Copertina
Autore John D. Barrow
Titolo Teorie del tutto
SottotitoloLa ricerca della spiegazione ultima
EdizioneAdelphi, Milano, 1992, Biblioteca Scientifica 16 , Isbn 978-88-459-0918-4
OriginaleTheories of Everything. The Quest for Ultimate Explanation
EdizioneCiarendon Press, Oxford, 1991
TraduttoreTullio Cannillo
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe fisica , matematica , scienze naturali
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Indice

Prefazione                                 13

    1. SPIEGAZIONE ULTIMA

Un'ottuplice via                           19
Miti                                       24
Miti della creazione                       31
Compressibilità algoritmica                34

    2. LEGGI

L'eredità della legge                      41
La ricerca dell'unità                      45
Ruggero Boscovich                          49
Simmetrie                                  53
Un volo di fantasia razionalista           60
Addio a tutto ciò                          69

    3. CONDIZIONI INIZIALI

Al confine delle cose                      73
Assiomi                                    74
Condizioni iniziali e simmetria temporale  85
Tempo senza tempo                          87
Assiomi caotici                            93
Tempo cosmologico                          96
Il problema del tempo                     112
Spazio assoluto e tempo assoluto          115
Fino a quando?                            123
L'enigma quantistico del tempo            126
Condizioni iniziali quantistiche          130
Il grande spartiacque                     135

    4. FORZE E PARTICELLE

La materia prima dell'universo            141
Il principio del ricalco                  144
Elementarietà                             150
L'atomo e il vortice                      154
Un mondo al di là di sé                   157

    5. COSTANTI DI NATURA

L'importanza di essere costanti           167
Fondamentalismo                           171
Che cosa ci dicono le costanti?           177
Costanti che variano                      188
Nei cunicoli di tarlo                     193

    6. SIMMETRIE INFRANTE

La storia infinita                        215
Simmetria infranta                        219
La teologia naturale: le due storie       221
Le imperfezioni della natura              227
Caos                                      229
Caso                                      234
L'imprevedibilità del sesso               240
Rottura di simmetria nell'universo        243

    7. PRINCIPI ORGANIZZATIVI

Dove sono le cose selvagge                253
Vita artificiale                          268
Tempo                                     273
Essere e organizzarsi                     277
La freccia del tempo                      284
Lontano dall'equilibrio                   287
Il corso del mondo                        290

    8. EFFETTI DI SELEZIONE

Distorsione onnipresente                  297

    9. PI GRECO È DAVVERO NEI CIELI?

Al centro dell'immensità                  313
Il numero della rosa                      315
Filosofie della matematica                318
Che cos'è la matematica?                  328
Matematica e fisica:
    un'eterna ghirlanda brillante         340
L'intelligibilità del mondo               348
Ritorna la compressibilità algoritmica    359
Il segreto dell'universo                  362
L'universo è un calcolatore?              366
L'inconoscibile                           371

Bibliografia scelta                       381

Indice analitico                          393

 

 

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Pagina 23 [ spiegazione ultima, universo ]

Nei prossimi capitoli ci occuperemo di questa ricerca della spiegazione ultima e ne alizzeremo un po' i precedenti antichi e moderni; ma, a differenza di quanto molti altri fanno, metteremo in rilievo che la conoscenza di una teoria del tutto (ammesso che esista) è certo necessaria per comprendere l'universo fisico che vediamo attorno a noi, ma è tutt'altro che sufficiente a farci conseguire quell'obiettivo. Senza altri ingredienti essenziali, la nostra conoscenza rimarrà sempre incompleta e parziale e la nostra esigenza di una spiegazione ultima resterà inappagata. Vedremo come influiscano, sull'immagine che ci facciamo dell'universo, otto «ingredienti» essenziali: - le leggi di natura; - le condizioni iniziali; - l'identità di forze e particelle; - le costanti di natura; - le simmetrie infrante; - i princìpi organizzativi; - gli errori sistematici di selezione; - le categorie del pensiero.

