Copertina
Autore Percy Williams Bridgman
Titolo Come stanno le cose
EdizioneOdradek, Roma, 2012 , pag. 288, cop.fle., dim. 17x24x2 cm , Isbn 978-88-96487-22-8
OriginaleThe Way Things Are
EdizioneHarvard University Press, Cambdrige, 1959
CuratoreMargherita Marcheselli
PrefazioneErnst von Glasersfeld, Felice Accame
TraduttoreDafne Calgaro
LettoreGiorgia Pezzali, 2013
Classe filosofia , epistemologia , psicologia
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Indice

        PREFAZIONE                                            7

I.      INTRODUZIONE                                         11

II.     PAROLE, SIGNIFICATI E ANALISI VERBALE                21

III.    ANCORA SULLA METODOLOGIA PRELIMINARE                 41

    LE OPERAZIONI IN GENERALE                                41
    OPERAZIONI BUONE E CONVENZIONI                           47
    PERCORSI DIVERSI VERSO LO STESSO RISULTATO               53
    LE OPERAZIONI DI VERIFICA                                56
    L'OPERAZIONE PER VALUTARE LA STESSITÀ                    62
    IL FUTURO E L'OPERAZIONE DELL'ATTESA                     64
    PROGRAMMI                                                66
    IL RUOLO DI CHI ESEGUE LE OPERAZIONI                     70
    LIVELLI DI OPERAZIONI                                    72

IV.     LOGICA, PROBABILITÀ, ARGOMENTI COLLEGATI             75

    CONSIDERAZIONI GENERALI                                  75
    IL SIGNIFICATO DI "TUTTO", "QUALSIASI", "OGNI"           55
    SUL CONTARE                                              50
    LA PROBABILITÀ IN GENERALE                               94
    L'INDUZIONE                                             101
    LA PROBABILITÀ COME NON ANALIZZABILE                    164
    LA PROBABILITÀ COME UN NUMERO                           108
    APPLICAZIONI DELL'ANALISI PROBABILISTICA                109

V.      ALCUNI ASPETTI DELLE SCIENZE FISICHE                113

    IL RUOLO DELL'ESPERIMENTO                               115
    SUGLI STRUMENTI IN GENERALE                             116
    LA MISURAZIONE E GLI STRUMENTI DI MISURA                118
    IL MONDO ESTESO CON GLI STRUMENTI                       123
    IL CONCETTO DI CAMPO                                    130
    STRUMENTI AUTOMATICI                                    132
    LA VELOCITÀ ISTANTANEA                                  136
    SULLA VELOCITÀ IN GENERALE E SULLA VELOCITÀ DELLA LUCE  137
    ALCUNE IMPLICAZIONI DELLA TEORIA QUANTISTICA            143
    STATO DEL SISTEMA                                       153
    PARTICELLE                                              159
    CREAZIONE E SPAZIO VUOTO                                165
    EVENTI                                                  167

VI.     AI CONFINI DELLA PSICOLOGIA                         169

    LA TESI DELLA SUFFICIENZA DELL'ANALISI ATOMICA          169
    LE DIFFICOLTÀ DELLA TESI DELLA SUFFICIENZA
        DELL'ANALISI ATOMICA                                176
    SIGNIFICATO E COMUNICAZIONE                             178
    LA REAZIONE DEL COMPORTAMENTISTA ALLA TESI
        DELLA SUFFICIENZA DELL'ANALISI ATOMICA              180
    LE PAROLE INTROSPEZIONALI NELLA MODALITÀ PRIVATA        181
    L'OPERAZIONE DELLA PROIEZIONE                           183
    UN'ANALISI DETTAGLIATA DI ALCUNE PAROLE INTROSPEZIONALI 186
    LA NATURA DEL MONDO DELL'INTROSPEZIONE                  198
    LA LOGICA DELL'ACCORDO                                  202
    IL PROBLEMA DEL SOLIPSISMO                              204

