione, che non può essere divulgata senza il suo consenso. Può essere un'azienda privata oppure un ente o un'istituzione pubblica. L' intervistato è colui che risponde alle domande di una ricerca primaria e gode di tre diritti: 1) il diritto alla privacy (legge 675), 2) il diritto a interrompere l'intervista in qualunque momento, 3) il diritto a essere informato sull'argomento dell'indagine. Il ricercatore è colui che trasforma il problema aziendale o istituzionale in uno specifico progetto di ricerca che realizza intervistando un campione nel rispetto delle normative vigenti, oppure elaborando dati provenienti da altre fonti. In azienda, il ricercatore fa da tramite fra i suoi clienti interni e gli istituti esterni; in istituto egli fa da tramite tra il mercato e l'azienda o istituzione. Infine l'autorità di controllo è l'istanza che presiede al regolare e corretto svolgimento delle indagini di mercato. In realtà è più corretto parlare di autorità al plurale, per includere nel concetto tutte le varie organizzazioni che vigilano sul mercato. La principale è oggi l'Authority per la privacy: si tratta dell'organismo che presiede al rispetto della legge 675 e che ha il potere di sanzionare chi la viola. Anche il Garante delle Comunicazioni (Agcom) gioca un ruolo: quando si pubblica un sondaggio, è obbligatorio caricarne i dettagli metodologici e i risultati sul sito della presidenza del Consiglio e appunto su quello dell'Agcom.

In sintesi: un sondaggio d'opinione è una ricerca, commissionata da un'azienda, un'istituzione o un'organizzazione in generale, che viene eseguita da un istituto specializzato, intervistando un opportuno campione di persone, con la finalità di conoscere il «pensiero collettivo», su un argomento di interesse, di una specifica popolazione o sotto-popolazione. Vi possono essere sondaggi d'opinione sia strategici sia tattici, sia ad hoc (ricerche «spot»), sia continuativi, su campioni rotativi oppure su campioni fissi (panel), commissionati da una sola organizzazione oppure da più organizzazioni congiuntamente (multiclient). Infine le tecniche di rilevazione dei dati utilizzate possono essere quantitative (grandi campioni statisticamente rappresentativi, intervistati con il metodo del questionario), oppure qualitative (piccoli campioni mirati, esplorati in profondità con tecniche provenienti dall'antropologia, dalla sociologia, dalla psicologia).


La demoscopia: una scienza ancora giovane

Definita brevemente la nostra materia, consideriamone per sommi capi l'evoluzione storica, approfondendo peraltro alcune informazioni già date nell'introduzione. Il presente, in tutti gli ambiti dell'attività umana, è figlio del passato che è stato, e padre (o madre, se si preferisce) del futuro che verrà. Una breve ricostruzione storica della demoscopia scientifica può quindi aiutare a inquadrare alcuni problemi di fatto ricorrenti. Come abbiamo detto, i sondaggi in generale (interviste mediante questionario strutturato, somministrato a campioni rappresentativi di popolazione) sono un metodo d'indagine che serve per raccogliere i pareri di un gruppo definito di individui su un particolare argomento, economico-commerciale, politico-elettorale o di attualità: su una marca, su un prodotto, su un fatto di cronaca o di costume, sulle opinioni della gente e anche su un uomo politico, un partito, uno schieramento, un evento elettorale (sondaggi politici). Negli ultimi anni inchieste e sondaggi, con particolare riferimento a quelli relativi a temi politici, hanno acquistato una crescente importanza cronachistica e di costume, e al giorno d'oggi essi sono tra i metodi di indagine di maggior rilievo nel campo delle ricerche sociali. Proprio per questo motivo vengono sempre più utilizzati da organizzazioni di varia natura, ma anche continuamente studiati e progressivamente affinati dagli istituti che li conducono (la loro maggiore visibilità rende davvero necessaria un'attenzione specifica alla qualità scientifica e di realizzazione tecnica dei sondaggi medesimi).

