Autore Gilles Clément
Titolo Nuvole
EdizioneDeriveApprodi, Roma, 2011, n. 94 , pag. 120, ill., cop.fle., dim. 14x23x0,8 cm , Isbn 978-88-6548-022-9
OriginaleNuages [2005]
TraduttoreRoberto Gelini
LettoreSara Allodi, 2015
Classe viaggi , scienze naturali , natura , mare , ecologia












 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


Ai lettori                                5

Cargo                                     7

Il nome delle nuvole                     11

Rilievi, luce e paesaggio                25

Energie                                  33

Scale, frattali e concezione             45

Guerra di nuvole                         57

Giardinieri delle nuvole                 67

Cielo, strano distrattore                81

Il grado Lamarck                         93


Bibliografia                            116



 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 4

                    Diamo il nome di nuvole a vapori acquei sospesi all'interno
                    dell'atmosfera e che offuscano la sua trasparenza.

                                                            J.-B. LAMARCK, 1802





Ai lettori



Nuvole è un diario di bordo tenuto tra Le Havre e Valparaiso dal 18 settembre al 18 ottobre 2004.

La Monteverde è una nave cargo portacontainer tedesca battente bandiera di Antigua. Raggiunge il Cile in trentadue giorni partendo da Amburgo con tappe a Bilbao, Kingston (Giamaica), Cartagena (Colombia), Manzanillo (Panama), Buenaventura (Colombia), Guayaquil (Ecuador), Callao (Perù) e Valparaiso. Può trasportare il carico di cinquecento camion semirimorchiati, misura 207 metri di lunghezza e 30 di larghezza. La potenza del suo motore è di 23.400 cavalli.

Nuvole affronta le relazioni che intercorrono tra il giardiniere e il cielo delle meteore. Tra tutti i fenomeni che agiscono sulla natura la meteorologia resta il più inafferrabile, quello che l'uomo, a dispetto dei tentativi, non riesce a indirizzare a suo piacere.

È anche quello che modella i climi, le flore, i paesaggi.

È infine quello che ricopre il pianeta con un unico slancio, assicurandoci di una realtà ancora vacillante per le ragioni: Gaia, la Terra, la nostra dimora, funziona come un solo e unico essere vivente.

La relazione tra il viaggio e il cielo si snoda intorno a una figura: Jean-Baptiste Lamarck, naturalista, scienziato, pensatore universale, il primo a osare catalogare le nuvole e a dar loro un nome. Il primo a concepire un intimo legame tra gli esseri viventi, gli ambienti, i climi, lo spazio e il tempo. Il primo, dunque, a fornirci le chiavi del meccanismo dell'evoluzione e a fissarne le basi.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 7

Cargo



Noi siamo dentro l'acqua.

Pensiamo di respirare l'aria. Respiriamo l'acqua.

L'acqua non ci resta a distanza. Ci avvolge, ci penetra come fa con ogni organismo vivente e ogni oggetto inerte. La disamina dello spazio in cui ciascuno di noi è portato a vivere rivela che l'acqua ne occupa lo spessore, gli angoli più riposti, le altezze e le profondità.

L'acqua sembra venire dal cielo; le gocce, soggette alle leggi della gravità, cadono: è la pioggia.

Ma l'acqua sprofonda nel suolo, nutre le rocce fino al cuore, attraversa la crosta e si esaurisce. Nel passaggio si aggrega in falde, forma laghi e oceani invisibili ai quali attingiamo.

L'acqua di superficie scivola in mare; quel mare atlantico sul quale ora osservo l'acqua del cielo — le nuvole — appartiene a questa rete immensa da cui emergono gli umidi continenti.

Stiamo attraversando il Golfo di Guascogna: la nuvola è ovunque, immensa, inconfutabile. Ricopre il mare e vi si confonde. A tratti la superficie schiumosa segna una demarcazione, a tratti la nuvola e il mare si mischiano in un insieme grigio dalla bella consistenza.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 11

Il nome delle nuvole



La biosfera si estende dallo spazio agli abissi. Allo stato attuale delle conoscenze, la vita non eccede i limiti di questo territorio. Che coincidono con i limiti dell'espressione dell'acqua.

