Copertina
Autore Benedict Anderson
Titolo Sotto tre bandiere
SottotitoloAnarchia e immaginario anticoloniale
Edizionemanifestolibri, Roma, 2008, Esplorazioni , pag. 296, cop.fle., dim. 14,4x21x2 cm , Isbn 978-88-7285-523-2
OriginaleUnder Three Flags
EdizioneVerso, London, 2005
TraduttoreAnna Maria Poli
LettoreRiccardo Terzi, 2009
Classe storia contemporanea , politica , paesi: Filippine , paesi: Cuba , paesi: Spagna , movimenti , storia: Asia
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Indice


Introduzione                                     7

Prologo: l'uovo del gallo                       19

Alla ... Là Bas                                 41

All'ombra del mondo di Bismarck e Nobel         73

Uno scrittore sotto processo                   151

Montjuich                                      209


 

 

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Pagina 7

Introduzione



Se d'estate, in una notte tropicale e senza luna, alziamo lo sguardo verso il cielo, ciò che vediamo è una volta luccicante di stelle immobili, unite solo dall'oscurità e dalla nostra immaginazione. La loro immensa, serena bellezza richiede uno sforzo di volontà per ricordarci che queste stelle sono in realtà in perpetuo movimento, spinte qui e là dalla forza invisibile dei campi gravitazionali di cui sono una parte imprescindibile. Simile è l'eleganza del metodo comparativo, che mi ha permesso di accostare, ad esempio, il nazionalismo "giapponese" e quello "ungherese", quello "venezuelano" a quello "americano" e quello "indonesiano" a quello "svizzero", ognuno dei quali brilla di luce propria.

Ad Haiti durante la rivoluzione, al calar della notte, indebolite dalla febbre gialla, le truppe polacche al comando del generale Charles Leclerc — inviato da Napoleone per riportare la schiavitù — udirono i loro avversari nelle vicinanze cantare "La Marsigliese" e "Ça ira!". In risposta a questo richiamo si rifiutarono di eseguire l'ordine di massacrare i prigionieri neri. L'Illuminismo scozzese ha fornito la cornice all'insurrezione anti-coloniale americana. I movimenti indipendentisti e nazionalisti sono inscindibili dalle correnti universalistiche liberali e repubblicane. A loro volta il romanticismo, la democrazia, l'idealismo, il marxismo, il pensiero anarchico, e perfino, per ultimo, il fascismo, hanno tutti, in maniera diversa, unito le nazioni ed esteso i confini del globo. L'elemento con più valenze, il nazionalismo, si è combinato con tutti gli altri in modi e tempi diversi.

Questo libro rappresenta un esperimento di quello che Melville avrebbe chiamato astronomia politica, poiché tenta di tracciare una mappa della forza gravitazionale esercitata dal movimento anarchico all'interno dei nazionalismi militanti, agli angoli opposti del pianeta. In seguito al collasso della Prima Internazionale e alla scomparsa di Marx nel 1883, il movimento anarchico, nelle sue diverse articolazioni, è stato l'elemento dominante nella Sinistra radicale consapevolmente internazionalista. Non è solo il fatto di aver espresso, una generazione dopo Marx, un filosofo influente come Kropotkin (nato ventidue anni dopo) o un leader politico carismatico e vivace come Malatesta (nato trentatré anni dopo Engels), non superati dal marxismo ortodosso. Nonostante l'imponente edificio del pensiero di Marx, al quale pure si è frequentemente ispirato, il movimento anarchico ha coinvolto contadini e lavoratori agricoli, in un'epoca in cui la maggior parte del proletariato industriale era concentrata in Europa del nord. In nome della libertà individuale, era aperto a scrittori e artisti "borghesi", quando il marxismo istituzionale del tempo non lo era affatto. Altrettanto ostile nei confronti dell'imperialismo, non era pregiudizialmente contrario a "piccoli" e "astorici" nazionalismi, compresi quelli del mondo coloniale. Gli anarchici sono stati anche più veloci nell'approfittare delle vaste migrazioni transoceaniche dell'epoca. Malatesta trascorse quattro anni a Buenos Aires – qualcosa di inconcepibile per Marx o per Engels, i quali non si spostarono mai dall'Europa occidentale. Il Primo Maggio commemora gli immigrati anarchici – non marxisti – giustiziati negli Stati Uniti nel 1886.

Ci sono anche altre ragioni se l'arco temporale considerato in questo libro comprende gli ultimi decenni del diciannovesimo secolo. Non è un caso che l'ultima insurrezione nazionalista del Nuovo Mondo (a Cuba nel 1895) e la prima in Asia (nelle Filippine nel 1896) siano avvenute quasi simultaneamente. I cubani (così come i portoricani e i dominicani), cioè i nativi di ciò che restava del favoloso impero globale spagnolo, e i filippini non solo avevano letto qualcosa gli uni degli altri, ma ebbero contatti personali cruciali e seppero coordinare le loro azioni. Per la prima volta nella storia fu possibile coordinarsi a un livello globale. Entrambe le insurrezioni furono alla fine represse, a pochi anni di distanza l'una dall'altra, dalla stessa, brutale potenza che aspirava all'egemonia. I contatti non ebbero luogo direttamente tra le province accidentate di Oriente e Cavite, ma furono mediati da "rappresentanti", che si trovavano soprattutto a Parigi, ma anche a Hong Kong, Londra e New York. I nazionalisti cinesi seguivano con grande attenzione sulle pagine dei giornali gli eventi cubani e filippini – oltre alla lotta dei nazionalisti boeri contro l'imperialismo britannico studiata anche dai filippini – per imparare come "fare" la rivoluzione, l'anticolonialismo e l'antimperialismo. Filippini e cubani trovarono, a livelli diversi, i loro alleati più affidabili tra gli anarchici francesi, spagnoli, italiani, belgi e inglesi – ognuno con le proprie ragioni, non sempre nazionalistiche.

