Copertina
Autore Stefano Benni
Titolo Spiriti
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2000, I Narratori , pag. 311, dim. 143x222x22 mm , Isbn 978-88-07-01566-3
LettoreRenato di Stefano, 2000
Classe narrativa italiana
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Indice


 11  Prologo

 15  l. Il presidente non conta niente
 25  2. Hacarus
 29  3. Quello che c'è nel buio
 34  4. Morte di un tenore
 41  5. Il signore dei fulmini
 49  6. Usitalia
 56  7. Qualcosa di sempre più strano
 67  8. La salina
 73  9. Aladino in caccia
 80 10. Un party agitato
 90 1l. Il party degenera
 93 12. Il grande Rik
 99 13. Dentro la terra e nel cielo
111 14. Aladino continua la ricerca
116 15. Il grande palco
124 16. I giardinetti di Usitalia
129 17. Tutti nel coro
132 18. Velázquez
140 19. Il mago Omaro
144 20. Il piede gigante di Kimala
154 21. Il meeting segreto
158 22. La grotta magica
166 23. Dramma al supermarket
171 24. Ghewelrode tradisce
175 25. L'ingorgo
180 26. Proteste
183 27. Enoma
188 28. La guerra degli spiriti
198 29. Il racconto di Melinda
202 30. Rik, il grande video
206 31. Berlanga
215 32. La notte
217 33. Il fantasma della grotta
225 34. Il viaggio di Sys
231 35. Il presidente si arrabbia
237 36. La prova
242 37. Lo scontro finale
250 38. Il balletto fatale
258 39. Che la festa cominci
259 40. Musica, finalmente
273 41. Ancora guai
281 42. Gran piangianza
288 43. La resa dei conti
292 44. Il ritorno di Elvis
299 45. La fuga
304 46. Adieu

 

 

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Pagina 11

PROLOGO


Una notte un uomo si svegliò in mezzo al deserto, senza sapere quanto aveva camminato, né perché.

Quando l'ultima nuvola scivolò via dalla luna, l'ombra dell'uomo si allungò come se sgorgasse dalla terra. Un filo d'acqua scorreva tenace nel greto screpolato del fiume, e non faceva più rumore di un respiro.

Alla nota del fiume si accordò un altro suono. Uuomo, con un bastoncino, batteva sul fango secco. Quel rumore ritmico, il pulsare di un cuore, richiamò qualcuno.

Dalle crepe della terra uscirono per prime le formiche rosse, dapprima in piccoli gruppi, poi in schiere compatte. Le seguirono le formiche nere dalle grosse teste dondolanti, le snelle dulciarie odorose di miele e le tagliatrici, reggendo le loro foglie come bandiere. Quel pulviscolo di piccole vite si radunò davanti all'uomo, che iniziò a intonare una sola profonda nota, come il vento dentro a un albero cavo. Uno sciame di vespe gli rispose da lontano, con un crescendo di violoncello. Gigantesche, arrivarono le libellule, posandosi in prima fìla, e poi le locuste dagli occhi rotondi e le cavarette color berillio. La macchia sul suolo si agitava, disegnata da un pennello invisibile e delirante, gonfiata da rivoli di altre creature, le cocciniglie e le termiti, i porcellini di terra dal guscio corazzato e le scolopendre dalle cento zampe.

Vennero i ragni violinisti, volando appesi a un filo sospeso nel cielo.

Venne la tarantola pelosa come la mano di un mostro.

Venne il ragno dei sette punti, il cui morso non lascia tempo per i pentimenti.

Venne l'amaranta, che al sole sembra una goccia di sangue.

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Pagina 25

2.
HACARUS


1. Tutto ciò che un paese forte e ricco decide, intraprende e sceglie ogni giorno ha come conseguenza e necessità:

preparare la guerra

coltivare la guerra

prevedere la guerra

accettare la guerra

avere bisogno della guerra

scegliere, ogni tanto, per quale guerra indignarsi e quale guerra dimenticare.

