Copertina
Autore Erri De Luca
Titolo Montedidio
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2001, I Narratori , pag. 142, dim. 140x210x13 mm , Isbn 978-88-07-01600-4
LettoreRenato di Stefano, 2002
Classe narrativa italiana
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Pagina 7

"'A iurnata è 'nu muorzo," la giornata è un morso, è la voce di mast' Errico sulla porta della bottega. Io stavo già là davanti da un quarto d'ora per cominciare bene il primo giorno di lavoro. Lui arriva alle sette, tira la serranda e dice la sua frase d'incoraggiamento: la giornata è un morso, è corta, diamoci da fare. Ai vostri comandi, gli rispondo, e così è andata. Oggi scrivo la prima notizia per tenere conto dei nuovi giorni. Non sto più a scuola. Ho fatto tredici anni e babbo mi ha messo a lavorare. È giusto, è ora. L'istruzione obbligatoria va fino alla terza elementare, lui mi ha fatto studiare fino alla quinta perché ero malatino e poi così avevo un titolo di studio migliore. Qua intorno i bambini vanno a lavorare pure senza scuola, babbo non ha voluto. Fa lo scaricatore al porto, non ha studiato, solo adesso sta imparando a leggere e scrivere alle lezioni serali della cooperativa degli scaricatori. Parla il dialetto e ha soggezione dell'italiano e della scienza di quelli che hanno studiato. Dice che con l'italiano uno si difende meglio. Io lo conosco perché leggo i libri della biblioteca, ma non lo parlo. Scrivo in italiano perché è zitto e ci posso mettere i fatti del giorno, riposati dal chiasso del napoletano.

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Pagina 30

Mast' Errico dice che i pescatori non sanno nuotare, che quella è roba di villeggianti che in mezzo alle onde ci vanno per sfizio e si mettono a posta sotto il sole. Il sole è buono per chi lo piglia da fermo, sdraiato. Per chi lo porta sulla schiena da prima luce fino a sera, il sole è un sacco di carbone. Come la gobba di Rafaniello, penso ma non lo dico, sono un guaglione di bottega e non posso dire la mia al mastro. Poi se sto zitto lui continua a raccontare e la giornata è più svelta. I pescatori vanno sul mare dentro il gozzo a motore oppure a remi e non si bagnano nemmeno la faccia. In testa si rincalcano un basco che non si stacca neanche contro vento. Ai vecchi della marina senti il tabacco, il sudore, non il sale. La domenica escono governati con la camicia bianca. Ci sta poca presa di pesce nel golfo, per portare a riva qualcosa stanno in barca tutto il giorno. Mi interessano le notizie di mare, io non lo conosco, lo vedo ma non lo so. Mast' Errico mi parla volentieri, l'altro aiutante lo ascoltava con fastidio. Lui starebbe a parlare, ma 'a iurnata è 'nu muorzo, sospira e dice per finire che il sale di mare è amaro come quello del sudore e tutt'e due non sono buoni per l'acqua della pasta.

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Pagina 31

Dal buio dei lavatoi spunta Maria. I tredici anni suoi sono più cresciuti dei miei, lei già sta in un corpo arrivato. Tre dita sotto il ciuffo dei capelli neri, corti, c'è la sua bocca veloce con le parole, le vedo uscire fuori dallo scivolo delle sue labbra grosse. Il sorriso le taglia la faccia da un orecchio all'altro. Maria sa le mosse delle donne. Sto davanti a lei e mi sento le viscere vuote, una fame di pane, di dare un morso alla stessa fetta di pane e burro. Me l'offre, dico no. Ha scoperto che mi alleno col bumeràn, è curiosa. Mi sente salire, passare davanti alla sua porta. Si avvicina, la sera è calda e porta i suoi odori, cioccolato, origano, cannella, lo tiro col naso, è profumo francese, dice, tirando la erre dalla gola.

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Pagina 67

Un calzolaio straniero sa parlare così preciso in italiano che io mi commuovo per babbo che si sforza d'imparare e non sa la metà delle parole di Rafaniello. Avete avuto in sogno pure il vocabolario italiano, gli chiedo. No, dice che l'ha preso dai libri, leggendo molte volte Pinocchio. Anch'io l'ho letto, gli dico per contentezza di una cosa che abbiamo fatto insieme. Dice che al suo paese Pinocchio si chiamerebbe Iòsl e resterebbe di legno tutta la vita per fedeltà al suo creatore. "Adesso conosci i fatti miei di quand'ero Rav Daniel e quelli dei miei paesani che non ci sono più. Chi muore lascia la storia in eredità ai figli, ai parenti. Il mio popolo l'ha lasciata a me e a qualcun altro. Io te la dico perché parto tra poco, quando si crepa questa gobba di ossa e di piume." Don Rafaniè com'è questa Gerusalemme, che non la possiamo imitare? Lui si pulisce la bocca, sputa, poi dice che non la conosce ancora, ma uno gli ha detto: "In quella città la morte ha paura di essere inghiottita dalla vita. È l'unica città del mondo in cui la morte si vergogna di esistere". Chiude gli occhi, dondola il collo, già sta là. Deve essere assai speciale quel paese, a Napoli la morte non si vergogna di niente.

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