Copertina
Autore Michael Crichton
Titolo Il mondo perduto
EdizioneGarzanti, Milano, 1996, Narratori moderni , Isbn 978-88-11-66096-5
OriginaleThe Lost World [1995]
TraduttoreMaria Teresa Marenco
LettoreRenato di Stefano, 1996
Classe fantascienza , narrativa statunitense
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Pagina 9

INTRODUZIONE
Estinzione al limite K-T


L'ultima parte del ventesimo secolo ha segnato un intensificarsi dell'interesse scientifico nei confronti dell'estinzione.

Non è precisamente un argomento nuovo: già nel 1786, poco dopo la rivoluzione americana, il barone Georges Cuvier aveva per la prima volta dimostrato che le specie si estinguono. L'estinzione era quindi un fatto accettato dagli scienziati quasi tre quarti di secolo prima che Darwin elaborasse la sua teoria dell'evoluzione. E in seguito, nel proliferare delle controversie sollevate dalle sue teorie, di rado è stata contemplata la questione dell'estinzione.

Anzi, l'estinzione veniva di norma considerata un evento banale, un po' come un'auto che resta senza benzina. Era semplicemente una prova di mancato adattamento. L'adattamento, in sé, era oggetto di intensi studi e accesi dibattiti. Ma il fatto che alcune specie si estinguessero non veniva preso in seria considerazione. Cos'altro c'era da dire sull'argomento? Tuttavia, due svolte verificatesi negli anni Settanta del nostro secolo fecero sì che si cominciasse a guardare all'estinzione in modo del tutto nuovo.

Si riconobbe, in primo luogo, che l'enorme incremento della popolazione stava modificando rapidamente il pianeta, eliminando habitat tradizionali, riducendo l'estensione della foresta pluviale, inquinando aria e acqua, e forse addirittura cambiando il clima della Terra. In questo processo si andavano estinguendo molte specie animali. Alcuni scienziati lanciarono grida d'allarme; altri furono meno espliciti ma non meno preoccupati. Quanto era fragile l'ecosistema? La specie umana aveva adottato un comportamento che l'avrebbe portata all'estinzione?

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LA ROVINA DEL GIOCATORE


Mentre risaliva la pista, Malcolm tenne d'occhio il monitor sul cruscotto dove si susseguivano le immagini riprese dalle varie telecamere. Stava cercando Dodgson e il resto del suo gruppo.

Attraverso la radio Levine chiese: «Com'è la situazione?,..

«Hanno portato via un uovo», rispose Malcolm, «e abbiamo dovuto abbattere uno dei piccoli».

«Quindi ne abbiamo persi due. Su una covata di quanti... sei?».

«Appunto».

«Francamente non mi sembra una gran tragedia», disse Levine. «Basta che impediate a quella gente di fare altri danni».

«Li stiamo cercando», spiegò Malcolm, cupo.

«Era inevitabile, Ian», disse Sarah. «Non puoi pensare di osservare gli animali senza causare alterazioni. E' scientificamente impossibile».

«Naturale», confermò Malcolm. «E' la massima scoperta scientifica del ventesimo secolo. Non puoi studiare niente senza modificarlo».

Da Galileo in poi, gli scienziati si erano convinti di essere osservatori obiettivi della natura. Questo era implicito in ogni aspetto del loro comportamento, anche nella formulazione degli articoli scientifici, quando dicevano cose come «Si è osservato... », come se non fosse stato un individuo a condurre l'osservazione. Per trecento anni questo atteggiamento impersonale era stato tipico della scienza. La scienza era oggettiva e l'osservatore non influiva sui risultati descritti.

Questa attività differenziava le scienze dalle materie umanistiche o dalla religione, campi dove il punto di vista dello studioso era parte integrante delle conclusioni.

Ma nel nostro secolo questa differenza era scomparsa. L'obiettività scientifica si era cancellata, anche ai livelli più essenziali. Adesso i fisici sapevano che non si può neppure misurare una singola particella subatomica senza influire fortemente su di essa. Se si applicano gli strumenti per misurare la posizione di una particella, se ne altera la velocità. Se si misura la velocità, se ne altera la posizione. Su questo si basa il principio di indeterminazione di Heisenberg: che si modifica tutto ciò che si studia. Alla fine fu chiaro che tutti gli scienziati facevano parte di un universo in cui nessuno poteva essere un semplice osservatore.

«Lo so che l'obiettività è impossibile», disse Malcolm spazientito. «Non è questo che mi preoccupa».

«E allora cus'hai in mente?».

«La rovina del giocatore», rispose Malcolm fissando il monitor.