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Pagina 30 [ religioni, universo unitario ]

Tale moderna aspirazione alla completezza è cresciuta di pari passo con l'esigenza di una descrizione "unitaria" del mondo. Se gli antichi erano propensi a creare molte divinità minori, ciascuna delle quali contribuiva a spiegare l'origine di particolari aspetti della realtà ma poteva essere spesso in conflitto con le altre, per parte loro le grandi religioni monoteistiche ci hanno lasciato l'aspettativa di un'unica spiegazione globale dell'universo. L'idea di un universo unitario è profondamente radicata: una descrizione del mondo che non avesse una struttura unitaria, ma apparisse frammentata in parti distinte, stimolerebbe la nostra mente a ricercare un nuovo principio capace di collegare le diverse parti a un'origine comune. Di nuovo riconosciamo che questa motivazione ha carattere sostanzialmente religioso: non vi è alcuna ragione logica per cui l'universo non debba contenere irrazionalità o elementi arbitrari privi di connessione con il resto.

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Pagina 52 [ Boscovich, teoria del tutto ]

Un'analisi più approfondita del trattato di Boscovich consente di rintracciarvi molte altre innovazioni, ma qui ci interessa richiamare l'attenzione su questo solo punto: che egli fu il primo a concepire, a ricercare e a proporre una teoria matematica unitaria di tutte le forze di natura: la sua legge continua della forza fu la prima teoria del tutto avente carattere scientifico. Forse, nel diciottesimo secolo, soltante un uomo versatile come Boscovich, capace di unire con successo attività intellettuali e amministrative in ogni area del pensiero e della vita pratica, poteva concepire l'idea che la natura stessa fosse altrettanto multiculturale.

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Pagina 117 [ Clifford, Riemann, Einstein, curvatura dello spazio ]

La prima e più interessante congettura di questo genere fu avanzata dal matematico inglese William Clifford, il quale prese in considerazione proprio il tipo di situazione attorno alla quale Einstein avrebbe costruito la teoria della relatività generale. Clifford fu stimolato dalle ricerche matematiche di Riemann, che aveva formalizzato l'analisi geometrica delle superfici curve e degli spazi a geometria non euclidea (nella quale cioè i tre angoli interni di un triangolo non hanno più per somma 180 gradi, i tre lati del triangolo essendo costituiti dalle linee più brevi che possono essere tracciate sulla superficie curva per congiungere i tre vertici). Clifford si rese conto che il tradizionale spazio euclideo era solo uno dei molti possibili; non si poteva più dare per scontato che la geometria del mondo reale fosse del semplice tipo euclideo. Il fatto che esso appaia localmente piatto non era conclusivo, perché le superfici curve nella maggior parte sembrano piatte, quando se ne considerano porzioni non molte estese. Dopo aver approfondito le idee di Riemann, Clifford nel 1876 pubblicò una memoria nella quale proponeva il seguente programma radicale:

«Vorrei indicare qui un modo in cui queste congetture possono essere applicate all'indagine sui fenomeni fisici. Io ritengo infatti:

(1) che piccole regioni dello spazio "siano" in effetti analoghe a increspature su una superficie mediamente piatta - cioè che in esse non siano valide le ordinarie leggi della geometria;

(2) che questa proprietà di essere curve o distorte venga continuamente trasferita da una regione dello spazio all'altra, come avviene in un'onda;

(3) che questa variazione della curvatura dello spazio sia ciò che realmente accade in quel fenomeno che noi chiamiamo "moto della materia", sia questa ponderabile o eterea;

(4) che nel mondo fisico non succeda nient'altro che questa variazione, soggetta (forse) alla legge di continuità».

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Pagina 145 [ teorie di gauge, forze/particelle, gravitoni, fotoni, particella W, particella Z, quark, gluoni ]

Questa simbiosi tra leggi, forze e particelle ha cominciato a stabilirsi nella fisica moderna in seguito alla creazione di un tipo di teorie fisiche note come "teorie di gauge". Tutte le più significative teorie delle forze fondamentali (la teoria della gravità, quella dell'elettromagnetismo, quelle delle forze nucleari debole e forte) sono teorie di gauge.

Per il fisico newtoniano, le cui leggi governavano il comportamento dei corpi in uno spazio assoluto che traslava attraverso un tempo privo di curvatura, le forze muovevano gli oggetti in modo misterioso: la gravità agiva istantaneamente tra le masse, attraverso un processo che secondo Newton sarebbe stato infruttuoso analizzare più a fondo. Poi, gradualmente, nel corso del ventesimo secolo, si fece sentire l'effetto del limite di velocità cosmico imposto dalla teoria della relatività ristretta di Einstein al trasferimento d'informazione: effetti gravitazionali istantanei avrebbero violato tale limite, consentendo la trasmissione di segnali con velocità superiore a quella della luce nel vuoto. Di conseguenza, secondo l'attuale concezione, le forze di natura sono mediate dallo scambio di particelle tra i corpi che partecipano all'interazione: la forza gravitazionale è mediata dallo scambio di gravitoni, la forza elettromagnetica dallo scambio di fotoni, l'interazione debole dallo scambio delle particelle di grande massa W o Z, l'interazione forte tra quark dallo scambio di gluoni.

