Copertina
Autore Feride Çiçekoğlu
Titolo Non sparate agli aquiloni
EdizioneScritturapura, Asti, 2011, Riserva 4 , pag. 62, cop.fle., dim. 15x21x0,6 cm , Isbn 978-88-89022-55-9
OriginaleUçurtnayi Vurmasinlar [1986]
TraduttoreŞemsa Gezgin
LettoreGiangiacomo Pisa, 2012
Classe narrativa turca
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Pagina 1

26 GIUGNO


Ti è cresciuto il naso İnci? Come quello di Pinocchio... Me l'avevi raccontato tu: c'era una volta un burattino chiamato Pinocchio. Quando diceva le bugie, gli cresceva il naso. E mi avevi detto che anche a me sarebbe cresciuto il naso, se avessi detto le bugie. Ma pure tu hai mentito!

"Non me ne andrò via da qui senza di te. Ti porterò con me".

Ricordi questa promessa? Invece te ne sei andata senza dirmi neanche: "Arrivederci". Mentre dormivo. Mi sono svegliato al rumore della porta di ferro. Applausi, qualcuno diceva: "Buona fortuna", altri strillavano: "Esci col piede giusto, in modo che anche noi ce ne possiamo andare presto da qui!" Appena sveglio ero stordito, e non ho capito chi stava andando via. Sono corso nel cortile. Ho visto che alcune donne si asciugavano le lacrime. Ti ho cercata per salirti in braccio, come sempre. All'inizio non si sono accorte di me.

Mi hanno notato solo quando ho urlato: "İnci, İnci!" Sentendomi chiamare il tuo nome, mia madre ha cominciato a piangere. Solo allora ho capito che te n'eri andata. Non so se mi hai sentito: la porta era stata appena chiusa. Ho urlato. Magari fossi tornata indietro... E sarei entrato nella tua valigia. Nessuno mi avrebbe visto. Mi sarei fatto piccolo piccolo. Una volta, quando giocavamo a nascondino, mi ero infilato nella tua valigia. L'avrei fatto di nuovo. Una volta attraversate le porte di ferro, sarei uscito fuori.

Da quando non ci sei più ti sogno ogni notte. Siamo io e te, come sempre, e andiamo avanti e indietro in cortile. Tu cammini veloce. E io corro, per stare al tuo passo. Tieni le mani giunte dietro la schiena. Voglio tenerle anch'io così, ma non ce la faccio. Appena arrivati al muro ti giri subito indietro. Cerco di voltarmi anch'io, ma non riesco a raggiungerti. In quel momento inizia a piovere. Tu mi dici: " Barış, corri a prendere lo shampoo che abbiamo appena comprato".

Vado dentro e lo prendo. Ce lo versiamo sulla testa. Con la pioggia lo shampoo fa così tanta schiuma che ci scende ai piedi. Ne siamo immersi. Ti guardo: sei invisibile. Ti chiamo: "Non riesco a vederti, İnci, dove sei?"

Mi accorgo che la schiuma scivola verso la porta di ferro a un lato del cortile. Mi chiami: "Vieni, bussiamo!"

Ma se lo facciamo arriva il signore con le chiavi!

"Meglio, che venga!" dici.

Bussiamo alla porta. Nessuno ci apre. La pioggia diventa ancora più insistente. Ahimè: scioglierà tutta la schiuma che abbiamo addosso. Ecco! Si sentono dei passi. È il signore dalle molte chiavi.

Lo intuiamo dal forte tintinnio. Gli altri signori hanno una sola chiave. Soltanto quella della cella di cui fanno la guardia. Anche la signora che fa la guardia alla nostra cella ha una sola chiave. İnci, perché la chiamano "mamma"? Pure mia madre la chiama così. È forse la mamma di tutti? Ma lei ci chiude dentro a chiave. Le mamme chiudono a chiave i loro figli? Io la chiamo "zia con le chiavi". Invece il nome del signore dalle molte chiavi è capoguardia. Il tintinnio più forte è soltanto suo. Ha le chiavi di tutte le celle.

Il capoguardia grida dall'altra parte della porta: "Cosa vuoi, ragazza?"

Tu mi avevi insegnato a non chiamare nessuna "ragazza", non sta bene. Allora perché la guardia lo dice? Lo posso dire anch'io se faccio tanto rumore come lui? Mi zittisci e lo chiami: "Aprite la porta, ché c'è una persona malata!"

Ma non è bello dire le bugie. E allora perché le dici İnci?

"Le bugie si dividono in due parti", mi istruisci. "Quelle necessarie e quelle non necessarie. Questa è una bugia necessaria".

Ma io trovo che anche le mie bugie sono necessarie. Tu ti arrabbi con me: "I bambini non devono mentire. Loro ancora non possono saperlo, quali bugie sono necessarie e quali no".

Va be'... Allora io solo quando sarò grande dirò le bugie.

