Copertina
Autore Giosi Amirante
CoautoreMaria Raffaela Pessolano, Ornella Zerlenga
Titolo Immagini di Napoli e del Regno
SottotitoloLe raccolte di Francesco Cassiano de Silva
EdizioneESI, Napoli, 2005 , pag. 352, ill., cop.ril., dim. 215x305x30 mm , Isbn 978-88-495-1192-5
LettoreElisabetta Cavalli, 2006
Classe citta': Napoli , regioni: Campania , illustrazione , architettura , storia moderna d'Italia
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Indice


FRANCESCO CASSIANO DE SILVA

L'attività                                                    7
La committenza                                               12

LA «FATICA DECENNIA»

Le premesse                                                  15
I viaggi del de Silva                                        17
Guide e editori napoletani                                   19
Testi e immagini: Pacichelli e Cassiano                      21
La svolta dell'incisore-vedutista                            24


LE TRE RACCOLTE MANOSCRITTE INEDITE


REGNO NAPOLITANO ANOTOMIZZATO DALLA PENNA
DI D. FRANC.CO CASSIANO DE SILVA

Premessa                                                     55
L'immagine di Napoli e dei suoi dintorni                     57
La «Descrizione delle città vescovili di tutto
questo Regno di Napoli, e di alcune terre grosse
disegnate al naturale»                                       77
    Le nuove vedute di città                                 82
    Le vedute significativamente diverse                    102
    Le immagini simili                                      124
    Le prospettive uguali                                   139

ATHLANTE CONTENENTE LE DUODECI PROVINCIE DEL REGNO DI NAPOLI
Il «Seno cratero»: la Penisola sorrentina                   193

La capitale: vedute e squarci urbani                        196
I Campi Flegrei                                             205
Il Regno nelle vedute costiere                              224


ESPAÑA DIVIDIDA POR SUS REYNOS, Y OTRAS PARTES DE LA PLUMA
DE DON F.C. DE S. E.                                        255



NAPOLI RAPPRESENTATA DA FRANCESCO CASSIANO DE SILVA
(O. Zerlenga)                                               263

LA DIFFUSIONE DELLE VEDUTE: LE INCISIONI DEL DE SILVA
PER GLI EDITORI NAPOLETANI
La «Nuova ed esattissima descrizione del Regno di Napoli
colle sue XII provincie»
di Antonio Bulifon                                          291
La «Pianta et alzata della città di Napoli» del 1968 per
l'editore Paolo Petrini                                     296


APPENDICE

Regno Napolitano Anotomizzato dalla penna di d. Franc.co
Cassiano de Silva Nobile milanese                           301
Athlante contenente le duodeci Provincie del Regno di Napoli307
Reyno de Napoles anotomizado de la piuma de
Don Fran.co Cassiano de Silva                               310
Espana dividida por sus Reynos, y otras partes de la pluma
de Don F. C. de S. E.                                       312
Atlante di Antonio Bulifon dedica a Cosimo III 1692         313
Carte de' Regni di Napoli, e di Sicilia, loro Provincie,
ed Isole adiacenti, fatte esattamente incidere da Antonio
Bolifoni nel 1692 ed ora dal dottor Luigi Bolifoni suo
Nipote                                                      315
Paolo Petrini                                               317
Le immagini nel manoscritto di Francesco Cassiano de Silva
e le incisioni nel Regno di Napoli in prospettiva           322

BIBLIOGRAFIA                                                327
ABBREVIAZIONI                                               342
INDICE DEI LUOGHI                                           343
ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI                                  349

 

 

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Pagina 7

FRANCESCO CASSIANO DE SILVA


L'ATTIVITÀ

Gli studiosi che, negli ultimi anni, si sono occupati di Francesco Cassiano de Silva non hanno rintracciato notizie biografiche che lo riguardino anche se questi, uno dei più prolifici «vedutisti», attivo anche come cartografo sebbene per poche esperienze non innovative, è presente sin dal 1690 nella capitale del viceregno ove lavorò attivamente di sicuro tino ai primi anni del viceregno austriaco.