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Pagina 153 [ teorie delle corde ]

Nel cammino verso tale descrizione unica e coerente delle forze della natura, il punto di vista tradizionale secondo cui le teorie di base della fisica devono essere teorie quantistiche di campi è stato minato dalle attrattive delle teorie delle corde, che promettono di spiegare le propiretà di tutte le particelle elementari presenti in natura. Oggi le corde sono pura teoria; ma in futuro si spera di estrarne le numerose proprietà.

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Pagina 177 [ costanti di natura, atomo, costante di struttura fine, costante di struttura gravitazionale ]

Perchè le costanti di natura sono considerate così importanti? Quale ruolo hanno, nell'universo? Si può farsene un'idea cominciando a prendere in esame il mondo degli atomi e delle molecole. Queste entità non sono particelle elementari, ma aggregati di molte particelle tenute in equilibrio da forze contrastanti. Le dimensioni di queste strutture determinano la densità della materia, mentre le disposizioni degli elettroni negli atomi generano tutta la gamma delle proprietà chimiche. Eppure, nonostante l'enorme complessità di ogni cosa che sia fatta di atomi e molecole, e nonostante il gran numero delle proprietà che differenziano gli stati della materia (dai gas ai liquidi e ai solidi), le caratteristiche generali dell'intero mondo dei materiali sono determinate dai valori di due soli numeri: il rapporto tra la massa del protone (che è il nucleo dell'atomo di idrogeno) e la massa dell'elettrone
           1836,104...
e una grandezza che è nota come "costante di struttura fine", pari al quadrato della carica elettrica dell'elettrone diviso per il prodotto della velocità della luce per la costante di Planck della teoria quantistica. Questa particolare combinazione, un po' astrusa, viene scelta perché dà luogo a un numero puro: il suo valore, pari a
               1
         -------------
           137,036...
è ottenuto a partire dai valori sperimentali delle tre costanti che vi compaiono. Non si sa perché questi due numeri assumano proprio i valori che hanno: se fossero differenti, anche l'universo sarebbe differente, forse in modo inimmaginabile.

Se spingiamo lo sguardo al di fuori della Terra, alla struttura del sistema solare, vediamo che oltre alle forze chimiche è la forza di gravità a determinare le caratteristiche globali dei corpi. L'intensità di questa forza è definita dalla costante gravitazionale di Newton, a partire dalla quale è possibile determinare un altro numero puro come la costante di struttura fine; ma ora il quadrato della carica dell'elettrone è costituito dal prodotto della costante di Newton per il quadrato della massa del protone. Questo numero, detto "costante di struttura gravitazionale", ha un valore pari a

                         -39
        5,9041183... x 10
quindi piccolissimo. Il confronto tra tale valore e 1/137 ci dice che le forze chimiche di origine elettromagnetica sono di gran lunga più intense di quelle gravitazionali. In effetti, la gravità è assolutamente irrilevante per la struttura degli atomi: è presente in essi, ma i usoi effetti sono talmente piccoli, rispetto a quelli delle forze elettriche agenti tra protoni ed elettroni, che possono essere del tutto ignorati in qualsiasi considerazione di interesse pratico per la chimica e la fisica nucleare. Le dimensioni di tutti gli oggetti astronomici, dalla scala degli asteroidi fino a quella delle stelle, sono invece determinate dal rapporto tra i valori della costante di struttura fine e della costante di struttura gravitazionale.

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Pagina 183 [ complessità/vita ]

Esempi dello stesso genere ve ne sono molti altri: quasi sempre le condizioni necessarie per l'evoluzione di qualunque forma di complessità nell'universo dipendono dal verificarsi di cruciali coincidenze tra i valori delle costanti di natura. Taluni hanno attribuito a questa circostanza un profondo significato teologico, considerandola come una sorta di regolazione fine dell'universo da parte della divinità, per rendere certa l'evoluzione della vita. Sono considerazioni che ricordano gli argomenti progettuali dei teologi naturali del passato; per parte nostra, tutto ciò che possiamo affermare è che tali coincidenze sono necessarie per l'evoluzione della vita come noi la concepiamo.