VII.    IMPLICAZIONI SOCIALI                                207

    LA SOCIETÀ COME SOMMA DEI SUOI INDIVIDUI                208
    LA SOCIETÀ COME TEATRO DI NUOVE FORZE                   211
    IL PROBLEMA DELLA MORALE                                216
    CODICI MINIMI                                           225
    IL CODICE MARXISTA                                      230
    IL PRINCIPIO DEL VALORE DATO PER IL VALORE RICEVUTO     233
    LA SCIENZA E LO SCIENZIATO                              237
    CONFORMITÀ E ACCETTAZIONE                               240
    LE ESAZIONI DELLA SOCIETÀ                               241
    LA TASSAZIONE                                           242
    IL SERVIZIO MILITARE                                    246
    ALTRI CODICI MINIMI                                     251
    IL DIRITTO                                              252

VIII.   IN CONCLUSIONE                                      259


    Note                                                    267
    Nota bibliografica                                      271
    INDICE DEI NOMI E DEGLI ARGOMENTI                       273

    Presentazione dell'edizione italiana
        di Ernst von Glasersfeld                            277

    Postfazione di Felice Accame                            279

 

 

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Pagina 11

I. INTRODUZIONE



In questo libro cercherò di trovare una collocazione a diverse riflessioni che ho raccolto nel corso degli anni. Tuttavia, non c'è nulla di più lontano dalle mie intenzioni del tentativo cli erigere un sistema formale chiuso; e il lettore scoprirà che molti temi che sarebbero essenziali per un sistema del genere in questa sede non sono nemmeno nominati. Ho già discusso alcuni cli questi temi, ma certamente non tutti, in alcuni miei lavori precedenti, e non ho intenzione di riprenderli nuovamente qui.

Le nuove riflessioni alle quali sto cercando di trovare una collocazione sono state suggerite soprattutto da recenti esperienze scientifiche che credo abbiano implicazioni rivoluzionarie, incomprese anche dalla maggior parte degli scienziati. In me si sono radicate due convinzioni: la prima è l'importanza di una migliore comprensione della natura e delle limitazioni dei nostri strumenti intellettuali, la seconda è che esista un'inettitudine di fondo nel modo in cui tutti noi utilizziamo la mente. Diventa sempre più impossibile per me leggere i grandi scritti filosofici che hanno suscitato l'ammirazione universale dal tempo degli antichi greci: la mia mente, semplicemente, si rifiuta di fare quel che ci si aspetta da lei. Il recente Treasury of Philosophy di Dagobert Runes è per me un'esibizione profondamente deprimente della fragilità umana. Allo stesso tempo, l'importanza di individuare con precisione che cosa ci sia che non va mi appare sempre più pressante.

[...]

Nelle pagine seguenti, il punto sino al quale troverò auspicabile impiegare esplicitamente la prima persona dipenderà principalmente dall'argomento discusso. Nel discutere situazioni di fisica, matematica o qualsiasi scienza fisica, l'uso della terza persona è naturale e di solito adeguato ma, quando si tratta di situazioni che coinvolgono una forte componente sociale, mi pare che l'uso della prima persona diventi sempre più auspicabile, e persino necessario, se vogliamo portare alla luce caratteristiche solitamente ignorate.

L'insistenza sull'uso della prima persona, sia esplicito che implicito, focalizzerà inevitabilmente l'attenzione sull'individuo. Questo, mi pare, è solo positivo. L'esposizione filosofica e scientifica della nostra epoca è troppo ossessionata dall'ideale di una generalità freddamente impersonale. Questo è soprattutto vero nel caso di quei matematici che nella versione definitiva delle loro pubblicazioni cancellano accuratamente ogni traccia delle impalcature utilizzate per ascendere al risultato finale, nell'illusione che, come Dio onnipotente, ciò che hanno costruito sia per l'eternità. L'abbandono del ruolo dell'individuo, con l'eccessiva enfasi sul sociale che ne consegue, potrebbe essere uno dei problemi fondamentali del modo in cui il genere umano gestisce la propria mente.

L'attenzione alle attività e alla prima persona mette in luce la riflessione che non possiamo mai sfuggire da noi stessi. Non solo io vedo che non posso sfuggire da me stesso, ma vedo che tu non puoi sfuggire da te stesso. Il problema di come gestire questa riflessione è forse il problema più importante che ci troviamo ad affrontare. È collegato, pur essendo incomparabilmente più complicato, al problema del ruolo dell'osservatore cui la teoria quantistica ha dedicato tanta attenzione e che ritiene così fondamentale. Considereremo questo problema più dettagliatamente in seguito.