Le ricerche di Vladimiro Valerio, quelle di Giancarlo Alisio e le brevi note di Lucio Fino non hanno condotto all'individuazione del «misterioso Cassiano». Risultati scarni e tuttavia portatori di significative coincidenze hanno dato gli scandagli operati nei fondi napoletani dell'Archivio di Stato e dell'Archivio diocesano. Molto poche sono, in effetti, le notizie fornite dallo stesso personaggio il quale, come già notato, si dichiara «nobile milanese» nella copertina dell'album manoscritto conservato nella biblioteca di Vienna, mentre, in tutta l'altra produzione firmata si definisce spagnolo.

Con ogni probabilità Cassiano apparteneva, e la diffusione del cognome consente l'ipotesi, a una famiglia che aveva diverse ramificazioni in Italia; il nostro autore, la cui attività si svolge negli anni difficili della guerra di successione spagnola, nel momento in cui dedica al maresciallo Daun il suo manoscritto, mette in risalto il collegamento con il ramo milanese.

Proprio questo album, che viene proposto dall'autore come risultato di un impegno durato un decennio, è il più completo da lui realizzato e l'unico ad essere corredato di descrizione del regno, delle province, della capitale e delle città. Esso era (almeno nella parte scritta) già composto al momento della morte di Carlo II (1700) poiché il regno, viene ricordato dallo stesso autore, «riposa hoggi sotto il manto reale de' monarchi di Spagna». L'ipotesi trova anche conferma dalla data, 1705, indicata come termine dello sforzo pluriennale, poiché in questo anno la flotta inglese conquista Barcellona e nella città si insedia Carlo d'Austria (come Carlo III) inferendo un grave colpo alle speranze di Filippo V.

La quasi totale assenza, allo stato attuale della ricerca, di notizie sicure sul de Silva complica notevolmente la ricostruzione della successione cronologica delle sue raccolte manoscritte, unica fonte, al momento, a volte insieme alla testimonianza grafica e a quella dei commenti scritti, o delle poche legenda, che rechi notazione di anni.

Solo una attenta indagine condotta sulle raccolte sembra perciò utile a ricostruire una sequenza diacronica.

Il lavoro dedicato al maresciallo austriaco conquistatore del regno reca soltanto la notazione relativa alla fatica decennia e gli anni (1695-1705) sono individuati a partire dall'unica data (1705) che si legge nella tavola destinata a illustrare il territorio dell'intero regno. L'anno a lungo è stato letto come 1708 (così riportato nella scheda di catalogo e nella mostra a Vienna oltre che nel volume a cura di Wawrick) e solo di recente è stata corretto come 1705.

L'altra opera, completamente inedita, conservata a Vienna presso il Kriegsarchiv, contiene un maggior numero di date, che attestano come Cassiano conservasse presso di sé disegni che avrebbe poi utilizzati quando gli fosse stato richiesto, o commissionato, un album completo, proprio il caso dell'esemplare in esame: «Questo athlante contenente le duodeci provincie del Regno di Napoli appartiene al conte Stella con summa accuratezza designato colla penna nell'anno che le truppe imperiali intrapresero la conquista del suddetto Regno sotto il comando del maresciallo Daun».

Il conte Stella, come è noto, è un personaggio assai discusso, potente favorito dell'imperatore Carlo VI, che, verosimilmente, aveva interesse a promuovere presso la corte viennese e nel suo protettore la conoscenza dei nuovi possedimenti italiani della corona (i viceré austriaci nel corso del breve e non tranquillo dominio quasi trentennale mai si allontanarono da Napoli), delle province, delle splendide coste, della capitale con i suoi suggestivi dintorni. Il prestigio del proprietario, probabilmente anche committente, spiega il progetto assai accurato di impaginazione ben controllabile nel modo di raggruppare le vedutine nella cornice di delimitazione dell'immagine più grande, la qualità dei disegni, l'attenzione ai particolari, la novità, rispetto alle altre raccolte, di utilizzare per la descrizione delle coste, non le modeste e aride planimetrie, ma le «vedute» che, con scarsa veridicità topografica e grande potere di suggestione, forniscono all'osservatore una restituzione tridimensionale del lungo perimetro costiero suddiviso in «golfi».