2. Arma e alleva un dittatore, se un giorno vuoi avere il merito di combatterlo.

3. Chi è più debole massacra, chi è più forte interviene.

4. Non esiste guerra tanto crudele da non scomparire appena si smette di parlarne...

5. Ogni multinazionale economica ha bisogno di invadere, sfruttare, scacciare e uccidere proprio come un esercito.

Queste parole, incise su una lastra di acciaio, erano bene in vista all'entrata del grattacielo Hacarus, e nessuno poteva entrare senza guardarle. Erano il pentalogo su cui Hacarus aveva costruito la sua fortuna, e non si vergognava certo a esporle. L'ufficio di Hacarus era al settantesimo piano, e vi si arrivava con un ascensore tappezzato di velluto nero. Hacarus si divertiva ogni tanto a rallentarlo, bloccarlo e spararlo come un missile, per godersi le reazioni attraverso una telecamera interna.

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Pagina 49

6.
USITALIA


Il paese esprime sempre una volontà di cambiamento, e questa è la miglior garanzia dell'immutabilità politica. Basta non cambiare mai, di modo che il popolo possa continuare a esprimere la sua volontà di cambiamento. Perciò in Usitalia si era deciso che tutti dovevano assomigliarsi, virtuosi e gangster, modernisti e passatisti, moderati e moderisti. Decine di facce promettevano, incominciavano, interrompevano, ribadivano le solite cose, dentro e fuori gli schermi, e in quel rutilante scorrere di nulla ogni cittadino trovava le sue ragioni e subito le dimenticava, e gli restava dentro solo l'eco di un disagio rabbioso. Cosi il Reame del Gangster Catodico e dei suoi maggiordomi neri e rosa, sembrava volere le stesse cose del Misterioso Grande Centro o del Monastero dei Beati Progressisti, identiche erano le orazioni, i rosari e le parolacce, identica la miseria di idee e la sudditanza ai forti. Chi aveva idee, in quel paese, se le portava addosso da solo, come una gerla, e le scambiava coi passanti. Per il resto, lotte da città a città e da ducato a ducato, tenzoni proporzionali e maggioritarie, fulmineo scorrere di risse e insulti poi trasformabili in alleanze e bicamerali con bagno, promesse d'odio eterno ed eterni compromessi, e poi reverendi e tradimenti e rimpasti e ribollite e ribaltoni e insulti alla storia, alle vittime, ai deboli. Si domandava ai magistrati di giudicare quello che spetta a ogni coscienza civile: se ai potenti sia concesso qualsiasi reato e delitto. Si, era la risposta, e ogni dignitoso sogno aveva abbandonato le anime di quel popolo, lasciandoli lieti di affidare la loro libertà a gangster e mafiosi, e sentirla minacciata dal mendicante all'angolo. La loro indignazione aveva respiro meno che settimanale, e durava più per un rigore non concesso che per un delitto non svelato. Sì, senza coscienza civile, senza storia, senza giustizia, la vita in quel paese aveva il lento scorrere di un funerale.

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Pagina 56

7.
QUALCOSA DI SEMPRE PIÙ STRANO


- Quattro guerre alla volta sono l'ideale - disse Hacarus al suo interlocutore, un uomo elegante con un vestito azzurro steward. - Possiamo sostituire i missili lanciati, ricostruire gli aeroporti, assuefare i profughi ai Mac D'Onald, sminare le mine che abbiamo pazientemente piantato, riarmare i paesi vicini. Si, non c'è affare sicuro come la guerra, è pacifico. Ma non bisogna essere avidi. Una guerra in più non la reggeremmo. Le industrie vanno già a pieno ritmo, e anche il target bombardabile va risparmiato.

- Ma io - disse il signor Boing - potrei costruire almeno trenta aerei in più all'anno, per trenta miliardi di dollari. E i satelliti spia sono vecchi, non ci vedono più come una volta. Vuol dare un'occhiata al mio nuovo modello?

- Dov'è?

- In questo momento è a dodicimila metri di altezza sopra il Nuovo Messico. Posso offrirle un sigaro?

- Habana Real - disse Hacarus, annusando con passione. - Grande sigaro ormai introvabile, peccato averli bombardati così tanto.

- Vuole accendere?

- Grazie.

Il signor Boing sorrise e incrociò ostentatamente le braccia. Si udì un rumore come quello di una corda di chitarra spezzata, un minuscolo bagliore bianco e il sigaro di Hacarus prese fuoco.

- Convinto? - disse orgoglioso Boing. - Il mio satellite Phantom B4, su dati forniti da questo computer che porto nel taschino, le ha acceso il sigaro da dodicimila metri, grazie al suo raggio laser.

