Copertina
Autore Georges Bataille
Titolo Le lacrime di Eros
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2004 [1995], Saggi , pag. 266, cop.fle., dim. 180x180x19 mm , Isbn 978-88-339-1567-8
OriginaleLes Larmes d'Éros [1961]
CuratoreAlfredo Salsano
TraduttoreAlfredo Salsano
LettoreFlo Bertelli, 2004
Classe etnografia , storia sociale , storia dell'arte , erotica , fotografia
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Indice

   IX   Un'altra storia dell'occhio,
        di Alfredo Salsano
 XXIX   Georges Bataille, in lontananza...,
        di Joseph-Marie Lo Duca
XXXIX   Lettere inedite

    Le lacrime di Eros

  3 Prefazione

    Parte prima   Il principio (La nascita di Eros)


  7 I. La coscienza della morte

    1. L'erotismo, la morte e il «diavolo», 7
    2. Gli uomini preistorici e le pitture delle caverne, 9
    3. L'erotismo legato alla conoscenza della morte, 16
    4. La morte in fondo al «pozzo» della caverna
       di Lascaux, 19

 24 II. Il lavoro e il gioco

    1. L'erotismo, il lavoro e la piccola morte, 24
    2. Caverne due volte magiche, 31

    Parte seconda   La fine (Dall'Antichità ai giorni nostri)


 45 I. Dioniso o l'Antichità

    1. La nascita della guerra, 45
    2. La schiavitù e la prostituzione, 46
    3. Il primato del lavoro, 48
    4. Sul ruolo delle classi inferiori nello sviluppo
       dell'erotismo religioso, 53
    5. Dal riso erotico all'interdetto, 55
    6. L'erotismo tragico, 58
    7. Il dio della trasgressione e della festa, Dioniso, 60
    8. Il mondo dionisiaco, 63

 73 II. L'epoca cristiana

    1. Dalla condanna cristiana all'esaltazione morbosa
       (o dal cristianesimo al satanismo), 73
    2. La ricomparsa dell'erotismo nella pittura, 76
    3. Il manierismo, 96
    4. Il libertinaggio del secolo XVIII e
       il marchese de Sade, 140
    5. Goya, 149
    6. Gilles de Rais ed Erzsébet Báthory, 158
    7. L'evoluzione del mondo moderno, 162
    8. Delacroix, Manet, Degas, Gustave Moreau e
       i surrealisti, 172

184 III. A mo' di conclusione

    1. Personaggi affascinanti, 184
    2. Il sacrificio vaudou, 225
    3. Supplizio cinese, 231

239 Indice dei nomi e delle cose
247 Ringraziamenti

    Appendice

251 L'infantilismo
256 La voluttà nelle lacrime
258 [Io vorrei in questo piccolo libro...]
261 [Mi allontano dalla credenza...]
264 [L'ultimo pensiero]

 

 

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Pagina 3

Prefazione



Arriviamo a concepire l'assurdità dei rapporti tra l'erotismo e la morale.

Sappiamo che la loro origine è data nei rapporti tra l'erotismo e le superstizioni più remote della religione.

Ma al di sopra della esattezza storica, non perdiamo mai di vista questo principio: delle due l'una, o quel che ossessiona è in primo luogo ciò che il desiderio, ciò che la passione ardente ci suggeriscono; oppure abbiamo la ragionevole preoccupazione di un avvenire migliore.


Esiste, sembra, un termine medio.

Posso vivere nella preoccupazione di un avvenire migliore. Ma posso anche respingere tale avvenire in un altro mondo. In un mondo in cui soltanto la morte ha il potere d'introdurmi...


Questo termine medio era senza dubbio inevitabile. Venne per l'uomo il tempo di contare - piuttosto che su niente - sulle ricompense, o sui castighi, che potrebbero sopraggiungere dopo la morte...

Ma alla fine intravediamo il tempo in cui tali timori (o tali speranze) non potendo più valere, l'interesse immediato si opporrà senza termine medio all'interesse futuro - in cui il desiderio ardente si opporrà senz'altro al calcolo ponderato della ragione.


Nessuno immagina un mondo in cui la passione ardente cesserebbe decisamente di turbarci... Nessuno, d'altra parte, considera la possibilità di una vita che non sarebbe mai più legata dal calcolo.