Questi rapporti reciproci furono possibili perché negli ultimi due decenni del diciannovesimo secolo ebbe inizio quella che potremmo chiamare la "prima globalizzazíone". L'invenzione del telegrafo fu presto seguita da successivi miglioramenti e dalla posa dei cavi sottomarini transoceanici. In tutto il pianeta, chi abitava nelle città si abituò ben presto al telegrafo. Nel 1903, Theodore Roosevelt mandò un telegramma a se stesso che impiegò nove minuti per fare il giro del mondo. L'inaugurazione della convenzione postale universale nel 1876 accelerò notevolmente il traffico di lettere, riviste, giornali, fotografie e libri in tutto il mondo. La nave a vapore – sicura, veloce ed economica – rese possibili per la prima volta migrazioni di massa da stato a stato, da impero a impero e da continente a continente. Una rete ferroviaria sempre più fitta trasportava milioni di persone e di merci all'interno dei confini nazionali e coloniali, facilitando i collegamenti tra le zone interne più remote e tra queste e i porti e le capitali.

Gli ottant'anni tra il 1815 e il 1894 furono in quasi tutto il mondo un periodo di pace e d'inerzia. Con l'eccezione degli Stati Uniti, quasi tutti gli stati erano retti da monarchie, di tipo autocratico o costituzionale. Le tre guerre più lunghe e sanguinose furono combattute alla periferia del sistema-mondo – le guerre civili in Cina e negli Stati Uniti, la Guerra di Crimea sulla costa settentrionale del Mar Nero e i terribili scontri, negli anni sessanta del diciannovesimo secolo, tra il Paraguay e i suoi potenti vicini. Bismarck sconfisse l'Austria-Ungheria e la Francia in breve tempo, senza eccessivi costi umani. La superiorità europea in termini di risorse industriali, finanziarie e scientifiche era indiscutibile, e l'imperialismo avanzava in Asia, Africa e Oceania senza incontrare una significativa resistenza armata, con l'eccezione dell'Ammutinamento indiano. I capitali circolavano velocemente e piuttosto liberamente attraverso i confini nazionali e imperiali.

Fu a partire dal 1880 che si fecero sentire le prime scosse di quello che sarebbe stato un cataclisma, poi ricordato come la Grande Guerra o la Prima Guerra Mondiale. All'assassinio dello zar Alessandro II nel 1881, per mano di estremisti dinamitardi che si autodefinivano "Volontà del Popolo", fece seguito nei successivi venticinque anni l'uccisione di un presidente francese, un re italiano, un'imperatrice e un erede al trono austriaci, un re portoghese con il suo erede, un primo ministro spagnolo, due presidenti americani, un re di Grecia, un re della Serbia e una serie di potenti uomini politici conservatori in Russia, Irlanda e Giappone. Ovviamente, ci furono anche molti altri attentats non riusciti. I primi e più spettacolari di questi omicidi furono compiuti da anarchici, seguiti subito dopo dai nazionalisti. Nella maggior parte dei casi la reazione fu molto pesante, in termini di durissime leggi "anti-terrorismo", esecuzioni sommarie e torture eseguite dalla polizia, sia pubblica che segreta, e dai militari. Ma gli autori degli omicidi, alcuni dei quali si potrebbero benissimo chiamare i primi attentatori suicidi, agivano pensando a un pubblico mondiale, quello delle agenzie stampa, dei giornali, dei religiosi progressisti, dei lavoratori, delle organizzazioni contadine e così via.

La competizione tra forze imperialiste, che fino al 1880 coinvolgeva essenzialmente Regno Unito, Francia e Russia, cominciava a farsi più serrata, grazie all'ingresso di Germania (in Africa, Asia nordorientale e Oceania), Stati Uniti (nel Pacifico e nei Caraibi), Italia (in Africa) e Giappone (in Asia orientale). Anche la resistenza iniziava ad assumere un aspetto più moderno ed efficace. Negli anni novanta del diciannovesimo secolo, nel tentativo di sedare l'insurrezione di Martí a Cuba, la Spagna inviò la più ingente forza militare che avesse mai varcato l'Atlantico. Nelle Filippine, la Spagna riuscì a controllare, ma non a sconfiggere, una rivolta nazionalistica. La vittoria dei Boeri in Sudafrica fu uno shock per l'Impero britannico ormai al tramonto.

Questa è la scena su cui si muoveranno gli attori principali di questo libro nell'interpretare le loro diverse parti. I lettori incontreranno italiani in Argentina, New Jersey, Francia e Paesi Baschi; portoricani e cubani ad Haiti, Stati Uniti, Francia e Filippine; spagnoli a Cuba, Francia, Brasile e Filippine; russi a Parigi; filippini in Belgio, Austria, Giappone, Francia, Hong Kong e Gran Bretagna; giapponesi in Messico, San Francisco e Manila; tedeschi a Londra e in Oceania; cinesi nelle Filippine e in Giappone; francesi in Argentina, Spagna ed Etiopia, e così via.