- Davvero? Straordinario. Potrei rivederlo?

- Subito.

Attesero alcuni secondi in silenzio. Passò un minuto. Il signor Boing consultò il computer perplesso. Hacarus sorrideva.

- Allora?

- Non capisco - disse il signor Boing, confuso.

- Le spiego io. Il suo Phantom B4 è stato appena ingoiato e tritato dal mio Hak 547, il luccio dello spazio, che ha appunto come compito strategico quello di eliminare i satelliti non autorizzati che si divertono a bersagliare target pregiati quali io sono.

- Io non volevo... e il laser era a bassa incidenza...

- Lei è licenziato - disse Hacarus - passando dalla mia segretaria si faccia dire quale sarà il nuovo incarico. Pulizia scale, addetto alla macchina tritadocumenti o lavavetri.

- Non potrei suicidarmi? - chiese il signor Boing.

- In questo caso, stanza 27. Il noleggio della pistola costa dieci dollari, più sei per la pulizia del locale.

- Grazie - disse il signor Boing con un filo di voce.

- Di niente.

E signor Boing uscì mestamente. Hacarus azionò il carillon su cui danzava uno scheletro per segnalare che il suo ufficio era libero e fece entrare una vecchia signora, con vari rotoli di carte geografiche.

- Buongiorno, signora Graine - disse Hacarus. - Notizie di suo figlio dal fronte?

- Sta meglio. Le gambe artificiali funzionano abbastanza bene.

- Le nostre gambe artificiali sono le migliori del mondo - disse Hacarus - ci potrà giocare anche a pallone. Signora Graine, ho bisogno della sua competenza e della sua lungimiranza. Purtroppo sta per finire la guerra in Lunistan. Abbiamo uno stock di diecimila missili Pocahontas che stanno per scadere, e la Minnie, una vecchia portaerei, che resterà ínutilizzata. E anche una ventina di vecchi e buoni aerei Phantom. Non sono armi adatte per grandi guerre, ma in qualche guerricciola potrebbero essere utili. E poi ci sta a cuore la sorte dei nostri marinai e piloti.

- Lei è troppo buono, dottor Hacarus - disse la vecchia.

- Lo so. Allora, c'è qualche piccolo paese in cui intervenire per salvare i posti di lavoro sulla Minnie?

- Non è facile, così su due piedi - sospirò la Graine. Indicò il planisfero, irto di bandierine: - Abbiamo intrapreso parecchi interventi umanitari in questi ultimi anni. Ci sarebbe l'Irastan...

-Non l'abbiamo già bombardato?

- Lei si confonde con l'Iraqui. Però l'Irastan è troppo grande per essere attaccato con una portaerei. La Colchide è nei programmi tra cinque anni. Ci sarebbe il Lichtenweinz, ma non ha il mare.

- E allora?

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Pagina 62

- Melinda... - ansima il presidente. - Ma dov'eri? Da dove sei entrata?

- Volando, dalla finestra, amore mio - dice Melinda. I suoi occhi sono color del mare venusiano, la sua pelle ha la luce soffusa di un quadro, è a piedi nudi e danza con ogni gesto e passo. Il presidente cerca di catturarla, ma lei si sottrae, gira intorno al tavolo, mantenendo una distanza di casta sicurezza. Si ferma vicino alla bandierina francese e si toglie il top del vestito. Mostra due tette di inequivocabile potenza espressiva. Max barcolla.

- Che bella vestaglia, presidente - dice Melinda.

- Me la tolgo subito.

- No - dice Melinda, e si sdraia sul tavolo, si struscia mostrando le gambe, solo per il suo presidentone e i dodici agenti di videoguardia. - Dimmi qualcosa che mi ecciti, cinghialino mio - sussurra - quanti uomini hai ammazzato oggi?

- Io non ammazzo, Melinda - precisa serio il presidente - può accadere che su mio ordine prendano il via operazioni che talvolta comportano riduzioni di organico nel personale nemico, o danni collaterali nella popolazione civile, ma ammazzare, mai...

- Suvvía, queste cose le dici a tua moglie, non alla tua cinghialina - dice Melinda togliendosi gli occhiali e sciogliendosi i capelli, neri come la notte. - Dimmi la verità, mi eccita.

