Copertina
Autore Valter Boggione
CoautoreLorenzo Massobrio
Titolo Dizionario dei proverbi
SottotitoloI proverbi italiani organizzati per temi
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2007 [2004] , pag. 654, cop.ril., dim. 15x21,5x3,5 cm , Isbn 978-88-02-07717-8
LettoreElisabetta Cavalli, 2007
Classe linguistica , storia sociale , aforismi , umorismo , costume
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Indice


La formula proverbiale di Temistocle Franceschi      IX

Lógos, dialogo, letteratura di Valter Boggione    XXIII

Dizionario dei proverbi                               1

Bibliografia                                        635


 

 

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Pagina IX

LA FORMULA PROVERBIALE
di TEMISTOCLE FRANCESCHI



Attraverso secoli e millenni, il proverbio è sempre stato riguardato come l'interessante documento, che è, della saggezza e dell'arguzia popolare. Solo al nostro tempo è stato esaminato sotto un aspetto linguistico, o meglio logico-linguistico. La scuola geoparemiologica italiana è andata oltre, riconoscendo nel proverbio – in quello che riconosce quale «vero» proverbio, come presto chiariremo – una componente del linguaggio: del quale costituisce una peculiare, preziosa forma espressiva. È fuor di dubbio che – e per l'opinione che esprime, e per la sua formulazione – il proverbio compete altresì agli studi psicosociali, antropologici, storici ed estetici. Ma se i proverbi seguitano a tramandarsi dall'una all'altra generazione non è già perché la gente se li racconti incontrandosi per via (nel qual caso farebbero la fine delle barzellette, che continuamente nascono e muoiono), e ancor meno grazie a una catechesi. Quella che, sola, assicura al proverbio la sopravvivenza attraverso i secoli è – necessariamente – la sua funzione: che non è certo d'ammaestrare dilettando, né di dilettare ammaestrando. Pur se – incredibilmente – è stata ignorata per millenni, la sua funzione è – indubbiamente – quella di elemento della struttura di quel codice linguistico naturale che permette all'uomo d'esprimere le intuizioni mentali mediante strutture logiche, e che diciamo idioma: del quale va dichiarato strumento importantissimo.

Proverbio è, di norma, termine assai meno popolare dell'equivalente detto. Ma anche là dove sia d'uso comune, la forma lo dichiara di tradizione dotta; quale appare già in latino, dove proverbium è costruito come diverbium (calco del gr. ...) e come il grammaticale adverbium. L'etimo è chiaramente verbum «espressione verbale, orale», con affissa preposizione. E come adverbium «forma applicata a [modificarne] un'altra» si può riportare a verbum ad verbum, così possiamo ricondurre proverbium a verbum pro verbo: costrutto che interpreteremo come «atto verbale che sta a rappresentarne un altro», ovvero «modo di dire [qualcos'altro]». Di conseguenza, il nostro vocabolo si qualifica come una sequenza di sintagmi costituente un singolo atto verbale. Definizione, questa, che può corrispondere a modo di dire, idiotismo, espressione idiomatica, ma anche, nel caso più complesso, al significato che oggi si suole riconoscere al termine in oggetto: quello di frase finita con valore di sentenza. Un senso generico del vocabolo si riscontra in effetti sin dalle origini, e tuttora usiamo dire che «è passata in proverbio» – o «è divenuta proverbiale» – la pazienza di Giobbe, in riferimento alla locuzione aver più pazienza di Giobbe. E analogamente per le altre ci vorrebbe la memoria di Pico della Mirandola, o è cosa lapalissiana: che, essendo entrate nell'uso tradizionale, prescindono dalla conoscenza che il parlante possa avere della Bibbia o di personaggi storici come Pico, o monsieur de la Palisse.

Per ovviare alla suddetta confusione terminologica, da qualche decennio abbiamo introdotto, in un senso comprensivo sia di «locuzione» sia di «sentenza», il grecismo paremia (...), ch'era inutilizzato nella nostra lingua, pur essendo la base di paremiologia e paremiografia. Nata sulla bocca di qualcuno e poi assunta socialmente nel codice comunitario della letteratura orale (quale miniprodotto letterario), una paremia diviene tale soltanto quando trasmigra nella memoria linguistica comunitaria, entrando così a partecipare del locale sistema linguistico, e dei suoi meccanismi mnemonici.

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Pagina XXIII

LÒGOS, DIALOGO, LETTERATURA
di VALTER BOGGIONE



Dimmi con chi tratti e ti dirò chi sei, è un proverbio; e come tutti i proverbi, non solo è infallibile, ma ha anche la facoltà di rendere infallibile l'applicazione che ne fa chi lo cita. Manzoni, Fermo e Lucia, 503.