In linea di principio, si potrebbe iniziare a studiare questa rete rizomatica a partire da un punto qualsiasi – dalla Russia si arriverebbe a Cuba, il Belgio ci porterebbe in Etiopia e Portorico in Cina. Questo specifico lavoro, tuttavia, parte dalle Filippine per due semplici ragioni. Innanzitutto, sono profondamente legato a questo paese, che ho studiato, seppur discontinuamente, per venti anni. In secondo luogo, nonostante si trovino all'estrema periferia del sistema-mondo, le Filippine vi hanno svolto, nell'ultimo decennio del diciannovesimo secolo, un ruolo che è stato finora trascurato. Una ragione secondaria è che ho avuto molto materiale a disposizione. I tre uomini su cui questo studio si concentra – nati nei primi anni sessanta del diciannovesimo secolo a poca distanza uno dall'altro – sono vissuti nell'epoca felice precedente l'avvento di fotocopie, fax e internet. Scrittori prolifici, produssero lettere, pamphlets, articoli, lavori accademici e romanzi in inchiostro indelebile su fogli di carta consegnati all'eternità. (Oggi gli archivi degli Stati Uniti non accettano materiale foto-copiato, illeggibile dopo vent'anni, né conservato su supporti elettronici, ben presto inutilizzabili a causa dell'incessante innovazione tecnologica, se non a costi proibitivi).

E tuttavia, uno studio che, sia pur superficialmente, conduce a Rio de Janeiro, Yokohama, Ghent, Barcellona, Londra, Hara, Parigi, Hong Kong, Smolensk, Chicago, Càdiz, Port-au-Prince, Tampa, Napoli, Manila, Leitmeritz, Cayo Hueso e Singapore richiede un suo specifico stile narrativo con cui combinare i diversi elementi. Due sono gli elementi centrali in questo stile: la tecnica di montaggio di Eisenstein (cronologicamente posteriore) e il roman-feuilleton inaugurato da Charles Dickens ed Eugène Sue. Chi legge dovrà dunque immaginare di trovarsi davanti a una pellicola in bianco e nero o a uno di quei romanzi manqué, la cui conclusione è oltre l'orizzonte dello stesso autore.

C'è un'altra difficoltà che aspetta i lettori interessati. Alla fine del diciannovesimo non c'era ancora alcun tipo di "idioma internazionale". I filippini scrivevano agli austriaci in tedesco, ai giapponesi in inglese, agli altri in francese, spagnolo o tagalog, con abbondanti inserti nell'ultima bella lingua internazionale, il latino. Alcuni di loro conoscevano un po' di russo, greco, italiano, giapponese e cinese. È vero che un telegramma poteva fare il giro del mondo in pochi minuti, ma la comunicazione reale richiedeva il difficile e autentico internazionalismo del poliglotta. I leader filippini si inserirono facilmente in questa babele di linguaggi, dal momento che la lingua del loro avversario politico era anche la loro lingua privata, sebbene fosse compresa da neanche il 5 percento della popolazione filippina. Il tagalog, usato a Manila e nelle sue immediate vicinanze, non era compreso dalla maggior parte dei filippini, e in ogni caso non era utilizzabile per comunicare con altri paesi. Molti filippini nati in aree in cui si parlava cebuano e ilocano preferivano usare lo spagnolo, lingua che in quell'area era però un chiaro indicatore di uno status privilegiato, se non collaborazionista.

Il metodo e l'oggetto del libro regolano la sua struttura formale. Si inizia con precisione, seppur arbitraria, nella Manila remota e tranquilla del 1880, si prosegue attraverso l'Europa, le Americhe e l'Asia per arrivare a una finis ancora più arbitraria, per la quale nessuna "conclusione" sembra disponibile. Il libro ruota intorno alle giovani vite di tre insigni patrioti filippini nati intorno al 1860: lo scrittore pieno di talento José Rizal, il giornalista polemico Isabelo de los Reyes, che ha anche aperto la strada dell'antropologia, e l'organizzatore e coordinatore Mariano Ponce.

Il primo e il secondo capitolo analizzano due opere importanti: El folk-lore filipino (Manila, 1887) di Isabelo e il secondo, enigmatico, romanzo di Rizal, El filibusterismo (Ghent, 1891). I capitoli considerano il modo in cui: (1) l'opera degli etnologi e degli studiosi del folklore contemporanei è stata utilizzata dall'antropologo filippino, insieme alle proprie ricerche sul campo, per mettere in dubbio la credibilità delle autorità coloniali, religiose o laiche; (2) lo scrittore ha realizzato un composto alchemico utilizzando le figure chiave delle avanguardie letterarie francesi, olandesi e spagnole per scrivere quello che probabilmente è il primo, incendiario, romanzo anticoloniale prodotto da un soggetto coloniale fuori dall'Europa.

Nel secondo capitolo, si passa dalla critica letteraria dilettantesca al campo della politica. L'argomento principale resta El filibusterismo, spiegato però attraverso il filtro delle letture e delle esperienze di Rizal mentre si trovava in Europa, tra il 1882 e il 1891, e dall'influenza del suo primo, brillante, romanzo Noli me tangere, il quale fece dell'autore il simbolo della resistenza filippina al dominio coloniale e gli inimicò molte persone di potere. El filibusterismo tratta anche dei conflitti politici sorti tra gli attivisti filippini in Spagna e, rispetto all'opera precedente, viene considerato una sorta di romanzo globale, poiché non si limita più solo ai rapporti tra gli spagnoli e i nativi, ma comprende personaggi che si spostano tra Francia, Cina, Stati Uniti e forse, a detta di alcuni, Cuba. Non mancano riferimenti all'operato di Bismarck in Europa e in Asia orientale, alle innovazioni di Nobel nell'industria degli esplosivi, al nichilismo russo e al movimento anarchico a Barcellona e in Andalusia.

