Copertina
Autore Patrik Ball
Titolo Magia dell'arpa celtica
EdizioneRed, Milano, 2007 [1996] , pag. 15, cd, dim. 13,5x19x1,3 cm , Isbn 978-88-7447-501-8
LettoreSara Allodi, 2007
Classe musica , paesi: Irlanda
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Indice

IL CONTENUTO DEL CD

1.  The Butterfly               2:52
2.  Morgan Magan                3:38
3.  Corolan's Dream             4:06
4.  The Orange Rogue            2:52

[...]

Durata totale                  66:46


 

 

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Pagina 11

L'arpa celtica

SIMBOLO DI UNA SOCIETÀ E RAFFINATO STRUMENTO MUSICALE


Sull'arpa celtica e la sua origine poco si sa. Il più antico modello risale al 1046, e il suo proprietario era il re irlandese Brian Born; è possibile però retrodatare di qualche secolo le prime testimonianze iconografiche, infatti sulle croci di pietra del VII secolo compare il profilo dell'arpa celtica 'bardica'.

Non è facile avere una documentazione certa sul suo utilizzo; la troviamo citata nelle Storie di Canterbury dallo scrittore inglese Geoffrey Chaucer (1340-1400).

La descrizione di un'arpa 'bardica' viene riportata su antichi manoscritti che la descrivono di 28 corde, con una larga struttura lignea alla base che conferiva una maggiore risonanza alla cassa armonica.

Altre testimonianze parlano di differenti tipi di arpa, irlandesi e scozzesi, con un numero di corde che varia da 30 a 34. Le corde sono in metallo, materiale di cui i Celti sono profondi conoscitori, e vengono fatte vibrare con le unghie, fatte appositamente crescere e rinforzate. È comprensibile che i bardi avessero grande cura di questi 'attrezzi naturali' e che una delle più temute punizioni, inflitte dai loro nobili protettori, fosse proprio il taglio delle unghie.

Larpa simboleggia la società celtica dell'Alto Medioevo, un periodo in cui le varie nazioni celtiche sono ancora in stretto contatto fra loro per lingua e per cultura. La legge si fa carico della protezione dei bardi e dei loro strumenti. Le arpe appartengono ai loro suonatori e, anche in caso di litigi o processi, non possono essere sottratte ai loro proprietari. Sono sacre.

Nelle musiche i bardi introducono variazioni e abbellimenti secondo il loro estro; la loro è una musica viva, in continuo divenire.

Con l'andare del tempo le corde di metallo sono sostituite da quelle di budello e le forme musicali subiscono una sostanziale modifica con il peregrinare dei bardi sul continente e con l'evolversi della società.

Intorno al XVII e XVIII secolo è soprattutto l'influsso della musica colta italiana a influenzare la sensibilità musicale irlandese e scozzese.

Il raffinato modello strumentale del 'concerto veneziano', con i suoi esponenti Antonio Vivaldi (1678-1741) e Arcangelo Corelli (1653-1713), non tarda infatti a entusiasmare l'anima irlandese, così come le esecuzioni dei violinisti-compositori Francesco Geminiani (1678-1762) e Tomaso Albinoni (1671-1750), che in terra celtica tengono diversi concerti.

Tale è l'impatto di questo stile musicale che anche i discendenti degli antichi bardi, vaganti da un ricco signorotto di provincia all'altro, adeguano il loro repertorio ai nuovi gusti dei loro mecenati.

Il virtuosismo e la fervida creatività dei bardi irlandesi riescono ben presto a fondere la tradizione celtica con la musica veneziana, creando un nuovo stile di cui il più famoso esponente è Turlough O'Carolan.

O'Carolan è il più grande arpista del suo tempo, ricordato nel cinquantesimo anniversario della morte con un grande festival tenuto a Belfast nel 1792.

Fino a un'epoca abbastanza recente l'uso dell'arpa è stato molto limitato, soprattutto per le modeste risorse armoniche dello strumento. Soltanto verso la fine del XVIII secolo, con l'applicazione di un sistema di pedali, iniziano i progressi tecnici che porteranno all'arpa moderna.

Nel XVIII secolo la letteratura musicale assegna all'arpa un ruolo di tutto rispetto, soprattutto con Sonate per flauto o violino e arpa e Trii per violino, basso e arpa; celebre il Concerto per flauto e arpa K299 di Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791).

Per tutto il XIX secolo, in pieno romanticismo, pianoforte e violino la fanno da padroni, relegando l'impiego dell'arpa nelle esecuzioni operistiche e nel balletto.

Nel 1812 Sébastien Erard fa evolvere questo strumento fornendolo di 47 corde accordate sulla scala di Do bemolle maggiore e di 7 pedali corrispondenti ai 7 gradi alterabili della scala.

Nel primo Novecento, con l'avvento del simbolismo e dell'impressionismo, l'arpa diviene uno degli strumenti prediletti da Gabriel Fauré (1845-1924), Claude Debussy (1862-1918) e Maurice Ravel (1875-1937).

Alla fine del Novecento si è assistito a un vero e proprio rifiorire dell'interesse per il mondo celtico e la sua musica. La società tecnologica ha risentito potentemente il richiamo di un immaginario perduto, scrutando all'orizzonte un ipotetico ritorno dalle mitiche terre di Avalon del leggendario Artù, del potente druido Merlino e della benefica fata Morgana.

Roberta Bellinzaghi

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Il contenuto del CD

E IL SUO ESECUTORE


Patrick Ball ha il privilegio di poter essere definito un moderno cantastorie, un menestrello senza tempo, un mago capace di rievocare vite passate ma mai dimenticate. Ball vive in California, ma gira il mondo in compagnia della sua musica.

Il suo talismano è un'arpa in ottone interamente costruita a mano da un grande artigiano, il liutaio Joy Witcher, che ha saputo superbamente ricreare un'arpa celtica tradizionale, con le corde anch'esse in ottone, capaci di esprimere scintillanti vibrazioni e un'immensa ricchezza di colori.

Patrick Ball, la cui tecnica di suono risale al XVIII secolo, si è ispirato al più famoso arpista di quel tempo: Turlough O'Carolan, il mitico bardo cieco che, come tutti i cantori itineranti di allora, viaggiava di corte in corte, da un nobile all'altro, accettando, in cambio della sua arte, ospitalità e protezione. Si deve in gran parte al suo talento la preservazione delle antiche tradizioni bardiche e della caratteristica struttura che rende unica la musica celtica.

Le musiche di Ball sono piccole storie che ricordano l'esistenza di tanti villaggi immersi nel verde dei pascoli, dove la vita dell'uomo si confonde con quella della natura e delle sue stagioni.

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