Copertina
Autore Davide Certosino
Titolo La filosofia di Massimo Troisi
EdizioneTullio Pironti, Napoli, 2013 , pag. 120, cop.fle., dim. 14x21x1 cm , Isbn 978-88-7937-622-8
PrefazioneGiulio Baffi
LettoreGiangiacomo Pisa, 2013
Classe umorismo , cinema , citta': Napoli
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Indice


   9   Prefazione di Giulio Baffi

       LA FILOSOFIA DI MASSIMO TROISI

  15   Famiglia
  21   Amicizia
  28   Napoli
  34   Timidezza
  39   Sesso
  43   Religione
  48   Ironia
  51   Donne e amore
  64   Ingegno
  72   Dio
  75   Coraggio
  83   Politica
  87   Sfortuna
  90   Cultura
  95   Quieto vivere
  98   Cinema e teatro
 105   America
 108   Intimità
 112   Destino

 115   Biografia
 116   Filmografia
 118   Ringraziamenti


 

 

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Pagina 21

AMICIZIA



                            «Sfoga Toni', che t'aggia dicere: schizza»



Il tema dell'amicizia è uno dei più esplorati da Massimo Troisi, nei film e non solo. Ed è un tema molto delicato. Si vede che ha un rispetto totale per questo sentimento, talmente forte da viverlo male. È spesso a disagio quando ne parla, e ciò è dovuto al vissuto personale che lo ha portato a provare forti delusioni e a interrogarsi profondamente. In un'intervista televisiva Troisi risponde così alla domanda sul significato dell'amicizia: «L'amicizia è più impegnativa della passione, dell'amore. Qui so' sicuro che vado a mettermi in un discorso dal quale non ne uscirò più. Non... l'amicizia vorrei quasi passarci sopra, tu dici "ma perché tu ne parli nei tuoi film, Troisi?", però ho avuto molte più delusioni in amicizia che in amori o nelle passioni, quindi ancora è 'nu sentimento che non ho afferrato bene, 'e capi'? Nemmeno gli altri, però questo qua lo so. 'E capi'? So che non l'ho ancora afferrato. Forse farò un film sull'amicizia un giorno». «Amicizia maschile o femminile?», chiede l'intervistatrice. Troisi: «Mah, amicizia, amicizia in generale. Maschile, però. Quindi non generale, particolare. Quella femminile riesco a gestirla insomma, un po' perché sai pure già in quali tracciati muoverti, 'e capi'? Perché già sai dove sei. Ma quella maschile è un po' più difficile. Penso, sto pensando di essere addirittura egoista, non lo so, questa è una cosa che dovremmo fare più avanti, tra qualche anno. Tanto tu continui a lavorare... E allora, questa è una domanda alla quale vorrei rispondere tra qualche anno. Secondo me sto diventando egoista e non ho la forza, la voglia di dirmelo. Perché non può essere che sbagliano sempre i miei amici, dai. Eh, qualche volta sbaglierò pure io, e allora vuol dire che qualcosa non funziona. E cosa non funziona secondo me? Che un po forse so' sempre stato egoista allora. Chi lo sa...».

In effetti, nei film di Troisi, l'amico è sempre qualcuno che può andare in secondo piano in caso di situazioni più importanti (le donne, ad esempio: vengono prima, non ci sono santi). Anche quando è lui a consolare, lo fa con un certo disagio. Probabilmente proprio perché, strano a dirsi, Troisi era egoista, e ciò gli ha impedito di vivere rapporti di amicizia equilibrati, in cui il suo ego non finisse sopra quello dell'amico. Un primo cenno al tema dell'amicizia si ritrova nello sketch "La guerra", ne "La Smorfia". Troisi è a terra, colpito mortalmente, e si rivolge agli amici, Lello Arena e Enzo De Caro: «No, ormai per me è finita, è finita, andate, salvatevi voi». «Va bene», rispondono loro. E Troisi a questo punto si arrabbia, dimostrando che il suo altruismo era una finzione: «Oh, aspetta!», urla. «Ma tu hai detto "salvatevi voi"», replicano i due. Troisi: «E vabbe', ma un momento. Mica se fa accussì, me lasciate accussì. Aspetta! Si fa per dire che...».