Più ci si allontana dal cuore del pianeta, più l'acqua assomiglia all'aria, invisibile, gassosa. Più ci si avvicina, più essa si esprime attraverso la propria massa, il proprio volume liquido o solido.

In questo sistema le nuvole occupano un posto a parte. Si presentano come acqua fluttuante nell'aria, né liquida, né solida — eppure un po' entrambe le cose —, organizzata in volumi distinti e alla deriva in balìa dei venti. All'interno del meccanismo circolare che va dall'acqua all'acqua — precipitazioni, oceani, evaporazione, condensazione, precipitazioni — le nuvole appaiono come il solo stato dell'acqua in sospensione visibile a occhio nudo. Il vapore acqueo, diffuso ovunque nell'atmosfera, resta invisibile.

Nuvola: aggregato di micro-goccioline in sospensione. Le gocce sono il risultato di una condensazione attorno a una particella. Senza particella — senza «impurità» — la condensazione non avviene. Il materiale particellare a disposizione ricopre un ambito esteso, dalle polveri di loss ai micro-organismi. Una nuvola non va considerata solo come acqua allo stato di vapore, di rugiada, ma come un insieme complesso, impuro e informato.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 19




- I termini che conserviamo della nomenclatura designano alcuni aspetti:

stratus: falda, strato;

cumulus: ammasso, cumulo, insieme circoscritto;

cirrus: velo, filamento.


- Il termine nimbus (pioggia: nimbostratus, cumulonimbus) si applica alle nuvole da pioggia, indica uno stato.

- Il termine alto si applica alle nuvole del livello intermedio.

- Si divide la troposfera in tre livelli, la cui altitudine varia insieme alle regioni climatiche del pianeta.


    Classificazione di Lamarck

    1.    Nuvole brumose
    2.    Nuvole definite
    3.    Nuvole a velo
    4.    Nuvole a brandelli
    5.    Nuvole gonfie
    6.    Nuvole a barre
    7.    Nuvole a spazzatura
    8.    Nuvole pezzate
    9.    Nuvole assembrate
    10.   Nuvole corridore
    11.   Nuvole raggruppate
    12.   Nuvole da tuono


    Classificazione di Poey a partire da Howard

    1.    Cirrus, nuvola affusolata
    2.    Cirrostratus, nuvola pezzata
    3.    Palliocirrus, nuvola a strato
    4.    Cumulus, nuvola montagnosa
    5.    Palliocumulus, nuvola piovosa
    6.    Fractocumulus, nuvola ventosa


    Classificazione odierna a partire dal suolo verso la sommità della troposfera

    1.  Stratus.         Strato o velo nuvoloso (0-200 m)
    2.  Stratocumulus.   Nuvole a ciottoli (600-2000 m)
    3.  Nimbostratus.    Strato nuvoloso alto (> 2000 m)
    4.  Cumulus.         Nuvole in ammasso (600-9000 m)
    5.  Cumulonímbus.    Nuvole in ammasso brillanti (9oo-9o0o m)
    6.  Altostratus.     Velo traslucido alto (2000-5000 m)
    7.  Altocumulus.     Ammasso raggruppato, cielo pezzato (2000-5000 m)
    8.  Cirrus.          Nuvole alte a filamenti (> 5000 m)
    9.  Cirrostratus.    Veli continui, cieli striati (> 5000 m)
    10. Cirrucumulus.    Veli cumoliformi, aspetto ondulato (> 5000 m)
    11. Scie di condensazione. Motori a reazione (10.000 m)
    12. Nuvole madreperlacee e nottilucenti. Stratosfera (85.000 m)

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 27

Fissando l'oceano, i piani di riferimento spariscono. Il vento spiana le onde; la schiuma ripartita in uguale densità fa del mare un tessuto mosso senza autentica prospettiva. La sensazione di distanza nasce dalla profondità delle linee fino all'orizzonte, ma quest'idea — di distanza — si esaurisce nel campo circolare della visione. Senza riferimenti fissi, non c'è distanza. Grazie al cielo — intendo dire ciò che esiste sopra l'acqua — un'illusione di distanza emerge dalla presenza dei vascelli che lo attraversano: le nuvole.

