Copertina
Autore Giulio Cesare Croce
Titolo Le astuzie di Bertoldo
Sottotitoloe le semplicità di Bertoldino
EdizioneGarzanti, Milano, 2004 [1606], I grandi libri 644 , pag. 314, cop.fle., dim. 110x180x25 mm , Isbn 978-88-11-36644-7
CuratorePiero Camporesi
LettoreLuca Vita, 2004
Classe classici italiani , umorismo , favole
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Indice

Introduzione                                               5
Bibliografia                                              57
Nota al testo                                             61
Postilla alla nuova edizione (1993)                       73


LE ASTUZIE DI BERTOLDO E LE SEMPLICITÀ DI BERTOLDINO      79


LE SOTTILISSIME ASTUZIE DI BERTOLDO                       81

Proemio, 83
Le sottilissime astuzie di Bertoldo, 84
Fattezze di Bertoldo, 86
Audacia di Bertoldo, 86
Ragionamento fra il Re e Bertoldo, 86
Astuzia di Bertoldo, 90
Lite donnesca, 92
Sentenza giusta del Re, 93
Prudenza del Re, 94
Bertoldo ridendo di tal sentenza, dice, 94
Lodi date dal Re alle donne, 95
Astuzia di Bertoldo, 96
Tumulto di donne della città per questa baia, 97
Il Re va in collera con le donne e Bertoldo gode, 97
Il Re scaccia le donne e biasma il sesso femminile, 98
Il Re si pente di aver detto male delle donne, onde torna di
    nuovo a lodarle, 101
La Regina manda a domandar Bertoldo al Re, perché lo vuol
    vedere, 101
Bertoldo è condotto dalla Regina, 102
Astuzia di Bertoldo, perché non gli fusse bagnato il podice,
    103
Bertoldo scampa la furia dell'acqua, 104
Nuova astuzia di Bertoldo per non esser bastonato, 104
La Regina brama che Bertoldo sia bastonato per ogni modo,
    105
Astuzia sottilissima di Bertoldo, per non essere percosso
    dalle guardie, 105
I servi sono bastonati in cambio di Bertoldo, 106
Bertoldo torna dal Re, e fa una burla a un parasito, 106
Insolenza d'un parasito, 106
Astuzia galante di Bertoldo nel tornare innanzi al Re nel
    modo ch'ei gli aveva detto, 111
Astuzia ingegnosa di Bertoldo, per non aver delle busse, 113
Umor fantastico saltato nel capo alle donne della città, 113
Astuzia di Bertoldo per cavare questo capriccio del capo
    alle dette femine, 115
Curiosità di cervelli donneschi, 115
Risoluzione di donne, 116
Dolore delle dette donne per essergli scampato via
    l'uccello, 116
Risoluzione di donne animose, 117
Le donne vanno dalla Regina ed essa le conduce innanzi al
    Re, 117
La Regina racconta al Re la fuga dell'uccelletto, 118
Il Re si mostra turbato forte e riprende le donne di tal
    fatto, poi gli perdona e le manda a casa, 118
Il Re fa abbassar l'uscio della sua camera acciò Bertoldo
    convenga inchinarsi nell'entrar dentro la mattina, 121
Astuzia di Bertoldo per non inchinarsi al Re, 121
Favola del gambaro e della granzella narrata da Bertoldo,
    122
Astuzia di Bertoldo per comparire innanzi al Re nel modo
    sopradetto, 127
Piacevolezza di Bertoldo, 128
La Regina manda di nuovo a chieder Bertoldo al Re, 129
Bertoldo con una bellissima astuzia si ripara dal primo
    empito della Regina, 131
La Regina fa mettere Bertoldo in un sacco, 133
Astuzia nobilissima di Bertoldo per uscir fuori del sacco,
    133
Lo sbirro comincia a impaniarsi, 133
Lo sbirro cava Bertoldo fuori del sacco, 136
Lo sbirro comincia a cascare alla rete, 139
Bertoldo mostra di non volere più che lo sbirro entri nel
    sacco, per fargliene venir più desiderio, 139
Lo sbirro si risolve d'entrar nel sacco, 139
Bertoldo compra il porchetto e lascia lo sbirro nelle peste,
    140
La Regina non trovando la veste dà la colpa allo sbirro che
    l'abbia rubbata, e credendo parlar con Bertoldo parla
    con lo sbirro ch'era nel sacco, 141
Lo sbirro esce fuori del sacco in cambio di Bertoldo, e la
    Regina tutta stupefatta dice, 142
Lo sbirro vien bastonato; poi, tornato nel sacco, è mandato
    a gettar nell'Adice, 143
Bertoldo sta nel forno e la Regina il fa cercar per tutto,
    143
Bertoldo viene scoperto nel forno da una vecchia, e si
    divulga per tutto la Regina esser nel forno, 144
Il Re dubita che Bertoldo non abbi portato la Regina in quel
    forno, e va a chiarirsi del fatto, 144
Bertoldo è tirato fuori del forno e il Re sdegnato dice, 145
Esclamazione di Bertoldo per la sentenza data dal Re contra
    di lui, 146
Astuzia ultima di Bertoldo per campar la vita, seguitando il
    suo dire, 146
Bertoldo non trova arbore né pianta che gli piaccia, onde i
    ministri infastiditi lo lasciano andare, 147
Il Re manda di nuovo a cercar Bertoldo e trovatolo va in
    persona dove sta e con preghi e gran promesse lo fa
    tornare alla corte, 147
Morte di Bertoldo e sua sepoltura, 148
Epitafio di Bertoldo, 149
Detti sentenziosi di Bertoldo innanzi la sua morte, 149
Testamento di Bertoldo, trovato sotto al capezzale del suo
    letto, dopo la sua morte, 151
Sier Cerfoglio legge il testamento, 152


