Copertina
Autore Franco Cambi
Titolo La scienza nella scuola e nel museo
SottotitoloPercorsi di sperimentazione in classe e al museo
EdizioneArmando, Roma, 2007, Educazione e ricerca , pag. 272, ill., cop.fle., dim. 16x24x1,8 cm , Isbn 978-88-6081-154-7
CuratoreFranco Cambi, Franca Gattini
LettoreCorrado Leonardo, 2008
Classe scuola , musei
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Indice


Prefazione                                                   9
    FRANCO CAMBI - FRANCA GATTINI

Un Progetto innovativo: Scienza nella Scuola e nel Museo    11
    FRANCA GATTINI - ELISABETTA CIOPPI - CARLO TRIARICO

La collaborazione tra istituzioni                           16
    FRANCO CAMBI - PAOLO GALLUZZI - GIOVANNI PRATESI


Prima parte: LA SCUOLA E IL MUSEO: RELAZIONI                19

Scienza, scuola museo: un "circolo virtuoso"                21
    FRANCO CAMBI

Psicologia, pedagogia e storia della scienza
per il rinnovamento del curricolo scientifico               35
    CARLO FIORENTINI

Il ruolo di un Museo di Storia Naturale
nella didattica della scienza                               45
    ELISABETTA CIOPPI - GIANNA INNOCENTI - PAOLO LUZZI -
    CHIARA NEPI - MONICA ZAVATTARO

Luoghi espositivi, didattica e Storia della scienza         57
    GIORGIO STRANO


Seconda parte: LA SCUOLA E IL MUSEO:
               I PERCORSI REALIZZATI E SPERIMENTATI         75

SCUOLA PRIMARIA                                             77

Osservazione e descrizione di piccoli animali               81
Museo di Storia Naturale, Sezione Zoologica "La Specola"
    GIULIETTA CIONCOLINI e MONICA FALLERI (insegnanti) -
    GIANNA INNOCENTI (M.S.N.)

Mangia... è mangiato...: Comportamenti di offesa e difesa
negli animali e loro abitudini alimentari                   90
Museo di Storia Naturale, Sezione Zoologica "La Specola"
    MONICA FALLERI e GIULIETTA CIONCOLINI (insegnanti) -
    GIANNA INNOCENTI (M.S.N.)

La riproduzione negli ovipari                               98
Museo di Storia Naturale, Sezione Zoologica "La Specola"
    MONICA FALLERI e GIULIETTA CIONCOLINI (insegnanti) -
    GIANNA INNOCENTI (M.S.N.)

Alla scoperta del mondo vegetale: osservazione di piante
fiorite ed aromatiche                                      107
Museo di Storia Naturale, Sezione Botanica, Giardino Botanico
    GIULIETTA CIONCOLINI e MONICA FALLERI (insegnanti) -
    PAOLO Luzzi (M.S.N.)

SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO                               113

Le piante: proposte operative di lavoro a scuola e
all'Erbario                                                115
Museo di Storia Naturale, Sezione Botanica, Giardino Botanico
    DANIELA BASOSI (insegnante) - CHIARA NEPI -
    PIERO CUCCUINI (M.S.N.)

Ambienti e reti alimentari: proposte di lavoro a scuola
e al museo                                                 130
Museo di Storia Naturale, Sezione Zoologica "La Specola"
    DANIELA BASOSI (insegnante) - GIANNA INNOCENTI (M.S.N.)

Antichi strumenti astronomici: strumenti per misurare,
strumenti per osservare                                    147
Istituto e Museo di Storia della Scienza
    BEATRICE FERRARI (insegnante) -
    MASSIMO MARCOLIN (I.M.S.S.)

SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO                              179

L'intreccio tra astronomia, cosmologia e fisica
nell'universo aristotelico-tolemaico                       183
Istituto e Museo di Storia della Scienza
    PAOLA FALSINI (insegnante) - CARLO TRIARICO (I.M.S.S.)

Il moto della Terra e l'esigenza di fondare una nuova fisica:
Galileo sviluppa una nuova concezione del movimento        202
Istituto e Museo di Storia della Scienza
    PAOLA FALSINI (insegnante) - CARLO TRIARICO (I.M.S.S.)