In ordine sparso, raggruppate, assemblate a fascia, disposte come mammelle o in altro modo, le nuvole forniscono indicatori spaziali. Al di sopra del piano uniforme al quale talvolta assomiglia il mare, compongono un rilievo con pendenza, contro-pendenza — versante soleggiato, versante in ombra a seconda dell'ora del giorno —, faccia illuminata, faccia in ombra, chioma, distensione, blocco o riflesso di luci. Diffusione.

L'acqua fa le nuvole.

La luce fa il paesaggio.

Per esserne sicuri nessun altro luogo meglio dell'oceano.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 30

Il cielo e l'oceano possiedono rilievi propri, mutevoli, difficilmente percepibili. Possiamo immaginare il rilievo di un cielo a partire da quello delle nuvole, dove ciascuna ha la propria forma e i propri versanti. Possiamo percepire nettamente il rilievo inferiore dei cieli. Per comprendere il rilievo superiore occorre spostarsi in altezza. Sopra gli oceani il rilievo immediato si esprime con il maroso; presentiamo un mutamento del rilievo globale dal movimento delle maree, ma non possiamo vederlo.

I due grandi fluidi terrestri, l'aria e l'acqua, si deformano per effetto della pressione atmosferica. L'acqua, incomprimibile, contemporaneamente si abbassa qua e là mentre si alza altrove. L'aria, comprimibile, subisce deformazioni più complesse di cui possiamo misurare gli effetti a distanza dallo stato del cielo. I meteorologi stabiliscono carte isometriche per ogni sorta di misura, soprattutto per le misurazioni di pressione calcolate in millibar o ettopascal. Tracciano curve topografiche di superfici isobare che forniscono il rilievo del cielo. Un aliante segue le curve di questo rilievo, sale e scende i declivi invisibili dell'aria né più né meno di un'automobile che sale e scende i versanti di una montagna. L'aliante sale con le correnti ascendenti calde mentre la pressione diminuisce. Per farlo, prende in prestito degli ascensori termici forniti da nuvole. Poi lascia queste zone depressionarie per planare in un settore fresco nel quale la pressione aumenta e le nuvole lasciano posto al cielo sereno. Ciò che fa alzare l'aliante corrisponde a una quota decrescente in millibar, ciò che lo fa scendere a una quota crescente.

Col «bel tempo» - forte pressione - l'inquinamento è mantenuto al suolo dentro una nuvola verde-marrone e gialla al di sopra delle città. Per un giardiniere, un piovoso «cattivo» tempo, carico di nutrimento, vale più di un pericoloso «bel» tempo.

Il modo di annunciare il bello e il cattivo tempo si rivolge ai cittadini organizzandone il tempo libero a partire dal sole. Il meteo si rivolge al mondo dei consumatori, dimentica i giardinieri, gli agricoltori, i medici a cui Lamarck indirizzava le proprie osservazioni e raccomandazioni. Solo il meteo marino, poema oscuro cosparso di ettopascal, va dritto ai naviganti del mare e del cielo. Ci s'immagina che i dispositivi volanti godano degli stessi dettagli; il comune mortale non ha invece diritto a informazioni oggettive. Bisogna motivarlo adattando il linguaggio a quello dei supermercati, niente più.

[...]

È comunque possibile stabilire due grandi modelli del rilievo dei fluidi sul globo; ognuno dei quali si traduce con «curve di livello» di isobare a immagine dei rilievi cartografici utilizzati da paesaggisti, architetti e geografi.