Non solo ciascuno di noi, come individuo, non è in grado di sfùggire da se stesso, ma è la totalità del genere umano a non poterlo fare. La riflessione per cui non possiamo sfuggire da noi stessi è una riflessione che il genere umano, nella sua lunga storia, ha sempre deliberatamente, verrebbe quasi da dire ostinatamente, rifiutato di ammettere. Ma gli assoluti apparentemente eterni sono formulati e concepiti da noi, e la visione che il mistico dice essergli rivelata dall'intervento diretto di Dio è pur sempre una visione concepita da lui. Quando parliamo di sfuggire da noi stessi siamo noi che stiamo parlando. Tutto questo è talmente ovvio che basta dirlo, eppure mi pare che quella di aggirare le conseguenze di questa riflessione, o di non ammetterla del tutto, sia stata una preoccupazione fondamentale di gran parte della tradizione filosofica e religiosa.

Un recente sviluppo della logica suggerisce che le conseguenze del persistente ripudio di questa riflessione potrebbero essere più disastrose di quanto si possa sospettare. Mi riferisco alla formulazione del teorema di Gödel. Tale teorema dichiara che è impossibile, utilizzando solamente teoremi derivatili all'interno del sistema, provare che un sistema logico complesso almeno quanto l'aritmetica non contenga contraddizioni nascoste. Per provare l'assenza di eventuali contraddizioni è necessario utilizzare teoremi provabili solamente all'esterno del sistema. Il teorema ha suscitato un enorme scalpore, poiché in un colpo solo vanificava i tentativi di alcuni dei più grandi matematici, per esempio Hilbert, che da tempo provavano a dimostrare mediante principi matematici che l'aritmetica o la geometria non contenessero contraddizioni nascoste. Per dimostrare che la matematica è esente da potenziali contraddizioni si devono utilizzare principi esterni alla matematica, e per provare, poi, che questi nuovi principi non contengano contraddizioni si deve ricorrere ancora ad altri principi, che vadano oltre i precedenti. Il regresso non ha fine non c'è limite ai linguaggi e metalinguaggi disponibili.

È fin troppo suggestivo vedere nel teorema di Gödel un'applicazione del nostro problema, il problema di scoprire le conseguenze dell'impossibilità di sfuggire da noi stessi. Com'è ovvio, non si tratta dell'applicazione più o meno formale o rigorosa del teorema, ma solo di un qualcosa di qualitativo e intuitivo. L'essenza della situazione presentata dal teorema di Gödel sembra costituita dal fatto che siamo alle prese con un sistema che si occupa di se stesso - la matematica tenta di dimostrare qualcosa a proposito della matematica. Situazioni simili si presentano di frequente nella logica, come quando abbiamo la classe di tutte le classi, inclusa se stessa, o contempliamo il barbiere a cui viene ordinato di radere tutti coloro che non si radono da sé, incluso se stesso, o la mappa che deve contenere una mappa della mappa. In tutte queste situazioni abbiamo sistemi che si occupano di se stessi, e in tutti questi casi abbiamo un paradosso, o nel migliore dei casi una regressione all'infinito, con tutti i problemi che ne conseguono. È allettante generalizzare il teorema di Gödel facendo in modo che significhi che ogni qual volta abbiamo un sistema che si occupa di se stesso possiamo aspettarci di incontrare incongruenze e scorrettezze, se non un paradosso bello e buono. La riflessione che non possiamo sfuggire da noi stessi ovviamente ci presenta una situazione di questo tipo. Il cervello che cerca di comprendere è esso stesso parte del mondo che sta cercando di comprendere. Sembra che non ci si possa occupare della situazione nella sua interezza in modo soddisfacente. Il meglio che possiamo fare, e in pratica tutto ciò che possiamo fare, è operare per approssimazioni successive a diversi livelli, isolando, per analizzarlo, questo o quel gruppo di fenomeni di cui l'esperienza ci ha dimostrato che possiamo occuparci in modo piuttosto soddisfacente a condizione che rimaniamo all'interno del gruppo; ma senza mai dimenticare che il concetto stesso di isolamento è a rigore contraddittorio e impossibile. Un "livello di operazione" potrebbe essere sommariamente caratterizzato dai fenomeni che omettiamo di analizzare. L'analisi può sempre essere spinta più in là, così come possiamo sempre aggiungere "1" a un numero intero.