La descrizione del movimento dei corpi                     217
Istituto e Museo di Storia della Scienza
    PAOLA FALSINI (insegnante) - CARLO TRIARICO (I.M.S.S.)

Itinerari di storia geo-paleontologica nel territorio
fiorentino: percorso geologico al Monte Ceceri (Fiesole)   238
Museo di Storia Naturale sezione Geologia e Paleontologia
    LUCIA LACHINA (insegnante) - ELISABETTA CIOPPI (M.S.N)

Biodiversità ed evoluzione: le collezioni del museo
come terreno di ricerca                                    251
Museo di Storia Naturale, Sezione Antropologia e Etnologia,
Sezione Geologia e Paleontologia
    LUCIA LACHINA (insegnante) - ELISABETTA CIOPPI e
    MONICA ZAVATTARO (M.S.N.)

Nota sugli Autori                                          263


 

 

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Pagina 9

Prefazione

FRANCO CAMBI - FRANCA GATTINI


"Il museo è un'istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell'umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto".

(International Council of Museums, Statuto)


Da luogo del sapere quasi sacralizzato, il museo è divenuto il luogo del sapere anche "troppo umano". Perdendo la perfezione dell'identità neo-edenica in favore dell'imperfezione della ricerca umana, il museo non è più un giardino meta-fisico che va solo osservato. Oggi andare in un museo assomiglia più a quel gesto empirico che è stato, possiamo dire per restare nella metafora biblica, mordere la mela.

In passato la visita al museo era veramente intesa secondo una prospettiva che ricordava la consultazione semi-oracolare. Nel silenzio di mura antiche, ci si addentrava per ricevere la conoscenza, immaginandosi di essere recipienti vuoti nell'attesa di essere colmati. Merito questo, o si dovrebbe dire colpa, anche di una concezione educativa che permeava ed in parte permea ancora l'istituzione scolastica. Un processo educativo secondo il quale il sapere discende su coloro che non sanno; i quali, possono solo attendere di ricevere gli alti lumi. Poi nacque l'esperimento e con esso l'agire per conoscere, per cui comprendere non era solo una sintesi passiva. E la nascita della scienza moderna che rompe gli equilibri sacrali: fortunato connubio di empirismo, razionalismo e di quella scintilla irriducibile che a volte si chiama intuizione. Con la scienza il concetto stesso di sapere cambia, perché cambia il modo in cui si sa. La scienza stimola ad essere protagonisti della scoperta. Nessuna autorità ci guida, ma solo l'impegno per la ricerca e l'attenzione per gli errori e le false partenze che inevitabilmente si faranno. In questo senso la mentalità scientifica sviluppa una nuova via per concepire l'educazione, giacché rende coloro che apprendono innanzitutto dei ricercatori. La scienza non parte dalle risposte e dunque dalla verità, ma dalle domande e dai dubbi. Ma se nel mondo della scuola ha iniziato a farsi strada questo "metodo", la visita al Museo (e per di più a quello della scienza) è rimasta una sorta di pellegrinaggio che ci riporta presso il principio di autorità.

Oggi, però, non può nè deve essere più così. Bisogna "cambiare rotta". E lo si sta facendo come indica questo stesso volume. Lo scopo di questo lavoro è proprio quello di concepire il museo come luogo formativo ed educativo e in quanto è un luogo di ricerca, e non solo un deposito delle ricerche e scoperte altrui. Questa esperienza del tutto innovativa, è stata costruita nel tempo e non nasce certo da un'improvvisazione. E stato un vero e proprio esperimento, fatto di tentativi, correzioni, verifiche, grazie anche al finanziamento ministeriale (del Dipartimento per l'Università, Direzione Generale per il Coordinamento e lo Sviluppo della Ricerca) e seguendo le indicazioni espresse dalla Commissione Interministeriale per la didattica del Museo e del Territorio, che il 20 marzo 1998 permise la firma dell'accordo-quadro tra Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e il Ministero della Pubblica Istruzione. Tale accordo ha stabilito nuove regole per la sperimentazione di attività didattiche sui beni culturali, da sviluppare attraverso una collaborazione tra Istituti scolastici e Servizi educativi delle Soprintendenze, al fine di promuovere la condivisione dei progetti che si qualificano per continuità e stretto ancoraggio con le discipline scolastiche. Il protocollo d'intesa siglato il 1 marzo del 2005 (riportato nel testo) dal Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze, dall'Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze e dall'IRRE Toscana ha comportato il confronto e la collaborazione tra le diverse professionalità delle diverse istituzioni e l'apporto di un gruppo di insegnanti di discipline scientifiche di tutti gli ordini scolastici e di esperti d'area delle discipline stesse. Il gruppo di lavoro, che ha iniziato a coordinarsi nel 2003, ha portato alla elaborazione dei percorsi didattici presenti in questo libro, sperimentati nelle classi degli insegnanti coinvolti nel progetto; alla realizzazione di due corsi di formazione in servizio rivolti agli insegnanti delle discipline scientifiche di Firenze e Provincia e alla pubblicazione che qui andiamo a presentare.

