Copertina
Autore Franco Cazzola
Titolo L'Italia contadina
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 2000, Storia fotografica della società italiana , pag. 192, dim. 170x220x8 mm , Isbn 978-88-359-4828-5
LettoreRenato di Stefano, 2000
Classe fotografia , storia contemporanea d'Italia , paesi: Italia
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Indice

  5     Da contadini a produttori

 23     Paesaggi e protagonisti
        dell'Italia rurale

 49     La vita nei campi

 75     Crisi agraria e movimenti
        contadini

 95     Campagne ufficiali e
        campagne reali

127     Una nuova stagione di lotte

153     La fine del mondo rurale

188     Foto simbolo

190     Letture consigliate

191     Referenze fotografiche

 

 

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Pagina 5

DA CONTADINI A PRODUTTORI


Paesaggi dell'Italia rurale tra Ottocento e Novecento

Perché si fotografano i contadini? Quando e perché l'occhio meccanico del fotografo inizia ad occuparsi del mondo dei campi e dei suoi abitanti? Non si può dire che i contadini siano un soggetto raro o curioso, dal momento che nelle campagne o del lavoro dei campi vive una parte preponderante della popolazione italiana dell'Ottocento e della prima metà dei Novecento. Bisogna ricordare che il contadino è una fìgura sociale che nella storia è stata continuamente derisa, «svillaneggiata», dall'arte e dalla letteratura. Riguardo al mondo dei contadini non vi è nell'arte italiana dei secoli tra il Medioevo e il Rinascimento niente di paragonabile alle rappresentazioni che ci ha lasciato la pittura fiamminga o tedesca. È stato soprattutto nel secondo dopoguerra che il mondo rurale italiano è entrato in una fase di irreversibili e drastiche mutazioni: pittori, fotografi e cineasti traggono ispirazione artistica dai volti segnati da secoli di fatica e di stenti dei lavoratori dei campi, delle mondariso, dei braccianti del Sud. Qualche decennio prima, il ruralismo di regime aveva alimentato un'iconografia del mondo dei campi del tutto deformante e idilliaca, ben lontana dalla realtà che le stesse indagini promosse dall'Istituto nazionale di economia agraria andavano in quegli anni portando alla luce.

Generalmente il contadino italiano merita attenzione solo quando porta il prodotto in città, quando goffamente attraversa la cerchia delle mura e percorre le strade cittadine per conferire con il padrone o per consegnargli la parte di raccolto a lui spettante; quando giunge per pagare l'affitto o per fornire alla famiglia del proprietario le ricorrenti onoranze (uova, polli, capponi, carne di maiale, scope, ecc.). A volte la città incontra il contadino quando questi si reca dal notaio con l'abito buono per fare testamento, per comprare e vendere un bue o una vacca, per pagare debiti o per pagare le tasse. La città esige dal contadino sottomissione, servizi, forniture. Persino la miseria della città è diversa e vuole distinguersi dalla miseria delle campagne.

Il fotografo del secolo XIX inizia a vagare per le campagne mosso per lo piú dalla voglia di fissare sulla lastra paesaggi e ambienti. Il contadino resta di frequente un contorno, un accessorio del paesaggio. I nuovi orizzonti che vengono offerti all'espressione artistica dalla macchina fotografica e dalla camera oscura portano infatti i dilettanti e i primi fotografi professionisti a volgere lo sguardo sul mondo rurale che circonda la città, da cui spesso il fotografo proviene e in cui di solito vive. In qualche caso appaiono fotografi ambulanti che iniziano a percorrere borghi, villaggi e cascine, per eseguire ritratti di famiglia, un lusso che le famiglie contadine piú agiate a volte si pennettono. Forse per assomigliare in qualcosa alla famiglia del padrone, nella cui residenza fanno mostra di sé ritratti di antenati dall'austero cipiglio.

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Pagina 19

Riforma agraria, meccanizzazione, esodo rurale: la fine del mondo agrario tradizionale

Nel 1948 in Sicilia e nel 1950 in altre zone del paese, prendono concretezza provvedimenti di rifonna fondiaria. Le terre mal coltivate, paludose o a economia latifondistica (circa un milione di ettari) vengono espropriate e assegnate a contadini poveri o a braccianti. Gli obiettivi che stanno alla base di questa azione di riforma, per quanto non si tratti di una riforma agraria generale ma di uno stralcio, sono frutto di una mediazione tra le grandi forze che si contendono la guida dei movimenti contadini. Finirà per prevalere l'impostazione cattolica, che punta alla creazione di un ceto di piccoli produttori proprietari guidati dall'alto dagli enti di riforma (Ente Delta padano, Ente Maremma, Ente Sila, ecc.), ai quali vengono affidati i piani di appoderamento e il controllo delle cooperative di servizio tra gli assegnatari. Questi ultimi sono i nuovi soggetti del fotografo e della propaganda governativa: inaugurazione di nuovi villaggi e centri di servizio, cerimonie di assegnazione dei poderi, gare di aratura meccanica, tradizionali iconografie del contadino e del bue accanto a immagini del nuovo trattore, simbolo universale di progresso delle campagne. Dall'altra parte, sul fronte delle opposizioni, nasce invece una iconografia contrapposta, che denuncia le condizioni di miseria e di abbandono di gran parte degli esclusi dalla riforma, che indaga sulle piaghe ancora aperte di un'Italia contadina misera, frugale, lontana da condizioni civili di vita e di lavoro. Il cinema neorealista di Luchino Visconti, di Florestano Vancini, di Renzo Renzi, di Giuseppe De Santis e di altri registi, ci ha lasciato immagini commoventi e documentí di alta drammaticità sul mondo contadino alle soglie della modernizzazione. Fotografi come Enrico Pasquali continuano a portare in primo piano le squallide dimore dei braccianti padani, la miseria dell'Appennino, il sudore del lavoro e dell'immane fatica che richiedono colture come il grano e la canapa nella pianura emiliana.