Questo volume raccoglie all'incirca 30.000 proverbi, provenienti, seppure con contributi di diversa consistenza numerica, da tutte le regioni italiane: di Proverbi d'Italia, dunque, e non di Proverbi italiani si tratta, poiché molti dei detti registrati sono usati in ambiti territoriali circoscritti, e la loro formulazione è soltanto dialettale. L'esigenza di rendere più immediatamente leggibile l'opera, le difficoltà legate ai molteplici criteri di scrittura dei vari dialetti, spesso tra loro in contraddizione, l'arbitrarietà della variante dialettale da assumere come modello di riferimento, e non ultima la decisione di organizzare la raccolta secondo un criterio rigorosamente semantico, per le ragioni di cui si discuterà più innanzi, hanno suggerito la scelta di presentarli al lettore in una veste linguistica italianizzata. La traduzione, tuttavia, è stata rispettosa – nei limiti del possibile – non soltanto del significato dell'originale, ma anche di quella veste fonico-ritmica che costituisce uno degli aspetti caratterizzanti del proverbio (allitterazioni, rime, accenti, partizione in membri isocolici). Per tale motivo, si sono conservate le inversioni, le ripetizioni, e persino gli anacoluti; e in più di un caso si è preferita, rispetto alla forma lessicale italiana più diffusa, una variante regionale o addirittura desueta, ma più somigliante e immediatamente evocativa della formulazione originale.

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Pagina 85

II.9.2. Cani e gatti

II.9.2.1 Cane amoroso, sempre velenoso. Proverbi toscani, 94: Il cane, quand'è in amore, è cattivo.

II.9.2.2 Cane che si stira non val neanche una lira.

II.9.2.3 Cane che va dietro a più di un padrone merita la polpetta. Pratesi, 5-206: - Ricordati del proverbio: Cane che va dietro a più d'un padrone, merita la polpetta! - E lei il mio trincetto.

II.9.2.4 Cane da caccia costa più che non chiappa.

IL.9.2.5 Cane mogio e cavallo desto. Monosini, 382. Proverbi toscani, 340: Il cavallo con la prontezza dei moti e con la stessa vivacità dello sguardo annunzia il vigore e la bontà ch'egli ha in sé: laddove il cane vivace che troppo scorrazza, male serve il cacciatore.

II.9.2.5.a. Cavallo allegro e cane malinconico.

II.9.2.6 Cane sazio e gatto affamato. Il cane sazio fa meglio la guardia, il gatto affamato dà la caccia ai topi.

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Pagina 110

III.4.4. Costanza/incostanza nell'amore; comportamento che deve tenere l'innamorato o l'innamorata; effetti dell'amore su chi è innamorato

III.4.4.1 Agli amanti fiora non gli creder mai. Proverbi toscani [1871], 8: A quelli che per lezio donano fiori alle donne; o a coloro che dicono fiorellini, cioè gentilezze accattate, galanterie viete.

III.4.4.2 Amami poco, ma continua. L'amore non deve essere troppo appassionato, ma costante. Proverbi toscani, 8.

III.4.4.2.a. Ben ama, chi non oblia. L'amore vero non può essere dimenticato o rimosso; quando si tiene davvero a una cosa, non è possibile dimenticarsene. Proverbi toscani, 8.

III.4.4.2.a.I. Chi bene ama mai non oblia. Boccaccio, 1-308: Posto che agevole sia perdere cosa impossibile da riavere, nondimeno e' si suol dire: "Chi bene ama mai non oblia".

III.4.4.3 Amante non sia, chi coraggio non ha. Proverbi toscani, 8: Nell'amore sono mali passi e battaglie molte; laonde Byron disse l'amore essere una faccenda ostile.

III.4.4.3.I. Amante non sia, chi coraggioso non è. Monosini, 159: Cupido ignaviam non sustinet.

III.4.4.4 Amor di giovani, trotto d'asino. Gli amori dei giovani hanno breve durata (come gli asini non reggono a lungo il trotto). G.M. Cecchi, 8-1-3: Amor di giovani, trotto d'asino.

III.4.4.4.I. L'amore dei giovani è come il trotto dell'asino.

III.4.4.4.a. Fuoco di paglia e trotto d'asino durano poco. > V.4.5.6.

III.4.4.5 Amore che dura non perde ventura.

III.4.4.6 Amore fa portar le calze vuote. Proverbi toscani [1871], 8: Cioè: dimagra le gambe.

III.4.4.7 Amore nuovo va e viene, ed il vecchio si mantiene. Proverbi toscani [1871], 8.

111.4.4.7.a. Amore vecchio non fa ruggine. Proverbi toscani [1871], 8.

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Pagina 199

V.1. L'ALIMENTAZIONE

V.1.1. Necessità, utilità e piacere di una buona alimentazione

V.1.1.1. IN GENERALE

V.1.1.1.1 A pancia piena si consulta meglio. Proverbi toscani, 85: Motto che suole ripetersi giocosamente nelle brigate, ma che non è senza verità. Gli Inglesi e i frati lo sanno: "i quali in refettorio hanno l'usanza / i negozi trattar di più importanza".

V.1.1.1.1.I. A pancia piena si ragiona meglio.

V.1.1.1.1.II. Si discorre meglio a corpo pieno. Monosini, 158.

V.1.1.1.1.a. A pancia piena cantano gli orbi.

V.1.1.1.2 A tavola si diventa giovane. Proverbi toscani, 85: Perché ognuno vi si rallegra.

V.1.1.1.2.a. A tavola non s'invecchia.

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