Copertina
Autore Benny Calasanzio
Titolo Mafia Spa
SottotitoloGli affari della più grande impresa italiana
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 2011, report , pag. 140, cop.fle., dim. 14x21x1 cm , Isbn 978-88-359-9067-3
PrefazioneAntonio Ingroia
LettoreGiorgia Pezzali, 2012
Classe paesi: Italia: 2010
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


  9 Prefazione di Antonio Ingroia

 15 Introduzione

 21 Il rapporto 2011 di Legambiente sulle ecomafie

 29 Agromafie

 39 Sgarbi quotidiani

 49 Relazione della Dia (primo semestre 2010)

 61 Relazione della Dia (secondo semestre 2010)

 73 Infiltrazioni nell'economia legale

 85 Rosario Cascio, lo zio della zia

 93 Il rapporto annuale di Sos Impresa

119 Giuseppe e Paolo Borsellino, quelli che ce l'hanno fatta

131 Conclusioni

135 Ringraziamenti

139 Bibliografia


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 9

Prefazione
di Antonio Ingroia



Non è il primo libro sulla mafia e non sarà certamente l'ultimo, perché la letteratura che si è formata intorno a questa materia è ormai ampia e affollata di titoli. Questo non è un titolo fra i tanti, anche perché ha un approccio diverso da quelli tradizionali. I libri di mafia, infatti, generalmente si dividono in due categorie: i saggi che analizzano da angolazioni diverse l'universo mafioso, e i libri di memorie, biografici o autobiografici che siano. Il libro di Benny Calasanzio trova la sua originalità ed il suo merito nel saper integrare i due punti di osservazione, usare i due stili, intrecciare le due impostazioni, riuscendo così a sviluppare un doppio discorso, senza confusioni di piani e senza approssimazioni di superficie.

Si tratta, infatti, in primo luogo, di un libro straordinariamente documentato che perciò, sulla base di studi e pubblicazioni ufficiali, ci fornisce dati, numeri, schemi, prospetti, elenchi, percentuali, statistiche. Insomma, una radiografia aggiornata, una mappa attendibile della mafia finanziaria di oggi, la "Mafia Spa" appunto. Quel "sistema criminale mafioso" emerso in questi anni e che emerge giorno per giorno da ogni indagine, da Palermo a Milano, da Napoli a Torino, fino a Reggio Calabria, in un intreccio di affari e poteri che ha fatto di tutte le organizzazioni mafiose un solo network criminale integrato.

La stagione della mafia corleonese è stata una parentesi, e tale è destinata a rimanere, al di là della mitografia che si è costruita attorno alla famiglia mafiosa dei Riina e dei Provenzano. E perfino la strategia stragista corleonese è stata una parentesi nella storia della mafia, perché la strategia naturale di Cosa nostra non è mai stata quella "eversiva" della contrapposizione militare, della guerra contro lo Stato. Il delirio di onnipotenza di Salvatore Riina e compagni, nonostante gli esiti benefici della "trattativa" con lo Stato, che ha consentito alla mafia di stipulare una vantaggiosa tregua, è stato accantonato, chiuso dentro una parentesi. L'estenuante "braccio di ferro" con lo Stato non poteva proseguire in eterno e anche perciò da allora la mafia è cambiata, ha mutato strategia, ha scelto itinerari più tradizionali. Ecco, quindi, che adotta la strategia della sommersione, cerca di dare l'illusione di essere scomparsa, e invece si inabissa. E la strategia dell'invisibilità dà luogo e spazio alla mafia finanziaria, l'unica che consente periodi di sommersione. La mafia smette le bombe e indossa i guanti, e non è un caso che, contestualmente, si registri un mutamento "classista" ai vertici di Cosa nostra: agli esponenti dello stragismo, corrispondenti al cliché del mafioso, subentra la mafia dei "colletti bianchi", come dimostrano le vicissitudini di un mandamento mafioso strategico come quello di Brancaccio, alla cui guida dei fratelli Graviano, protagonisti ed artefici della stagione stragista del '92-93, subentra un medico come il dottor Filippo Giuseppe Guttadauro, capace di gestire indifferentemente gli affari della famiglia e le sorti della politica locale e della sanità pubblica e privata.

Insomma, potremmo dire che il sistema mafioso è entrato in clandestinità. E meglio sarebbe dire che la mafia è entrata in una fase di mimetizzazione, per farsi dimenticare dall'opinione pubblica nazionale, ma soprattutto per mimetizzarsi nei meandri del fenomeno della globalizzazione, per mischiare meglio flussi del denaro sporco e profitti dell'economia lecita, perciò sperimentando nuovi settori e nuovi territori di investimento.

