Copertina
Autore Franco Caresio
CoautoreCesare Cossavella [fotografie]
Titolo Castelli e caseforti della Valle d'Aosta
EdizionePriuli & Verlucca, Torino, 2012 , pag. 144, ill., cop.fle., dim. 19x27x0,9 cm , Isbn 978-88-8068-587-6
LettoreElisabetta Cavalli, 2013
Classe regioni: Valle d'Aosta
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Indice


AOSTA                     6          ISSOGNE                  75
ARNAD                    19          JOVENCAN                 79
ARVIER - LA MOTHE        23          LA SALLE                 80
ARVIER - MONTMAYEUR      25          MONTJOVET                88
AVISE                    27          MORGEX                   93
AYMAVILLES               30          NUS                      96
BARD                     34          OYACE                    98
BRISSOGNE                38          PERLOZ                   99
BRUSSON - GRAINES        39          PONT SAINT MARTIN       102
CHALLAND-SAINT VICTOR    42          QUART                   105
CHAMPORCHER              44          ROISAN                  108
CHÀTILLON                46          SAINT DENIS             110
CHÀTILLON - USSEL        49          SAINT MARCEL            112
COGNE                    52          SAINT OYEN              114
COURMAYEUR               55          SAINT-PIERRE            116
DONNAS                   57          SAINT-PIERRE -
ETROU BLES               59              SARRIOD DE LA TOUR  121
FÉNIS                    60          SAINT RHÉMY EN-BOSSES   124
GIGNOD                   66          SARRE                   126
GRESSAN                  68          VERRÈS                  128
GRESSONEY                71          VILLENEUVE              130
INTROD                   73          VILLENEUVE -
                                         CHÀTEL ARGENT       132


 

 

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Pagina 6

AOSTA

Avamposto militare a controllo di importanti valichi alpini, ma anche città elegante, strutturata secondo i canoni urbanistici più avanzati della civiltà romana, ricca di edifici pubblici e monumenti sontuosi, in un'area che già da millenni aveva visto insediamenti umani. Così, in una cerchia di montagne maestose, appariva Aosta nell'ultimo ventennio prima di Cristo. Era stata fondata per volere dell'imperatore Augusto, con il nome di Augusta Praetoria Salassorum, nel 25 a.C., simbolo politico dell'affermazione di Roma, a conclusione di decenni di battaglie e scontri durissimi che avevano portato alla sconfitta delle tribù dei Salassi.

I due caratteri essenziali di Aosta romana si integravano nelle linee urbanistiche e architettoniche della nuova città. Così, per chi proveniva da Eporedia (l'attuale Ivrea), percorrendo la «via consolare delle Gallie», l'ingresso avveniva lungo un rettifilo monumentale e scenografico, segnato da opere che testimoniavano la magnificenza della civiltà di Roma e la sua potenza militare. Il primo impatto era il ponte in pietra sul torrente Buthier. Esiste ancora, ma in posizione oggi defilata, perché l'alveo del torrente si è spostato dal sito antico in seguito a una delle tante piene che nei secoli hanno provocato danni e distruzioni anche a monumenti romani.

Il percorso monumentale proseguiva con il passaggio obbligato sotto l'imponente arco innalzato in onore di Augusto, un vero «manifesto» politico e insieme religioso del governo di Roma e dell'imperatore. Il monumento appare oggi maestoso e severo, di grigia e marziale solidità nei suoi massi di puddinga (il conglomerato locale che veniva estratto da cave lungo le sponde della Dora Baltea), ma al tempo della Roma imperiale era probabilmente rivestito, in parte, di marmi luminosi, il fastigio superiore era più alto e ospitava le epigrafi dedicatorie (in grandi lettere di bronzo), e le nicchie erano ornate di statue e trofei marmorei. Percorrendo questo asse viario monumentale, si arrivava alle mura della città e alla sua porta più importante, la Porta Praetoria, dove i due caratteri del nuovo insediamento urbano - quello militare e quello civile - raggiungevano il punto maggiore di espressione e integrazione. L'alta cinta muraria e le torri di difesa che ne segnavano tutto il percorso (nel Medioevo diventarono, in parte, fortilizi delle casate signorili e lo stesso arco di Augusto ebbe identica sorte), custodivano al loro interno il teatro e l'anfiteatro, il foro, le terme e i templi, gli uffici pubblici e le abitazioni civili.

Era, dunque, il 25 a.C, oltre duemila anni fa. Sul finire del I secolo a.C., la Valle d'Aosta aveva vissuto uno dei momenti cruciali della sua storia. Le legioni romane, comandate dal console Aulo Terenzio Varrone Murena, avevano definitivamente sconfitto i Salassi, popolazione di stirpe celto-ligure, che per oltre un secolo erano riusciti a contenere la politica espansionistica di Roma. Benché sconfitti più volte, come nel 143 a.C. dalle legioni del console Appio Claudio Pulcro, i Salassi avevano conservato margini di indipendenza, sia pure in qualche modo controllata e vigilata da Roma, dopo la fondazione, già nel 100 a.C., della città di Eporedia (Ivrea), allo sbocco dei loro territori nella pianura canavesana. L'esercito romano aveva inoltre in Valle d'Aosta una presenza fissa e in qualche modo intimidatoria verso i Salassi: un castrum stativum, cioè un accampamento stabile, essenzialmente di tipo militare e non civile, in un'area forse vicina alla odierna città di Aosta.

