Copertina
Autore Marco Cianchi
Titolo Le Macchine di Leonardo
EdizioneBecocci, Firenze, 1988 , pag. 96, dim. 170x240x9 mm
PrefazioneCarlo Pedretti
Classe scienze tecniche , ingegneria
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Indice

  5 INTRODUZIONE di Carlo Pedretti

  8 INGRANAGGI DI COSMOGONIA di Alessandro Vezzosi

 12 LEONARDO E LE MACCHINE di Marco Cianchi


 17 MACCHINE PER LA GUERRA


 33 MACCHINE IDRAULICHE


 45 MACCHINE PER IL VOLO


 62 LA MECCANICA DI LEONARDO


 

 

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LEONARDO E LE MACCHINE


Le invenzioni

Il mito di Leonardo anticipatore geniale di tutte le scoperte e le invenzioni del nostro tempo nasce dalla sua stessa misteriosa figura e, comprensibilmente, dalla prima, spontanea considerazione di chiunque si trovi di fronte ai disegni tecnologici o ai modelli delle sue macchine. La propaganda del "genio italico", avviata con l'esposizione leonardesca di Milano del 1939, vi ha poi contribuito in maniera determinante insieme al più recente confezionamento di un'immagine commerciale che ha avuto un indiscusso successo tra il grosso pubblico.

In realtà non si può dire però che tutte le macchine e le "invenzioni" di Leonardo sono il prodotto del suo genio originale e fecondo; e per convincersene basterà leggere quanto Ruggero Bacone scriveva in pieno XIII secolo nella lontana Inghilterra: «... si possono costruire mezzi per navigare senza rematori, si che navi grandissime fluviali o marittime possano correre guidate da un solo nocchiero più velocemente che se fossero piene di uomini. Si possono poi costruire carri che si muovano senza cavalli, per una forza mirabile. E penso che di questo genere fossero quei carri falcati con i quali combattevano gli antichi. Si possono poi costruire macchine per volare, fabbricate in maniera che l'uomo, stando al centro della macchina, la manovri con qualche congegno che permetta alle ali costruite ad arte di battere l'aria come fanno gli uccelli quando volano. E cosi pure si può costruire un argano di piccole dimensioni che possa alzare ed abbassare pesi quasi infiniti... si possono anche costruire congegni per camminare sui mari e sui fiumi, e toccarne addirittura il fondo senza correre alcun pericolo. E di questi strumenti fece indubbiamente uso Alessandro Magno per esplorare il fondo marino, secondo quanto narra l'astronomo Etico. È infatti cosa indubitabile che tali strumenti furono già costruiti nell'antichità e vengono costruiti anche oggi, eccetto quel solo strumento per volare che né io né gli altri uomini che conosco hanno mai visto. Ma conosco però un sapiente che ha tentato di realizzare anche questo strumento. Di tali congegni, possiamo costruirne una quantità quasi infinita, come ad esempio ponti che vengono gettati sopra i fiumi senza bisogno di pilastri o sostegni di alcun genere, e macchine ed invenzioni finora sconosciute».

Tutte le macchine, tutte le "invenzioni" attribuite al genio di Leonardo vengono qui puntualmente descritte come appartenenti a una tradizione durata attraverso i secoli e, sulla scia della nuova tradizione brunelleschiana, certamente ancora viva e operante nella seconda metà del Quattrocento in esperti ingegneri come il Taccola, Buonaccorso Ghiberti e Francesco di Giorgio Martini. I trattati militari, gli "zibaldoni" di conoscenze tecniche e meccaniche, che questi redigevano con l'accompagnamento di illustrazioni spesso rozze ma efficaci, circolavano con grande fortuna, e in numero sicuramente assai superiore a quelli pervenutici, al tempo di Leonardo che li aveva copiati e studiati come dimostrano certi suoi appunti e memorie.

Insomma si dovrà prendere coscienza, una volta per tutte, che i disegni tecnologici di Leonardo dipendono spesso dalla lettura di libri e manoscritti altrui e, in particolare, dall'osservazione dell'attività che si svolgeva nelle botteghe o dallo scambio di idee con studiosi e tecnici del suo tempo. Per concludere che, sì, la sua opera di meccanico ed ingegnere è, per vastità e profondità d'esperienza, davvero unica e, talvolta, precorritrice ma non certo, come si vorrebbe, un frutto solitariamente maturato nel deserto.

Le fonti

Delle macchine di Leonardo rimangono oggi le migliaia di disegni raccolti nei vari codici conservati in Francia, Inghilterra, Spagna e Italia la cui consistenza attuale è stimata circa un quarto dell'intero "corpus" vinciano, per il resto disperso. E neppure sappiamo con certezza se macchine di Leonardo furono mai realizzate, non avendo il conforto delle fonti storiche che, mentre insistono sul "ghiribizzare" di quella mente sempre pronta a inventare nuove e meravigliose cose, dall'altra parte tacciono circa la loro effettiva costruzione (con rare eccezioni riguardanti ad esempio gli apparati scenografici).