[...]

Se la riflessione che non si può mai sfuggire da se stessi diventa davvero un'ossessione, si possono concepire due reazioni diametralmente opposte. Una volta compresa l'impossibilità di sfuggire da se stessi, ci si può abbandonare a un'orgia di invenzione e costruzione di principi metafisici e assoluti, pensando di non avere più nulla da perdere. Oppure si può reagire tentando di sfuggire da se stessi quanto più possibile, limitando al minimo qualsiasi intrusione di se stessi in ogni situazione. (Un lettore poco comprensivo non avrà problemi a far notare che c'è ben poco significato in quest'ultima frase.) Fu questo l'ideale che molto tempo fa ispirò Guglielmo di Occam a coniare il suo famoso slogan per cui non devono essere create più entità del necessario. Questo mi sembra un principio intellettuale cardinale, e cercherò di seguirlo il più possibile. È quasi spaventoso osservare quanto sfacciatamente venga ignorato in gran parte del pensiero. Non so quale giustificazione logica si possa offrire per questo principio. Mi sembra che soddisfi un istinto profondo per un onesto artigianato intellettuale. Forse una delle ragioni più convincenti per adottarlo è che in tal modo si fornisce il minor numero possibile di ostaggi al futuro, e si mantiene la massima flessibilità nell'occuparsi di fatti o idee non previsti.

Nelle pagine seguenti i vari argomenti sono trattati più o meno in ordine di complessità, che corrisponde anche all'ordine di importanza dell'elemento personale, o del grado di coinvolgimento dell'esecutore delle varie operazioni. Dopo diverse questioni preliminari, implicite nell'uso universale di strumenti intellettuali come il linguaggio e la logica, verranno esaminate le scienze fisiche, dove i risultati si possono solitamente esprimere in forma impersonale, senza riferimenti espliciti allo sperimentatore o al teorizzatore. Dopo le scienze fisiche verranno trattati temi vari ai margini della psicologia, dove non possiamo evitare di prestare attenzione ai nostri processi mentali ma dove l'interesse ricade sui processi mentali del singolo individuo. Infine sono considerati diversi argomenti riguardanti le reazioni reciproche di individui e gruppi di individui, vale a dire argomenti relativi alla società.

Questo ordine degli argomenti è anche l'ordine in cui questi ambiti verranno coinvolti dal propagarsi della rivoluzione che ci attende se porteremo a compimento le implicazioni delle nuove scoperte. In psicologia, l'uso del resoconto in prima persona porterà a un utilizzo più coerente dell'introspezione come strumento psicologico. Tuttavia, il resoconto introspettivo presenta problemi verbali specifici, per i quali è necessario cercare una soluzione. L'arena sociale è quella in cui troviamo la massima complessità. La maggior parte dei nostri concetti sociali è semplicemente cresciuta, come Topsy, quasi senza alcuna guida. Mi sembra che ci sia bisogno nientemeno che di un nuovo sistema etico, di un'etica che si occupi dell'esercizio delle pressioni sociali dell'individuo sul suo simile.

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Pagina 259

VIII. IN CONCLUSIONE


Ora, alla fine della nostra lunga analisi, ci troviamo nella posizione di offrire una risposta parziale e provvisoria al problema velatamente delineato nell'introduzione, e cioè al problema di trovare l'origine della debolezza o inettitudine che caratterizza il pensiero umano nella sua interezza. Abbiamo più volte osservato che l'ordine con il quale abbiamo analizzato i diversi argomenti era legato a una progressione nella quale l'individuo interpreta un ruolo sempre più importante e il resoconto in prima persona diventa sempre più necessario, se vogliamo almeno sperare di descrivere ciò che accade in modo fedele. Come passo più importante di questo percorso che enfatizza il ruolo dell'individuo ho suggerito l'auspicabilità, se non la necessità, di limitare l'uso di parole come "conscio" alla modalità privata o introspezionale, e non alla modalità pubblica e comportamentistica. La necessità di una convenzione come questa nel gestire i nostri strumenti verbali suggerisce quella che ritengo essere una delle difficoltà fondamentali del modo in cui tutti noi utilizziamo la nostra mente. Questa difficoltà nasce dal fatto che tutti noi, come individui, siamo obbligati a usare per il nostro pensiero strumenti che sono stati progettati non per l'individuo, bensì dalla società e per la società. L'individuo medio non comprende quanto si trovi spudoratamente in svantaggio nella partita del processo evolutivo. Finora l'evoluzione si è preoccupata della specie, non dell'individuo. Se si vuole che l'individuo prima o poi emerga, ciò potrà accadere grazie a un certo ammorbidirsi delle pressioni attuali; forse, quando il processo evolutivo convenzionale avrà perfezionato la specie il più possibile, entrerà in scena qualcosa che trascende il processo evolutivo.