- Be', se vuoi saperlo, nella guerra del Sud, due giorni fa abbiamo commesso un errore. Abbiamo attaccato una colonna di giganteschí blindati carichi di gente. Erano carri di carnevale. Abbiamo ammazzato trecentosessanta civili e tre intere scuole di samba. Ma non dirlo a nessuno.

- Mi piace - dice Melinda, battendo le mani. - Trecentosessanta anime innocenti al cielo. Tu credi in Dio, presidente?

- Ovviamente, come tutti i buoni americardi - dice Max, agguantandola per un braccio. Ma lei riesce a sfuggirgli ancora e cammina verso una grande fìnestra, con calibrato rollìo di glutei. Aderisce al vetro come una lucertola, si volta indietro, il suo sguardo ora è severo.

- La tua risposta non mi basta - dice Melinda - devi crederci con tutto il cuore.

- Certo - ripete Max, come un bambino obbediente. - Credo a Dio con tutto il cuore.

Melinda ride, e con un balzo è vicino a Max.

- Ho una brutta notizia per te - dice - il tuo Dio se n'è andato. Vuoi sapere perché? - e si siede repentina sulle ginocchia presidenziali. Max vorrebbe toccarla, ma è come paralizzato. La bocca di Mehnda è a un centimetro dalla sua, e può sentirne fiato, erba e fiori.

- Il tuo Dio era stufo di voi uomini. Ormai aveva un'unica consolazíone. I Beades.

I Beades nel senso di John Ringo Paul eccetera?

Proprio cosi. Li ascoltava dalla mattina alla sera, davanti al camino. I suoi amici, angeli e diavoli, scuotevano la testa. Poi ci fu l'omicidio di John Lennon. Ricordi la data?

- Circa vent'anni fa.

- Otto dicembre millenovecentottanta. Quel giorno Dio disse: "Adesso basta, questo mondo sta andando a rotoli, è stato un cattivo investimento, me ne vado". Fece le valigie, ci mise dentro i suoi dischi e sparì. Come da contratto, Lucifero lo seguì. Da quel giorno, puoi verificare, tutto cominciò ad andar peggio.

- Melinda, che fantasia...

- È tutto vero, Dio se ne lavò le mani e lasciò il mondo agli spiriti. Alcuni erano per farla finita subito, altri per continuare. Ancora non è sicuro che cosa faranno di voi. Ma io so cosa farò di te, presidentone mio.

- Cosa farai?

- Tutto quello che hai sempre sognato - soffiò Melinda all'orecchio di Max - tutto quello che non potresti mai dire ai sovieti o ai chinesi attorno a questo tavolo.

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Pagina 103

Tutt'altro clima si respirava nell'aereo privato di Sua Innocenza l'onorevole Berlanga, anomala gloria di Usitalia, uomo predestinato all'eutanasia del paese. Gangster videofago, nonché affarista avido e spregiudicato, egli godeva ormai di indulgenza politica plenaria. Se era assolto, era innocente, se era condannato era un perseguitato politico, se era sotto giudizio si cercava di fargli saltare i nervi, le sue società fantasma erano strategie aziendali, le valanghe di soldi misteriosi una garanzia del liberalismo e la difesa dei suoi interessi era la difesa della libertà di tutti. Perciò sul lato dell'aereo erano dipinti ottantasei orsacchiotti, uno per ogni processo e condanna. E a ogni orsacchiotto diventava più intoccabile. E a ogni orsacchiotto i leader moderisti, suoi esitanti avversari, spiegavano al loro perplesso elettorato che un giorno avrebbero convinto Berlanga a tornare nell'alveo della democrazia. Il che dimostrava che (1) non sapevano cosa vuole dire democrazia, (2) non sapevano cosa vuole dire alveo.

Nell'aereo Berlangair, un lussuoso jet intestato al suo barbiere, erano ospitati i britanni Bi Zuvnot, idoli delle giovanette di tutto il mondo, il comico della Trivideo Sam Sapone, il celebre Zenzero, cantante positivo analgesico neoagico nuoverico e soprattutto Michael Teflon, il cantante che per non invecchiare viveva sempre sotto vuoto spinto, in una grossa lattina di vetro trasparente. Il Berlanga era in contatto video con i suoi ospiti, e sorrideva da uno schermo gigante.