La speranza, condivisa da tutti i partecipanti al progetto, è stata ed è quella di creare un efficace modo di concepire il rapporto tra scuola e museo, inteso come dialogo permanente che sappia valorizzare la pluralità degli approcci al sapere nella consapevolezza dell'unità della conoscenza.

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Scienza, scuola, museo: un "circolo virtuoso"

FRANCO CAMBI


I. Immagini della scienza tra cultura e formazione

1. Mutamenti nelle immagini della scienza

Il dominio di un modello positivistico e neopositivistico di scienza, di fare-scienza, è ormai – nella riflessione epistemologica contemporanea (svolta sì da filosofi, ma anche da scienziati, e scienziati di varia specializzazione come Jacob, Monod, Medawar, etc.) – tramontato. Ed è stata la sua idea di un processo progressivo di scoperte che cresce de claritate in claritatem, che interpreta la sua "impresa" in costante ascesa, è stata la sua idea di Metodo (unico e invariante), è stata la sua idea di sapere unico e tutto logicamente organizzato, di unica conoscenza vera ad essere revocata in dubbio. L'immagine della scienza è radicalmente mutata sotto gli "attacchi" o revisioni della nuova filosofia della scienza, della epistemologia della complessità, ma anche di una ricostruzione storico-critica del lavoro degli scienziati e di una analisi critica della storia della scienza. Quell'immagine che ha alimentato il pensiero scientifico da Comte a Neurath, anche a Carnap, e che pur ha svolto un ruolo di esaltazione e espansione del pensiero scientifico e di analisi capillare del suo "congegno" ha mantenuto, comunque, un carattere dogmatico alla scienza, alle sue strutture e al suo ruolo cognitivo, facendole assumere una curvatura metafisica o quasi-metafisica: di essere la forma del pensiero (vero) e la regola a cui deve sottoporsi ogni sapere che vuole farsi "rigoroso", e che – quindi – legittima o no ogni forma attuale di sapere.

Col tramonto di questa immagine, avvenuto attraverso un poderoso lavoro di analisi critica, di studio delle sue strutture logiche e storiche, di rilettura delle sue crisi e delle sue fasi di crescita e protrattosi per molti decenni, a partire dagli anni Cinquanta, e un po' in tutto il mondo, una nuova immagine della scienza è venuta a costituirsi: più articolata, più flessibile, più problematica, più storica.

Intanto, dal Metodo si è passati ai metodi, riconoscendo che non è solo e sempre il metodo sperimentale (osservativo-ipotetico-matematico) a guidare il lavoro scientifico, ma lo fa – e lo fa in modo eminente – anche la pura teorizzazione, come lo fanno il pensiero analogico e la dimensione immaginativa della mente. Allora il Metodo è una camicia di Nesso della scienza, se assunto in quel suo connotato unico e invariante. Poi nel fare-scienza si è posto in luce il ruolo delle ipotesi, dei loro conflitti e della loro verificazione/falsificazione (che a volte non precede ma segue la teoria), anche il ruolo dell'errore, che c'è, che si dà per molte ragioni (ideologiche, ad esempio: si pensi al caso Lysenko), ma che di fatto svolge un ruolo di "critica e crescita" della scienza, poiché stimola il ripensamento di teorie, etc., e costringe la scienza ad essere un cantiere in continua attività. Poi, ancora, la scienza non è un'immagine speculare del mondo, ma è sempre una sua interpretazione, che si accorda ad esso con "palafitte" (Popper) e che in questo raccordo deve costantemente giustificarsi, e riconoscersi come una forma di dire il mondo (che può essere detto anche per via narrativa, attivando altri saperi, diversi e complementari rispetto alla scienza). Infine si è fatta avanti un'idea più storica della scienza, che la mostra nel suo iter di sviluppo complesso, ora sì di "scienza normale" ora invece di "rivoluzione scientifica", fatto anche di "ostacoli epistemologici", come ci hanno ricordato le ricerche di Kuhn e di Bachelard, e che viene anche a contestualizzare la scienza (socialmente, economicamente, politicamente) e a cancellarne la sua presunta aseità.