LE PIACEVOLI E RIDICOLOSE SIMPLICITÀ DI BERTOLDINO       161

Proemio, 163
Il Re Alboino manda attorno gente per vedere se si trova
    alcuno della razza di Bertoldo, 164
Gli uomini del Re si partono per andare a essequire il suo
    commandamento, 165
Erminio chiama la Marcolfa e la prega aprirgli l'uscio, 166
La Marcolfa mena i detti sopra un limpido ruscello d'acqua
    e, quivi giunta, dice a loro, 170
Bertoldino si maraviglia di quelle genti a cavallo, che mai
    più non ne avea veduto, e dice, 171
La Marcolfa si risolve d'andare con Bertoldino alla città,
    173
La Marcolfa saluta il Re, 174
Bertoldino impronta il mostaccio al sartore con un
    castagnaccio, ed esso tutto colerico dice, 179
Favola esemplare narrata dalla Marcolfa alla Regina a
    proposito di chi è goffo e vuol abitare in corte, 180
Favola dei schiratoli, e dei topi dai fichi secchi, 183
La Regina si stupisce dell'eloquenza della Marcolfa e dice,
    188
Ragionamento di Bertoldino e sua madre nelle lor stanze, 189
Il Re dona un podere fuora della città a Bertoldino e a sua
    madre, 190
Simplicità di Bertoldino ridicolosa con le rane della
    peschiera, 192
Bertoldino fa in bocconi tutto il pane che si trova in casa
    e lo getta nella peschiera, 195
Bertoldino entra nel cesto dell'oca a covare in cambio di
    lei, 195
Bertoldino viene alle mani con una donzella della Regina,
    chiamata Libera, 200
La Regina ride di questo caso e il Re dona di nuovo
    cinquecento scudi a Bertoldino, 201
Bertoldino, per le parole della Regina, s'attacca ai panni
    della moglie dell'ortolano chiamata Modesta, e se la
    tira dietro per tutta la villa, 202
L'ortolano va alla città per chiarirsi dalla Regina della
    causa di simil fatto, 203
Bertoldino viene portato in aria dalle grue e tratto nella
    peschiera, 208
Le grue portano Bertoldino sopra la peschiera, e vi casca
    dentro, 209
Bertoldino fa una gran battaglia con le mosche, 211
La Marcolfa narra alla Regina tutto quello il qual è
    successo a Bertoldino; la quale, dopo aver riso un
    pezzo, così dice, 212
Il medico va a vedere Bertoldino e vi è assai da fare fra di
    loro, 213
Bertoldino si caccia la cura in gola e le pillole per
    dissotto, e la Marcolfa dice, 215
La Marcolfa domanda a Bertoldino come sta, ed esso dice
    voler de' castagnacci, 216
La Marcolfa fa venticinque castagnacci a Bertoldino ed esso
    gli mangia tutti; poi va a corcarsi sotto un olmo e vi
    dorme tutto un giorno, e il Re lo manda a torre in
    carroccia e, come l'ha innanzi, gli dice, 216
Bertoldino in cinque volte non sa dir salamo, 219
Bertoldino taglia l'orecchie all'asino dell'ortolano, 222
L'ortolano va a dare la querella a Bertoldino innanzi al Re,
    e il Re manda per lui, ed esso comparisce con le
    orecchie dell'asino in seno, e il Re dice, 223
L'asino tra' giù Bertoldino e gli ammacca una costola, e la
    Marcolfa va alla città e, con una bella comparazione
    fatta al Re e alla Regina, ottiene grazia di tornare
    alla sua abitazione di dove era venuta, 225
La Marcolfa narra un'altra bella favola, 228
La Marcolfa ringrazia il Re e la Regina de' benefici
    ricevuti da essi, 230