A livello del mare si osserva:

– un centro anticiclonico ai poli,

– una cintura depressionaria verso il 60° parallelo,

– una cintura anticiclonica verso il 300 parallelo, tra cui l'anticiclone centrato sulle Azzorre nell'emisfero nord, e quello centrato sull'Isola di Pasqua nell'emisfero sud,

– una zona depressionaria all'equatore, dove compare il «pot au noir», settore turbolento temuto dai naviganti.


In quota i fenomeni s'invertono, vaste zone depressionarie circolano sopra i poli e pressioni altissime caratterizzano le zone tropicali.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 36

L'idea che il mare, un giorno, possa inclinarsi non verrebbe a nessuno. Su questa rivelazione lascio l'isola, ritenendo di aver condiviso a sufficienza la vacuità delle anime in vacanza. A Papeete un commentatore propone un'interpretazione ardita.

L'esplosione del vulcano Chichón nel Messico, l'anno scorso, provoca una considerevole nuvola di cenere. I venti la trasportano sopra il polo Nord, dove contribuisce al riscaldamento della banchisa che inizia a sciogliersi. L'oceano perde mezzo grado. Questa differenza produce una serie di depressioni che si trasformano in cicloni in corrispondenza dei mari caldi. L'alternanza di zone ad alta e bassa pressione sopra l'oceano crea dei vuoti e degli sbalzi. Noi siamo dentro un vuoto.

Magnifico

L'esplicazione ben condotta, benché scientificamente discutibile, soddisfa tutti. Si separa il sapere dall'incantesimo. I meteorologi fanno sognare. Sono diversi anni che mi attengo a questa versione, ritenendo che l'effetto farfalla trovi qui una bella spiegazione, anche se la farfalla con le sue tonnellate di cenere stava esagerando di brutto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 38

La comparsa di una nuvola corrisponde al cambiamento dello stato dell'acqua. Dallo stato di vapore, invisibile, al contatto con l'aria fredda l'acqua passa allo stato di microgoccioline. Questo cambiamento libera calore. L'evaporazione, cambiamento inverso, ne consuma. La nuvola orografica di città del Capo (Table Cloth) può essere vista come una macchina perpetua che libera calore e lo riprende. Funziona finché l'aria che contiene dell'acqua è in grado, in un momento dato, di condensarsi e finché il vento del mare apporta aria umida.

Il nostro corpo può essere considerato come una macchina per cedere e riprendere energia a partire dall'acqua che contiene e che lo circonda. Al fine, appunto, di regolare la propria temperatura. La traspirazione, evaporando, raffredda la superficie del corpo. Non tutti i mammiferi hanno questo vantaggio di superficie. I cani evaporano aumentando la frequenza respiratoria (polipnea). Un cane caldo in inverno alita molte piccole nuvole.

Una nuvola in sé è una massa energetica. Fra tutte le formazioni nuvolose il cumulonimbus è quello che traduce meglio il funzionamento del sistema. Condensandosi, l'acqua libera del calore che riscalda la nuvola (il sistema) e la fa salire. Salendo la nuvola si raffredda, si condensa, si riscalda di nuovo e sale ancora. La nuvola si auto-energizza a partire da una sorgente continua di aria umida. Può raggiungere così altezze e volumi considerevoli gonfiandosi continuamente, fino a toccare i limiti della troposfera, dove la massa germinante capeggia in forma d'incudine.

Alcune, sotto i tropici, superano tali limiti raggiungendo talvolta i 18.000 metri. In questi casi la parte superiore normalmente piatta subisce una spinta verticale, segno di forte tempesta. Dei pacchetti di nuvole generate da questa spinta possono circolare per qualche tempo agli strati inferiori della stratosfera prima di sprofondare e sparire.