Siamo ormai davanti ad una immagine del lavoro scientifico che viene così ad assumere un nuovo volto: più critico, più aperto, più plurale, più flessibile, più dialettico. Ed è questa l'immagine della scienza che, pur riconoscendola anche nel suo valore/funzione di tecnica (di sapere applicato: che è in crescita strepitosa e sempre più con un ruolo dominante nelle stesse società), deve essere trasmessa alle giovani generazioni, oggi.


2. Il valore formativo della scienza

Alla scienza va comunque oggi riconosciuto un valore alto e preciso nella nostra civiltà. Un valore cognitivo e sociale, qualunque sia l'immagine che poi deve essere assunta dall'impresa scientifica. Ma anche un valore formativo. Sul "valore della scienza" da Poincaré in poi si è riflettuto a lungo e in profondità. La scienza ha valore ed è valore. La scienza ha aperto, all'uomo, una nuova visione del mondo, libera da superstizioni, da mitologie (che valgono perché ci sono: non devono giustificarsi), da condizionamenti ideologico-sociali, incardinata sulla ragione e sulla libertà che la contrassegna. La scienza è stata una via di liberazione e di dominio della realtà, non più subita, ma via via usata, curvata ai bisogni dell'uomo, addomesticata pur con effetti anche nefasti, e quindi da correggere, da integrare, da ri-pensare: ma quel valore di libertà/dominio resta, almeno, come un grande evento storico significativo (e non solo).

Ma la scienza è anche valore: soprattutto per noi, oggi. Il nostro mondo vitale, le forme-di-vita in cui siamo collocati esistono e si mantengono grazie alla scienza. Se, per una fatale catastrofe, perdessimo la scienza nel suo complesso, la specie umana regredirebbe alla preistoria. Ormai la scienza è il supporto della nostra vita e va preservata, coltivata, sviluppata. Accogliendo anche la sua nuova immagine che, di fatto, viene ancor più a potenziarla, come pensiero creativo e aperto e come libera avventura. Da qui anche il valore formativo della scienza, che ripercorre il suo ruolo storico ma anche ne esalta la funzione cognitiva.

Quanto al suo ruolo storico già Gramsci ebbe a dirlo con precisa chiarezza: la scienza porta oltre/contro il folklore, le convinzioni magico-mitiche, i saperi pratici più che teorici, il valore della Tradizione e introduce in un mondo nuovo: razionale, più libero, di cui l'uomo è l'interprete e l'attore. Attua una grande rottura storica, anzi storico-sociale, e attiva una forma di sapere liberatrice e progressiva, come ebbe a riconoscere l'Illuminismo.

Poi la scienza mette al centro il principio della ragione, risolvendola in ragione critica, che interpreta, ordina, "spiazza" anche i dati dell'esperienza, e conoscendo i "meccanismi" della Natura di essa si appropria e viene così a governarla. La ragione scientifica è la molla (o almeno una, ma cruciale) della Modernità, della quale siamo figli e dalla quale non possiamo, in alcun modo, separarci. Ed è una ragione che si dispone ad essere sempre più critica e autocritica, si pensi a Kant, si pensi alla congiuntura epistemologica attuale.

Il prodotto di questi due fattori (anti-folklore e razionalità critica) è l'avvio di una nuova visione del mondo, laica appunto, razionale e scientifica che deve essere il prodotto della stessa trasmissione del sapere. Nella scuola, in primis. Come ben riconobbe ancora l'Illuminismo e come venne a realizzare con l'opera di suo massimo impegno, quella Enciclopedia delle scienze, delle arti e dei mestieri voluta e curata da Diderot.