Il quarto capitolo è relativo ai quattro anni che vanno dal ritorno in patria di Rizal, nel 1891, alla sua esecuzione, alla fine del 1896, e si sofferma soprattutto sulle trasformazioni avvenute a Cuba e tra le comunità di emigré cubani in Florida e a New York che hanno dato modo a Martì di organizzare e innescare una insurrezione armata rivoluzionaria nel 1895 (e al suo successore di resistere, seppure a caro prezzo, alla gigantesca forza militare inviata per schiacciarla). L'attacco venne lanciato una settimana dopo la firma del Trattato di Shimonoseki (successivo alla vittoria del Giappone nella guerra con la Cina) il quale, con la cessione di Taiwan a Tokio, portava la prima potenza asiatica a poche miglia di distanza dalle rive settentrionali di Luzon. Una parte consistente del capitolo è dedicata al tentativo non riuscito di Rizal di creare una colonia filippina nel Borneo nordorientale (secondo alcuni, prendendo esempio dalla Tampa di Martì) e ai suoi difficili rapporti con i Katipunan clandestini, autori di una rivolta armata contro il dominio spagnolo nel 1896.

Il quinto capitolo è il più complesso. Due mesi prima dello scoppio della rivolta Kaputinan, a Barcellona era tempo di guerra, e la città subì i più sanguinosi tra i molti attentati compiuti dagli anarchici. Il regime conservatore del primo ministro Cánovas reagì imponendo alla città la legge marziale, ordinando massicci arresti tra i cittadini di sinistra e, all'interno della tetra fortezza di Montjuich, l'uso delle torture più feroci. In quell'occasione venne catturato anche un personaggio notevole, l'anarchico creolo cubano Tàrrida del Màrmol. Una volta rilasciato si spostò a Parigi, da dove lanciò una eccezionale crociata contro il regime di Cánovas, soprattutto attraverso le pagine de La Revue Blanche, probabilmente il più importante giornale d'avanguardia del tempo, in Francia e nel mondo. La lunga serie di articoli firmati da Tárrida, iniziata poco prima che Rizal venisse ucciso, accostava le feroci repressioni in atto a Cuba, Portorico, Barcellona e nelle Filippine, e la sua crociata venne rapidamente diffusa in Europa e oltre l'Atlantico mediante la stampa anarchica e raccolse immediatamente il sostegno di molte altre organizzazioni e pubblicazioni progressiste. A Parigi ebbe due alleati fondamentali in Félix Fénéon e Georges Clémenceau: Fénéon, il principale intellettuale di La Revue Blanche, era un brillante critico d'arte e di teatro, ma anche un anarchico attivamente antimperialista, il quale non esitò a lanciare egli stesso una bomba. Clémenceau, altrettanto antimperialista e sindaco di Montmartre durante la Comune di Parigi, aiutò concretamente molti anarchici detenuti e si batté strenuamente, come giornalista e come politico, per i diritti dei lavoratori. Entrambi svolsero un ruolo centrale nell' affaire Dreyfus che sarebbe scoppiato nell'autunno del 1897.

Il capitolo prosegue esaminando lo sfondo su cui si colloca l'omicidio di Cánovas, il 9 agosto del 1897, ad opera del giovane anarchico italiano Michele Angiolillo: quasi un presagio del crollo dell'impero spagnolo, avvenuto l'anno successivo. Il personaggio centrale fu íl dottor Ramón Betances, leggendario cospiratore portoricano che lottò per l'indipendenza delle Antille, nemico della Spagna e degli avidi Stati Uniti. Pur senza essere un anarchico, il dottore trovò tra gli anarchici italiani e francesi i più forti alleati. Le due ultime, ampie sezioni si incentrano su Mariano Ponce, amico intimo di Rizal, e su Isabelo de los Reyes. Ponce lasciò la Spagna nell'autunno del 1896 e iniziò immediatamente a lavorare come diplomatico e propagandista del governo rivoluzionario filippino, prima a Hong Kong e poi a Yokohama. Il libro esamina la fitta corrispondenza intercorsa tra Ponce ed esponenti sia filippini che stranieri – a città del Messico, New Orleans, New York, Barcellona, Parigi, Londra, Amsterdam, Shanghai, Tokyo e Singapore, e considera anche vari aspetti della sua influenza, soprattutto in Giappone e nella comunità cinese che vi risiedeva. Isabelo de los Reyes venne imprigionato poco dopo la rivolta Kaputinan e poi rinchiuso per un certo periodo nel carcere di Montjuich a Barcellona, dove entrò in contatto con gli anarchici catalani. Tornando a Manila per affrontare il nuovo regime coloniale americano, Isabelo fu il primo a portare nel suo paese le opere di Kropotkin, Marx e Malatesta, e applicò i metodi appresi dagli anarchici nell'organizzazione del primo serio e militante sindacato centrale nelle Filippine.