Il cumulonimbus è la sola formazione che unisce tutti i livelli della troposfera tra i 600 e i 12.000 metri. Solo gli strati e la nebbia si spostano sotto la soglia dei 600 metri, tutte le altre formazioni, dal cumulus ordinario al cirrus d'altitudine, si dispongono distintamente a piani nell'atmosfera. Ne risulta un'intensa mescolanza (brassage) verticale, mentre in qualunque altro luogo gli elementi si dispongono a strati.

Per un giardiniere significa che le piogge generate da cumulonimbus – spesso burrascose – sono cariche di impurità (dunque di nutrimento o di veleni), molto più variegate di quelle generate da una nuvola semplice che ha visto formarsi le sue goccioline in sospensione in un solo strato della troposfera.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 41

Tuttavia c'è molto da sperare nella risposta dell'ambiente.

In biologia, la risposta appare solo quando l'ambiente sollecitato fino al suo punto di squilibrio si aggiusta per far cessare la sollecitazione, trovando un nuovo punto di equilibrio. Per esempio, l'estensione dell'elodea canadensis, pianta acquatica espansiva, giudicata allarmante in Europa negli anni Sessanta, si è risolta vent'anni dopo in una stabilizzazione successiva a una significativa regressione, fino al punto di equilibrio in cui la pianta non disturba più gli ambienti che occupa. Senza riuscire a comprendere le ragioni di questo nuovo aggiustamento, si parla di risposta dell'ambiente.

La risposta dell'ambiente può essere assimilata a ciò che la teoria del caos propone con il nome di retroazione. «Se i prezzi salgono troppo, la domanda cade e i prezzi calano» è un esempio di retroazione.

Può anche essere assimilata a ciò che Ilya Prigogine indica con il termine di strutture dissipative. Prigogine distingue gli stati in equilibrio, vicini all'equilibrio e lontani dall'equilibrio all'interno di un sistema aperto, caso dei sistemi biologici. Una piccola aggiunta di elodea canadensis in un ecosistema in equilibrio non modifica l'equilibrio in maniera significativa. Una proliferazione, al contrario, allontana il sistema dal suo equilibrio. Prigogine mostra che nei sistemi lontani dall'equilibrio le cose si riorganizzano in modo spettacolare (risposta dell'ambiente). C'è una trasformazione del disordine — da lui assimilato al caos termico — in ordine. «Nuovi stati dinamici possono creare degli stati che riflettono l'interazione di un sistema dato col suo ambiente». Prigogine chiama questi nuovi stati strutture dissipative, poiché per mantenersi necessitano di maggiore energia.

Queste proposizioni si riferiscono ai meccanismi dell'universo. Richiederebbero dei riaggiustamenti per tradurre il principio di risposta dell'ambiente applicato agli ecosistemi.

Parlando di nuvole, l'ambiente è un insignificante strato chiamato troposfera che fa da aureola all'essere fragile e reattivo chiamato Gaia. Nella loro ipotesi, James Lovelock e Lynn Margulis considerano la Terra come un solo e unico essere vivente che si autoregola.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 45

Scale, frattali e concezione



Nuvole propone di rompere con la separazione delle scale. Per Gaia non ci sono piccole o grandi nuvole, ma soltanto dell'aria contenente dell'acqua al punto di rugiada. Poi, la disposizione dei rilievi, la ripartizione delle correnti, le temperature, le pressioni organizzano le masse d'aria in nuvole di differenti tipi. La molecola d'acqua prigioniera di un cirro non appartiene al cirro, si limita a passarci. Da ciò che sappiamo del ciclo dell'acqua, la molecola non staziona più di dieci giorni allo stato di sospensione gassosa. Appartiene all'acqua biosferica, nostro bagno quotidiano.

Tuttavia, in questa vasta meccanica, la goccia, il dettaglio, è indubbiamente di grande importanza. Possiamo vedere l'intero insieme biologico come un sistema caotico dotato di dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali. Cambiamenti infinitesimali — o apparentemente irrilevanti — nelle condizioni di partenza conducono in seguito a mutamenti maggiori.