Per la committenza austriaca, quindi, il Cassiano si pone come prezioso intermediario per la conoscenza del nuovo territorio imperiale con le due raccolte che, pur entrambe di sua unica mano sono assai diverse per la «qualità» delle notizie fornite. Compendio di notizie storiche, economiche e geografiche e panoramica dell'intero viceregno, il primo è esaustivo per le informazioni non esclusivamente limitate alle vedute delle città e "terre" e alle carte geografiche delle province e delle coste. Le immagini alle diverse scale sono accompagnate da una relazione completa, sintetica e agile, con una chiara suddivisione per materie, di notizie relative al regno, alle regioni, alle città vescovili, alla storia politica, ai prodotti, alla capitale, illustrata con particolare attenzione alla sua amministrazione e ai suoi «monumenti»; senza grandi caratteri di originalità, gli scritti nei quali è evidente l'intenzione di fornire notizie con ordine, organizzate su una griglia ripetibile e assai chiara, sono di rapida lettura rispetto alle accademiche descrizioni contenute nei coevi volumi del Pacichelli – ai quali il Nostro tuttavia attinse – e nelle diverse illustrazioni seicentesche del regno. La seconda raccolta viennese, invece, sembra costituire la risposta a una diversa esigenza poiché contiene sia la restituzione geografica delle province, inevitabile base di apprendimento, sia, e soprattutto, attenzione all'immagine che esalta la bellezza delle coste, della capitale e dei suoi «mitici» dintorni.

Ci pare di poter concludere che la formazione delle raccolte manoscritte di Vienna identifichi il periodo «maturo» e libero da legami e controlli da parte di editori-committenti, durante il quale viene posto in risalto con l'utilizzazione in piena autonomia dell'ampio patrimonio accumulato, il valore innovativo, come moderno mezzo di documentazione, delle «vedute in prospettiva», estese dalle città al territorio, dagli insediamenti minori agli ambienti urbani.

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LA «FATICA DECENNIA»


LE PREMESSE

Giovanni Battista Pacichelli nei suoi lunghi viaggi attraverso l'Europa per adempiere ai doveri assunti e legati all'incarico ricoperto (era stato nominato nel 1672 uditore generale alla Nunziatura apostolica di Colonia) aveva avuto l'opportunità di visitare molti paesi. Rientrato in Italia nel 1677 e postosi al servizio di Casa Farnese si trasferì a Napoli dove, nel 1683, era "agente" farnesiano. Lo studioso rimase nella capitale meridionale fino alla morte pubblicando con i due editori Parrino e Muzio i testi nei quali aveva raccolto i ricordi di viaggio e di vita e dedicandosi agli studi anche a costo di trascurare il lavoro: «fu perduta 'per la distrazione dell'abate Pacichelli all'hora ministro della nostra casa unicamente intento a pescare erudizioni antiche nelle librerie dei claustrali ed a stampare operette di proprio genio'» scriveva il duca Farnese a proposito di una lite in tribunale. Nel corso delle sue visite nelle regioni del vecchio continente l'abate, assai attento a uomini e ambienti, aveva avuto l'opportunità di conoscere personaggi diversi; con molti di essi intrattenne anche rapporti di corrispondenza superando i confini italiani. Con ogni probabilità, l'approfondimento, principalmente in Olanda, della pubblicistica europea, gli fornì se non lo spunto, capacità e conoscenza critica utili ad una migliore definizione e all'arricchimento — nel concerto con gli editori napoletani — del progetto per la pubblicazione del Regno di Napoli in prospettiva.