L'evoluzione della vita e dell'intelligenza è disseminata di vicoli ciechi, in ogni sua fase. I modi in cui l'evoluzione può interrompersi in un ambiente complesso e ostile sono così numerosi che sarebbe pura hybris supporre che, dati semplicemente un'adeguata quantità di carbonio e un tempo sufficiente, tutto sia possibile. Inoltre l'idea che la vita "debba" derivare dall'appropriata miscela di sostanze chimiche rappresenta proprio quel tipo di atteggiamento teleologico che i biologi tanto giustamente condannano: in realtà non c'è alcuna ragione per cui nell'universo debba evolversi la vita. Processi graduali e complessi di questo genere non sono predicibili, perché dipendono in modo estremamente sensibile dalle condizioni di partenza e da impercettibili interazioni tra l'entita in evoluzione e l'ambiente circostante. Con sicurezza si può solo formulare una negazione: se le costanti di natura differissero dai loro valori osservati per più dell'uno per cento circa, i mattoni fondamentali della vita non sarebbero abbondanti quanto occorre, nell'universo.

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Pagina 198 [ costante cosmologica, lunghezza di Planck, costante di Planck ]

Qual è oggi l'opinione degli scienzati sulla costante cosmologica? Dall'analisi degli effetti che essa avrebbe sulla velocità di espansione delle galassie lontane di desume che, se effettivamente esiste, il suo valore numerico deve essere infinitesimale, inferiore a
          -55   -2
        10    cm
Esprimendola in queste unità, non se ne ha un'idea intuitiva; è più illuminante confrontarene il valore con quello dell'unità fondamentale di lunghezza nel mondo delle particelle elementari e della gravitazione. Tale unità, che è nota come "lunghezza di Planck", è l'unica grandezza con le dimensioni di una lunghezza che si possa ottenere a partire dalle tre più fondamentali costanti di natura: la velocità della luce c, la costante di Planck h, e la costante di gravitazione di Newton G. Essa è data da
            3  1/2         -33
  l  = (Gh/c )     = 4 x 10   cm
   P

In queste piccolissime dimensioni sono racchiusi gli attributi di un mondo che è a un tempo relativistico (c), quantomeccanico (h), e gravitazionale (G). Si tratta di un'unità di lunghezza che non fa riferimento ad alcun manufatto dell'uomo e neppure alle forze chimiche e nucleari. Espresse in termini di questa unità, le dimensioni dell'intero universo attualmente visibile sono di circa 10**60 lunghezze di Planck; ma la costante cosmologica deve valere meno di 10**-118, se viene riferita a tali unità di lunghezza di Planck invece che ai centimetri. In tutta la storia della scienza non vi sono precedenti in cui si sia dovuto considerare qualcosa di tanto piccolo. Qualunque grandezza cui l'osservazione imponga di essere così prossima a zero, in realtà deve essere esattamente nulla: questo è quanto molti cosmologi credono. Ma perché?

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Pagina 281 [ Hawking, buchi neri, termodinamica ]

Per queste ragioni l'analogia termodinamica fu considerata da molti fisici poco più di una curiosità: dopotutto non era facile immaginare che la termodinamica avesse qualche cosa a che fare con le legggi della gravitazione relative agli intensi campi gravitazionali presenti alla superficie d'orizzonte dei buchi neri. Che cosa poteva esserci di più lontano da una macchina a vapore? Senonché, nel 1974, Stephen Hawking fece una scoperta sensazionale: avendo deciso di analizzare - cosa che non era mai stata fatta - ciò che accade quando si applicano ai buchi neri i concetti della meccanica quantistica, scoprì che essi non sono completamenti neri. Esaminando le loro proprietà anche alla luce della meccanica quantistica, si trova che è possibile che dalla superficie di uno di essi sfugga energia, che può essere registrata da un osservatore esterno. ...

Il significato profondo di questa scoperta sembra consistere nel fatto che abbiamo trovato una situazione fisica nella quale due differenti princìpi naturali, quello della meccanica quantistica e quello della relatività generale, convergono in un quadro che ammette una semplice descrizione di carattere termodinamico. Si pensava che tutte le leggi relative a questa situazione quantogravitazionale fossere complicate e insolite, e molte indubbiamente lo sono; ma risulta che i vecchi e sperimentati princìpi della termodinamica le ricomprendono nel proprio àmbito.