[...]

L'apporto più sorprendente fornito dalla scienza negli ultimi decenni per cogliere il groviglio del mondo reale viene dal concetto illuminante di «geometria frattale». Rivolgendo la propria attenzione all'irregolarità delle cose o dei funzionamenti – detto altrimenti, a tutto ciò che non è descrivibile con la geometria euclidea – Mandelbrot scopre una categoria fin qui non descritta le cui proprietà sono, tra le altre, di riprodurre l'irregolarità in tutte le scale. «Un oggetto frattale ha sempre lo stesso aspetto, che lo si guardi da vicino o da lontano: è autosomigliante».

L'esempio più conosciuto, la misura delle coste bretoni, mostra che cambiando la scala di misurazione la lunghezza delle coste cambia, benché si tratti sempre dello stesso oggetto misurato. Con l'aiuto di un regolo di un metro che non riesce ad arrivare agli angoli più riposti, si ottiene una lunghezza inferiore a quella ricavata con un regolo di 50 centimetri, a sua volta inferiore alla lunghezza ottenuta con un regolo di 5 centimetri, e così all'infinito. Più la scala di misura diminuisce più la costa si allunga.

Mandelbrot chiama frattali gli oggetti dotati di una capacità frazionaria, come la costa bretone, e dimensione frattale un modo per misurare qualità prive di definizione matematica quali la rugosità, la rottura, l'irregolarità...

Questo mezzo permette di affrontare lo studio di sistemi fino a quel momento divisi in frazioni geometriche fissate a partire dalle tre dimensioni euclidee, momentaneamente abbandonate a favore di una dimensione qualitativa del sistema. I frattali si applicano immediatamente alla natura, agli esseri complessi che vi soggiornano, ai frammenti dei loro apparati vitali: rilievi, alberi, rami, nervazioni, reticoli sanguigni... ma anche alle nuvole (una delle prime esperienze di Mandelbrot consiste nella «fabbricazione» di una nuvola). È così che appaiono possibilità di ricerca prima sconosciute all'interno del mondo in movimento. Il meteo deve molto ai frattali, ma di contro l'intera teoria del caos deve molto al meteo.

Per noi che lavoriamo su progetti da architetto, i frattali evocano il cambiamento di scala delle coste bretoni in un senso non indicato da Mandelbrot, quello della concezione.

Un mondo misterioso in cui le idee vengono, s'imbrogliano, annegano nelle pattumiere e finiscono, per decantazione, per ristagnare durevolmente in forma di disegni. Questo è un progetto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 83

È così che convivono gli dèi della pioggia e del bel tempo, gli angeli e i demoni delle civilizzazioni, per i quali ogni cosa porta un'anima e ogni anima un protettore con residenza nell'alto dei cieli. Alcuni abitano le valli ombrose, le foreste, la cima delle montagne, ovunque l'uomo rinunci a insediarsi; dove invece s'insedia il mondo inespugnabile delle superstizioni.

Vi si aggiungono le figure scaturite dalle civiltà che hanno scelto un solo dio, accompagnato, per compensare alla scarsità del numero, da una schiera di fedeli diversamente canonizzati.

Essendo il cielo infinito, ci si può mettere quel che si vuole.

Possiamo immaginare feste celesti in cui banchettano insieme Shiva, Brama, Allah, Rinpoche, Toutatis, Gesù, Yahvé, Thor, Atena, Isis e il mio vicino Lucien che se l'è ben meritato.

Le cose si fermerebbero lì, nel migliore dei cieli, se il mondo immaginato dagli uomini che popolano il firmamento non si trovasse sottomesso al castigo dei dogmi e delle religioni, dove ciascuno deve mostrare l'eccellenza della propria arte. O, peggio ancora, provare che questa strada è l'unico accesso al perdono, al paradiso, alla redenzione eterna.

A quel punto per il meteo si mette male.