- State bene, ragazzi? Mi raccomando, siamo la squadra vincente, schianteremo le reni ai moderisti.

Solo Sapone era sveglio. I Bi Zuvnot dormivano nei loro lettini rosa. Zenzero stava facendo yoga con il suo maestro spirituale, un ex commercialista pentito. Michael Teflon galleggiava nella lattina trasparente, come un grosso feto.

- Qua è un mortorio, capo - protestò Sapone - neanche una fica di hostess. Solo uno steward frocio e dei vecchi serial Trivideo da lessare le balle.

- Lo steward René è in realtà il più feroce agente del Moshad. I due piloti hanno trecento ore di missioni di guerra. E il serial non è vecchio, l'abbiamo riciclato dalla scorsa estate, ci siamo accorti che la gente non si ricorda più le trasmissioni dell'anno prima. Come vedi, niente è come sembra.

- Se è per quello, neppure io sono un comico, sono un attore con un auricolare, teleguidato da un computer che ha in memoria un milione di gag. I Bi Zuvnot cantano in playback. Il positivo Zenzero è un depresso megalomane, e Michael Teflon è clinicamente morto da tre anni.

- Zitto, Sapone, potrebbero esserci delle microspie sull'aereo. Non dire sciocchezze. Voi, con Gragnocca Gragna, siete la supersquadra del mio show e dominerete la scena del Megaconcerto. L'Impero conta su di voi e anch'io.

- Sarà, ma la vedo grigia.

- Ma possibile che tu sia sempre così triste?

- Sono scollegato col gag-computer capo. Vuole che mi colleghi?

- Sarebbe meglio.

- Sarà ma la vedo grigia, disse quello che era finito sotto la sottana della vecchia.

- Gran battuta, Sapone.

- Grazie, Sua Innocenza. Ha letto il progetto del mio nuovo programma?

- Non ancora. Di che si tratta?

- Si chiama Freaks. Si prende un attore con un finto difetto fisico, lo si mette in una piazza e poi con la telecamera segreta si registrano tutte le cattiverie che subisce dalla gente. Alla fine chi fa le schifezze peggiori viene invitato alla finale, con degli storpi e degli handicappati veri. Dodici trasmissioni di due ore. Dopo la serie, naturalmente, ci sarà un dibattito sul razzismo e sulla difesa delle minoranze.

- Mi sembra una buona idea. Ma bisogna andarci piano. Krash ha suscitato molte polemiche.

- Certo capo, gli stuntman hanno esagerato. Dovevano creare dei falsi incidenti stradali, ma ne hanno ammazzati trentasei in un mese.

- La tivù verità non la puoi fare a metà. È un dogma delle mie Trivù. E adesso vi devo lasciare, state per uscire dal campo del satellite. Arriverò sull'Isola stasera. Oggi ho una noiosa riunione con la maggioranza e un inutile dibattito con l'opposizione. Spero che non mi succeda come l'altra volta, quando ho investito i miei due interventi. Fortunatamente nessuno se n'è accorto. Mi basta dire ogni tanto la parola "microcriminalità", piace tanto a tutti. Che complicazione la politica: ma da quando l'ho scoperta, è così facile fare soldi. Ricordo una volta, stavo portando dei capitali alle Isole Alligator, e mi viene incontro un pezzente...

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Pagina 110

Salvo non rispose e restò in silenzio. Il cuore gli batteva forte.

- Io so come combatti i brutti sogni, ragazzo - disse Kimala. - Agiti nell'aria una spada invisibile. Molti bambini lo fanno. Ma non basta. Io ti darò una spada più forte. Ti insegnerò a muovere la terra e il vento, a far cantare le grotte e la chioma degli alberi. A uccidere con l'erba stramonia e la bava dell'amanita. A fare dei tuoi ragni un invisibile, spietato esercito.

Salvo ascoltava. Il volto di Kimala era duro e cattivo, ma il bambino sentiva che qualcosa di quel fuoco ardeva anche in lui.

- Non lasciare morire la gemella, Salvo. Dimmi dov'è, io la salverò.

- Te lo dirò - disse Salvo - ma giurami che non la userai.

Kimala ruggi di rabbia.