APPENDICE                                                233


DIALOGUS SALOMONIS ET MARCOLPHI                          239

Pars I, 242
Pars II, 252
Appendix I, 265
Appendix II,267
Appendix III, 268

I DIALOGHI DI SALOMONE E MARCOLFO                        271

El dyalogo de Salomon e Marcolpho (1502)                 273
Dialogo dove si ragiona di molte sentenze notabili
    intitulato Salomone e Marcolpho (1550)               292

 

 

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Pagina 7

Introduzione



Bertoldo è il saggio, Bertoldino il matto. La sapientia può generare l' insipientia perché entrambe escono dalla stessa matrice, la buffoneria. Tipi come Marcolfo, Till Eulenspiegel, Bertoldo e la sua propaggine bertoldinesca ripropongono il sacrum del riso, il mistero della vita «umile» che nasce dagli escrementi, dalla fermentazione di terra e di feci. L'azione profilattico-apotropaica riconosciuta al linguaggio e al gesto osceno in tutte le culture, il valore deterrente del parlar «grasso» e l'inscindibile rapporto riso-oscenità - una specie di «corto circuito solutorio, che si verifica nell'opposizione fra emergenza di un nucleo emozionale "serio" (ansia da crisi) e un evento "banale" o "triviale" (oscenità)» - ci autorizzano a considerare i buffoni gli interpreti più accreditati del rituale del riso.

«In greco gheloia e in latino ridicula sono le oscenità verbali del mimo buffonesco, le quali determinano il riso... Gheloia erano anche gli amuleti sessuali». Potenza fecondante, il riso entra come componente basilare nella commedia greca perché «attraverso il principio della magia simpatica, un'energia genetica potrebbe determinare una congiunzione ierogamica fra cielo e terra, e una fertilità simile, anche più ricca, potrebbe essere assicurata alla prossima stagione». Uscita dai boschi e dai villaggi, inventata dai contadini per le loro feste agrarie (sacra), la commedia buffonesca «a pagis dicta est... ubi rustici gestientes, humanos actus laetissimis carminibus irridebant» (Cassiodoro, Variae IV 51).

Fenomeno fisiologico e non soltanto psicologico, il riso scaturisce da sorpresa e sensazione dell'inatteso, da travestimento, da gesti e mimiche grottesche, da motti di spirito, da beffa, da astuzia, da atto sconveniente di altri.

Antropologia e psicologia ci prestano gli strumenti più adatti per una lettura nuova sia del Bertoldo che del Bertoldino, due opere situate nel territorio della «belle matière fecale» - come scriveva un maestro del riso «grasso» e liberatorio, Rabelais - che devono essere esaminate soprattutto in chiave comico-fisiologica. Infatti, qui de terra est, de terra loquitur, e il buffone che conosce d'istinto le sorgenti del riso, sguazza nella trivialità e nello scatologico come un bambino non ancora diventato adulto: partendo dal basso, dalle feci e dall'urina, coinvolge nella risata potenti e gentiluomini.

Così Dolcibene, il Gonnella, Stecchi, Martellino, il Mattello, lo Scocola, così tutti gli innumerevoli milites de curia, i quali conoscevano il segreto elementare di far ridere, la chiave fisiologica adatta a disserrare la bocca e la borsa dei detentori del potere, sommovendo i visceri e scompaginando l'equilibrio degli umori.

[...]

