Copertina
Autore Michael Crichton
Titolo Andromeda
EdizioneGarzanti, Milano, 1992 [1969], Gli elefanti , Isbn 978-88-11-66713-1
OriginaleThe Andromeda Strain [1969]
TraduttoreVincenzo Mantovani
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe fantascienza , narrativa statunitense
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Pagina 145

Ma questo poteva non essere valido per tutti i punti dell'universo. In altri luoghi la vita poteva progredire nella direzione opposta: verso forme sempre più piccole. Come la moderna tecnologia umana aveva imparato a rimpicciolire gli oggetti, forse pressioni evolutive più avanzate portavano a forme di vita più piccole. Le forme più piccole godevano precisi vantaggi: minor consumo di materie prime, minor spesa per i voli spaziali, meno problemi di alimentazione...

Forse la forma di vita più intelligente su un pianeta lontanissimo non era più grande di una pulce. Forse non era più grande di un batterio. In tal caso il Progetto Wildfire avrebbe potuto mettersi a distruggere una forma di vita altamente sviluppata, senza mai rendersi conto di quello che faceva.

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Pagina 194

Solo i microrganismi sospesi nell'aria erano micidiali.

I microrganismi nei cadaveri erano inofessinvi.

In un certo senso, era prevedibile. Lo facevano supporre le teorie della conciliazione e del reciproco adattamento tra i batteri e l'uomo. Da molto tempo Burton s'interessava di questo problema, e alla scuola di medicina della Baylor aveva tenuto varie conferenze sull'argomento.

La gente, quando si parlava di batteri, pensava subito alle malattie. Ma la verità era che solo il 3 per cento dei batteri facevano insorgere malattie nell'uomo: tutti gli altri erano innocui o benefici. L'intestino dell'uomo, per esempio, ospitava una quantità di batteri utili al processo digestivo. L'uomo aveva bisogno di loro, e ci contava.

In realtà, l'uomo viveva in un mare di batteri. Erano dappertutto: sulla pella, in bocca, nelle orecchie, nei polmoni, nello stomaco. Tutto quello che l'umo possedeva, tutto quello che toccava, ogni respiro che traeva, formicolava di batteri. I batteri erano dappertutto. Ma non ci si badava quasi mai.

Una ragione c'era. Tanto l'uomo quanto i batteri si erano abituati l'uno agli altri, avevano sviluppato una specie di mutua immunità. Si erano, insomma, adattati reciprocamente.

E questo, a sua volta, per una validissima ragione. Tra i capisaldi della biologia c'era il fatto che l'evoluzione tendeva verso un aumento del potenziale riproduttivo. Un uomo facilmente ucciso dai batteri aveva scarsi poteri di adattamento; non viveva abbastanza a lungo per potersi riprodurre.

Anche il batterio che uccideva il suo ospite aveva scarsi poteri di adattamento. Perchè tutti i parassiti che uccidono i loro ospiti sono un fiasco. Devono morire quando muore l'ospite. I parassiti veramente «in gamba» erano quelli capaci di viviere nell'ospite, e dell'ospite, senza ucciderlo.

E gli ospiti migliori erano quelli che riuscivano a tollerare il parassita, o addirittura a trasformarlo in un vantaggio, facendolo lavorare per loro.

«I batteri che si sono adattati meglio,» diceva sempre Burton, «sono quelli che provocano il minor numero di malattie, o addirittura nessuna. Per sessanta o settant'anni puoi portare su di te lo stesso "streptococco viridans". In tutto questo tempo cresci e ti riproduci allegramente; e così pure lo "streptococco". Puoi portarti in giro lo "stafilococco aureus" e pagare soltanto lo scotto di qualche foruncolo e qualche sfogo di acne. Puoi continuare a vivere con la tubercolosi per molti decenni, o girare con la sifilide una vita intera. Queste ultime non sono certo malattie di poco conto, ma sono assai meno gravi di una volta, perché sia l'uomo sia il microrganismo si sono adattati.»

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Pagina 231

Gli aminoacidi erano il materiale da costruzione delle proteine. Ce n'erano ventiquattro di noti, ciascuno dei quali si componeva di una mezza dozzina di molecole di carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. Le proteine si formavano attaccando gli aminoacidi l'uno all'altro, come un treno merci. L'ordine della fila determinava la natura della proteina: se era insulina, emoglobina oppure l'ormone della crescita. Tutte le proteine erano formate dagli stessi carri merci, dalle medesime unità; alcune avevano più carri di un tipo che di un altro, o in un ordine diverso. Ma questa era l'unica differenza. Gli stessi aminoacidi, gli stessi carri merci, esistevano nelle proteine dell'uomo e in quelle delle pulci.

Per scoprire questa realtà c'era voluta una ventina di anni.

Ma che cosa controllava l'ordine degli aminoacidi nelle proteine? La risposta fu il DNA, la sostanza destinata alla codificazione genetica che agiva come un deviatore in uno scalo merci.

Per scoprire quest'altra realtà c'erano voluti altri vent'anni.

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