Al momento della morte, avvenuta in Francia nel 1519, Leonardo affidò il suo intero patrimonio di manoscritti al fedele Francesco Melzi che lo conservò per tutta la vita con cura e devozione; non altrettanto fece il figlio Orazio e si ebbe una prima dispersione del prezioso materiale ben presto ricomposto però da Pompeo Leoni, scultore della corte di Spagna e grande collezionista d'arte, il quale lavorò anche di forbici e di colla nell'intento di raccogliere in codici più saldamente rilegati e meglio organizzati l'immenso numero di fogli, diversi per dimensioni ed argomento.

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LA MECCANICA DI LEONARDO


Il vocabolario della Crusca a proposito della meccanica così si esprime: «è la scienza che tratta dell'equilibrio e del moto dei corpi, sia solidi, sia fluidi; ed altresì l'Arte che insegna a costruire ogni sorta di macchine, strumenti, congegni e simili».

Leonardo si dedicò a questa "Arte" con tale assiduità da riempire i tre quarti dei codici a noi pervenuti di invenzioni e studi che, forse, ebbe in animo di raccogliere in un ampio trattato di meccanica ma, dalle sue note, sappiamo soltanto di quattro libri, da considerare ormai perduti, nei quali trattò degli "elementi macchinali". La riscoperta dei Codici di Madrid ha allargato notevolmente la nostra conoscenza degli elementi macchinali di Leonardo tanto che, per il Madrid I, si è ritenuto potesse trattarsi di uno dei quattro libri rammentati.

Il contributo innegabile che Leonardo dette alla teoria con gli studi su «peso, forza, colpo e impeto... figlioli del moto...» è insieme esigenza di chiarezza e deduzione logica che scaturiscono dalla pratica della prediletta arte meccanica, dettagliata nei codici con disegni degli elementi costitutivi delle macchine e dei congegni atti a trasmettere il moto.

Le macchine semplici, conosciute fin dall'antichità, sono cinque: l'argano, la leva, la carrucola, il cuneo e la vite. Leonardo mostra non solo di conoscerle ma di averne approfondito la funzione e la specificità in modo da poterle applicare a meccanismi complessi che, attraverso vari sistemi di trasmissione del moto, permettano lo svolgimento automatico di operazioni successive. Esplicitamente o implicitamente le macchine semplici si trovano in tutti i congegni di Leonardo ma è forse interessante sottolineare l'attenzione riservata alla "vite" che, associata ad altri elementi, può essere impiegata in diverse maniere e che per questo compare in moltissime macchine.

In un foglio del Codice di Madrid, Leonardo si dilunga sulla «natura della vite e di sua lieva, e come ella debba più tosto essere adoperata in tirare che in ispingere; e com'ella fa più forza a essere semplice che doppia, e sottile che grossa... e di quante sorte si può fare viti senza fine... e in che modo la vite senza fine si accompagni con le rote dentate...». Insomma un elenco completo delle varietà e delle possibilità della vite che Leonardo interpreta, simbolicamente, come una grande potenza della natura.

L'organo di moto che più frequentemente ricorre nelle macchine di Leonardo è la "ruota dentata" di cui abbiamo un'ampia trattazione grafica, incluso il problema dei profili delle dentature da adottarsi.

Una coppia spesso adottata per trasmettere il moto è la "ruota a pioli-rocchetto a gabbia" talvolta sostituita, in caso di assi sghembi o di sollevamento di grandi pesi, dall'altra coppia "ruota dentata-vite senza fine" che garantisce l'irreversibilità del movimento e il vantaggio meccanico di una grande potenza accoppiata alla resistenza dei materiali.

Per ottenere forti variazioni di velocità Leonardo usa "ingranaggi di riduzione" piuttosto che un sistema di pulegge e cinghie; e fa grande meraviglia che, nonostante avesse compiutamente disegnato catene snodabili, non abbia pensato di usarle per la trasmissione del moto continuo tra due ingranaggi ma soltanto per la trasmissione del moto discontinuo - come nel caso dei meccanismi per orologio - attaccandole a un peso, oppure per la trasmissione del carico di una molla come nel caso dell'accendino automatico.

Strettamente legato alla trasmissione del moto è lo studio dell' "attrito" e la soluzione a mezzo di cuscinetti ancor oggi valida. La semplice lubrificazione non era sufficiente a risolvere il problema del logorio dei pezzi che Leonardo tende a risolvere prima foggiando gli assi in maniera da ridurre l'attrito; poi con cuscinetti di metallo antifrizione (una lega di rame e stagno) ed infine con i vari tipi di cuscinetti a sfera che prefigurano quelli usati modernamente.

Le macchine di Leonardo non sfruttano solamente la trasmissione ma anche la "trasformazione del moto": da continuo in alternativo come accade per le macchine levigatrici di lenti con l'uso del già noto meccanismo biella-manovella (a volte potenziato dal volano) o, viceversa, da alternativo in continuo come nel caso di certe macchine per sollevare pesi. Gioverà ricordare che le fonti di energia a disposizione di Leonardo per muovere le sue macchine sono quelle tradizionali: la forza muscolare umana ed animale; il vento; l'acqua; sistemi di balestre e molle; pesi e contrappesi; raramente il vapore. E che i materiali, le tecniche e i meccanici del tempo sicuramente avevano difficoltà a reggere il passo della sua grande inventiva.

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