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Postfazione: le macerie del terremoto-elezioni

Le elezioni politiche 2006 sono ormai una pagina del passato, ma di assoluta attualità sono le macerie che hanno lasciato dietro di sé: macerie che sono numerose e potrebbero formare l'argomento di studi più articolati e dettagliati. Qui ne segnaliamo soltanto alcune:

- il sistema elettorale con cui si è votato ad aprile, destinato con tutta probabilità a una più o meno estesa revisione;

- la comunicazione politica basata prevalentemente su modalità indirette e di massa, che probabilmente dovrà evolvere verso un modello più equilibrato e meglio bilanciato, con un significativo recupero della dimensione territoriale;

- i modelli di analisi dei meccanismi di generazione del consenso e dei flussi elettorali centrati soltanto, o prevalentemente, su convinzioni razionali o di appartenenza, che devono essere integrati con una maggiore considerazione dell'importanza dei processi impulsivi ed emotivi;

- la credibilità dei sondaggi e dei sondaggisti come strumenti non solo (e non prevalentemente) mediatici o propagandistici, ma anche e soprattutto di ricerca sociale e di comprensione dei fenomeni; credibilità che si potrà recuperare aumentando la consapevolezza collettiva dei pregi e dei difetti, delle potenzialità e però anche dei limiti, di quegli ancora imperfetti strumenti conoscitivi che sono appunto i sondaggi d'opinione. Come abbiamo cercato di fare, nel nostro piccolo, con il presente lavoro. Rispondendo agli interrogativi rivolti, al mondo delle ricerche, dagli organi di informazione, scottati dalla defaillance degli exit poll. In un articolo su «CorrierEconomia» di lunedì 15 maggio 2006, Giorgio Meletti ha scritto che se alle elezioni politiche Silvio Berlusconi può sostenere di non aver perso ma pareggiato, visto l'esiguo margine di 25.000 voti che ha consegnato all'Unione di Romano Prodi il premio di maggioranza alla Camera, chi non può nascondere la sconfitta è il variegato schieramento dei sondaggisti italiani. E non solo per gli exit poll della Nexus, che per molte ore, nel pomeriggio del 10 aprile 2006, hanno accreditato il centro-sinistra di un sonante vantaggio che non c'era. Ma anche per la dimostrata incapacità di cogliere, nelle settimane precedenti il voto, i segni dell'impetuosa rimonta di Silvio Berlusconi. Ecco, quello che abbiamo cercato di provare e argomentare in queste pagine è che l'impetuosa rimonta di Berlusconi c'è stata sì, ma non nelle ultime settimane. C'è stata letteralmente l'ultima settimana (effetto «last minute vote»), da lunedì 3 a lunedì 10 aprile 2006. E i sondaggi non pubblicati, anche perché non era possibile pubblicarli per legge, l'avevano in gran parte colta. In ogni caso, che prima del voto «anomalo» del 9 e 10 aprile ci fosse un robusto e progressivo trend di consolidamento del centro-sinistra è stato dimostrato anche dai risultati della tornata amministrativa di fine maggio, in occasione della quale il centro-sinistra stesso si è appunto ulteriormente rafforzato sul territorio. Passato lo «tsunami» delle politiche, innescato dai meccanismi che abbiamo tentato di analizzare e di descrivere in queste pagine, la situazione è per così dire tornata alla normalità precedente.


Un ultimo blocco di macerie lasciato dalle elezioni di aprile riguarda la capacità di tenuta della maggioranza di centro-sinistra che è andata un po' rocambolescamente al governo. Con un'Italia meno «unionista» di quanto sembrasse prima del voto, non sarà facile per l'esecutivo prodiano far digerire all'opinione pubblica le sue scelte necessariamente condizionate, almeno in parte, dalle componenti estreme della maggioranza. È possibile che la legislatura non raggiunga la sua fine naturale, e che fra un paio d'anni si torni a votare. Nel frattempo potrebbero anche sorgere nuovi partiti e nuovi leader. Il sistema politico italiano non ha ancora terminato la sua lunghissima fase di transizione, e nuove sorprese potrebbero essere all'orizzonte.