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Pagina 60

FÉNIS

È il più scenografico di tutti i castelli valdostani, un vero trionfo di mura merlate, torri e torrette pensili, due cinture murarie concentriche e una grande profusione di apparati di difesa medioevali. Ma il castello di Fénis, già testimoniato dalla prima metà del XIII secolo e residenza castellata - ininterrottamente per quasi mezzo millennio - di una delle più nobili e antiche famiglie valdostane non è la scenografia effimera di un film di cappa e spada. È vero, reale, cresciuto come un sogno fantastico su un modesto rialzo, un dosso appena accennato in una conca verdissima di prati e in vista dei grandi boschi lungo le pendici delle montagne incombenti, a breve distanza dalla sponda destra della Dora Baltea. Parlare del castello di Fénis è un rischio serio. Si entra in quel terreno grigio sospeso tra fantasia e realtà dove è difficile frenare entusiasmi istintivi per quella che si percepisce come materializzazione di un immaginario medioevale molto diffuso, fatto di miti e fantasmi gloriosi, di un'età di cavalieri, di abiti sontuosi e dello stile di vita raffinato di una corte medioevale. Fuorviati e incantati dalla bellezza del monumento, è difficile calibrare e sottoporre a verifica imparziale quei miti e quelle fantasie, confrontarli con i dati della vita reale medioevale e con gli avvenimenti storici e le vicende costruttive che, nel corso di più secoli, hanno portato allo sbocciare di questa meraviglia. Talmente bello, il castello di Fénis, e così sintesi perfetta di una fase importante della storia dell'incastellamento in Valle d'Aosta, da essere riprodotto da Alfredo d'Andrade, sia pure in scala ridotta ma con profonda fedeltà scientifica e filologica, nel complesso della Rocca del Borgo Medioevale costruito nel 1884 sulle rive del Po, a Torino, in occasione dell'Esposizione generale italiana, come uno dei simboli più belli e fascinosi della nostra storia artistica e culturale.

Le prime testimonianze documentarie dell'esistenza di un sistema fortificato a Fénis, già di proprietà della famiglia Challant, risalgono al 1242 quando i signori del luogo — i fratelli Aymone, Goffredo e Bosone IV di Challant — sottoscrivono l'atto di vassallaggio e l'omaggio feudale al conte di Savoia. In quel documento si parla di un castrum de Fenicio, ma non si sa quali forme e dimensioni avesse l'edificio. Sulla scorta delle vicende costruttive di altri castelli valdostani, si può tuttavia ipotizzare che, probabilmente già dalla fine del secolo precedente, esistesse una qualche struttura tipica del cosiddetto «castello primitivo», composto cioè soltanto da una torre, o casaforte (forse identificabile con la robusta torre quadrangolare che ora affianca l'ingresso principale), protetta da una doppia cinta muraria.

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Pagina 116

SAINT-PIERRE

Un castello da fiaba, tutto costruito ex novo, buono per ambientarci gli episodi di una fantasiosa saga medioevale. Ma non è così, anche se il primo impatto visivo del castello di Saint-Pierre potrebbe essere fuorviante per la corretta valutazione di un edificio storico, nobile e ricco di memorie. Perché, in realtà, quello di Saint-Pierre è uno dei castelli più antichi e, per tanti versi, più interessanti della Valle d'Aosta, quasi perfetto esempio del collegamento diretto, anche spaziale, del potere civile e di quello religioso. Il problema è che, per coglierne i valori architettonici di struttura fortificata e l'antica funzione difensiva, occorre immaginare il castello privo di quelle sovrastrutture - realizzate nella seconda metà dell'Ottocento quando era imperante, in tutta Europa, il gusto di un medioevo romantico, fantasioso e irreale -, che hanno di fatto creato una sorta di «inquinamento stilistico» dell'antica struttura medioevale.

E pensare che, «spogliato» delle sovrapposizioni ottocentesche (per altro oggi abbondantemente storicizzate e diventate elemento caratterizzante dell'immaginario comune del complesso), il castello di Saint-Pierre si rivela prezioso documento architettonico della fase più antica del fenomeno dell'incastellamento in Valle. È infatti testimoniato già esistente nel 1191, appartenente ai signori de Sancto Petro, ma con una sorta di signoria consortile che registra, per porzioni di feudo, anche i Signori di Quart, gli Challant e i Morgex. È importante ricordare che nel territorio del Comune di Saint-Pierre ci sono due castelli, entrambi di consistente struttura architettonica ed entrambi con una funzione rilevante nella rete delle presenze fortificate in Valle d'Aosta. Il primo domina l'abitato dalla sommità di un rilievo roccioso, affiancato, ma in posizione leggermente più bassa, dalla chiesa parrocchiale con il suo campanile romanico, mentre il secondo è quello di Sarriod-de-la-Tour, a breve distanza, sulla sinistra orografica della Dora Baltea.

Non sappiamo quale consistenza avesse il castello di Saint-Pierre nella sua prima fase, ma si può correttamente pensare che non si discostasse dalla tipologia «primitiva» di un sito fortificato: una grossa torre, o donjon, forse già adattata a casaforte, racchiusa in una cinta muraria. Ancora all'inizio del Quattrocento la situazione non doveva sostanzialmente essere stata modificata perché un documento di investitura a Giovanni di Saint-Pierre testimonia l'esistenza delle mura al cui centro si trovavano alcuni edifici, ancora staccati l'uno dall'altro. Certamente più antica, forse costruita nella sua prima fase prima del Mille, ma poi riedificata nell'ultimo dell'Ottocento salvando soltanto lo splendido campanile romanico del XII secolo, con copertura piramidale e aperto da trifore e bifore, è invece la chiesa parrocchiale. È ai piedi del castello, di cui sembra essere parte integrante, addossata al lato meridionale dello sperone roccioso, e rappresenta un elemento inscindibile dell'immagine del maniero.

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