Dalla metà degli anni Cinquanta il mondo delle campagne inizia tuttavia una evoluzione sempre piú rapida e disgregatrice. L'emigrazione interna dalle campagne alle città diviene fenomeno imponente.

[...]

Fra 1951 e 1965 nelle campagne italiane vi sono quasi 4 milioni in meno di occupati. È un esodo di grandi proporzioni, che accompagna la perdita relativa di peso dell'agricoltura nella formazione della ricchezza nazionale. Se nel 1951 ben 43 occupati su 100 erano nell'agricoltura, nel 1965 essi erano scesi al 25 per cento del totale. Ma l'agricoltura nel suo insieme aveva perduto ancor piú di peso sul piano economico: dal 32% del prodotto nazionale lordo essa era scesa nello stesso periodo ad appena il 10,8% del totale.

Chi sono dunque i contadini che restano dopo gli anni della «grande trasformazione»? Nei paesi del Sud restano i piú anziani e le «vedove bianche» dell'emigrazione a badare alla vigna e all'uliveto. Nei poderi dell'Italia mezzadrile e contadina il trattore e nuovi mezzi tecnici aiutano a resistere di píú, ma solo per chi accetta il cambiamento di colture, di tecniche, di pratiche agrarie. La frutticoltura, l'orticoltura intensiva, la stalla e la cantina sociale sono le dimensioni nuove del lavoro contadino. Il lavoro con macchine per conto terzi consente tanto nuove forme di lavoro sui campi a tempo parziale, quanto nuove forme di assenteismo dei proprietari. La dimensione europea e mondiale del mercato dei prodotti agroindustriali comincia a orientare sempre piú le scelte dei produttori. In altri termini si coltiva solo ciò che un mercato sempre piú indifferenziato e distante richiede, ovvero ciò che potrà ricevere gli aiuti comunitari piú allettanti, indipendentemente da ciò che la terra potrebbe o dovrebbe produrre nelle migliori condizioni di uso.

A questo punto possiamo immaginare che cominci a venir meno anche l'interesse del fotografo per il lavoro dei campi. Quanto piú esso assomiglia a quello industriale, tanto minore è l'interesse per l'ambiente, i volti, gli atteggiamenti di chi pratica l'agricoltura e vive nei villaggi. I paesaggi rurali della pianura, soggetti per primi ai processi di intensificazione della produzione e all'applicazíone delle macchine e delle nuove tecniche, vengono privati di quella foresta artificiale, fatta di siepi e di filari di alberi e viti, che fin dal Settecento aveva suscitato l'ammirazione dei visitatori stranieri. Essi sono oggi meritevoli di attenzione solo in quanto relitti, spazi liberi in attesa di trasformarsi in periferie, piú simili a steppe che a campagne, irrimediabilmente semplificati dall'aratura meccanica, terre senza visibile presenza umana, dove gli animali vivono in capannoni simili ai tanti che ospitano lavoro industriale o merci in attesa di vendita.

[...]

Come vede l'occhio del fotografo questi mutamenti di paesaggio e di protagonisti, specialmente oggi che pochi tra noi dedicano al mondo dei campi qualcosa di piú di una occhiata distratta durante la gita di fine settimana? Forse l'immagine di contadino che piú si avvicina al vero è quella che ci consegnano in tempi recenti i mezzi di comunicazione di massa: un signore in tutto e per tutto uguale a noi, con telefono cellulare, a bordo di un lucente e costosissimo trattore munito di tutti i confort. Questo signore ben vestito con le potenti pompe in dotazione al trattore, compie il suo ennesimo atto di jacquerie riversando liquami di stalla su poliziotti, automobilisti in transito ed astanti. Il sopruso contro cui oggi questo contadino dei nostri tempi si ribella è l'accusa di avere munto troppo latte dalle pingui mammelle delle vacche frisone ospitate nei grandi capannoni che si confondono tra le tante fabbriche della Valle padana. Sarà questa, almeno provvisoriamente, l'ultima immagine di quel «mondo che abbiamo perduto» che erano le campagne italiane.

 

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Riferimenti


Letture consigliate

Opere di carattere generale sui rapporti tra agricoltura
e sviluppo economico italiano:

E. Sereni, Il capitalismo nelle campagne (1860-1900),
    Torino, Einaudi, 1968
E. Sereni, Feudalità , riforme, capitalismo agrario,
    Bari, Laterza, 1968
G. Giorgetti, Capitalismo e agricoltura in Italia,
    Roma, Editori Riuniti, 1977
R. Zangheri, Agricoltura e contadini nella storia d'Italia,
    Torino, Einaudi, 1977
R. Zangheri, I rapporti storici tra progresso agricolo e
    sviluppo economico in Italia, in E.L. Jones, S.J. Woolf
    (a cura di), Agricoltura e sviluppo economico.  Gli
    aspetti storici, Torino, Einaudi, 1979
L. Cafagna, La rivoluzione agraria in Lombardia, in Id.,
    Dualismo e sviluppo nella storia d'Italia,
    Venezia, Marsilio, 1989
G. Pescosolido, Agricoltura e industria nell'Italia unita,
    Roma-Bari, 1996
G. Fabiani, L'agricoltura in Italia tra sviluppo e crisi
    (1945-1977), il Mulino, Bologna.

[...]

 

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