L'intera civiltà, la possibilità della vita umana, dipende dalla previsione ragionata dei mezzi per assicurare la vita. Ma questa vita - questa vita civilizzata - che abbiamo il compito di assicurare, non può essere ridotta a questi mezzi che la rendono possibile. Al di là dei mezzi calcolati, noi cerchiamo il fine - o i fini - di questi mezzi.


È banale darsi come fine quel che chiaramente non è altro che un mezzo. La ricerca della ricchezza - ora della ricchezza d'individui egoisti, talvolta della ricchezza comune - evidentemente non è altro che un mezzo. Il lavoro non è altro che un mezzo...


La risposta al desiderio erotico - nonché al desiderio, forse più umano (meno fisico), della poesia, e dell'estasi (ma tra l'erotismo e la poesia, o tra l'erotismo e l'estasi la differenza può essere colta con precisione?) - la risposta al desiderio erotico, al contrario, è un fine.


In realtà, la ricerca dei mezzi è sempre, in ultima analisi, ragionevole. La ricerca di un fine, invece, dipende dal desiderio, che spesso sfida la ragione.

Spesso, in me, la soddisfazione di un desiderio si oppone all'interesse. Ma le cedo, perché essa è bruscamente diventata il mio fine ultimo!


Sarebbe possibile tuttavia affermare che l'erotismo non è soltanto questo fine che mi abbaglia. Non lo è nella misura in cui la nascita di figli può esserne la conseguenza. Ma solo le cure di cui avranno bisogno questi figli hanno umanamente valore di utilità. Nessuno confonde l'attività erotica - da cui può risultare la nascita di figli - e quel lavoro utile - senza il quale questi figli in definitiva, soffrirebbero e morirebbero...


L'attività sessuale utilitaria si oppone all'erotismo, in quanto quest'ultimo è il fine della nostra vita... Ma la ricerca calcolata della procreazione, simile al lavoro della sega, rischia umanamente di ridursi a una lamentevole meccanica.


Anche se l'essenza dell'uomo fosse data nella sessualità - che ne è l'origine e l'inizio - essa gli pone un problema che non ha altro esito che il panico.

Questo panico è dato nella «piccola morte». Potrei vivere pienamente la «piccola morte» se non come anticipazione della morte finale?


La violenza della gioia spasmodica è profondamente nel mio cuore. Questa violenza, nello stesso tempo, tremo nel dirlo, è il cuore della morte: si apre in me!

L'ambiguità di questa vita umana è proprio quella del fou rire e dei singhiozzi. Essa attiene alla difficoltà di accordare il calcolo ragionevole, che la fonda, con queste lacrime... Con questo riso orribile...


Il senso di questo libro è, come primo passo, di aprire la coscienza all'identità della «piccola morte» e di una morte definitiva. Dalla voluttà, dal delirio all'orrore senza limiti.

È il primo passo.

Che ci porta a dimenticare le puerilità della ragione!

Della ragione che non seppe mai misurare i suoi limiti.


Questi limiti sono dati dal fatto che inevitabilmente il fine della ragione, che eccede la ragione, non è contrario al superamento della ragione!

Attraverso la violenza del superamento, io colgo, nel disordine delle mie risate e dei miei singhiozzi, nell'eccesso dei trasporti che mi spezzano, la similitudine tra l'orrore e una voluttà che mi eccede, tra il dolore finale e una gioia insostenibile!

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Pagina 7

I. La coscienza della morte


1. L' erotismo, la morte e il «diavolo»

La semplice attività sessuale è diversa dall'erotismo; la prima è data nella vita animale e solo la vita umana presenta un'attività definita forse da un aspetto «diabolico», al quale conviene il nome di erotismo.

«Diabolico», è vero, si riferisce al cristianesimo. Ma, a quanto pare, mentre il cristianesimo era lontano, l'umanità più antica ha conosciuto l'erotismo. I documenti della preistoria sono sorprendenti: le prime immagini dell'uomo, dipinte sulle pareti delle caverne, hanno il sesso eretto. Esse non hanno nulla di esattamente «diabolico»: sono preistoriche, e il diavolo a quei tempi... nonostante tutto...