Infine la scienza sta in stretto rapporto con la tecnica, ed è un rapporto complesso e dismorfico. La tecnica va avanti anche contro la scienza, o senza interrogarla. La scienza è un po' l'apprendista stregone che non sa, né può, più fermare gli effetti che ha scatenato. Formarsi alla scienza è anche entrare in questo equivoco rapporto (tra scienza e tecnica) e collocarsi nell'alveo del problema più urgente e centrale della nostra Contemporaneità, che non può che essere e tecnica e scientifica, ma anche non può che ripensare, e con inquietudine, questo loro rapporto.

Allora il valore formativo della scienza resta come sempre più centrale. E lo è se e quanto si interroga sul significato della scienza. Ma di quale scienza? Con quale immagine e secondo quale valore?


3. Il modello di insegnamento delle scienze nella scuola

Qui entra in questione proprio il modo di insegnare scienze e in particolare proprio nelle scuole secondarie superiori, che sono quelle che fissano l' idea della scienza e le stesse competenze scientifiche, che però non sono separate e separabili da questa idea. Certo la scuola, in tutti i saperi che veicola, deve guardare all'ordine sistematico, organico, progressivo (logicamente): deve svilupparli secondo un piano di "scienza normale" e deve veicolarli con un tasso di dogmatismo, che non può mai essere eliminato nel costruire saperi-di-base. Ma quella dimensione non è tutta la scienza: lascia in ombra il fare-scienza, e la sua varietà di percorsi, e la sua problematicità, dogmatizzando tutta l'impresa scientifica. Ed è ciò che accade nelle nostre scuole. E come è stato più e più volte denunciato. Senza risultati? No, affatto. C'è nella scuola italiana tutto un fronte della classe docente che si è reso consapevole di questo problema, ci sono associazioni di docenti che lo affrontano, e non da oggi, ci sono studi di esperti che sollevano e illuminano il problema. Ma tutto ciò è ancora connesso a una élite, ha una circolazione circoscritta. Mentre dovrebbe essere generalizzato e divenire uno standard scolastico del fare insegnamento-scientifico.

Nelle nostre scuole, infatti, insegnare-scienze è spesso servirsi dei manuali, commentarli, ripetere insieme. L'insegnamento è soprattutto manualistico, poco sperimentale spesso, poco o punto riflessivo in genere. Il Manuale si fa il concentrato di quel sapere, la sua sintesi organica/ordinata, come è giusto che sia. Ma quell'immagine non può sostituire il fare-scienza, oggi che la scienza si fa sempre più nei laboratori e nelle teste degli scienziati. Allora tra manuale, laboratorio (con la sua logica sperimentale, ma anche come luogo in cui nascono i problemi: si producono, si avvertono) e riflessività deve realizzarsi una sinergia, una congiunzione integrata e organica, ma anche una distinzione funzionale.

Tutto ciò reclama un'attività di riflessione sull'insegnamento, che in parte già possediamo, ma che va meglio integrata sui tre fronti già scanditi. Nei manuali dovrebbe essere presente anche la ricostruzione storica di quel sapere, uno sguardo diacronico accanto a quello sincronico, in modo da offrire di quel sapere un'immagine più in movimento e far perdere al momento sincronico la sua esclusività. Potrebbe anche essere presente un avvio di riflessione sui metodi e sulla logica di quel sapere. Nei laboratori dovrebbe avvenire non solo l'esperimento-esempio di una legge, ma un vero e proprio iter di ricerca dall'ipotesi alla verifica, cosicché di quel fare-scienza si colga proprio l'innesto, intimo e reciproco, tra sperimentazione e costruzione della scienza, ma anche tra sperimentazione e problematizzazione, poiché è dai laboratori, oltre che dalla teorizzazione, che emergono le nuove frontiere del sapere scientifico. Poi c'è la riflessione, che deve legarsi alla nuova immagine della scienza e deve renderla percepibile e percepita, dentro lo stesso e specifico sapere scientifico, ma che si sviluppa oltre di esso, in un lavoro squisitamente interdisciplinare.

È dall'integrazione di queste diverse istanze che può nascere una nuova didattica della scienza, ma una didattica non applicativa, bensì critica, legata allo statuto attuale delle scienze e al bisogno di sviluppare, in ogni cittadino della "società complessa" e "dei saperi", una competenza non solo applicativa della scienza bensì anche una critica che gli permetta di comprenderla come impresa sociale e cognitiva e di dominarla (almeno un po') nei suoi statuti anche logici e politici.