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Pagina 347

«Avete mai provato a costruire una casa? In confronto è un lavoro semplice. Ciononostante gli operai costruiscono le scale in modo sbagliato, applicano i lavandini al contrario, e non posano le piastrelle al momento giusto. Molte cose possono andare storte. Mentre la mosca che si posa sul panino dell'operaio è perfetta. Ehi! Vacci piano!».

«Scusa», disse Sarah continuando a pulire la ferita.

«Ma il punto è che siamo a stento capaci di descrivere questo complesso processo di sviluppo, e non lo capiamo appieno. Vi rendete conto di quanto limitata sia la nostra comprensione? Da un punto di vista matematico, possiamo descrivere due cose interagenti, come due pianeti nello spazio. Ma descrivere tre cose interagenti - tre pianeti nello spazio - be'... quello diventa un problema. E non riusciamo affatto a descrivere quattro o cinque cose interagenti. E nella cellula ci sono centomila cose che interagiscono. Si deve rinunciare all'impresa. Tutto è talmente complesso che viene da chiedersi come possa verificarsi la vita. Alcuni ritengono che la risposta stia nel fatto che le forme viventi si autorganizzano. La vita crea un suo ordine, nel modo in cui la cristallizzazione, crea ordine. Alcuni ritengono che la vita si autorganizzi come un processo di cristallizzazione, ed è così che si raggiunge la complessità.

«Perché, anche se ignoraste dei tutto la chimica fisica, potreste porvi gli stessi interrogativi guardando un cristallo. Vedendo quelle perfette sfaccettature geometriche, potreste chiedervi: che cosa controlla questo processo? Come mai il cristallo arriva ad assumere una forma così perfetta, e ad avere un aspetto tanto simile a quello degli altri cristalli? In realtà un cristallo è solo il modo in cui le forze molecolari si dispongono in forma solida. Nessuno controlla il processo. Avviene spontaneamente. Porsi molti interrogativi su un cristallo significa non capire la natura fondamentale dei processi che portano alla sua creazione.

«Forse anche le forme viventi sono una sorta di cristallizzazione. Forse la vita si verifica e basta. E forse, proprio come avviene per i cristalli, le cose viventi hanno un loro ordine generato dagli elementi che interagiscono. Bene: una delle cose che possiamo apprendere dai cristalli è che quell'ordine può insorgere molto rapidamente. Puoi avere un liquido in cui le molecole si muovono a caso, e un istante dopo si forma un cristallo in cui tutte le molecole sono disposte in un rigoroso ordine. Dico bene?».

«Giusto ... ».

«Pensiamo adesso alle interazioni di forme viventi che costituiscono un ecosistema. Questo è ancor più complesso di un singolo animale. Prendiamo la yucca, per esempio. Conoscete quest'esempio?».

«Raccontaci».

«La yucca ha bisogno di un particolare insetto che raccoglie il polline formando una pallina che trasporta poi in un'altra pianta - non un altro fiore della stessa pianta - fecondandola. Solo a quel punto l'insetto depone le uova. La yucca non può sopravvivere senza quell'insetto. E l'insetto non può sopravvivere senza la yucca. Interazioni complesse come queste ti fanno pensare che forse anche il comportamento sia una sorta di cristallizzazione».

«Stai parlando metaforicamente?», chiese la Harding.

«Parlo dell'ordine della natura», rispose Malcolm. «E di come possa emergere con grande rapidità grazie alla cristallizzazione. Perché gli animali complessi possono presentare una rapida evoluzione comportamentale. I mutamenti posono verificarsi molto velocemente. Gli esseri umani stanno trasformando il pianeta, e nessuno sa se questo sviluppo sia pericoloso o no. I processi comportamentali possono verificarsi con una velocità maggiore di quanto di norma si pensi. In diecimila anni gli esseri umani sono passati dalla caccia all'agricoltura al ciberspazio. Il comportamento procede a tutta velocità, e potrebbe rivelare un'incapacità di adattamento. Nessuno lo sa. Anche se io personalmente ritengo che il ciberspazio rappresenti la fine della nostra specie».

«E perché?».