Il capoguardia ha creduto alla tua bugia necessaria. Pensa che ci sia davvero una persona malata. Apre la porta: d'un tratto gli stiamo davanti. Due sagome di schiuma. Si stupisce. Insieme gli gridiamo: "Buh!" Sviene dallo spavento. Tu mi tieni per mano. Corriamo. Sui due lati sono allineate le celle. Ci bagniamo sotto la pioggia. Così la schiuma si scioglie: per primo esce fuori il tuo naso. Deve essersi allungato, İnci. Vuoi dire che anche le bugie necessarie fanno crescere il naso.

I secondini, lì per lì, non capiscono cosa siamo. Alla vista di due sagome di schiuma, agitati si fanno da parte. Poi vedono il tuo naso.

"Prendetela!" urlano. "Prendetela, la detenuta sta scappando!..."

Ma io non sono un detenuto. Sono solo un bambino. Mia madre si trova qui e fuori non c'è nessuno che possa prendersi cura di me. Per questo devo stare qui con mia madre, finché lei non sconta la pena. Ormai sono in grado di infilarmi i calzini da solo. Posso prendermi cura di me stesso. Lasciatemi andare: vengo da te, İnci!

Tu arrivi prima di me al portone. Come quando camminavamo avanti e indietro in cortile. Io ho le gambe corte. E non riesco a raggiungerti. La pioggia ha portato via parte della schiuma, ma siamo ancora strani. Pure il secondino che sta al portone si stupisce. Anche a lui tu gridi: "Buh!" Sviene. Apri il portone. Esci fuori. Io affretto i miei passi per raggiungerti. E intanto urlo: "İnci! Aspettami. Non correre... İnci, aspettami, sto arrivando!"

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28 LUGLIO


Non ricordo più quanto tempo è passato da quando te ne sei andata via. Nella tua cartolina dicevi che ci avresti scritto appena uscita da qui, ma noi l'abbiamo ricevuta solo adesso. Dici: "Vi scrivo subito per condividere con voi il cielo senza confini e il sole senza l'ombra del filo spinato".

Hanno sottolineato questa frase con la penna rossa. Hanno anche messo un punto interrogativo accanto alle parole "sole" e "condividere". I signori baffuti dell'amministrazione non avranno forse capito queste parole? Le ho capite pure io. Il signore dalle molte chiavi ha aggiunto: "Dite a questa vostra amica di non usare mai più parole dannose".

Cercavo di capire cosa poteva esserci di dannoso in una lettera. Ora sono proprio confuso. Tu dicevi sempre: "Condividere è la cosa più bella".

Tu ti arrabbiavi con me quando non condividevo il biscotto con Hacer. Se condividere è dannoso, non condivido più niente con nessuno. İnci, perché il sole è dannoso? Se stessimo tanto sotto il sole ci ammaleremmo, probabilmente per questo. Ma il nostro cortile prende pochissimo sole. Con così poco sole non ci si ammala!

La tua cartolina ha davvero rallegrato tutti.

"Una ragazza fedele: non ha dimenticato le sue compagne di destino", ha detto Gülsüm, la nostra mamma.

İnci, cosa significa "fedele"? È una cosa bella o brutta? Gülsüm dice di trovarsi qui perché è stata fedele. Ha nascosto un suo vicino e per questo l'hanno punita. Se essere fedele è una cosa bella, perché l'hanno punita? E poi non ho neanche capito cosa fosse il destino. L'ho chiesto a Gülsüm.

"È stato il destino a chiuderci qui dentro", ha risposto.

Destino è il nome del signore dalle molte chiavi? Quando l'ho chiesto mi hanno riso in faccia. Va be', lo domando a Nevin. Oppure a Sevim. Questa lettera la sto scrivendo con il suo aiuto. Nevin dice che le lettere scritte da lei rimangono impigliate alle porte di ferro. Provo a scriverne una con Sevim. Forse le sue non rimangono impigliate alle porte di ferro, e ti raggiungono.

Sevim ha detto: "La mia mano porta fortuna: scrivo io".

Le ragazze hanno riso molto. Sevim è finita qui per una sua poesia. Lei legge molto bene le poesie.

"Ma sei venuta qui perché non l'hai scritta bene?" le ho chiesto.

"No", mi ha risposto. "Per averla scritta bene".

Se ha scritto bene la sua poesia, allora perché è venuta qui, İnci?

Alla fine della tua cartolina chiedi di me e domandi: "Mi hai dimenticata?" Io non ti ho dimenticata. Ti ho scritto molte lettere. Ma non ti arrivano. Probabilmente non attraversano le porte di ferro. Se non ricevi nemmeno questa, fammelo sapere, d'accordo?

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Pagina 24

10 OTTOBRE


Sorella Selma mi sta facendo una maglia ai ferri. Sopra ci sono degli uccelli. Sembrano veri. Ne farà una anche per il piccolo İbo. Ma prima la fa a me.

Le ho chiesto se potevo starle vicino mentre ricamava un uccello. Mi ha detto di sì, però dovevo stare zitto. Le viene il mal di testa quando faccio troppe domande. Io le ho detto che le avrei fatto solo una domanda e, se mi avesse risposto, non ne avrei fatte altre; lei ha accettato. Io allora le ho chiesto perché quel libro era stato strappato e bruciato. Lei era curiosa di sapere come mai mi interessasse così tanto.