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Pagina 300 [ vita ]

Il problema di inserire la vita umana nell'arazzo impersonale dello spazio e del tempo cosmici è stato oggetto di riflessione da parte di mistici, filosofi, teologi e scienzati di tutte le epoche. Le loro concezioni coprono l'intero arco delle possibilità. A un estremo sta la deprimente immagine materialistica della vita umana come accidente locale, completamente privo di connessioni ed estraneo al corso inesorabile dell'universo dal big bang a un futuro "big crunch" (un «grande sgretolamento») di devastante calore, o all'oblio eterno della «morte termica». All'altro estremo si trova la tradizionale concezione teleologica, secondo la quale l'universo ha un profondo significato, parte del quale siamo noi stessi:da questo punto di vista, ottimistico, potremmo non essere sorpresi di scoprire che il nostro ambiente locale è fatto su misura per le nostre esigenze. Quest'ultima idea fu a lungo condivisa da molti biologi finché, alla metà del secolo scorso, Charles Darwin e Alfred Russel Wallace compirono osservazioni e deduzioni cruciali sull'adattamento evolutivo degli organismi all'ambiente. Da allora i biologi hanno sempre respinto ogni ipotesi che l'evoluzione possa essere in qualsiasi modo indirizzata a una meta. Se l'ambiente dovesse mutare in qualche modo imprevedibile, rendendo l'intelligenza svantaggiosa, ci ritroveremmo a seguirne le orme illustri del dodo e dei dinosauri.

La cosmologia non ha nulla di interessante da dire su come procede e si evolve la vita sulla Terra; ma ci riserva alcune osservazioni sorprendenti sui prerequisiti necessari della vita stessa. Facciamo un esempio, semplice ma estremamente significativo: l'universo visibile si estende per circa quindici miliardi di anni luce; contiene almeno cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali contiene a sua volta circa cento miliardi di stelle come il Sole. Perché l'universo è così grande?

I sistemi viventi sulla Terra sono basati sulle complesse proprietà chimiche del carbonio e sulle interazioni con l'idrogeno, l'azoto, il fosforo e l'ossigeno. Questi elementi di importanza biologica (e anche tutte le decantate alternative come il silicio) non sono resti fossili del fuoco del big bang; sono prodotti delle reazioni nucleari che avvengono nel cuore delle stelle. Qui i nuclei primordiali di idrogeno e di elio vengono convertiti in elementi più pesanti nel processo di fusione nucleare. Quando le stelle giungono al termine della loro vita, esplodono disperdendo questi elementi più pesanti - biologicamente essenziali - nello spazio, ove entrano poi a far parte di molecole, pianeti e, alla fine, esseri umani. Quasi tutti gli atomi di carbonio presenti nel nostro corpo hanno questa origine astrale.

Il processo con cui la natura produce i mattoni biologici della vita a partire dai resti inerti del big bang, questo sterminato periodo di alchimia stellare, è lungo e lento, secondo criteri terrestri: richiede più di dieci miliardi di anni. Dal momento che l'universo si espande, comprendiamo perché sia necessario che le sue dimensioni siano almeno di dieci miliardi di anni luce. In universo grande soltanto come la nostra galassia ci sarebbe posto per cento miliardi di stelle, ma esso avrebbe un'età di poco più di un mese. Nella storia dell'universo c'è una nicchia temporale in cui la vita ha avuto la possibilità di evolversi spontaneamente e lo ha fatto: tale nicchia è delimitata, da una parte, dalla necessità che il big bang si raffreddasse al punto da permettere l'esistenza di stelle, atomi e biomolecole, dall'altra dal fatto che, cento miliardi di anni dopo l'inizio, tutte le stelle si saranno estinte.

