Copertina
Autore Daniel C. Dennett
Titolo Brainstorms
SottotitoloSaggi filosofici sulla mente e la psicologia
EdizioneAdelphi, Milano, 1991, Biblioteca scientifica 13 , pag. 553, dim. 140x220x37 mm , Isbn 978-88-459-0770-8
OriginaleBrainstorms. Philosophical Essays on Mind and Psychology
EdizioneBradford Books, T., 1978
TraduttoreLauro Colasanti
Classe filosofia , biologia , scienze cognitive , psicologia
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Indice

Prefazione                              13
Introduzione                            17

PARTE I   LA SPIEGAZIONE INTENZIONALE E
          LE ATTRIBUZIONI DI MENTALITÀ

1.  I sistemi intenzionali              37
2.  Risposta ad Arbib e a Gunderson     66
3.  Scrittura del cervello e
    lettura della mente                 90

PARTE II  LE CARATTERISTICHE DELLA TEORIA
          IN PSICOLOGIA

4.  Skinner scorticato                 111
5.  Perché la legge dell'effetto
    non sarà abbandonata               137
6.  «Il linguaggio del pensiero»
    di Jerry Fodor                     163
7.  L'intelligenza artificiale come
    filosofia e come psicologia        191

PARTE III OGGETTI DELLA COSCIENZA E NATURA
          DELL'ESPERIENZA

8.  I sogni sono esperienze?           217
9.  Verso una teoria cognitiva
    della coscienza                    244
10. Due approcci alle immagini mentali 278
11. Perché non si può costruire un
    calcolatore che sente dolore       299

PARTE IV  IL LIBERO ARBITRIO E IL CONCETTO
          DI PERSONA

12. Meccanicismo e responsabilità      353
13. Le capacità degli uomini e
    delle macchine                     387
14. Condizioni per essere una persona  404
15. Diamo ai sostenitori dei libero
    arbitrio ciò che dicono di volere  430
16. Come cambiare idea                 449
17. Dove sono?                         463

Note                                   485
Titoli originali e fonti               531
Indice analitico                       539

 

 

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Pagina 17

INTRODUZIONE



Che cos'è una teoria filosofica della mente?


Io affermo che i saggi contenuti in questo libro, presi nel loro insieme, costituiscono una teoria della mente; è giusto, quindi, che inizi spiegando che cos'è per me una teoria della mente. Parecchi tipi, a volte molto differenti, di produzioni intellettuali vengono chiamati teorie: la teoria delle particelle elementari in fisica, la teoria degli insiemi in matematica, la teoria dei giochi, la teoria letteraria, la teoria dell'evoluzione, la teoria dell'identítà nella filosofia della mente. Alcune di quelle che vengono chiamate teorie dovrebbero essere più appropriatamente chiamate ipotesi. La teoria dell'evoluzione per selezione naturale è sicuramente una teoria discutibile, ma la sua rivale, il creazionismo, può essere chiamata teoria solo per compiacenza. Non possiede infatti le componenti, il potere previsionale, l'organizzazione interna di una teoria; non è altro che un'ipotesi, l'ipotesi cioè che la teoria dell'evoluzione per selezione naturale sia falsa e che Dio abbia creato le specie. Sospetto che venga chiamata teoria per giustificare il fatto che rappresenta una vera e propria alternativa a qualcosa che chiaramente è una teoria. Ma, dopo tutto, il creazionismo potrebbe essere vero e il darwinismo falso - il che mostra come non sia sempre necessario contrastare una teoria con una teoria. Per esempio, se fosse possibile confermare l'ipotesi che tutti i sedicenti chiaroveggenti sono degli impostori, non avremmo bisogno di una teoria della chiaroveggenza. Basta l'accusa di impostura per opporsi validamente alla più elaborata teoria della chiaroveggenza, ed essa consiste in nient'altro che in una singola affermazione, sorretta, naturalmente, da un'indagine ben condotta.

Le teorie filosofiche sono spesso ipotesi di questo tipo: ampie generalizzazioni che non si ramificano in vaste e organizzate strutture di dettagli o non prevedono nuovi effetti (come le teorie in chimica o in fisica), ma sono tuttavia soggette a confutazione (come l'impostura), e hanno bisogno di essere sostenute in modo minuzioso e sistematico. Per esempio, l'affermazione che «le menti non sono altro che i cervelli» è un modo molto informale per esprimere una versione di fisicalismo, ovvero della teoria dell'identità della mente (così chiamata perché identifica gli eventi mentali con eventi fisici nel cervello). L'affermazione che «le menti non sono soltanto i cervelli, sono qualcosa di non fisico» è invece un modo molto informale per esprimere una versione di dualismo (così chiamato perché afferma che ci sono almeno due specie fondamentali di eventi o cose). Poiché si interessa spesso proprio a tali ipotesi molto generali, e agli schemi di deduzioni nei quali ci si va a cacciare per difenderle, la filosofia appare spesso agli occhi del profano come un ridicolo e sovraffollato campo di battaglia di «ismi», dove ogni variante immaginabile di ogni asserzione generale viene enfaticamente chiamata «teoria» e dotata di un nome proprio.

Questa apparenza è però ingiustificata e la proliferazione di teorie in realtà non crea impaccio. È del tutto ragionevole, all'inizio, supporre che un'ipotesi generale sulla mente abbia senso, e quindi è altrettanto ragionevole supporre che essa, o la sua negazione, sia vera - e domandarsi quale lo sia. Un modo sensato di provare a rispondere a questa domanda è di esaminare, per ogni possibile alternativa, l'evidenza che la sorregge e le implicazioni che ne conseguono, e difendere il candidato più plausibile fino a che non sia dimostrato falso. Presto, però, questo modo di procedere si fa complicato; diventa allora imperativo distinguere con grande precisione la propria ipotesi da quelle simili di cui si sono già scoperte le pecche nascoste. I termini tecnici - il gergo - permettono di eseguire una triangolazione delle possibili posizioni nello spazio logico e di seguire le catene di deduzioni che si stanno sfruttando o evitando. Così sono nati l'interazionismo, il monismo anomalo, il comportamentismo logico, il funzionalismo fondato sulle macchine di Turing e le altre posizioni a cui è stato attribuito un nome nello spazio logico delle possibili tesi generali sulla natura della mente.

In prima approssimazione si può quindi dire che una teoria filosofica della mente dovrebbe essere un insieme coerente di risposte alle domande più generali che ci possiamo porre sulle menti, come ad esempio: «Esistono?»; «Sono fisiche?»; «Che cosa accade in esse?»; «Come arriviamo a conoscere qualcosa su di esse?». Non spetta a una tale teoria contrastare o soppiantare le teorie neurofisiologiche o psicologiche, delle quali dovrebbe piuttosto essere la base e il completamento. Può costituirne la base fornendo la giustificazione delle fondamentali presupposizioni metafisiche che tali teorie devono inevitabilmente fare; può costituirne un completamento dando risposta alle domande semplici e dirette alle quali le teorie scientifiche sono del tutto incapaci di rispondere con le proprie risorse. Ogni studioso del cervello sa che perfino nell'età dell'oro della conoscenza neurofisiologica, quando sarà ben compresa l'attività di ogni tratto di fibre, domande come: «Che cos'è la coscienza?» e «Che cos'è che rende i dolori così terribili?» non troveranno risposta nei loro manuali, a meno che questi non includano alcuni capitoli di filosofia.

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