L'individuo non conta, nonostante gli slogan pietosi della democrazia e le nostre dichiarazioni insistite sul fatto che la società esiste per l'individuo. Al contrario, fino a oggi la società ha quasi completamente dominato la scena, in particolare quella intellettuale, a discapito dell'individuo. Per come stanno attualmente le cose, è l'individuo a essere la creatura della società. Ciò viene riconosciuto sempre più spesso: non solo è un fatto constatato, ma mi sembra si stia affermando la sensazione che sia giusto così e molti dichiarano apertamente che sono fèlici di accettarlo. A illustrazione di questo atteggiamento possiamo portare la tesi di Trigant Burrow, di cui abbiamo già parlato, secondo cui l'uomo moderno soffre di nevrosi perché pensa troppo a se stesso come a un individuo e si identifica troppo poco con la società. Da parte mia ho dichiarato che anche a me sembra che in effetti ci sia una nevrosi, ma di natura esattamente opposta: una nevrosi che nasce dal dominio della società sull'individuo; un dominio così completo che l'individuo è completamente frustrato, tra le altre cose, nel suo tentativo di descrivere ciò che gli accade con semplice integrità e utilizzando gli strumenti verbali approvati e concessi dalla società. Non ho alcun dubbio che la maggioranza delle persone troverà del tutto incomprensibile il concetto implicato nella proposizione "solo io sono conscio", tanto è completa l'atrofizzazione, sotto le bastonate della società, di qualsiasi possibile freschezza percettiva. Sempre nell'ambito di questa stessa situazione, quando si renderà conto di non poter sfuggire a se stesso, l'individuo capirà che il più importante dei suoi problemi personali è quello di trovare, dentro di sé, le origini del proprio comportamento: una visione di cui pochissime persone sono capaci.

Le inadeguatezze dci nostri strumenti intellettuali tradizionali sono più evidenti che mai non tanto quando abbiamo a che fare con la contrapposizione tra noi e le cose inanimate, ma quando abbiamo a che fare con quella tra noi stessi e gli altri.