- Tu sai che non posso giurare. Attento, Salvo. La battaglia è solo all'inizio. Lo Spirito più oscuro sta per arrivare. Al suo confronto, io sono un fiore di bontà. Avrai bisogno di me, non essere orgoglioso come tuo padre. Lui credeva che per ribellarsi bastasse rivolgersi solo ai propri simili, e fu tradito. Per ribellarsi occorrono sogni che bruciano anche da svegli, occorre il dolore dell'ingiustizia, la febbre che toglie all'uomo la malattia della paura, dell'avidità, del servilismo. Per ribellarsi bisogna saper guardare oltre i muri, oltre il mare, oltre le misure del mondo. La miseria dell'uomo incendia la terra ovunque, ma è un fuoco sterile, che cancella e impoverisce. È un fuoco che odia ciò che lo genera, è cenere senza storia. Saper bruciare solo ciò da cui poi nascerà erba nuova, ecco la vera ribellione. Ecco come vendicherai tuo padre.

- Ti dirò dov'è la gemella - disse Salvo.

Un vento rabbioso sibilò dentro la grotta. Poros era entrato, adirato, col lungo mantello grigio che frustava l'aria, ancora intriso d'acqua.

- Kimala - disse. - Andiamo sulla montagna. Ci spiegheremo, una volta per tutte.

- Si - rise Kimala - anche se dovesse essere l'ultima.

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Pagina 124

16.
I GIARDINETTI DI USITALIA


Oh, la bellezza estenuata dei giardinetti primaverili, dove lo smog soffoca gli alberi in un abbraccio cinerino, dove i maratoneti trotterellano scatarrando, gli innamorati si scambiano campioni di saliva, i bambini cadono dai tricicli con lieto rumore di ossicini. Dove la giostra rotea minori terrorizzati e gonfi di gelato, che lanciano intorno strida e rutti e lapilli di vomito, dove i palloncini scoppiano da soli non appena hanno capito che sono stati comprati per puro capriccio e non per passione, e dove su scivoli e altalene ognuno consuma il miglior paio di braghe. Dove i cani cagano in libertà senza il terrore di essere strascicati vergognosamente al guinzaglio a metà dell'operazione e possono nasarsi vicendevolmente il culo. Dove, democraticamente, il bastardone proletario può insidiare la barboncina benestante, e il botolino può ingiuriare l'alano ben trattenuto al guinzaglio dal padrone. Dove mamme spingono carrozzine con bimbi anestetizzati di freddo e anidride carbonica, e sotto il pino secolare il maniaco spia le coppie e smanetta, mentre sulle panchine vecchi immobili guardano i rollers passare, come la mucca guarda il treno. Giardinetti, verdi oasi dove barcolla il tossico e il tennista corre lieto verso il campo di gioco, dove tutti si sentono in campagna ignorando l'assedio dei palazzi circostanti. Cuore verde della città che odia il verde, dono per i bambini dalla città che odia i bambini.

In mezzo ai giardinetti c'era un lago di color fecale, in cui nuotavano carpe grasse e lente come potami, e ciprinidi maculati e incrociati con ogni creatura marina, e forse anche con qualche terrestre pantegana. Sul ponte di stile cinesoide c'era un bar, famoso per i suoi toast bruciati e per i piccioni che arrivavano sempre prima dei camerieri. A un tavolo all'aperto stavano seduti Aladino e Behemoth, sorseggiando due chinotti e specchiandosi nel sottostante Stige. Avevano assunto le sembianze di due belle ragazzone formose, ariana e rossa di pelo Aladino Hirunda, nera e ricciuta Behemoth Bedelia.

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Pagina 156

- Proprio così. Voi sapete che nei pressi dei millenni e delle date tonde, si scatenano suggestioni collettive. Diciamo che al di là del fiorire di catastrofisti e apocalittofili e sfigologi con relativi libri sull'argomento, noi non sappiamo niente di queste suggestioni. Io sono un essere razionale, ma se l'irrazionale mi pesta i piedi, devo farci i conti. Allora diciamo che con la fine del millennio una forza elettromagnetoide o psicocinetica che non conosciamo si aggira per il mondo, e influenza i comportamenti dei consumatori. Se ne conoscessimo forze, leggi, regole potremmo imbrigliarla e sfruttarla. Così possiamo solo cercare di non farci danneggiare.

- Possiamo attaccare. Attaccare per primi è sempre una buona cosa - disse Ciocia - ricordo come ci rimasero gli helvetici...