In "Ricomincio da tre" c'è il famoso rapporto di amicizia con Lello Arena, Raffaele nel film. Celebre la frase «chi parte sa da che cosa fugge, ma non sa che cosa cerca», che Raffaele dice a Troisi, il quale se la rivende per conquistare Marta (interpretata da Fiorenza Marchegiani). Ma lei sa che quella frase è di Montaigne, e Troisi fa una pessima figura. Tanto che quando rivede Raffaele gli dice: «Ah Rafe' senti 'na cosa scusa: com 'è chillo fatto d' 'a frase là.. chella ca "chi parte sa da che cosa fugge... ". L' 'e fatta tu eh? Puh! M' 'e fatto fa' chella figura 'e merda...». L'amico non deve combinare guai, non deve dire bugie. Come quando Raffaele gli dice «mi faccio leggero» per essere trasportato in bicicletta, e Troisi gli dice, affaticato: «Fatti leggiero, 'e corna ca tien'», quasi una filastrocca. Ma la bugia a fin di bene è contemplata, ed è Troisi a ricorrerci quando deve dire a Raffaele che gli ha trovato un posto letto in un... manicomio: «È 'nu posto ccà vicino proprio. Va 'là e fa 'comme si fisse 'na specie di infermeria. Là dinto ce va tutta gente normale. Tieni presente sempe 'sta cosa, pure in seguito quando capisci. Gente normale che ogni tanto... Comme a te: tu si' nurmale? Però capita ca uno ogni tanto...».

In "Scusate il ritardo" Lello Arena diventa Tonino e ritorna il rapporto d'amicizia, stavolta molto più travagliato a causa di problemi d'amore. Troisi, Gaetano nel film, è molto paziente nonostante le intemperanze di Tonino, che gli vuole parlare all'aperto e sotto la pioggia: «Perché non ce ne jamm 'primma, ce levammo 'a sotto a chest'acqua, ja'». Tonino risponde: «Non fa niente, tengo l'impermeabile». «E io sto accussì però», si lamenta Troisi. Che poi si arrende: «Sfoga Toni', che t'aggia dicere, schizza. Si te fa bene che 'e sfuga', schizza. 'O jetto 'o cazone, che aggia fa'...».

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NAPOLI



                            «Ho capito pure perché a noi ci hanno sempre
                            chiamato Mezzogiorno d'Italia, poi eh? Sì, no, per
                            essere sicuri loro che a qualunque ora scendevano al
                            Sud, se trovavano sempre in orario pe' ce mangia' 'a
                            coppa...»



Napoli non è solo un tema di riflessione per Massimo Troisi, ma è un concetto attivo, dinamico, uno strumento di verità, e anche un'arma. Una passione speciale. Passato per essere colui che ha definitivamente ripulito Napoli dai suoi cliché, Troisi in realtà è tanto altro. Quando parla di questa città lancia un grido d'aiuto, accusa la società. Perché per lui Napoli vuol dire pessimismo, voglia di cambiare che si scontra con l'incapacità di chi, ai piani alti, non ha fatto e non farà mai nulla per la città. Ma soprattutto Napoli vuol dire orgoglio, orgoglio di chi ha poco però ha tutto, grazie allo splendore della città e della sua lingua. La prima volta che Troisi ne parla è in uno sketch a essa dedicato, "Napoli", all'interno de "La Smorfia". Questo è il suo monologo: «Vorrei dire a tutti i napoletani all'estero che stiamo bene, a Napoli tutto, industria, commercio, tutto florido, mai come questa volta stiamo andando veramente bene... È finita l'eurovisione? Stiamo tra di noi? Vabbe'. Noi a Napoli stammo 'nguajati, eh? È meglio, no, tanto per precisare, chilli stanno all'estero, facciamoli lavorare tranquilli, e cose, ma è meglio che tra di noi si sanno certe cose. stammo 'nguajati a Napoli. Cioè per esempio ecco, ve par' mai possibile che nel 1977 a me tocca ancora andare al mercato nero? È una cosa che... Non al mercato nero, quello che stava in tempo di guerra e cose... no, cioè: proprio 'o mercato niro, sporco, senza 'e me lava'. È il problema dell'acqua, uno dei tanti problemi che ci sta a Napoli, 'sto fatto 'e l'acqua ca... si... chi sa chi è che andato a dire in giro, dice "il napoletano non ce la fa più, sta con l'acqua alla gola": immediatamente se so' pigliati l'acqua. Subito, 'a prima cosa che hanno pensato 'e fa' pe' ci aiuta'. Cioè, chesto però fa vere' ca ce sta 'a volontà, e cose, di aiutarci, e questo ci fa piacere. Poi loro dicono "vabbe' ma chillo 'o fatto ca nun scenne l'acqua è colpa degli acquedotti". Sì, dice che gli acquedotti so' complicati, sono difficili da usare, e questo è vero, sì, no figuratevi, che a Napoli ci sta gente ca cu' gli acquedotti invece e ce bere, ce mangia. No pe' cattiveria, proprio pecché nun hanno capito 'o meccanismo e cose... Dice "nuje abbiamm'a magna'"...».