Il testo di Calasanzio, nel consegnarci questo panorama, è completo e convincente. E soprattutto documentato, perché ricostruisce come la mafia stia diventando sempre più sistema economico integrato dell'illegalità, grazie al suo sempre più diffuso e stabile insediamento nei territori delle regioni più ricche del Nord Italia e alla sua penetrazione in settori economici prima sconosciuti, dalle "ecomafie" alle "agromafie", fino alle varie e più fantasiose forme di riciclaggio, senza dimenticare mai le forme più tradizionali, dal racket agli appalti.

Ma l'aspetto più originale del libro di Calasanzio è che l'analisi delle più recenti evoluzioni del fenomeno mafioso si inserisce nella storia personale di chi la mafia l'ha subita sulla propria pelle, avendo avuto familiari vittime di mafia: Giuseppe e Paolo Borsellino, nonno e zio dell'autore, piccoli imprenditori uccisi a Lucca di Sicilia per aver osato sfidare il sistema criminale mafioso. Una vicenda che ovviamente ha dato una speciale sensibilità all'autore, che perciò ha deciso, accanto alla radiografia della mafia, di raccontare anche le storie delle vittime di mafia, da quella del nonno e dello zio a quella di Franca De Candia, vittima del racket dell'usura e della burocrazia statale.

Un quadro disperato e pessimista? No, soltanto uno sguardo lucido e spietato sull'Italia di oggi, che sfata il luogo comune di una mafia in ginocchio e ci ricorda invece che la "Mafia Spa" è la prima azienda nazionale, in termini di fatturato, dall'alto del suo giro d'affari pari a 138 miliardi di euro l'anno. Ma, nel contempo, anche un atto di grande fiducia nella possibilità dei cittadini "consapevoli" e "attivi" di cambiare le cose, espresso con la dichiarata adesione finale al grido di battaglia di Salvatore Borsellino, fratello dell'"altro" Paolo Borsellino, il magistrato antimafia ucciso il 19 luglio 1992: "Resistenza!". Un'adesione che è una scelta di campo, uno schierarsi, un appello ai cittadini-lettori per una nuova assunzione di responsabilità in una fase di delicata transizione del nostro Belpaese...

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 15

Introduzione



Una targa, bella e preziosa, in lucidissimo ottone, pulita e lucidata ogni giorno con un panno imbevuto di aceto bianco. I caratteri in corsivo, incisi e riempiti di nero:

Mafia Spa
Sede Legale

Un campanello con telecamera a colori e poi un lettore della retina per gli accessi dei dipendenti e del consiglio d'amministrazione.

Se l'azienda più florida d'Italia avesse una sede (e non me la sento di escludere che ciò non avverrà mai), questa sarebbe nei quartieri dell'alta finanza, a Milano. Un Pirellone, a due passi dal Duomo, circondato da bar e ristoranti a tema: "Da Totò Lupara", "Bar Mafia", ristorante "Il Pizzo". Avrebbe un grandissimo parcheggio multipiano pieno di auto blu, magari pagate in parte dallo Stato, visto che sarebbe la prima azienda contribuente. Ci sarebbero decine di addetti alla comunicazione, centinaia di uomini della sicurezza e almeno 100 mila dipendenti fissi, senza calcolare la manovalanza e l'indotto. Tutto ciò per tenerci stretti, vista la crisi generale. D'altronde, stiamo parlando di un giro d'affari di 138 miliardi di euro l'anno, tutti esentasse, che finiscono nelle tasche dell'azienda della paura e che in parte sono reinvestiti.

Nella nostra classifica, aggiornata al 2009 (tratta da Le principali società italiane, edizione 2008, Mediobanca Ricerche e Studi), le aziende pulite che seguono Mafia Spa nella classifica delle società per azioni più potenti arrancano non poco per cercare di tenere, invano, il passo dei nostri "eroi". Assicurazioni Generali, che si piazza al secondo posto, nel 2009 ha avuto un giro di affari di 120 miliardi di euro, con 84.603 dipendenti. Poi, nelle successive otto posizioni, troviamo in ordine gerarchico la petrolchimica Eni, con 83 miliardi; Enel, 64 miliardi; Fiat Group con 50 miliardi; Telecom Italia e Unicredit, entrambe a 27 miliardi; Poste Italiane con 20 miliardi; Finmeccanica con 18 miliardi; Intesa Sanpaolo con 17 miliardi e, infine, la povera Fondiaria Sai, che s'accontenta di maneggiare ogni anno "soltanto" 11 miliardi di euro.