Scoppiano le guerre. Ovunque il tuono delle armi e dei cieli. Immensa baruffa in fondo alla quale il solo perdente che si può immaginare, l'uomo colpito nella sua carne, si accampa sulle proprie sconfitte e ricomincia. Ciascuno invoca il proprio dio, a lui si rimette, moltiplica le offerte, le preghiere, costruisce templi, elabora riti, redige bibbie, fissa le regole dell'unico accesso alla sublime porta di cui con fervore pianta i cardini, immaginando che solo per lui si aprirà il giorno del giudizio.

Allora, in uno slancio magnifico e stupido, occhi bendati, cannoni pronti, parte all'assalto dei simboli estranei alla sua fede, ben deciso a far sparire quelli che li hanno eretti. La distesa dei campi di rovine, all'altezza delle credenze, mostra l'umana potenza concessa ai crociati; ma fino a prova contraria non mostra la forza degli dei.

È come se la religione, nelle sue contraddizioni, riuscisse continuamente a distruggere la supposta armonia del paradiso. Interviene come un elemento di disturbo nel sistema di relazioni intrattenute dall'uomo con l'invisibile. Anziché allargare il campo delle proiezioni spirituali, lo riduce al dogma e alla catechesi. In un certo senso — e quale che sia l'obbedienza — si presenta come la parte non spirituale dello spirito umano. Ribadisce l'asservimento alle regole settarie di un gruppo che ha immaginato l'unica strada per orientare l'anima. La sua forza proviene dagli strumenti dispiegati per convincere e dalle vittorie ottenute in battaglia.

Nel caso Dio esista – in molteplici pantheon o tutto solo nel suo angoletto – le religioni sarebbero la prova irrefutabile della sua non-esistenza. Quale dio accetterebbe di dare credito ai disastri condotti in suo nome?

Il sistema d'intercessione tra il visibile e l'invisibile è da rivedere. Il recentissimo arrivo dell'uomo sulla Terra — appena qualche milione di anni fa — chiarisce forse queste divagazioni. In cui il cielo e le nuvole accompagnano gli spiriti santi. Sul soffitto della Cappella Sistina, Dio, nell'atto di creare l'uomo, emerge da un Cumulus congestus di vigorosa ampiezza. Dobbiamo concedere che la religione ha il potere di scatenare l'ispirazione, di mobilitare le energie necessarie a creare capolavori.

Niente ci dice che Michelangelo avesse fede. Tutto ci prova che avesse spirito. E nello spirito quella potenza capace di trascinarci quali che siano le nostre credenze. È strano che a dispetto delle abiezioni a cui porta il genere umano, le religioni producano le opere più alte del suo genio: architettura, pittura, musica... Ovunque sia concepibile trasformare l'apparenza delle cose, le forme, i colori, i suoni, in un mondo ampio e fluttuante, destinato a liberare lo spirito equilibrandolo.

Per questa sola ragione — e questa soltanto, la produzione di meraviglie — potremmo concedere alla fede il diritto di regolarsi i suoi conti ideologici?

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 101

I giardinieri non hanno mai smesso di consultare il cielo: il vento, le nuvole, soprattutto la luna; a partire dai suoi movimenti e dalle sue fasi essa determina i comportamenti dei vegetali per un lasso di tempo che può arrivare a un ciclo. Il vento soffia soltanto qualche ora, il passaggio da una luna nuova alla successiva richiede 28 giorni. Alcune condizioni favoriscono la crescita dei germogli, altre la inibiscono o la riducono. Il moto degli astri fissa l'agenda del giardiniere. Ci sono dei giorni – a volte delle ore – che sono più adatti alla semina delle «verdure da foglia», altri alla semina delle «verdure da frutto» o «da radice» oppure «da fiore»... I calendari pubblicati dalle correnti di agricoltura biodinamica raggiungono sorprendenti livelli di precisione, difficili da seguire se non ci si dedica integralmente a questo lavoro, ma sempre coronati da risultati superiori a quelli ottenuti senza tener conto di tali parametri. La scuola steineriana e altre hanno svolto un ruolo importante nella propagazione delle tecniche moderne di agricoltura biologica, in Europa, verso la metà del XX secolo. Ci si procurava i preziosi calendari per affiliazione alle relative scuole. Oggi fanno bella mostra sulle riviste specializzate a grande tiratura. È ormai banale fare giardinaggio seguendo la luna e il resto del cielo. Banale ma marginale.