Piero Camporesi

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Pagina 81

LE SOTTILISSIME ASTUZIE DI BERTOLDO



Qui non ti narrerò (benigno lettore) il giudicio di Paris, non il ratto di Elena, non l'incendio di Troia, non il passaggio d'Enea in Italia, non i longhi errori di Ulisse, non le magiche operazioni di Circe, non la distruzzione di Cartagine, non l'esercito di Serse, non le prove di Alessandro, non la fortezza di Pirro, non i trionfi di Mario, non le laute mense di Lucullo, non i magni fatti di Scipione, non le vittorie di Cesare, non la fortuna di Ottaviano, poiché di simil fatti le istorie ne danno a chi legge piena contezza; ma bene t'appresento innanzi un villano brutto e mostruoso sì, ma accorto e astuto, e di sottilissimo ingegno; a tale, che paragonando la bruttezza del corpo con la bellezza dell'animo, si può dire ch'ei sia proprio un sacco di grossa tela, fodrato di dentro di seta e oro. Quivi udirai astuzie, motti, sentenze, arguzie, proverbi e stratageme sottilissime e ingegnose da far trasecolare non che stupire. Leggi dunque, che di ciò trarrai grato e dolce trattenimento, essendo l'opera piacevole e di molta dilettazione.


LE SOTTILISSIME ASTUZIE DI BERTOLDO.


Nel tempo che Alboino, Re dei Longobardi si era insignorito quasi di tutta Italia, tenendo il seggio reggale nella bella città di Verona, capitò nella sua corte un villano, chiamato per nome Bertoldo, il qual era uomo difforme e di bruttissimo aspetto; ma dove mancava la formosità della persona, suppliva la vivacità dell'ingegno: onde era molto arguto e pronto nelle risposte, e oltre l'acutezza dell'ingegno, anco era astuto, malizioso e tristo di natura. E la statura sua era tale, come qui si descrive.


FATTEZZE DI BERTOLDO.


Prima, era costui picciolo di persona, il suo capo era grosso e tondo come un pallone, la fronte crespa e rugosa, gli occhi rossi come di fuoco, le ciglia lunghe e aspre come setole di porco, l'orecchie asinine, la bocca grande e alquanto storta, con il labro di sotto pendente a guisa di cavallo, la barba folta sotto il mento e cadente come quella del becco, il naso adunco e righignato a l'insù, con le nari larghissime; i denti in fuori come il cinghiale, con tre overo quattro gosci sotto la gola, i quali, mentre che esso parlava, parevano tanti pignattoni che bollessero; aveva le gambe caprine, a guisa di satiro, i piedi lunghi e larghi e tutto il corpo peloso; le sue calze erano di grosso bigio, e tutte rappezzate sulle ginocchia, le scarpe alte e ornate di grossi tacconi. In somma costui era tutto il roverso di Narciso.


AUDACIA DI BERTOLDO.


Passò dunque Bertoldo per mezo a tutti quei signori e baroni, ch'erano innanzi al Re, senza cavarsi il cappello né fare atto alcuno di riverenza e andò di posta a sedere appresso il Re, il quale, come quello che era benigno di natura e che ancora si dilettava di facezie, s'imaginò che costui fosse qualche stravagante umore, essendo che la natura suole spesse volte infondere in simili corpi mostruosi certe doti particolari che a tutti non è così larga donatrice; onde, senza punto alterarsi, lo cominciò piacevolmente ad interrogare, dicendo:


RAGIONAMENTO FRA IL RE E BERTOLDO.


RE Chi sei tu, quando nascesti e di che parte sei?

BERTOLDO Io son uomo, nacqui quando mia madre mi fece e il mio paese è in questo mondo.

RE Chi sono gli ascendenti e descendenti tuoi?

BERTOLDO I fagiuoli, i quali bollendo al fuoco vanno ascendendo e descendendo su e giù per la pignatta.

RE Hai tu padre, madre, fratelli e sorelle?

BERTOLDO Ho padre, madre, fratelli e sorelle, ma sono tutti morti.

RE Come gli hai tu, se sono tutti morti?

BERTOLDO Quando mi partì da casa io gli lasciai che tutti dormivano e per questo io dico a te che tutti sono morti; perché, da uno che dorme ad uno che sia morto io faccio poca differenza, essendo che il sonno si chiama fratello della morte.