A testimonianza del vivo interesse in relazione all'industria libraria e alla pubblicistica rimane la notazione, in occasione di un viaggio in Olanda nel 1674, di un incontro:

conobbi, e mi fè cortesia il signor Pietro Blau figliuol di Gio: che dissero morì cattolico, il quale con dugentomila fiorini di dote accasatosi riparava la notabil perdita de suoi haveri con gli Atlanti, ò sue Tavole geografiche che liquefè per insino i rami. Esser colmo però di errori questo corpo, raccolto senza buona critica, mi significarono i più eruditi.

Il Pacichelli, anche con qualche compiacimento, si riferiva all'operazione intrapresa dal Blaeu e fallita a causa del troppo ambizioso piano editoriale che non aveva trovato adeguati finanziamenti concludendosi con l'incendio delle officine e la perdita dei rami. L'appunto mostra l'attenzione rivolta all'editoria europea, della quale non mancò di riproporre il ricordo quando partecipò all'impresa assai più modesta, anche negli intenti, riguardante il Regno. Egli ammoniva il Muzio e il Parrino sulle difficoltà per il reperimento del materiale iconografico prospettando un poco promettente quadro: «Non siamo in Alemagna, in Fiandra, o in Francia, ove tesoreggiano i librai non meno che gli autori (...) Suderà V. S. sangue freddo nell'unione di si belle prospettive, e notizie (...)» avvertimento suffragato dalle successive vicende della pubblicazione.

Come è noto, l'interminabile e faticosa gestazione dei volumi del Regno, coinvolse di sicuro anche il Cassiano. Sappiamo da una lettera del Pacichelli che nel settembre 1691 le tavole delle province erano già incise e la firma del Nostro in calce dimostra che l'autore aveva fatto tesoro del lavoro svolto negli anni precedenti presso Bulifon perché aveva proposto i disegni planimetrici – alleggerendoli di molti particolari che avrebbero reso illeggibili le carte data le dimensione dei campi incisi – utili a fornire indicazioni sulle città vescovili e su alcune «terre grosse». Nella stessa lettera l'abate, che dichiarava di aver già terminato la sua parte di lavoro, contestualmente rammentava all'editore che «sua è la cura di promuovere i disegni delle Città e delle Terre (...)» ribadendo ancora una volta al suo corrispondente che:

per tutti è piacevole godere l'immagine della Patria e udirne gli elogi, ma pochi si prendono il fastidio di rinvenir le memorie, far disegnar le figure, assicurarle nel porto. Di unger la mano a chi compra, od intaglia, non accade pensarvi; molto meno di riconoscere con l'argento colui, che consuma ogni metallo per l'amico. A pena ricupererà cortesi risposte dalle sue lettere circolari.

Terminata e consegnata nel 1692 la parte riguardante il testo notevoli problemi dovevano sussistere, come previsto, nel reperimento del materiale iconografico. Lo scrittore non aveva esagerato nelle poco allegre previsioni dal momento che, solo nel 1695, erano in corso di stampa i testi consegnati quattro anni prima; nessun riferimento alle immagini cui l'abate era del tutto disinteressato forse per una sorta di condizionamento che gli derivava dalla sua formazione erudita.

Il controllo comparato delle incisioni a corredo dei tre volumi consente di individuare nelle tavole un gruppo di disegni costruiti con criteri disparati e dissonanti rispetto al corpo unitario che si evince nell'intero programma figurativo. Ne deriva la considerazione che solo alcune lettere circolari, ottimisticamente inviate dagli editori, avevano ottenuto risposta positiva; potremmo pertanto concretamente ipotizzare un impegno diretto di Cassiano non soltanto come incisore, ma come responsabile dei disegni elaborati in una, o forse più campagne di rilevamento a vista, svoltesi nelle province meridionali nell'intento di costituire un dossier di immagini di quei centri rimasti privi di documentazione iconografica. Muzio e Panino erano stati costretti a correre ai ripari e le "figure" che completarono, per la prima volta, le descrizioni storiche del territorio vicereale, ci consentono di collegare il de Silva all'impresa.