Le colture fuori suolo, in vitro, in serra, per le quali i parametri più fluttuanti sembrano sotto controllo, lasciano supporre che le influenze esterne, ormai trascurabili, non siano più degne di interesse. La scienza, trainata dall'economia, si rivolge alle colture industriali di precisione, abbandona il giardiniere ordinario alle lobby della chimica e si fa beffe del cielo.

Del cielo dei giardini.

Per il resto la scienza va avanti a lavorare, svela con precisione la composizione dell'aria, pesa le molecole a livello dell'esosfera, analizza la luce e arriva fino alle stelle. Ma l'incidenza di questa consistenza, di cui conosce così bene gli elementi, sugli esseri sottoposti a gravità, provvisti di un fluido, di una densità e di un programma biologico le resta oscura. In mancanza di volere o di potere integrare i parametri in gioco, qui alquanto complicati, il cielo del giardiniere sfugge alla scienza ma continua a sorreggere l'orto empirico di milioni di persone.

L'entità biologica, nella sua complessità, sfugge alla dissezione del sapere, rifugge le semplificazioni, si rende irriducibile all'analisi. Siamo sul terreno della plasticità, in cui si disegnano, a probabile insaputa del vivente, le piste dell'evoluzione.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 105

Il meteo ci informa sul numero di millimetri caduti il tal giorno nel tal lasso di tempo. Ma non dice mai cosa c'è nell'acqua.

L'acqua resta l'unica risorsa di dispiegamento biologico. La sua alterazione modifica le condizioni di questo dispiegamento.

Sappiamo quanto pesi una nuvola, qual sia la sua energia. Ma al di fuori dell'acqua che contiene — elemento neutro —, dal punto di vista della vita non sappiamo cosa significhi.

Una pioggia acida e una pioggia di loss non hanno lo stesso effetto sul giardino.

Dal momento che emettiamo fumi, tossine, gas, dal momento che interveniamo sulla composizione chimica degli ambienti acquosi e raccogliamo acqua piovana, dovremo pur deciderci a conoscere la composizione di una nuvola che minacciamo e che ci minaccia.

[...]

Potremmo definire il grado Lamarck come l'indice biologico delle nuvole: la capacità di sviluppare la vita. Prendendo come estremi della scala – è un esempio – una nuvola acida e una nuvola di loss; definendo delle soglie a partire dalle quali può risultare buono o cattivo trovarsi sotto la pioggia. Omaggio al naturalista, ma anche a Yves Delange, il suo più raffinato biografo e come lui naturalista ed erudito.

La coscienza di essere favoriti o danneggiati dagli elementi provenienti da un altro luogo, a discrezione del vento, colloca l' altro luogo – paese incerto, forse nemico – nel nostro stesso giardino. L'unico modo per farsene una ragione è quello di piegare le possibilità perché questo lontano non porti la morte.

Ciascuno è parte del gioco, ciascuno è lontano da un altro, è evidente come l'acqua del cielo mantenga l'intera umanità sotto lo stesso programma.

Allora, questa coscienza – Gaia –, misura di una medesima vita sul pianeta, cessa di risiedere in forma di simbolo nei testi degli scienziati e diventa realtà.

Il grado Lamarck non corrisponde alle scale della normale fisica: si applica in blocco a una macchina estesa in cui l'uomo, ingranaggio imprevedibile, gioca un ruolo discriminante.

Il grado Lamarck è uno strumento per la misurazione dei sistemi soggetti a evoluzione.

| << |  <  |