Un'ultima avvertenza: le eventuali analogie e i richiami con la nostra epoca non si trovano nel libro per sbaglio. Durante la convention repubblicana del 2004 a New York, sotto la protezione di migliaia di poliziotti e uomini della "sicurezza", il capo della polizia cittadina dichiarò ai giornalisti che il pericolo non veniva dai comunisti né dai fanatici islamici ma dagli anarchici. A Chicago, quasi nello stesso momento, veniva eretto un monumento ai martiri anarchici di Haymarket. Il New York Times osservava compiaciuto che "solo adesso i sentimenti si sono sufficientemente placati" per poter procedere a questa inaugurazione. L'America è davvero un continente.

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Prologo:
l'uovo del gallo



Nel 1887 Isabelo de los Reyes, un indio di ventitre anni che veniva da Manila, allora colonia spagnola, vinse una medaglia d'argento all'Esposizione Filippina di Madrid con il suo corposo manoscritto in spagnolo dal titolo El folk-lore filipino. Nello stesso periodo il suo compatriota José Rizal, allora venticinquenne, dopo aver viaggiato per qualche tempo nell'Europa del nord, pubblicò a Berlino il suo primo, incendiario, romanzo, Noli me tangere, con cui si guadagnò il martirio nel 1896 e successivamente lo status di Padre della Patria e Primo Filippino.

Chi era Isabelo?

Nacque il 7 luglio 1864 nella cittadina di Vigan, sede arcivescovile sulla costa settentrionale dell'isola di Luzon – di fronte al Vietnam, oltre il Mar della Cina. I suoi genitori appartenevano al gruppo etnico ilocano, all'epoca per la maggior parte analfabeta. La madre Leona Fiorentino, tuttavia, era una poetessa di discreto livello, tanto che le sue poesie vennero recitate all'Esposizione di Madrid e in altre occasioni, per un pubblico spagnolo, parigino e per quello di Saint Louis. Queste qualità non salvarono però il suo matrimonio, e all'età di sei anni Isabelo fu affidato a Meno Crisologo, un ricco parente grazie al quale poté frequentare le scuole superiori presso il seminario degli Agostiniani del luogo. A quanto pare, il comportamento scorretto dei frati spagnoli provocò nel ragazzo un'avversione per gli ordini religiosi cattolici che lo accompagnò tutta la vita, non senza conseguenze sulla sua carriera. Nel 1880, all'età di sedici anni, andò a Manila, dove conseguì rapidamente un diploma presso il Colegio de San Juan de Letran; successivamente studiò giurisprudenza, storia e paleografia presso l'antica Pontificia Università di Santo Tomás, retta dai domenicani, che all'epoca era l'unica università presente in tutta l'Asia orientale e sudorientale.

Con la morte del padre, Isabelo, costretto a badare a se stesso, si immerse nel nascente mondo del giornalismo, collaborò con la maggior parte dei giornali di Manila e nel 1889 pubblicò un proprio giornale dal titolo El Ilocano, il primo ad essere scritto interamente in filippino. Ancora adolescente, Isabelo aveva letto un annuncio sul giornale di Manila La Oceania Española (fondato nel 1877) che chiedeva ai lettori di contribuire con i loro articoli allo sviluppo di una nuova scienza, chiamata el folk-lore, seguendo uno schema fornito dal giornale stesso. Isabelo contattò immediatamente l'editore spagnolo, dal quale ricevette una serie di "libri di folklore" e la richiesta di scrivere alcuni articoli sulle usanze della nativa Ilocos. Due mesi più tardi Isabelo si mise al lavoro e pubblicò numerosi scritti – non solo su Ilocos, ma anche su Malabon, la città di sua moglie, sulle periferie di Manila, sulla provincia di Zambales e in generale su quello che chiamò el folk-lore filipino. Questa divenne una delle grandi passioni della sua vita.


LA NUOVA SCIENZA

Ci si potrebbe chiedere, ovviamente, quale significato avesse el folk-lore per un giovane del luogo, vissuto intorno al 1880 ed educato in istituti religiosi. Troviamo una risposta nell'introduzione e nelle prime pagine del suo capolavoro giovanile, dove Isabelo descrive il folklore, seppure con qualche esitazione, come una ciencia nueva (una nuova scienza), forse richiamandosi volutamente alla Scienza Nuova di Giambattista Vico, la quale, grazie al lavoro di Michelet e di altri studiosi, irruppe sulla scena europea nella metà del diciannovesimo secolo. Isabelo spiegò ai suoi lettori filippini e spagnoli che la parola "folklore" – da lui ingegnosamente tradotta come el saber popular – era stata inventata solo nel 1846 dall'antiquario inglese William Thoms, in un articolo apparso sull' Athenaeum. La prima società dedicata allo studio del folklore era nata a Londra nel 1878 – solo sei anni prima dell'inizio delle ricerche di Isabelo. La società francese fu fondata solo nel 1886 – l'anno in cui Isabelo iniziò a scrivere. La Spagna, come al solito intellettualmente addormentata, quando venne il suo turno non seppe far altro che tradurre in castigliano il termine anglosassone: el folk-lore. Isabelo si stava invece ponendo al livello degli inglesi, che erano molto avanti rispetto alla ritardataria metropoli spagnola, come un surfista sulla cresta dell'onda del progresso della scienza mondiale, qualcosa di inconcepibile per gli altri nativi di quella che egli stesso definiva una "remota colonia spagnola su cui la luce della civiltà brilla a malapena". Un ruolo che Isabelo confermerà ancora in svariate, istruttive occasioni.

