Copertina
Autore Carlo Belihar
Titolo Austria
SottotitoloIl cuore nobile dell'Europa
EdizioneWhite Star, Vercelli, 2005 [1994] , pag. 128, ill., cop.ril.sov., dim. 235x287x13 mm , Isbn 978-88-540-0304-0
LettoreFlo Bertelli, 2006
Classe viaggi , paesi: Austria , montagna
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Indice


Introduzione                        16

Quando la montagna è amica          26

Vienna, la Grandeur dell'Impero     62

Le città minori                     98



 

 

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Pagina 16

INTRODUZIONE


Due grandi laghi estendono i loro specchi d'acqua agli estremi lembi occidentale e orientale dell'Austria: il Lago di Costanza, nel Vorarlberg, e il Lago di Neusiedl, nel Burgenland. Ambedue hanno un elemento in comune: un palcoscenico sull'acqua. Per l'opera lirica a Bregenz, per l'operetta a Mörbisch. Le forme architettoniche passano dai campanili aguzzi della Riforma sui confini con la Germania e con la Svizzera, attraverso le cupole tondeggianti della Controriforma a Salisburgo e a Vienna, fino all'accumularsi di volte appoggiate della Bergkirche ad Eisenstadt, che ricorda in qualche modo la tecnica del turco Sinan.

L'Austria è un po' di tutto. Simile a certe signore dal fascino un po' offuscato e dal grande passato, non abbaglia. La sua attrazione emana dalla conoscenza. Con la conoscenza si spalancano orizzonti di spiritualità, di cultura, di vita vissuta, di simpatia, di cui a prima vista non ci si accorge. Il peso di un'eredità storica e artistica, che la discreta cornice agreste tende in qualche modo a offuscare, ma che emerge nel modo più inatteso.

Un laghetto, come il piccolo Hintersee, nel suo recesso di pini simile a una foresta canadese, continua a ospitare anatre ciangottanti a qualche chilometro dalle cupole e guglie di Salisburgo, dalla scalinata di Lucas von Hildebrandt a Mirabell, dall'altare scolpito da Michael Pacher a Sankt Wolfgang o dal teatro romano accanto al laghetto artificiale nel castello di Hellbrunn, dove un arcivescovo in epoca barocca aveva fatto mettere una statua di Marco Aurelio tra due gruppi di schiavi marmorei. Però... Marco Aurelio era morto 1400 anni prima a Vindobona, cioè a Vienna.

Il passato non offre né un inizio né una fine.

A Willendorf presso Baden, gli archeologi hanno rinvenuto una Venere di terracotta risalente a 15.000 anni avanti Cristo. E a Vienna settecento anni fa c'era stato il primo crack bancario. Leopoldo VI di Babenberg aveva fondato una banca di credito per far concorrenza agli usurai, ma in breve dovette chiudere per le interferenze ecclesiastiche. Nihil sub sole novi?

Da queste parti sono passati molti popoli. Ciascuno di essi ha lasciato una sua impronta ereditaria, fin dalle stirpi indogermaniche nell'età della pietra.

Mentre a Olimpia si svolgevano i primi giochi panellenici, mentre Romolo e Remo litigavano per il perimetro di Roma, di qua transitavano i mitici Illiri e i Celti. Battuti i Cimbri, Mario stabilì nel 101 a.C. il Limes romano sul Danubio. Una frontiera che resistette per sei secoli. Carnuntum e Vindobona ebbero il tempo di crescere dal rango di accampamenti a nuclei urbani. Poi la prima disparve e la seconda rimase. Durante l'assedio precedente la distruzione di Gerusalemme nel 70 d. C., persino una legione siriaca arrivò sulle sponde del Danubio: spostata prudenzialmente dai Romani, che dubitavano della sua fedeltà. E con essa arrivò il culto di Mythra. Tra i ruderi di Carnuntum, sede del Legato per la Pannonia, una regione che arriva dal Wiener Wald a Budapest, si trovano un anfiteatro da ottomila posti e un grande bagno termale, prediletto dai dignitari e dai faccendieri romani, visto il fresco che tira tra il Danubio e la puszta. Sotto la pressione dei barbari sul Limes romano, Gregorio Magno inviò schiere di predicatori.

Al posto delle fortificazioni sorsero i grandi conventi lungo il Danubio e tra i contrafforti montuosi: l'abbazia di Klosterneuburg, imponente come un novello Escuriale, l'abbazia di Göttweig, la superba abbazia di Melk, il gioiello del barocco che domina la Wachau, Sankt Florian cara ad Anton Bruckner, Heilingenkreuz nel Wiener Wald, Admont nelle Alpi metallifere stiriane, Sankt Paul nella Lavanthal in Carinzia.

Erano le fortezze del Cristianesimo alla conquista dei pagani, costruite su basamenti fortificati, con bastioni a strapiombo sui fiumi o sulle valli e con mura merlate.

Le aggraziate costruzioni barocche si sarebbero aggiunte nei secoli seguenti sulle arcate dure a crollare.

Fino al termine del primo millennio, nessuno aveva mai menzionato l'Austria. Il nome Ostarrichi è vergato per la prima volta in un atto dell'imperatore Ottone III nel 996. Finora la regione era considerata la "marca orientale" del reinventato Sacro Romano Impero di parte tedesca. Ottone aveva devoluto la marca al conte Luitpold di Babenberg in compenso dei suoi buoni servigi. I Babenberg sarebbero rimasti in Ostarrichi per duecentosettanta anni, ampliandola verso la Boemia e l'Ungheria. La fine venne per mano ungherese.