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Pagina 130

Ambienti e reti alimentari: proposte di lavoro a scuola e al museo

DANIELA BASOSI - GIANNA INNOCENTI


I ragazzi fra gli undici e i tredici anni possiedono l'idea che esistono legami fra i viventi, ma non riescono ancora a cogliere la complessità delle relazioni che intercorrono fra loro e fra mondo biotico e abiotico. I concetti da sviluppare sono complessi e pertanto non è pensabile che i ragazzi li apprendano solo attraverso l'uso di testi scolastici, che spesso riportano definizioni di poche righe per "spiegare" termini dell'ecologia come nicchia, popolazione, consumatore e produttore, dietro cui stanno significati compositi e complicati. Non è memorizzando definizioni che si può interpretare la sottile trama di legami che si crea in un certo ambiente, ma comprenderla dovrebbe essere piuttosto il punto di arrivo di un lavoro lungo e ragionato di costruzione, che analizza i vari elementi in gioco e ricostruisce gradualmente i rapporti fra gli organismi in un significato condiviso.

Il percorso sullo studio di ambiente attivato nella mia seconda media si avvale dunque di più piste di lavoro, dura almeno due mesi, utilizzando tre ore a settimana e si propone, attraverso l'osservazione e la descrizione di piante e animali di un certo ambiente, di individuare i rapporti che legano i viventi fra loro e all'ambiente osservato. In questo contesto si inserisce la pista di lavoro elaborata con la Sezione Zoologica "La Specola" del Museo di Storia Naturale.

Alcuni prerequisiti necessari allo sviluppo del percorso dovrebbero essere stati acquisiti nella scuola primaria attraverso una prima sistemazione del concetto di catena alimentare. Bambini di 8 o 9 anni possono essere condotti alla comprensione di concetti di erbivoro e carnivoro, di preda e di predatore attraverso una riflessione accurata sulle strutture morfologiche degli animali in relazione alle abitudini (vedi il percorso per il secondo ciclo della scuola primaria, in collaborazione con la Sezione Zoologica, "Mangia... è mangiato..., comportamenti di offesa e difesa negli animali").

Inoltre è necessario che gli alunni abbiano già una buona conoscenza del ciclo vitale delle piante, per questo nella classe prima costruisco un percorso di lavoro sulle piante superiori (vedi il percorso in collaborazione con la Sezione Botanica) teso a conoscere la morfologia delle parti della pianta, a collegarla alle trasformazioni e alle funzioni, per costruire l'idea di ciclo riproduttivo ed una visione dinamica di sistema vivente.

Il percorso che ora presenterò si articola su tre diverse piste di lavoro:

a) uso di strumenti per la comprensione linguistica di termini specifici dell'ecologia;

b) uso della risorsa "ambiente" per osservare, descrivere e capire;

c) approfondimento nell'ambito della biologia sistematica attraverso testi e attraverso l'uso del Museo di Storia Naturale, non però inteso come studio fine a se stesso, di nozioni da memorizzare, ma piuttosto come approccio necessario per documentare e leggere le diversità, come necessità per fare ordine.

Fondamentale è anche la metodologia attivata, che procede per problemi, che porta gli alunni a riflettere individualmente attraverso l'uso della narrazione personale, per poi confrontarsi e discutere, e, infine, a riflettere collettivamente. Ogni attività si costruisce per capire qualcosa, riceve qualcosa dalla precedente e serve per la tappa successiva. Tutte le fasi di lavoro vengono documentate dagli alunni sul proprio quaderno attraverso schede, disegni, testi e grafici.

Inizialmente gli alunni lavorano individualmente su schede appositamente preparate per comprendere il significato di termini quali autotrofo, eterotrofo, produttore, consumatore e decompositore. Le schede non danno definizioni di termini, ma offrono spunti di riflessione linguistica, come nell'esempio qui sotto riportato.