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Pagina 366 [ universo, leggi di natura, calcolo astratto ]

Nella scienza contemporanea vi sono due grandi correnti di pensiero che, dopo aver proceduto parallelamente per molto tempo, hanno cominciato a seguire percorsi allettanti, diretti verso una futura confluenza, le cui circostanze determineranno quale delle due da quel momento apparirà un semplice affluente dell'altra. Da una parte, c'è la fede del fisico nelle «leggi di natura» associate alla simmetria, come base fondamentale della logica dell'universo. Queste simmetrie sono strettamente connesse alla concezione dello spazio e del tempo come continui indivisibili. Di contro, c'è la concezione che pone come fondamento, in luogo della simmetria, il calcolo astratto; qui la logica che sta alla base appare governare entità "discrete" invece che continue. Il frande, irrisolto dilemma consegnato al futuro è la decisione su che cosa sia più fondamentale, se la simmetria o il calcolo. L'universo è un caleidoscopio cosmico oppure un calcolatore cosmico, una struttura o un programma? O forse né l'una né l'altro? La scelta richiede che si sappia se le leggi della fisica impongono vincoli fondamentali alle possibilità del calcolo astratto: ne limitano la velocità e la portata? Oppure sono le regole che governano il processo del calcolo a controllare quali leggi di natura siano posibili?

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Pagina 370 [ Turing, computabile, paradigma computazionale ]

Le soluzioni di queste difficoltà - ammesso che se ne possano trovare - sicuramente dipendono da un'estensione del concetto di calcolo: gli informatici teorici sono soliti definire le potenzialità di qualunque calcolatore - reale o immaginario - in termini di quelle di una macchina di Turing ideale. Sono le capacità di una tale macchina a definire ciò che intendiamo con il termine «computabile». Negli ultimi anni, però, è apparso chiaro che è possibile costruire calcolatori intrinsecamente quantomeccanici e sfruttare così le indeterminazioni quantistiche del mondo per effettuare operazioni che sono al di fuori delle possibilità di una macchina di Turing ideale. Dal momento che il mondo è in ultima analisi un sistema quantistico, qualunque tentativo di spiegarne i meccanismi interni all'interno del paradigma computazionale deve fondarsi su una solida conoscenza di che cosa sia effettivamente il calcolo quantistico e di che cosa esso possa fare che un'ordinaria macchina di Turing non può. Sotto molti aspetti, il paradigma computazionale presenta analogie con la descrizione quantistica del mondo: entrambi sono discreti; entrambi possiedono aspetti duali come evoluzione e misurazione (calcolo e lettura). Ma con maggiore ricchezza di argomenti si potrebbe sostenere la connessione tra i quanti e le simmetrie della natura: cinquant'anni di studi fisici approfonditi li hanno uniti in modo indissolubile. Quale potrebbe essere lo status del paradigma computazionale dopo un analogo investimento di pensiero e di energia?

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Pagina 376 [ attributi eventuali, teorie del tutto ]

Non tutte le caratteristiche del mondo sono elencabili o computabili: per esempio, la proprietà di essere un enunciato vero in un particolare sistema matematico non è né elencabile né computabile. La verità può essere approssimata con precisione crescente introducendo sempre più numerose regole di ragionamento e aggiungendo sempre nuove premesse assiomatiche, ma non può mai essere presa nella rete di un insieme finito di regole. Gli attributi che non hanno né la proprietà dell'elencabilità né quella della computabilità - gli aspetti «eventuali» del mondo - sono quelli che non si possono riconoscere o generare con una sequenza di passi logici: essi testimoniano della necessità di inventiva e di novità, perché non possono essere circoscritti da alcun insieme finito di regole o di leggi. La bellezza, la semplicità, la verità, sono tutte, in questo senso, proprietà eventuali. Non c'è alcuna formula magica cui si possa fare ricorso per generare tutte le varietà possibili di questi attributi: essi non sono mai esauribili in modo completo. Nessun programma e nessuna equazione possono generare tutta la bellezza o tutta la bruttezza; anzi, non c'è alcun modo sicuro per riconoscere l'uno o l'altro di questi attributi, quando ci capitano sotto gli occhi. Le restrizioni imposte alla matematica e alla logica impediscono che queste proprietà eventuali siano vittime della nuda tecnica, anche se possiamo normalmente avere i concetti di bello e di brutto. Le proprietà eventuali delle cose non possono essere prese nella rete di nessuna teoria del tutto di carattere logico. Nessuna descrizione non poetica della realtà può essere completa.

...

Non c'è alcuna formula che possa esprimere tutta la verità, tutta l'armonia, tutta la semplicità. Nessuna teoria del tutto potrà mai farci comprendere ogni cosa. Perché vedere attraverso ogni cosa significherebbe non vedere più nulla.

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