Se è vero che sostanzialmente «diabolico» significa la coincidenza della morte e dell'erotismo, come potremmo, se il diavolo in definitiva non è altro che la nostra follia, se piangiamo, se lunghi singhiozzi ci straziano - oppure se ci prende il fou rire -, come potremmo non vedere, legata all'erotismo nascente, la preoccupazione, l'ossessione della morte (della morte, in un certo senso, tragica, benché del resto risibile). Coloro i quali, nelle immagini che lasciarono di sé sulle pareti delle loro caverne, il più delle volte si rappresentarono in stato di erezione, non differivano soltanto dalle bestie a causa del desiderio associato in questo modo - in teoria - all'essenza del loro essere. Quel che sappiamo di loro ci permette di dire che essi sapevano - cosa che ignoravano gli animali - che sarebbero morti...

Gli uomini ebbero sin dalla più lontana antichità della morte una conoscenza trepida. Le immagini di uomini dal sesso eretto risalgono al Paleolitico superiore. Esse rientrano nel novero delle figurazioni più antiche (ci precedono di venti-trentamila anni). Ma le sepolture più antiche, che corrispondono a questa conoscenza angosciata della morte, sono molto anteriori: già per l'uomo del Paleolitico inferiore la morte ebbe un senso così pesante - e così chiaro - che egli dette come noi la sepoltura ai cadaveri dei suoi.

Così la sfera «diabolica», alla quale il cristianesimo in definitiva assegnò, come sappiamo, il senso dell'angoscia, è - nella sua essenza - contemporanea di uomini molto antichi. Agli occhi di coloro che credettero al diavolo, l'oltretomba è diabolico... Ma già, in maniera embrionale, la sfera «diabolica» esistette dal momento in cui degli uomini - almeno degli antenati della loro specie - avendo riconosciuto che sarebbero morti, vissero nell'attesa, nell'angoscia della morte.

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Pagina 46

[...]

I vincitori annientavano il gruppo dei vinti. Essi massacravano, dopo i combattimenti, i nemici sopravvissuti, i prigionieri e le donne. Ma senza dubbio i bambini dei due sessi dovevano essere adottati dai vincitori e questi, finita la guerra, dovevano trattarli come i loro propri figli. Per quel che possiamo pensare a stare alle pratiche dei primitivi moderni, il solo beneficio materiale della guerra era l'ulteriore incremento del gruppo che aveva vinto.


2. La schiavitù e la prostituzione

Fu molto più tardi - ma sulla data di questo cambiamento non sappiamo nulla - che i vincitori hanno intravisto la possibilità di utilizzare i prigionieri, riducendoli in schiavitù. La possibilità di un incremento delle forze di lavoro e di una diminuzione dello sforzo necessario alla sopravvivenza del gruppo fu ben presto apprezzata. L'allevamento e l'agricoltura, che si svilupparono nei tempi neolitici, beneficiarono così di un sovrappiù di manodopera che rese possibile l'ozio relativo dei guerrieri. L'ozio completo dei loro capi...

Fino all' avvento della guerra e della schiavitù, la civiltà embrionale si basava sull'attività di uomini liberi, essenzialmente eguali. Ma la schiavitù nacque dalla guerra. La schiavitù giocò nel senso della divisione della società in classi contrapposte. Attraverso la guerra e la schiavitù, alla sola condizione di esporre, per cominciare, la propria vita, e poi di esporre la vita dei loro simili, i guerrieri disposero di grandi ricchezze. La nascita dell'erotismo precedette la divisione dell'umanità in uomini liberi e in schiavi. Ma, in parte, il piacere erotico dipese dallo statuto sociale e dal possesso delle ricchezze.

In condizioni primitive, esso era risultato dall'attrazione del vigore fisico e dell'intelligenza degli uomini, della bellezza e della giovinezza delle donne. Per le donne, la bellezza e la giovinezza restavano decisive. Ma la società derivata dalla guerra e dalla schiavitù accrebbe l'importanza dei privilegi.