RE Qual è la più veloce cosa che sia?

BERTOLDO Il pensiero.

RE Qual è il miglior vino che sia?

BERTOLDO Quello che si beve a casa d'altri.

RE Qual è quel mare che non s'empie mai?

BERTOLDO L'ingordigia dell'uomo avaro.

RE Qual è la più brutta cosa che sia in un giovane?

BERTOLDO La disubidienza.

RE Qual è la più brutta cosa che sia in un vecchio?

BERTOLDO La lascivia.

RE Qual è la più brutta cosa che sia in un mercante?

BERTOLDO La bugia.

RE Qual è quella gatta che dinanzi ti lecca e di dietro ti sgraffa?

BERTOLDO La puttana.

RE Qual è il più gran fuoco che sia in casa?

BERTOLDO La mala lingua del servitore.

RE Qual è il più gran pazzo che sia?

BERTOLDO Colui che si tiene il più savio.

RE Quali sono le infermità incurabili?

BERTOLDO La pazzia, il cancaro e i debiti.

RE Qual è quel figlio ch'abbrugia la lingua a sua madre?

BERTOLDO Lo stuppino della lucerna.

RE Come faresti a portarmi dell'acqua in un crivello e non la spandere?

BERTOLDO Aspettarei al tempo del ghiaccio, e poi te la porterei.

RE Quali sono quelle cose che l'uomo le cerca e non le vorria trovare?

BERTOLDO I pedocchi nella camiscia, i calcagni rotti e il necessario brutto.

RE Come faresti a pigliar un lepre senza cane?

BERTOLDO Aspettarei che fosse cotto e poi lo pigliarei.

RE Tu hai un buon cervello, s'ei si vedesse.

BERTOLDO E tu saresti un bello umore, se non rangiasti.

RE Orsù, addimandami ciò che vuoi, ch'io son qui pronto per darti tutto quello che tu mi chiederai.

BERTOLDO Chi non ha del suo non può darne ad altri.

RE Perché non ti poss'io dare tutto quello che tu brami?

BERTOLDO Io vado cercando felicità, e tu non l'hai; e però non puoi darla a me.

RE Non son io dunque felice, sedendo sopra questo alto seggio, come io faccio?

BERTOLDO Colui che più in alto siede, sta più in pericolo di cadere al basso e precipitarsi.

RE Mira quanti signori e baroni mi stanno attorno per ubidirmi e onorarmi.

BERTOLDO Anco i formiconi stanno attorno al sorbo e gli rodono la scorza.

RE Io splendo in questa corte come propriamente splende il sole fra le minute stelle.

BERTOLDO Tu dici la verità, ma io ne veggio molte oscurate dall'adulazione.

RE Orsù, vuoi tu diventare uomo di corte?

BERTOLDO Non deve cercar di legarsi colui che si trova in libertà.

RE Chi t'ha mosso dunque a venir qua?

BERTOLDO Il creder io che un re fosse più grande di statura degli altri uomini dieci o dodeci piedi, e che esso avanzasse sopra tutti come avanzano i campanili sopra tutte le case; ma io veggio che tu sei un uomo ordinario come gli altri, se ben sei re.

RE Son ordinario di statura sì, ma di potenza e di ricchezza avanzo sopra gli altri, non solo dieci piedi ma cento e mille braccia. Ma chi t'induce a fare questi ragionamenti?

BERTOLDO L'asino del tuo fattore.

RE Che cosa ha da fare l'asino del mio fattore con la grandezza della mia corte?

BERTOLDO Prima che fosti tu, né manco la tua corte, l'asino aveva raggiato quattro mill'anni innanzi.

RE Ah, ah, ah! Oh sì che questa è da ridere.

BERTOLDO Le risa abondano sempre nella bocca de' pazzi.

RE Tu sei un malizioso villano.

BERTOLDO La mia natura dà così.

RE Orsù, io ti comando che or ora tu ti debbi partire dalla presenza mia, se non io ti farò cacciare via con tuo danno e vergogna.

BERTOLDO Io anderò, ma avertisci che le mosche hanno questa natura, che se bene sono cacciate via, ritornano ancora: però se tu mi farai cacciar via, io tornerò di nuovo ad insidiarti.

RE Or va'; e se non torni a me come fanno le mosche, io ti farò battere via il capo.

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