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Pagina 181

L'intreccio tra astronomia, cosmologia e fisica nell'universo aristotelico tolemaico

Premessa di GIORGIO STRANO


L'insegnamento manualistico dell'astronomia, a qualunque livello venga svolto, presuppone alcune nozioni come già acquisite. Per esempio, il fatto che la Terra ruoti sul proprio asse in un giorno e il fatto che essa orbiti intorno al Sole in un anno sono ritenute entrambe informazioni evidenti e intuitive. Ciò che si ritiene indispensabile chiarire iniziando un corso di astronomia sono invece le nozioni più fini di giorno solare e di giorno siderale, il motivo per cui un anno è composto di 365,25 giorni solari e di 366,25 giorni siderali, e così via. La struttura eliocentrica del sistema planetario non è oggetto di discussione con il risultato che ben poche persone, poste davanti alla richiesta di spiegare perché si può affermare che la Terra si muove, sanno cosa rispondere.

La costruzione di un percorso educativo di tipo storico-scientifico, più problematico, aiuta gli studenti a porsi interrogativi solo in apparenza banali, a ricercare spiegazioni sottili e, soprattutto, li pone davanti alla constatazione che se l'astronomia è stata geocentrica per oltre 2000 anni, forse la nozione della immobilità della Terra non era frutto di una scienza ingenua e primitiva, né di una scienza che accettava spiegazioni mitiche, né di una scienza soggetta a una visione del mondo dogmatica e teologica. Se il geocentrismo ebbe così lungo successo – e, per inciso, continua a averlo oggi in molte culture – ciò avvenne perché i moti di rotazione e di rivoluzione della Terra non sono né evidenti né intuitivi. Per di più, oltre a appoggiarsi al senso comune che la Terra sia ferma al centro della sfera celeste, fra il III secolo a.C. e il II secolo d.C. l'astronomia geocentrica si sviluppò in un sistema matematico estremamente raffinato, in grado di spiegare i dati raccolti con le osservazioni e di prevedere con precisione le posizioni future dei pianeti rispetto alle stelle.

L'arricchimento del percorso educativo storico-scientifico con molteplici esperienze cognitive, quali la visita a un museo di storia della scienza, le lezioni al planetario e l'osservazione concreta dei moti celesti, è in grado di far comprendere agli studenti quanto sia difficile anche oggi cogliere le prove a favore dell'eliocentrismo e quanto, a maggior ragione, dovette essere arduo nel passato estrarre la nuova concezione del sistema planetario dai medesimi dati osservativi alla base dell'astronomia geocentrica. L'esperienza sul campo, in particolare, pone gli studenti di fronte a un inquietante paradosso dell'età contemporanea, in cui alla costante diffusione di informazioni astronomiche attraverso la realtà virtuale si affianca la sempre più estesa dissimulazione della realtà fenomenica. Le città in cui viviamo oppongono al cielo infinito dei programmi televisivi e di Internet un cielo notturno reso sempre più impenetrabile dall'inquinamento luminoso. L'inconscia paura dell'uomo per il buio tenta sempre di cancellare le prove delle grandi scoperte scientifiche per ricreare un più rassicurante universo chiuso.

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Pagina 251

Biodiversità ed evoluzione: le collezioni del museo come terreno di ricerca

LUCIA LACHINA - ELISABETTA CIOPPI - MONICA ZAVATTARO


Introduzione al percorso

Era da molto tempo che pensavamo di costruire un percorso di biologia per il biennio della scuola superiore ispirato alla visione evoluzionistica, non mancavano stimoli e giustificazioni "pedagogiche" autorevoli. In un suo libro Howard Gardner sostiene che l'evoluzione è tema adeguato ad essere sviluppato con allievi di un biennio superiore:

"la teoria dell'evoluzione ...un capitolo importante della storia della scienza, che agli occhi di uno psicologo dello sviluppo come me riveste un significato tutto particolare. Se una persona non ha un'idea precisa delle nozioni fondamentali di specie, variazione, selezione naturale, adattamento e simili (nonché del modo in cui sono maturate), se non si rende conto della perenne lotta per la sopravvivenza tra individui (e popolazioni) in una particolare nicchia ecologica, non può capire il mondo vivente di cui fa parte. Comprendere i processi dell'evoluzione è affascinante in sé, giacché gli scienziati hanno scoperto un numero infinito di gemmazioni; ma queste conoscenze sono diventate una necessità per coloro che intendano prendere parte in modo significativo alla società contemporanea".... "secondo me, è possibile costruire un curricolo attorno all'evoluzione darwiniana. Un argomento simile, se compreso, spalancherà le porte alla panoplia delle questioni biologiche; ...si approprieranno della dinamica fondamentale dell'evoluzione (e di una forma mentis evoluzionistica), avranno accesso a una serie di verità concernenti il mondo naturale" (Howard Gardner, Sapere per comprendere, Milano, 1999).