Da un lato, nella sua introduzione non mancò di segnalare che alcune sue ricerche erano già state tradotte in tedesco – allora la lingua (del ceto intellettuale più avanzato) – e pubblicate su Ausland e Globus, da lui stesso considerate le più importanti pubblicazioni europee del settore. El folk-lore filipino, inoltre, discuteva con competenza le opinioni di eminenti studiosi anglosassoni sullo status della ciencia nueva, nell'ipotesi che queste fossero più credibili di quelle dei folkloristas della penisola iberica. Avrà commentato con soddisfazione l'errore concettuale di "Sir George Fox", íl quale avrebbe confuso il folklore con la mitologia, mentre alcuni contemporanei castigliani avrebbero commesso un errore simile, mescolando mitologia e teogonia.

D'altro lato, Isabelo non mancò di sottolineare un particolare risvolto coloniale insito in questa ciencia nuova. Il libro è dedicato "agli studiosi del folklore della penisola iberica, dai quali ho ricevuto attenzione e considerazione". Nell'introduzione Isabelo parla con riconoscenza dei suoi "colleghi" in Spagna – i consigli di direzione dei giornali El Folk-Lore Español e Boletìn de la Enseñanza Libre de Madrid nella capitale dell'impero, e Boletin Folklorico di Siviglia – che lo avevano tenuto aggiornato sullo stato della ricerca nel loro paese.

L'appartenenza di questi colleghi alla penisola iberica e il conseguente carattere delle loro ricerche venivano regolarmente sottolineati. Senza mai affermarlo esplicitamente, Isabelo lasciò intendere (giustamente) che nessuno spagnolo o creolo stava compiendo ricerche simili nelle Filippine. Questa supposizione gli consentì, ovviamente, di ritenersi il pioniere della nuova scienza universale, a differenza dei signori colonizzatori. Per spiegare questa situazione particolare ricorse a un'astuta trovata – resa necessaria dal carattere violento e reazionario del regime coloniale del tempo, dominato dal clero. Isabelo riportò una serie di cortesi scambi da lui avuti, sulla stampa di Manila, con un medico e letterato dilettante di mentalità liberale (quasi certamente spagnolo), conosciuto sui giornali locali sotto lo pseudonimo di Astoll. Questa manovra gli permise di citare il dottore spagnolo, che dichiarava di ammirare il coraggio e l'immaginazione di Isabelo ma era profondamente pessimista riguardo alle sue possibilità di successo di fronte all'indifferenza, l'indolenza e l'ottusità imperanti nella colonia. "Le uniche cose che qui crescono rigogliose sono le cogon e le molave – due tenaci erbacce locali". Quando alla fine Astoll interruppe il loro scambio e scomparve, Isabelo, che aveva indirettamente sollevato la questione del perché "certe corporazioni" (intendendo gli ordini religiosi) non avevano dato alcun contributo alle ricerche, commentò che in certe circostanze "la prudenza non consiglia comportamenti diversi". Nell'ambiente chiuso e torpido del regime coloniale, Isabelo vedeva dunque se stesso come colui che portava la luce dell'Europa moderna.

Un altro elemento di novità introdotto da El folk-lore filipino aveva a che fare con l'idea stessa di ciencia. Nell'introduzione viene riportato e discusso il più ampio dibattito sullo statuto scientifico degli studi sul folklore. Isabelo osserva con ironia che una fazione di folkloristas spagnoli era talmente impaziente di rendere il folk-lore una scienza teoretica che i suoi membri non erano più in grado di capirsi l'un l'altro – aprendo così la strada a un indispensabile dibattito internazionale, in cui gli anglosassoni si dimostrarono più sobri e concreti. All'altro estremo c'erano quegli studiosi spagnoli impegnati soltanto in sentimentali raccolte di costumi e tradizioni in via di estinzione, buone per qualche futuro museo. Isabelo scrisse chiaramente cosa intendeva per "folklore" e quale pensava che fosse il suo valore sociale. Esso offriva innanzitutto un'opportunità di ricostruzione del passato indigeno che sarebbe stato impossibile ottenere con altri mezzi, data l'assenza di monumenti o iscrizioni pre-spagnole e la quasi totale assenza di documenti scritti. (Quando Rizal tentò di fare la stessa cosa, poco tempo dopo, non trovò di meglio che leggere tra le righe del lavoro compiuto dai migliori amministratori della prima epoca di conquista). Una scrupolosa ricerca sui costumi, le credenze, le superstizioni, gli adagi, i giochi di parole, le litanìe avrebbe gettato una luce su quella che l'autore chiamava la "religione primitiva" del passato pre-ispanico. Tuttavia è nel sottolineare l'importanza della comparazione che il giovane ilocano si differenzia dai costumbristas dilettanti. Egli stesso ammette che, prima di aver portato a termine la sua ricerca, aveva creduto che Tagalog e Ilocani fossero due razas distintas (due razze diverse), in virtù della diversità di lingua, tratti somatici e comportamento. La comparazione gli avrebbe fatto capire che le due etnìe avevano invece un'unica origine. I1 titolo del libro, El folk-lore filipino, implica la convinzione che ulteriori ricerche avrebbero messo in luce un'origine comune a tutti gli abitanti dell'arcipelago, indipendentemente dalla diversità attuale delle lingue, dei costumi o dell'appartenenza religiosa. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla storiografia coloniale clericale, che faceva coincidere l'inizio della storia con la conquista spagnola del sedicesimo secolo, la vera storia dell'arcipelago e del suo pueblo (o dei suoi pueblos, come viene detto altrettanto spesso) si estenderebbe molto più indietro nel tempo, prima della cornice imposta dal colonialismo.