Se per un momento dovessimo pensare a un ingresso di Mafia Spa in Confindustria (e anche qui preferisco non sbilanciarmi circa l'impossibilità di questa ipotesi), certamente spetterebbe a essa la presidenza, a scapito di Emma Marcegaglia.

Sembrano discorsi folli. Come folle era pensare che un manipolo di criminali, nel 1800 reclutati per proteggere i possidenti terrieri dai furti e dalle rivendicazioni contadine, potessero arrivare, dopo appena duecento anni, a tenere in pugno l'economia mondiale. Che da quegli «oziosi, vagabondi, mafiosi e sospetti in genere», come con sprezzo li additava nel 1865 il prefetto di Palermo, Filippo Gualtiero, nascessero i rampolli che hanno abbandonato la lupara a favore del Mac e i pizzini a favore di Skype, nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo. E, invece, tutto s'è poi avverato: dato il trend di crescita dell'economia mafiosa, nulla è più un volo pindarico. Quindi, se uso tutti questi "se", è più per scaramanzia che per timore di essere smentito.

Per essere efficaci nella comunicazione, a quanto insegnano, bisogna essere immaginifici. Per illustrare ciò che si trova a fronteggiare l'economia legale rispetto a quella illegale, basti pensare agli ultimi fatti politici. In questi giorni [luglio, n.d.a.] Camera e Senato stanno per approvare una manovra correttiva da oltre 70 miliardi di euro in due anni: 23 miliardi nel 2013 e 47 miliardi a regime nel 2014. Il Governo taglierà tutti i bonus fiscali e le detrazioni; ha già aumentato le accise sulla benzina e saranno reintrodotti i ticket anche per le prestazioni non urgenti al pronto soccorso. In poche parole, 70 miliardi di euro saranno presi dalle tasche di un popolo in fortissima crisi economica, che ora rischia seriamente il crac monetario. In questi stessi giorni, il consiglio d'amministrazione di Mafia Spa non può che complimentarsi con se stesso e valutare come davvero esotica la crisi italiana: se lo Stato riuscisse a impossessarsi di un solo anno di reddito illegale di Mafia Spa, forse i problemi economici e finanziari dell'Italia sarebbero risolti per sempre. Basterebbe soltanto che Mafia Spa pagasse le tasse sui suoi redditi, visto che ormai larga parte della società civile e della politica s'è rassegnata alla sua coesistenza con lo Stato. Come scrivono Massimiliano Del Barba e Alfredo Faieta, nel loro Grandi evasori (Editori Riuniti, 2011), «se la mafia fosse un'azienda regolarmente iscritta alla Camera di commercio, dovrebbe pagare il 27,5 per cento sugli utili (la famosa Ires, l'imposta sul reddito delle società), ovvero 21,45 miliardi di euro, stando alle cifre presentate. Cifra pari a una manovra finanziaria in uno Stato come l'Italia». Niente male come ipotesi.

Dunque, proviamo a comprendere come nasce questo patrimonio inimmaginabile d'illegalità, morte e distruzione ambientale. Dove affonda le sue radici, dove si riproduce e dove si fortifica. E poi, alla fine del nostro viaggio, decideremo insieme se sia il caso di fermare gli affari di Mafia Spa o di rassegnarsi al suo strapotere. Magari chiedendo un posto di lavoro e di essere assunti.

Iniziamo conoscendo lo staff della nostra azienda: gli operai, coloro che mantengono ordine e assicurano che tutti gli affari vadano correttamente in porto. Sono i veri lavoratori, i cosiddetti affiliati, gli assunti a tempo indeterminato (fino all'arresto o a un calibro 9 in fronte). Ecco a voi l'ala militare di Mafia Spa (fonte: Rapporto Sos Impresa 2011)

______________________________________________________________

                                              MAFIOSO  MAFIOSO
              AFFILIATI      CLAN               PER      PER
                                             ABITANTE   COMUNE
______________________________________________________________

COSA NOSTRA      5.500    55 mandamenti;         903     14
  STIDDA                  13 famiglie

'NDRANGHETA      6.000    73 Reggio Calabria;    345     15
                          21 Catanzaro;
                          17 Cosenza;
                           7 Vibo Valentia;
                          13 Crotone

  CAMORRA        6.700   235 di cui              840     12
                          75 Napoli

   SACRA         2.000       47
CORONA UNITA
______________________________________________________________

Mafia Spa: «Un network criminale dagli innumerevoli interessi economici, che opera sul territorio con marchi diversi, diversifica le attività e gli investimenti, agisce nel concreto delle dinamiche economiche e finanziarie nazionali e internazionali, sapendo trarre profitto dai diversi cicli economici e dai momenti di crisi».

| << |  <  |