Le elezioni successive ad aprile 2006

Dopo il voto politico, tra la primavera e l'estate del 2006 si sono svolti altri due importanti appuntamenti elettorali: le amministrative di maggio e il referendum di giugno, riguardante la modifica della costituzione della Repubblica. In entrambi i casi, i risultati si sono mostrati molto più allineati con le previsioni sondaggistiche, e soprattutto hanno evidenziato un processo di rafforzamento del centro-sinistra del tutto coerente con il trend pre-elettorale che segnalavano le ricerche demoscopiche condotte fra gennaio e marzo. Insomma, proprio le votazioni avvenute dopo il fatidico 10 aprile hanno fatto capire che la realtà descritta dagli studi demoscopici non era frutto di una visione distorta, preconcetta, dei ricercatori, né il risultato di vistosi errori metodologici. Era una realtà probabile che è stata modificata da un'eccezionale campagna elettorale di Silvio Berlusconi, che ha agito come una sorta di tsunami politico. Nel senso di aver attivato un'onda anomala di consenso elettorale, formatasi come detto nell'ultima settimana prima del voto, dal 3 al 10 aprile 2006. Un'onda anomala di circa un milione di elettori, prevalentemente «last minute», che sono confluiti inaspettatamente sulla Cdl, provenendo in larga maggioranza dall'area dell'astensione probabile. Persone che in linea di principio non sarebbero andate a votare, alla fine ci sono andate. Richiamate alle urne da una campagna di comunicazione molto intensa, polarizzante e personalizzata. Giocandosi davvero il tutto per tutto, il premier uscente ha sfiorato l'ottenimento di un clamoroso ribaltamento di risultato. Non ci è riuscito per poche migliaia di voti, e per il fatto che, all'estero, i toni iper-emotivi della campagna italiana sono giunti alquanto affievoliti. Lì non è scattato il meccanismo del voto d'impulso. E i risultati hanno premiato la più «razionale» Unione di Romano Prodi. Come detto, le ultime elezioni politiche hanno rappresentato una circostanza piuttosto anomala, che difficilmente si potrà ripresentare in futuro, negli stessi termini in cui l'abbiamo vissuta. Si è trattato davvero di un «unicum». Non è invece improbabile che dei fenomeni di concentrazione rapida di voto, su una base per così dire nazional-popolare, si verifichino nuovamente in futuro. Quando Silvio Berlusconi uscirà di scena, cosa che prima o poi necessariamente accadrà, si genererà nuovamente un vuoto nell'offerta politica italiana. Perché oggi è abbastanza chiaro che Forza Italia è intrinsecamente un'emanazione quasi diretta della figura carismatica di Berlusconi stesso. E dato che la natura odia il vuoto, qualcosa lo dovrà riempire. Potranno forse essere i partiti attualmente esistenti, che verrebbero a spartirsi le spoglie della grande Balena Azzurra. Ma potrebbe anche essere un nuovo imprenditore della politica. Un nuovo leader carismatico e populista, che abbia fatto tesoro della lezione berlusconiana. Sarà il futuro a dirci quale di queste due ipotesi si realizzerà.

Ma certamente si avranno evoluzioni significative dell'offerta politica. Le elezioni di aprile 2006 non sono state l'inizio di una nuova era, bensì l'epilogo della stasi di sistema iniziata nel 1996.

I nostri principali «marchi» della politica appaiono stanchi e invecchiati: partiti quasi senza idee, leader cresciuti nella cultura della prima repubblica. L'Italia ha bisogno di una ventata di modernizzazione, che gli attuali apparati di partito non paiono in grado di realizzare. Per questo, lo ripetiamo, non è improbabile che, nei prossimi anni, emerga un nuovo imprenditore della politica.

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