"Lo racconterò a İnci", le ho detto.

Allora ha riso:

"Un giorno le scriviamo insieme".

"Le mie lettere non le arrivano, però io voglio scriverle lo stesso".

"Io ero impiegata statale. So cosa scrivere perché una lettera non s'impigli alle porte di ferro. Aspetta e vedrai", mi ha detto sorridendo.

Sorella Selma, quando non lavora ai ferri, legge libri che fanno ridere. Qualche volta li legge anche alle ragazze. Allora ridono tutte insieme. Ma io non capisco perché.

Le ragazze ridono anche quando sorella Selma racconta ciò che le è avvenuto. Ha denunciato un suo capo che aveva commesso un'ingiustizia, ma hanno portato qui lei, non lui. Mentre lo racconta, ride. E poi dice: "Rido per non piangere".

Quando sorella Selma ride, la ruga sulla fronte sparisce. Inoltre diventa molto bella. Ho scritto questa lettera insieme a Sevim. Forse, la prossima volta, la scrivo insieme a Selma. Lei dice: "Possiamo superare le porte di ferro e raggiungere İnci solo ridendo".

Il riso è una chiave, İnci?

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Pagina 25

15 OTTOBRE


Cara e preziosa İnci,

siccome il mio compito più sacro è rispettare le persone grandi e amare i più piccoli, per non mancare di rispetto scrivo questa lettera con l'aiuto di una persona grande e degna.

Il fatto che tu abbia scontato la tua pena e sia uscita è la maggiore consolazione per noi che siamo rimasti qui. Noi, che cerchiamo di migliorarci mentre aspettiamo che il nostro Stato ci salvi da questo posto.

Le persone più grandi di noi ci aiutano a distinguere ciò che è utile da ciò che potrebbe essere dannoso. L'altro giorno è stato distrutto davanti ai nostri occhi un libro per noi sciagurato, Lotta anticomunista.

A dire il vero, mi hanno rivelato che la parola "anticomunista" vuol dire "contro il comunismo". Ma alla fine anche quella è una forma di comunismo... I nostri superiori hanno già detto diverse volte che ogni tipo di comunismo è rovinoso... Per questo il fatto che il libro fosse strappato e mandato a bruciare è stata una lezione salutare per me.

Inoltre è curioso che un libro intitolato Lotta anticomunista fosse arrivato fino alla biblioteca del carcere: questo ci dimostra che le ideologie nefaste possono infiltrarsi dovunque, anche se hanno radici esterne.

È una saggia decisione eliminare un libro rovinoso per noi, prima che lo leggiamo. Se fossimo noi a stabilire che cosa ci è utile e che cosa potrebbe esserci dannoso, che bisogno ci sarebbe dei superiori?

Anch'io, quando sarò grande, distruggerò i libri pericolosi. Il fatto che i tedeschi, uno dei popoli più civili al mondo, nel 1933 e nel 1938 abbiano bruciato mucchi e mucchi di libri nelle piazze, dimostra quanto sia importante farlo per raggiungere il livello di civiltà contemporanea.

Come è giusto che i tedeschi, dopo i libri, abbiano bruciato pure gli uomini dannosi! E io voglio crescere il più presto possibile proprio per bruciare i libri e gli uomini nefasti, che i miei superiori mi indicheranno.

Nel frattempo, cerco di non mancare loro di rispetto. E sperando che anche tu ti comporti allo stesso modo con i tuoi superiori e non faccia niente che causi il tuo ritorno qui, con altrettanto rispetto ti bacio le mani.

I miei ossequi

Barış

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Pagina 49

30 MARZO


Sai cos'è successo oggi? Sono andato all'ospedale insieme a mia madre. Ti ricordi, una volta lei mi aveva dato in braccio a mio padre e lui mi aveva comprato una ciambella al sesamo lungo la strada. Ecco, era da allora che non uscivo.

Quanto è grande fuori! Anche il cielo è enorme. Sono stati tre giovani a portare mia madre all'ospedale. Avevano tutti il fucile. Se mia madre fosse fuggita, le avrebbero sparato. Ma lei non è scappata.

Uno dei giovani mi ha portato a passeggio nel giardino dell'ospedale. Vediamo se indovini cosa ho visto! Un aquilone!

L'avevo visto con te per la prima volta l'anno scorso. Non sapevo che cosa fosse: eri stata tu a dirmi che era un aquilone. Era enorme quello che avevamo visto insieme, ed era nel nostro cielo. Questa volta non era così grande. Ma era azzurro come l'altro. A quel giovane ho detto: "Guarda, è scappato un aquilone!"

"Fammelo vedere! Da dove sarà fuggito?"

"Dal nostro cielo. Ma non sparargli!"

A quel giovane sono venute le lacrime agli occhi quando ho detto così. Mi ha comprato una ciambella al sesamo. Esattamente come mio padre. Il giovane non ha sparato all'aquilone. Forse non avrebbe sparato neanche a mia madre. Quell'aquilone come ha fatto a scappare, İnci?

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