«Perché implica la fine dell'innovazione», spiegò Malcolm. Quest'idea di un mondo interamente cablato significa morte di massa. Tutti i biologi sanno che piccoli gruppi in isolamento si evolvono rapidamente. Metti mille uccelli su un'isola in mezzo all'oceano e la loro evoluzione sarà rapida. Ne metti diecimila su un continente, e l'evoluzione rallenta. Ora, nella nostra specie l'evoluzione si verifica soprattutto attraverso il comportamento. Per adattarci noi lo mutiamo. E, come tutti sanno, l'innovazione si verifica solo in gruppi ristretti. Se hai una commissione formata da tre persone, forse qualcosa si riesce a fare. Con dieci, diventa più difficile. Con trenta, tutto si blocca. Con trenta milioni, diventa impossibile. Questo è l'effetto dei mass media: far sì che nulla succeda. I mass media soffocano la diversità. Rendono uguali tutti i posti, da Bangkok a Tokyo a Londra. C'è un McDonald's in un angolo, un Benetton in un altro, un Gap all'altro lato della strada. Le diversità regionali spariscono. Tutte le differenze si annullano. In un mondo dominato dai mass media, tutto viene a scarseggiare, tranne i dieci libri, i dieci dischi più venduti, i film più visti e le idee più correnti. La gente si preoccupa perché nella foresta pluviale la diversità delle specie è in diminuzione. Ma che dire della diversità intellettuale, che è la risorsa più necessaria? Quella sparisce ancora più in fretta degli alberi. Ma noi non l'abbiamo ancora capito, e così contiamo di unire cinque miliardi di persone nel ciberspazio. E questo congelerà tutta la specie. Tutto si bloccherà. Tutti penseranno le stesse cose nello stesso momento. L'uniformità globale. Ahi, come mi fa male. Hai finito?».

«Quasi», rispose Sarah. «Resisti».

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«Ma il punto è che quest'isola, a mio avviso, non può insegnare nulla sull'estinzione».

Malcolm si girò a contemplare le scogliere e poi disse: «Forse è così che deve essere. Perché l'estinzione è stata sempre un grande mistero. Su questo pianeta si sono verificate cinque grandi estinzioni, e non sempre a causa di un asteroide. Tutti si interessano all'estinzione dei dinosauri che data al Cretacico, ma ve ne sono state altre nel Giurassico e nel Triassico. Furono di grande portata, ma nulla in confronto a quella del Permiano, che ha soppresso l'ottanta per cento della vita nei mari e nelle terre emerse del pianeta. Nessuno ne conosce le ragioni. Ma io mi chiedo se non saremo noi la causa della prossima estinzione».

«E in che modo?», chiese Kelly.

«Gli esseri umani sono così distruttivi», rispose Malcolm. «Talvolta penso che siamo una sorta di peste che cancellerà ogni forma di vita dalla Terra. Siamo così efficienti nel distruggere che talvolta mi viene da pensare che quella sia proprio la nostra funzione. Forse, nel corso di millenni e millenni, ogni tanto compare un animale che uccide il resto del mondo, sgombera il campo e permette che l'evoluzione muova il prossimo passo».

Kelly scosse il capo e, allontanandosi da Malcolm, andò a sedersi accanto a Thorne.

«Anche tu stai ascoltando quella tirata?», chiese l'ingegnere. «Non prenderla troppo sul serio. Sono solo teorie. Gli esseri umani non possono fare a meno di elaborarle, ma la verità è che sono solo fantasie. E mutano in continuazione. Una volta, quando l'America era un paese giovane, la gente credeva in una cosa chiamata flogisto. Sai cos'è? No? Be', non importa, perché in realtà non è mai esistita. Un tempo si credeva anche che il comportamento fosse determinato da quattro umori. E si riteneva che la Terra avesse solo poche migliaia di anni. Ora crediamo che la Terra abbia almeno quattro miliardi di anni, crediamo nei fotoni e negli elettroni, e siamo convinti che il comportamento umano sia controllato da cose come l'Io e l'autostima. A noi queste convinzioni sembrano più scientifiche e superiori a quelle del passato».

«E non è così?».

Thorne si strinse nelle spalle. «Sono solo fantasie. Non sono realtà. Hai mai visto un'autostima? Me la potresti mettere su un piatto? E un fotone? Me ne puoi portare uno?».

Kelly scosse il capo. «No, ma... ».

«E non ci riuscirai mai, perché queste cose non esistono. Per quanto seriamente le prenda la gente. Tra cent'anni rideranno di noi. Diranno: "Ma pensa che allora credevano nei fotoni e negli elettroni. Come potevano essere così stupidi?". E rideranno, perché avranno a disposizione fantasie più aggiornate e migliori». Thorne scosse il capo. «Nel frattempo, senti come si muove il motoscafo? E' il mare. Ed è una realtà. Senti il salmastro dell'aria? Senti il calore del sole sulla pelle? Sono tutte realtà. Ci vedi qui, tutti insieme? Questa è realtà. La vita è meravigliosa. E' un dono meraviglioso. E non c'è veramente nulla al di là di essa. Adesso guarda la bussola e dimmi dov'è il sud. Voglio arrivare a Puerto Cortés. Per tutti noi, è tempo di andare a casa».

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