- Possiamo metterci d'accordo. Formare una nuova alleanza politico-teorico-esoterica che... - disse Rutalini.

- Possiamo corromperli - lo interruppe Berlanga.

- Possiamo arrivare fino al boss salendo di livello in livello e poi distruggerlo - disse Sys.

- Come al solito non avete capito - disse Hacarus, sprezzante - provo a spiegarvela così: questa forza di suggestione che noi chiameremo per facilità "Spiriti", causa turbative nel comportamento degli umani. Hanno allucinazioni. Si comportano in modo strano, credono di vedere cose, hanno tendenze suicide. Petoloni, Owl, la Corday, il Bi Zuvnot mancante. La scomparsa nel nulla dei Raz, la rottamazione di Gragnocca Gragna. Non possiamo continuare a dire balle alla stampa. E poi pazzi che raschiano i cani dai quadri, sciami di api che attaccano aerei, falene che assediano i grattacieli, zanzare sabotatrici di grammatica. Questa suggestione, in modi ancora non accertati, prende anche gli animali.

- Allora lei ci crede?

- Io non credo, constato. E dico che se dobbiamo combattere questa suggestione, dobbiamo creare una suggestione più forte. Dobbiamo inventare spiriti più forti, che guidino le azioni degli uomini come noi vogliamo.

- Spiriti generali d'armata - disse Ciocia.

- Spiriti leader - disse Rutalini.

- Spiriti opinion-maker - disse Berlanga.

- Un software di spiriti - disse Sys Req.

- Cominciate a capire. Per questo noi non ostacoleremo le strane voci che girano su quest'isola. Che gli spiriti ci hanno attaccato, che sono stanchi della guerra, che stanno sabotando questo concerto. Ma diremo che in nostra difesa stanno arrivando altri spiriti, potenti, spiriti alleati. Costruiremo una controsuggestione. Non c'è disgrazia, catastrofe o apocalisse a cui non ci si possa abituare o che non possa diventare un affare. Questo vale dal week-end autostradale all'incidente atomico e dalla guerra alla malattia incurabile. Vedere i miei bilanci per credere.

- Signor Hacarus - disse Rutalini - è vero che lei da anni consulta uno sciamano?

- Queste sono cose private - disse Hacarus spazientito - Ghewelrode è un consigliere personale, ma se volete d'ora in poi chiamatelo pure sciamano. Da oggi le televisioni potranno parlare di misteriose influenze sull'Isola e sul clima del mondo, ma diranno che nuovi spiriti si sono alleati con noi, e che c'è un potente Spirito amico del Megaconcerto. Il suo nome è Enoma!

- Enoma - dissero i tre e diteggiò il quarto.

- Quindi non chiedetemi più se Enoma esiste davvero, poiché siamo noi che facciamo esistere le cose, abbiamo fatto esistere i motivi di questa e altre guerre, e di altre necessarie distruzioni. Enoma colpirà subito. Stasera un centinaio di marines si recherà nel bosco sotto il vulcano. Là, secondo una credenza popolare, vivono gli spiriti di quest'Isola. Bruceremo il bosco. Poi troveremo questa ragazzina, figlia di sciamani, e la mostreremo per quello che è, un'innocua bambina dentro una bella maglietta di sponsor. Nessuno si meravigli più se accadranno cose strane. Siamo dentro una grande suggestione, un grande show, una grande recita virtuale, caro Sys, e allora giochiamo. L'operazione Enoma è avviata. Generale Ciocia, bruci quel bosco. Rutalini, ordini ai suoi colleghi sindaci di spiegare che gli spiriti si schierano con i più deboli solo nei libri. Berlanga, lei martelli a tappeto con ogni mezzo di informazione. Sys Req, lei inietti in rete le dicerie più strane, leggende e serpenti di mare. E fate correre la voce: lo Spirito più forte vuole il Megaconcerto, vuole la guerra ed è al nostro fianco.

- Enoma! - gridò Ciocia, e sparò sul muro.

- Enoma - disse Rutalini - e alzò il pugno come non faceva da anni.

- Mettete a libro paga un certo Enoma - telefonò Berlanga.

- Enoma - diteggiò Sys. E sullo schermo si disegnò un diavolone gigantesco, con la scritta Enoma Bug sulla maglietta.

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