Così abbiamo colto al volo l'occasione del progetto "Scienza nella Scuola e nel Museo" proposto dall'IRRE in collaborazione con i musei scientifici dell'Università, che ha permesso di trattare il tema "evoluzione" utilizzando i reperti presenti nelle collezioni delle Sezioni di Paleontologia e Antropologia del Museo di Storia Naturale.

Il percorso è stato intitolato: "Biodiversità ed evoluzione: le collezioni del Museo come terreno di ricerca". È adatto ad essere svolto in una seconda classe di biennio di scuola secondaria di II grado (in molti di questi tipi di scuola l'insegnamento delle scienze naturali è previsto solo per il primo biennio), si integra molto bene nella programmazione curricolare di un percorso che può svilupparsi durante tutto l'anno scolastico, passando attraverso lo studio di alcuni contenuti fondamentali.

Trattare la biologia attraverso la teoria dell'evoluzione dà significato allo studio, infatti questa rappresenta proprio "il principio unificante" che porta un senso logico nello studio: "può essere collegata a diversi concetti, quali l'uniformità e la diversità in natura, la continuità genetica, la complementarità tra organismo e ambiente e tra struttura e funzione, la classificazione di e i rapporti fra organismi, la genetica di una popolazione, il ruolo della riproduzione sessuale nella generazione della diversità, la geografia umana, la necessità di un meccanismo di autoriproduzione e il significato biologico degli errori nel meccanismo di autoriproduzione".

Rivolgendosi ad allievi di un biennio è più opportuno lavorare attraverso l'osservazione e lo studio dei caratteri macroscopici e si è ritenuto opportuno sviluppare una metodologia laboratoriale sia in senso proprio (sono previste attività sperimentali di vario tipo, non trascurabili perché l'età degli allievi richiede che si faccia sempre ricorso al "fenomenologico", al fare per costruire il sapere) sia nel senso di coinvolgere gli alunni in un processo di continua discussione e rielaborazione dell'appreso.

"...un corso introduttivo di biologia per le scuole superiori dovrebbe mantenere un approccio prevalentemente naturalistico e descrittivo, più che analitico e sperimentale. Ciò non implica un'enfasi dell'informazione descrittiva o di fatti non connessi fra loro e non collegati alla teoria, bensì su concetti esplicativi formulati in un linguaggio relativamente semplice e descrittivo, e non nella terminologia più tecnica, quantitativa e sofisticata della biochimica e della biofisica. Per dirla in breve, la biologia per le scuole superiori dovrebbe concentrarsi su quei concetti biologici generali che costituiscono una parte dell'istruzione generale (fisiologia, evoluzione, sviluppo, eredità, diversità e uniformità della vita, ecologia, posto dell'uomo nella natura), piuttosto che sull'analisi particolareggiata e tecnica delle basi fisiche e chimiche dei fenomeni biologici o della morfologia e funzione delle microstrutture intracellulari.

Questo vale soprattutto per quel nutrito gruppo di studenti che non riceverà più un'ulteriore istruzione di tipo biologico" (D.P. Ausubel, Educazione e processi cognitivi, Milano, 1983).

Oltretutto questo approccio assomiglia molto alla tipologia di lavoro attraverso il quale è stato possibile, per Darwin, arrivare a costruire una teoria come quella dell'evoluzione della specie.

"Il viaggio della Beagle è stato di gran lunga l'avvenimento più importante della mia vita ed ha determinato tutta la mia futura carriera [...] fui costretto a dedicarmi perdutamente a vari rami delle scienze naturali, sicché la mia capacità di osservazione, già discretamente sviluppata, ne fu molto accresciuta. [....] Durante una parte del giorno scrivevo il mio giornale e mettevo molto impegno nel descrivere accuratamente e vivacemente tutto quello che avevo visto, e questo era un buon esercizio" ( Charles Darwin, Autobiografia, Milano, 1982, pp. 33-39).

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