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Pagina 28

BELLEZZE PARTICOLARI

Lo scopo di un lavoro sul folklore nelle Isole Filippine non era per Isabelo solo quello di fornire eventuali contributi alle scienze moderne e alla ricostruzione delle caratteristiche dell'"uomo primitivo". Possiamo individuare infatti almeno tre finalità dal chiaro intento politico. C'era innanzitutto la possibilità – la speranza – di una rinascita della cultura locale. Con una certa, sorniona, cautela, Isabelo lascia che Astoll parli per lui:

È possibile che dal folklore nasca una poesia filippina [poesía filipina], una poesia che trae ispirazione da argomenti filippini, che sorge dalla mente di bardi [vates] filippini. Mi sembra già di sentire il riso sardonico degli spacconi che si prendono gioco di te. Ma lasciali ridere, tanto è già successo che abbiano trovato ridicolo il genio del pueblo e poi si siano dovuti inchinare disorientati davanti alla fama di [Juan] Luna e di [Félix] Resurrección. Tutte queste tradizioni e queste pratiche superstiziose che ci stai facendo conoscere potrebbero un giorno ispirare grandi poeti e ammiratori entusiasti delle strane bellezze di questo rigoglioso giardino.

Isabelo cita Astoll ancora una volta:

Se gli studi e le ricerche del senor de los Reyes mettono in contatto con pueblos como el filipino [è quello dell'Arcipelago delle Filippine? Oppure si tratta addirittura del popolo filippino?], quando le caratteristiche degli indigeni [naturales] sono (state) solo abbozzate da ottusi imbrattatele, si può vedere quanto valore per il futuro hanno questi studi.

L'opera di Isabelo, stampata a Manila, avrebbe potuto favorire la fioritura del talento letterario e poetico tra i naturales, un talento davanti al quale spagnoli e creoli supponenti avrebbero dovuto chinare la testa disorientati. Si tratta qui della normale speranza e strategia dei nazionalisti anticolonialisti, quella di equipararsi agli imperialisti.

La seconda finalità di Isabelo sarebbe quella di rovesciare il dominio della Chiesa reazionaria nella colonia: il miglior esempio è offerto da un capitolo meravigliosamente ironico intitolato "Superstizioni ilocane trovate in Europa".

Inizia con questo spirito:

Approfittando dei materiali folkloristici raccolti da don Alejandro Guichot e don Luis Montoto in Andalusia, da don Eugenio de Olivarría y Huarte a Madrid, da don José Perez Ballesteros in Catalogna, da don Luis Giner Arivau nelle Asturie, dal Consigliere Pedroso con il suo Tradiçoes populares portuguezas in Portogallo, e da molti altri, ho compilato la seguente lista di superstizioni, le quali, a mio parere, furono portate qui dagli spagnoli nei secoli passati. La lista non dovrebbe sorprendere nessuno, dato che, nei primi tempi della dominazione spagnola, le credenze più ridicole [las creencias más absurdas] erano in voga nella penisola iberica.

La lista inizia in modo provocatorio con questi esempi:

Quando i galli diventano vecchi o sono stati per sette anni nella casa di qualcuno, depongono un uovo dal quale nasce un tipo di lucertola verde che uccide il padrone di casa; secondo i portoghesi e i francesi, dall'uovo nasce invece un serpente. Se è l'animale a vedere per primo il padrone, questi morirà, ma questa sorte toccherà al serpente se viene visto prima dal padrone. In Italia e in Inghilterra, così come in alcune parti dell'Europa centrale, credono che l'animale sia un basilisco. Padre Feijóo ha detto: "È vero, il gallo in tarda età depone veramente un uovo." I portoghesi e gli ilocani, tuttavia, concordano sul fatto che nell'uovo ci sia uno scorpione.

Ci sono altri esempi irresistibili: "Per evitare che un ospite si trattenga troppo a lungo, gli ilocani mettono del sale sulla sua sedia. Gli spagnoli appoggiano una scopa dietro una porta, mentre i portoghesi mettono una scarpa su una panca o gettano sale nel fuoco". "In Castiglia, così come nell'Ilocos, i denti caduti vengono lanciati sul tetto, perché ne crescano di nuovi". "Secondo i galiziani, quando un gatto si lava il muso vuol dire che sta per piovere; per gli ilocani, bisogna bagnare tutto l'animale per favorire l'arrivo della pioggia". "I galiziani dicono che quando i gatti corrono intorno come matti è in arrivo una tempesta; nelle Filippine, la stessa cosa vale per gli scarafaggi". Infine: "Secondo gli ilocani, dormire con la testata del letto verso est porta male, mentre per spagnoli e portoghesi porta bene. Tutti concordano sul fatto che una testata del letto orientata a sud porta sfortuna".

Si capisce che Isabelo abbia provato un singular placer nel dedicare il suo libro agli studiosi del folklore della penisola iberica, poiché gli hanno offerto il materiale scientifico che avrebbe messo in luce le "ridicole credenze" dei conquistatori, e avrebbe dimostrato a quei colonialisti che irridevano le superstizioni ilocane che molte di queste erano state importate proprio da loro: ogni stranezza nelle credenze popolari degli ilocani aveva il suo corrispettivo in qualche stranezza iberica, italiana, centroeuropea e perfino inglese.