Napoli è una città paralizzata, senza futuro florido: «A Napoli non conviene neppure tornare bambini. No, e pecché cu' 'a mortalità infantile ca ce sta a Napoli sapite comme ve vene? Uno torna bambino, piglia, subito se more a Napoli, i bambini subito moreno. Cioè, 'o bambino, invece 'e dicere "tu tieni tutta 'na vita annanze", dice "tu tieni tutta 'na morte annanze"...». Anche perché di lavoro, a Napoli, non se ne trova: «A disoccupazione pure è 'nu grave problema a Napoli, che pure stanno cercando di risolvere, di venirci incontro. Stanno cercando di risolverlo con gli investimenti, no? Soltanto ca poi, la volontà ce l'hanno misa, però hanno visto ca cu' 'nu camion, eh, quanti disoccupati ponn' investi'? Uno, due, chilli so 'tanti 'e loro, chilli hanno ragione, diceno "vuje site troppi, nuje ve vulimmo aiuta' ma...". Cioè effettivamente, se in questo campo ci vogliono aiutare, vogliono venirci incontro, 'na politica seria e cose, hanno 'a fa 'i camion cchiù grossi...». Per non parlare della casa: «Il problema d' 'a casa. A Napoli nun se trova cchiù casa. Comunque loro diceno "vabbe', chello ce sta 'o blocco d' 'e fitti", però... è 'na parola. 'O napulitano s'è fissato ca 'o blocco d' 'e fitti è una malattia nuova. Sì, pecché va addu proprietario, domanda 'o prezzo, appena sente 'o fitto rimane bloccato. Sta 'nu sacco 'e gente ricoverata a' 'o spitale cu' 'o blocco d' 'e fitti, eh». La chiusura è dedicata a una battuta famosa per la sua amarezza: «No, comunque 'na cosa, io ho capito pure perché a noi ci hanno sempre chiamato Mezzogiorno d'Italia, poi eh? Sì, no, per essere sicuri loro, no, che a qualunque ora scendevano al Sud se trovavano sempre in orario pe' ce mangia 'a coppa. Dice "chello è mezzogiorno, stammo in orario". Poi se ne escono, dice "vabbe', però chillo 'o napulitano ride, abballa, canta, è simpatico, tene 'a musica dinto 'e vene". E per, forza: vuje 'o sanghe ce l'ate zucato tutto quanto..."».