È facile capire come siamo arrivati a questo punto. Il bambino, nel tentativo di adattarsi al proprio ambiente, deve accettare i metodi impiegati dalla sua cultura. Non solo il bambino non è abbastanza sviluppato intellettualmente per poter sottoporre tali metodi a un esame critico, ma ha tempo soltanto per acquisire il più velocemente possibile un metodo qualsiasi per affrontare le necessità del momento. È quindi pressoché inevitabile che adotti i metodi che utilizzano le persone intorno a lui, e cioè i metodi accettabili nella società e nella cultura in cui cresce. Ora, i metodi che sono sopravvissuti in una società sono soggetti a un meccanismo di controllo così schiacciante da eclissare praticamente ogni altra considerazione. Questo si basa sul requisito di sopravvivenza della società. Se il metodo non soddisfa questo requisito, la società che lo utilizza viene automaticamente eliminata, e con essa tutti gli individui che la compongono. La sopravvivenza è una questione brutale, e il requisito relativo non va tanto per il sottile: per assolverlo va bene tutto, a patto che sia soddisfatta la sua unica esigenza, quella di sopravvivere. Questo bisogno non coincide necessariamente con i bisogni degli individui che compongono la società, anzi, spesso vi si contrappone. In effetti, se non si verificasse questa contrapposizione sarebbe un vero miracolo. La sopravvivenza della specie richiede la sopravvivenza dell'individuo fino a che non si sia riprodotto attraverso la procreazione, ma l'individuo vuole sopravvivere più a lungo, e inoltre ha molti altri bisogni. È vero che alcuni di questi bisogni verranno automaticamente soddisfatti all'interno della società in virtù del fatto che la società è la somma dei suoi individui. Se, per esempio, ogni individuo si sforza per raggiungere uno standard di vita più elevato, è probabile che anche lo standard di vita della società intera sarà elevato. Mi sembra che la maggior parte dei bisogni che viene automaticamente soddisfatta dalla società sia di tipo "materiale". Un motivo è che quasi tutte le persone hanno gli stessi bisogni materiali. Una volta che ci si trovi d'accordo sul bisogno, di solito non è difficile mettersi d'accordo sui mezzi per soddisfarlo. Tutti sono d'accordo sul fatto che sia bello avere cibo a sufficienza e delle strade efficienti su cui guidare le automobili, e tutti sanno che per ottenere queste cose bisogna coltivare la terra e costruire le strade. Ma sebbene l'individuo possa considerare la società come un sistema efficiente, a lungo termine, per soddisfare i propri bisogni materiali, questo non significa che gli interessi degli individui e quelli della società siano identici nemmeno quelli materiali. Dovunque ci sia l'innalzamento di un individuo a discapito di altri, ìl conflitto di interessi materiali risulta evidente. L'impulso a tale innalzamento personale è una delle caratteristiche umane più comuni, dal bullo della scuola fino al tiranno o al dittatore.

Ma è sul piano intellettuale che l'efficacia del meccanismo che assicura l'adeguamento della società ai bisogni dell'individuo è minima, ed è su questo piano che diventa più grave il fallimento nel soddisfare i bisogni di ciascun individuo. La ragione principale è forse il semplice fatto che siano così pochi gli individui che sentono o esprimono bisogni intellettuali. Forse il bisogno più pressante di questo tipo, per l'individuo, è l'integrità. La società, d'altronde, non sa che farsene dell'integrità, se non nella misura in cui essa può costituire un contributo alla stabilità sociale. Il risultato è che l'individuo non ha alcuna certezza del fatto che gli strumenti intellettuali che eredita dalla società siano di natura tale da poter essere utilizzati mantenendo la propria integrità, o della possibilità di aderire, mantenendo la propria integrità, alla filosofia sociale che la società si aspetta che egli accetti. Non solo non abbiamo alcuna certezza del fatto che l'individuo possa praticare la propria vita intellettuale mantenendo la propria integrità nel contesto che la società gli rende disponibile, ma mi sembra ormai evidente che il mantenimento di tale integrità risulti quasi impossibile, dato il modo in cui la società è attualmente organizzata. L'individuo che, oggi, vuole vivere una vita intellettualmente integra, dovrà farlo per conto suo. La società nella sua interezza non ha alcun interesse per il suo programma, e anzi, molto probabilmente si mostrerà ostile. E sono così poche le persone interessate che il dibattito pubblico su come risolverlo praticamente non esiste; sull'argomento sono stati scritti pochi libri, e non ci sono pratiche condivise di riferimento sulla base delle quali l'individuo possa costruire un proprio percorso. Inoltre, l'individuo stesso non arriva a comprendere tutto ciò finché non è sufficientemente maturo e sufficientemente libero dalla pressione di operare nel mondo materiale da potersi dedicare con calma a riflettere sulla questione. Il che è totalmente diverso dalla situazione che troviamo nella fisica: dove sarebbe la fisica oggi se ogni nuovo fisico avesse dovuto ricominciare da capo e per conto suo? Ci vorrà molto tempo prima che l'individuo si emancipi completamente dal proprio asservimento alla società, e altrettanto prima che possa effettivamente emergere. Forse il processo si potrebbe un po' accelerare se l'abitudine alla riflessione si facesse più diffusa, e forse questo libro potrà essere in qualche modo d'aiuto, in questo senso.

A questo punto vorrei stilare un elenco di situazioni nelle quali mi sembra che l'individuo troverà difficile usare con integrità gli strumenti intellettuali che riceve dalla società. Elencherò anche quelle situazioni nelle quali l'integrità non gli permette di adeguarsi alla filosofia sociale che si presume che accetti.

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