La terza finalità riguardava l'autocritica politica. Isabelo ha scritto che ha cercato, attraverso la sua esposizione sistematica del saber popular, di mostrare quali riforme nelle idee e pratiche quotidiane del pueblo fosse necessario attuare con spirito critico. Isabelo parla del suo lavoro come di "qualcosa di molto più serio del deridere i miei paisanos, i quali, vedendosi descritti, in realtà impareranno a correggere se stessi". Il folklore, visto in questa luce, funzionerebbe da specchio per un popolo che in futuro potrà intraprendere con sicurezza il cammino verso l'emancipazione.

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All'ombra del mondo
di Bismarck e Nobel



Quando El filibusterismo venne pubblicato (1891), Rizal aveva trascorso in Europa quasi dieci anni, ne aveva imparato le due lingue principali — tedesco e francese — e conosceva un po' di inglese. Aveva vissuto per lunghi periodi a Parigi, Berlino e Londra. Per ragioni politiche, come mostreremo in seguito, diede al suo secondo romanzo il sottotitolo novela filipina. Da un altro punto di vista, tuttavia, è Noli me tangere il romanzo propriamente filipino, mentre El filibusterismo potrebbe essere definito una novela mundial. Tutti i personaggi del primo romanzo sono colonizzati o colonizzatori, mentre nel secondo, come abbiamo visto, compaiono una compagnia francese di vaudeville e il signor Leeds, il verdadero yanquì che conosce bene la lingua spagnola grazie alla lunga permanenza in Sudamerica. Un personaggio chiave è il "Chinaman" Quiroga, che progetta di aprire un consolato locale per la sua nación. Il libro è inoltre disseminato qua e là di riferimenti a Egitto, Polonia, Perù, Germania, Russia, Cuba, Persia, le Caroline, Ceylon, le Molucche, Libia, Francia, Cina e Giappone, agli arabi e ai portoghesi, a Canton e a Costantinopoli.

Tuttavia, rispetto a Noli me tangere, che è stato tradotto in diverse lingue ed è conosciuto e amato nelle Filippine, El filibusterismo è relativamente poco considerato. Non è difficile comprenderne la ragione. Non c'è un vero e proprio eroe, mentre Noli me tangere ne ha almeno uno, e forse tre. Le donne non vi svolgono ruoli centrali, e i loro personaggi sono appena accennati, mentre tre delle figure più incisive in Noli me tangere appartengono a quello che Rizal chiamava il "bello sexo". La trama principale e quelle secondarie in El filibusterismo narrano storie di fallimento, sconfitta e morte. Il tono morale è più cupo, la politica occupa un posto centrale e lo stile è più sardonico. È probabile che se il libro non fosse stato scritto dal Padre della Nazione Filippina avrebbe avuto molti meno lettori, sia nelle Filippine che altrove. Eppure, per molti aspetti si tratta di un libro sorprendente. Per gli intellettuali e gli studiosi filippini è stato un enigma, anche perché vi hanno trovato, con grande sorpresa, un quadro della società coloniale filippina intorno al 1880 completamente diverso da quello conosciuto. La loro tentazione è stata perciò quella di analizzarlo "moralmente", in base all'ambivalenza nutrita dall'autore verso la rivoluzione anticoloniale realmente scoppiata nelle Filippine e la violenza politica (tema che sarà toccato più avanti). Alcune di queste difficoltà vengono però ridimensionate se consideriamo El filibusterismo un testo globale non meno che locale.

Una simile prospettiva multicentrica implica inevitabilmente una tecnica narrativa come quella del montage. Chi analizza il testo dovrà iniziare dall'esperienza politica del giovane Rizal precedente la sua partenza per l'Europa, avvenuta nel 1882. E in seguito? Tre "mondi" si intersecano. Il primo, solo in ordine di tempo, è il sistema mondiale degli stati negli anni 1860-90, dominato da Bismarck. Le schiaccianti vittorie militari conseguite dalla Prussia sull'Austro-Ungheria a Königgrätz nel 1886 e sulla Francia a Sedan nel 1870 sancirono non solo il dominio della Prussia sull'Europa continentale e la nascita dell'impero tedesco, ma anche la fine della monarchia in Francia, la distruzione del potere temporale del papato e l'avvento della Prussia stessa come nuova potenza imperialista in Africa, Asia e Oceania. Noli me tangere fu pubblicato a Berlino solo tre anni prima che l'arbitro mondiale perdesse il suo potere. Nello stesso momento, alla periferia del mondo, il Giappone reduce da Tokugawa e l'America dalla sua Guerra Civile si stavano preparando a rovesciare, da posizioni differenti, l'egemonia mondiale dell'Europa.

Il secondo mondo era quello della Sinistra globale. In parte grazie a Bismarck, nel 1871 accadde qualcosa di unico – la caduta nelle mani del popolo di quella che allora era la "capitale" simbolica "della civiltà mondiale". I fatti della Comune di Parigi ebbero una risonanza planetaria. La feroce repressione da parte di un governo francese molto più spaventato dai communards che da Bismarck, seguita dalla morte di Marx, determinò l'ascesa del movimento anarchico internazionale, il quale alla fine del secolo era diventato il principale veicolo dell'opposizione globale al capitalismo industriale, all'autocrazia, al latifondismo e all'imperialismo. Un contributo significativo alla sua crescita venne involontariamente dall'uomo d'affari e scienziato svedese Alfred Nobel, che inventò la prima arma di distruzione di massa facilmente accessibile, in quasi tutti gli angoli del globo, ai membri più attivi delle classi oppresse.

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