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IRONIA



                            «La mamma primma ca 'o chiamma "Ma-ssi-mi-lia-no"
                            'o guaglione già chi 'o sa' addò sta»



C'è solo un modo per prendere la vita: prenderla con ironia. L'ironia è l'antidoto a ogni aspetto della vita, anche il più drammatico. Salute, povertà, amore, morte: tutto si può esorcizzare con una battuta. In questo Massimo Troisi è un maestro. Quando la situazione precipita, basta una battuta per riprenderla per i capelli e niente sembra più perduto. O almeno, viene preso con molta più leggerezza. Già nello sketch "Il basso", all'interno de "La Smorfia", l'intervistatore Enzo De Caro dice a Troisi, povero abitante di un basso napoletano: «La salute è la prima cosa». E Troisi risponde: «Infatti la salute è la prima cosa che ho perso, io». O ancora, in "Ricomincio da tre", Marta dice a Gaetano, dopo avergli confessato il tradimento: «Non lasciamoci prendere da questi ingranaggi, quando c'è l'amore c'è tutto». «No, chella è 'a salute», risponde Troisi.

In "Ricomincio da tre" il memorabile esempio di ironia chiude il film, lasciandolo in sospeso a fronte di una deriva che sembrava inevitabile. Troisi, che non sa se il figlio che aspetta Marta sia suo o meno, si avvicina in questo modo all'idea di fargli comunque da padre: «Ma mettiamo che 'sto figlio... Cioè mettiamo che io a 'sto figlio 'o... cioè comme 'o chiammassimo?». «Io non ci ho ancora pensato... Massimiliano!», dice Marta. «No no no no, per carità, quale Massimiliano. No guarda, 'o chiamammo... cioè se si decide ca 'sto figlio è... cioè ca po'... cioè io avevo pensato Ugo», replica Vincenzo. Marta: «Come tuo padre?». Vincenzo: «Sì, ma no per mio padre. Cioè a me non me ne importa proprio 'e 'sta cosa. No, è proprio perché accussì 'o guaglione vene cchiù educato». «E perché, Massimiliano?», chiede Marta. Vincenzo: «Massimiliano vene scostumato. Cioè senti a me... e lo so, è proprio 'o nomme che è scostumato. Pecchè Massimiliano... io sento sempre... per esempio Massimiliano sta vicino 'a mamma, 'sto guaglione? E se move pe' jì 'a qualche parte. 'A mamma primma ca 'o chiamma "Ma-ssi-mi-lia-no", 'o guaglione già chi 'o sa'addò sta, che sta facenno... Non ubbidiscono perché è troppo luongo. Invece Ugo, tu 'o chiammi oh, chillo comme sta vicino 'a mamma ca se sta per movere... "Ugo!". 'O guaglione non ave nemmeno 'o tempo... 'e capi', po fa' 'nu passo, però "Ugo!": adda turna' per forza, pecché 'o sente, 'o nomme... Al massimo proprio, ecco, volendo 'o putimm' chiamma' Ciro, è cchiù longo e... Ma proprio pe 'nun 'o fà ' veni' troppo represso, dice "però Ciro tene 'o tempo 'e piglia' 'nu poco d'aria"... ».

In "Scusate il ritardo" è invece la morte a essere esorcizzata con l'ironia, in particolar modo quella di Tonino (Lello Arena), che vorrebbe buttarsi sotto a un treno per colpa di una delusione d'amore. Ma Troisi non ci crede: «Si se vuleva suicida 'secondo te faceva passa' 'o treno delle 20.40, 'o treno delle 21.15, 'o treno... piglia appuntamento, chisto, pe' se suicida'. Vai a vere' tu allora... e dincello ca si se dà 'a cultellata, se 'a desse a sinistra che a destra tene 'o fegato ca gli fa male». E quando Tonino gli dice «se io dovessi morire...» (come aveva fatto già il professore che abita nel suo palazzo), Vincenzo lo ferma: «No, Toni', no: già aggio capito, no. Mi dispiace Toni', io piaceri accussì non ne posso fare. Oh, ccà ognuno more e me lascia 'a lista d' 'e servizi 'a fa' a me? Aggi pazienza, Anna. Già va' a Secondigliano, a piazza Garibaldi, oh! Ccà si uno deve morire che adda fa' 'e cose soje, o non muore o s'organizza e se 'e fa 'primma, scusa, senza dà fastidio 'a gente, Toni'. Non è per te, per cattiveria, ma io nun pozzo, tengo 'a fa' 'e fatti d' 'e miei, nun me pozzo mettere a fa 'e servizi a tutti quanti, scusa».

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