L'ultimo dei Babenberg, Federico il Litigioso, fu ucciso in una "vittoriosa battaglia" presso Wiener-Neustadt. Poco mancò nel 1853, sei secoli dopo, che anche l'imperatore Francesco Giuseppe fosse accoltellato da un sarto ungherese. Lo testimonia la chiesa votiva eretta a Vienna in ringraziamento. Sopraggiunsero così gli Asburgo e quella politica di alleanze e di espansioni matrimoniali che verrà cantata da un poeta cesareo con i versi Bella gerant alii, tu felix Austria nube; "Lascia che gli altri facciano le guerre (e così corrano alla perdizione), tu felice Austria sposati". Altri attribuiscono questa frase allo stesso imperatore Massimiliano I.

Gli Asburgo deterranno il potere per sei secoli e mezzo. Dapprima come imperatori del Sacro Romano Impero, quindi, dopo la conquista di Vienna da parte di Napoleone, come imperatori d'Austria, re di Ungheria e di Boemia, di Dalmazia, Croazia, Slavonia, Galizia, Lodomiria e Illiria, e signori di Trieste.

Pur conducendo svariate guerre, la smisurata espansione della sovranità asburgica sarà cementata e coronata da legami nuziali che consolideranno i rapporti personali e patrimoniali. Massimiliano I fu l'autentico campione di questa tecnica. Tirolese, picaresco, bellicoso, energico e nello stesso tempo generoso, realizza con i tre grandi "complessi matrimoniali" un edificio protrattosi per secoli. Dapprima sposando nel 1477 Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario, estende con le "nozze di Borgogna" il potere imperiale a tutta la Franca Contea. Quindi, sposando in seconde nozze Bianca Maria Sforza, nipote di Ludovico il Moro, rafforza benché contrastata la sua presenza in Italia. Con le "nozze spagnole" del 1496 fa sposare il proprio figlio Filippo (il Bello) con Giovanna di Castiglia e di Aragona, figlia di Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia. Giovanna impazzirà alla morte di Filippo.

Contemporaneamente Margherita, la figlia di Massimiliano, sposa il cadetto di Spagna, Juan, e in seconde nozze Filiberto II di Savoia. Il figlio di Filippo il Bello, Carlo V, ascenderà al trono di Spagna e al comando dell'Impero.

La terza tappa furono le "nozze di Boemia e d'Ungheria" I nipoti di Massimiliano, Ferdinando e Maria di Asburgo, sposarono rispettivamente Anna di Ungheria e Boemia e Ludovico di Ungheria e Boemia. Basti questo per comprendere perché, più che in molti altri Paesi, chi va per turismo in Austria è automaticamente coinvolto nella monumentalità e musealità dell'eredità storica. Lo stesso si verifica anche in Italia, in Francia o in Inghilterra. Ma non in modo tanto avvolgente quanto in Austria.

[...]

Il visitatore risulta coinvolto, magari inconsciamente, in quella che si definisce l'atmosfera austriaca. Un modo di prendere la vita per il suo verso senza curarsi molto di quello che potrebbe avvenire. Una cauta ricerca di conciliazione con il passato o almeno di non essere troppo dipendenti dal presente.

Nostalgia? Forse no, perché la nostalgia è una memoria zoppa. Piuttosto un'inclinazione al fatalismo derivante dalle componenti slave e magiare infiltratesi nel sangue e nella mente. Si può dire che ogni austriaco porti nel proprio inconscio un po' dello scetticismo beffardo del bravo soldato Svejk, una porzione di turbamenti alla "Giovane Törless , qualcosa del lucido "aver visto dopo" di Josef Roth, una parentela con l'incantata obbedienza dei signori Trotta von Sipolje, un'inclinazione per l'uomo senza qualità di Robert Musil, la melanconia di Stefan Zweig, suicida nel 1940. Una volontà di pensare a fondo le cose unita a una spensieratezza che non si arresta nemmeno dinanzi all'ineluttabile. Queste componenti della mentalità austriaca colpiscono per la loro indulgenza e per la buona creanza che le circonda. Karl Kraus, la lingua più tagliente di Vienna, criticava la spensieratezza della belle époque, mentre l'Impero si impegnava in quel conflitto balcanico che sarebbe culminato a Sarajevo. La chiamava una "lieta apocalisse".

E Hugo von Hoffmannsthal la definiva "un'apocalisse spumeggiante". Entrare in questo spirito è facile.

Non per niente, prima e dopo la caduta del muro di Berlino, l'afflusso di profughi e fuggiaschi dai Balcani e dall'Europa Centrale, cioè dagli ex Paesi dell'Impero, è stato cospicuo. Paradossalmente la capitale della piccola Repubblica Austriaca è nuovamente collegata da fasci di interessi e di scambi con gli stessi Paesi che in passato si erano battuti per sottrarsi alla sovranità dell'Impero.

Questa volta, però, senza i grattacapi e i costi del dominio e del presidio. Nella molteplicità dei tipi fisici, nella babele delle lingue in uso, nella varietà degli stili architettonici, Vienna è una città realmente interessante.

[...]

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