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Pagina 26

Dai pochi esempi emerge chiaramente come il commento si riferisca esclusivamente e senza alcuna ambizione di carattere erudito, al disegno che lo accompagna. L'album manoscritto è davvero 'un libro per vedere', utile alla conoscenza dell'intero regno; determinante per le scelte operate il fine per il quale esso era stato composto, che orientò anche l'elaborazione delle descrizioni considerate rilevanti e indispensabili strumenti di conoscenza. D'altra parte determinanti furono le esperienze maturate dal vedutista nell'elaborazione della raccolta napoletana nella quale viene in evidenza la costante preoccupazione del de Silva di rendere parlanti le immagini

si è tralasciato di porre tutte le città e luoghi in questa rappresentazione dei golfi, da un lato per non replicare quello che si vede nelle province e, dall'altro, per tener fede all'assunto di mostrare la dilatazione della marina, suoi seni e promontori e capi, per farli conoscere bene ai naviganti che navigano in questi mari (...) non c'è scala da un capo all'altro perché questo dato si conosce nelle province separate (...) si è pensato solo a far conoscere le curve e i seni che vi sono nei golfi per miglior conoscenza di coloro che navigano, e il tratto di mare vicino alla costa dove si trova la nave, galera, o feluca e a quale rotta si fa riferimento per navigare da un capo all'altro.

Il disegnatore tiene, quindi, a precisare che i navigli, sempre presenti nelle sue tavole, non sono gratuite e piacevoli esercitazioni grafiche, ma hanno un ruolo preciso nella loro distribuzione lungo le coste: navi, galere e feluche sono disegnate in quelle insenature nelle quali possono trovare ancoraggio e di conseguenza chi studia i disegni è in grado, come se avesse a disposizione un portolano, di preordinare le rotte. Colui che guarda le tavole è considerato dal Nostro alla stessa stregua di chi si rivolge a testi manoscritti: è un curioso lettore.

Quando si marca il tradizionale distacco fra testi e immagini anche se sono numerosi i plagi delle notizie contenute nei volumi di Pacichelli, il de Silva per quel che riguarda le informazioni da fornire si dissocia con decisione sia dall'erudizione dell'abate, che dallo «stile (...) asiatico, che senza critica alcuna accozza notizie triviali (...)». Dichiara infatti nel testo sulla provincia di Abruzzo Ultra

(...) sarebbe soverchia fatica ed importuna disgressione l'epilogare quali e quante siano state e sono le opinioni di chi ha preteso indagare l'origine e fondamenti di questa provincia del superior Abruzzo, massime quando la sua antichità può dismentire da tanti trasandati secoli anche il più accurato e diligente historico: sì che per non camminare alla cieca è d'huopo il conformarsi con l'hodierna e volgar prattica, avalorata anche per non essere contradetta anzi accettata (...)

e ribadisce «tralasciando le opinioni di tanti diversi autori sopra la fondazione e principij di questa Provincia, la chiameremo come volgarmente al presente si scriue (...)». Il nostro autore cosciente di un atteggiamento inconsueto conferma l'orientamento in merito all'apporto delle teorie erudite e lo denuncia in apertura del discorso sull'intero territorio del regno:

Prendendo il nome questo sì vasto regno dalla sua Regal città, e tralasciandone la sua origine per esser contrariata da un numero infinito d'autori, benche classici, (...) passarassi ad un epilogato racconto della sua esistenza, e di quello che al momento mostra di se stesso (...) rimettendo il di più a penne più accurate, e diligenti per distinguerne le parti (f. 188).

Segue una stringatissima elencazione, quasi una statistica relativa alle dimensioni territoriali, al numero di abitanti, a quello dei soldati, alle entrate e uscite per la difesa, alle cariche più importanti, ai prodotti, per concludere:

Si tralascia di discorrere della sua religione per essere primogenita nella fede dei suoi Santi, per essere Questi senza numero de suoi Campioni nell'armi per esser pur troppo noti degli Ingegni per esserne piene e le antiche e le moderne biblioteche (...) tralasciando per ultimo ancora qualsiasi altra particolarità per non uscire dal stabilito compendio.

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