I privilegi fecero della prostituzione la via normale dell'erotismo, facendolo dipendere dalla forza o dalla ricchezza individuale, votandolo per finire alla menzogna. Non dobbiamo ingannarci: dalla preistoria all'Antichità classica la vita sessuale si è fuorviata, si è anchilosata a causa della guerra e della schiavitù. Il matrimonio riservò la parte della procreazione necessaria. Questa parte fu tanto più grande in quanto la libertà dei maschi ha teso sin dall'inizio ad allontanarli di casa. A stento ai nostri giorni, alla fine, l'umanità esce dal sentiero battuto...


3. Il primato del lavoro

Alla lunga si verifica un fatto essenziale: uscendo dalla miseria paleolitica, l'umanità trovò dei mali che dovevano essere sconosciuti ai primi tempi. A quanto pare, la pratica della guerra risale all'inizio dei tempi nuovi. In proposito non sappiamo niente di molto preciso; ma l'entrata in scena della guerra, in teoria, ha dovuto segnare il regresso della civiltà materiale. L'arte animalistica del Paleolitico superiore - che durò qualcosa come ventimila anni - scomparve. Scomparve almeno dalla regione franco-cantabrica: in nessun posto niente di così bello, niente di così grande ne prese il seguito. Niente almeno che ci sia noto...

La vita umana, uscendo dalla semplicità primitiva, scelse la via maledetta della guerra. Della guerra rovinosa, della guerra dalle conseguenze degradanti, della guerra che porta alla schiavitù; e che porta, per di più, alla prostituzione.

Sin dai primi anni del secolo XIX Hegel tentò di dimostrarlo: le ripercussioni della guerra, che derivarono dalla schiavitù ebbero anche il loro aspetto benefico. Secondo Hegel, l'uomo attuale avrebbe poco a che vedere con l'aristocrazia guerriera dei primi tempi. In teoria, l'uomo attuale è il lavoratore. Gli stessi ricchi e, in generale, le classi dominanti lavorano. Lavorano, almeno un po'...

È lo schiavo, in ogni caso, non è il guerriero che con il suo lavoro ha cambiato il mondo ed è lui che, per finire, è stato cambiato dal lavoro nella sua essenza. Il lavoro lo ha cambiato nella misura in cui egli divenne solo autentico creatore delle ricchezze della civiltà: in particolare, l'intelligenza e la scienza sono i frutti dello sforzo al quale lo schiavo fu costretto, lavorando per cominciare al fine di obbedire agli ordini dei padroni. Fu così, dobbiamo dire, che il lavoro generò l'uomo. Colui che non lavora, che è dominato dalla vergogna di lavorare, il ricco aristocratico dell'Antico Regime, o il rentier dei nostri tempi, sono soltanto delle sopravvivenze. La ricchezza industriale, di cui gode il mondo attuale, è il risultato del lavoro millenario delle masse asservite, della moltitudine sventurata che, sin dai tempi neolitici, hanno formato gli schiavi e i lavoratori.

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Pagina 184

III. A mo' di conclusione


1. Personaggi affascinanti

Nei due capitoli che precedono, ho voluto rendere sensibile lo slittamento dall'erotismo senza misura all'erotismo cosciente.

Il passaggio dalle violenze scatenate della guerra alla tragedia rappresentata, avrebbe forse il senso di un declino?

Il combattimento avrebbe forse - umanamente - l'interesse della tragedia? Alla fine la questione è lacerante.

Il primo movimento consiste nel bandire l'interesse della commedia...


Un senso di decadenza ci deprime, se opponiamo allo scatenamento senza misura, all'assenza di paura, il calcolo.

Eppure lo sappiamo, non accediamo rapidamente alla ricchezza del possibile. Come la vendetta - quel piatto che si mangia freddo - la conoscenza, abbagliata, ma chiara, delle nostre ricchezze vuole la pacificazione della violenza, la freddezza relativa delle passioni. Gli uomini vengono a capo dei loro possibili solo in due tempi. Il primo è quello del loro scatenamento, ma il secondo quello della coscienza. Noi dobbiamo valutare quel che nella coscienza perdiamo, ma dobbiamo, sin dall'inizio, renderci conto che alla misura di quella umanità che ci racchiude, la chiarezza della coscienza significa il raffreddamento. Legata alla coscienza, noi misuriamo la decadenza inevitabile... Questo principio è nondimeno vero: noi non possiamo fare differenza tra l'umano e la coscienza...

Quel che non è cosciente non è umano.

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