Copertina
Autore Helen DeWitt
Titolo L'ultimo samurai
EdizioneEinaudi, Torino, 2002, Supercoralli , pag. 452, dim. 140x220x30 mm , Isbn 978-88-06-15777-7
OriginaleThe Last Samurai
EdizioneHyperion Talk Miramax Books, USA, 2000
TraduttoreElena Dal Pra
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe narrativa statunitense
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Indice

P.3 Prologo

    I.

15  1  I samurai parlano il giapponese Penguin?
71  Interludio

    II.

 87 1  Non scendiamo mai a Sloane Square per
       andare al Nebraska Fried Chicken
103 2  99, 98, 97, 96
109 3  Non scendiamo mai a Embankment per
       andare da McDonald's
125 4  19, 18, 17
129 5  Non andiamo mai da nessuna parte
137 6  Non facciamo mai niente
157 7  Capolinea

    III.

165 1  1, 2, 3
179 2  a, b, c
193 3  999999^7=9999930000209999650000349999790
                                    00006999999

    IV. Con spade vere saresti morto

205 1  Cercando di essere dispiaciuti per Lord
       Leighton
219 2  So tutte le parole
233 3  Giochi funerei
239 4  Steven, 11 anni
247 5  A David, con i migliori auguri

    V. Chiaramente pensa di essere un samurai

265 1  Un buon samurai parerà il colpo
303 2  Un buon samurai parerà il colpo
347 3  Un buon samurai parerà il colpo
367 4  Un buon samurai parerà il colpo
397 5  Un buon samurai parerà il colpo
429 6  Un buon samurai parerà il colpo
435 7  Sono un vero samurai

447 Ringraziamenti

 

 

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Pagina 5

Il padre di mio padre era un ministro metodista. Era un uomo alto, bello, dal tratto nobile, con una calda voce profonda. Mio padre era un ateo convinto e un grande ammiratore di Clarence Darrow. Saltava gli anni scolastici come gli altri ragazzini saltano le lezioni, istruiva il gregge di mio nonno sul carbonio 14 e l'origine della specie, e a quindici anni vinse una borsa di studio per Harvard che avrebbe coperto sia retta che mantenimento.

Portò la lettera di Harvard a suo padre.

Si percepiva qualcosa nello sguardo di mio nonno. Un pensiero che si materializzò nella sua bella voce, e che era: È giusto offrire alla controparte una possibilità.

Mio padre disse: Che cosa vuoi dire?

Quello che voleva dire era che mio padre non doveva rinunciare a Dio e scegliere la vita secolare solo perché nelle sue dispute aveva la meglio su persone non istruite. Doveva andare a una scuola di teologia e dare un'equa possibilità alla controparte; se alla fine l'avesse pensata allo stesso modo, a diciannove anni, sarebbe stato ancora perfettamente in tempo per andare al college.

Mio padre, ateo e darwinista, aveva un sentimento del rispetto molto radicato, e non riuscí a opporsi a questa richiesta. Fece domanda per entrare in vari seminari, e tutti, tranne tre, lo rifiutarono perché era troppo giovane. Quei tre lo convocarono per un colloquio.

Il primo era un seminario di fama, e mio padre, data la sua giovane età, venne accolto dal preside.

L'uomo disse: Tu sei molto giovane. Non è che per caso tu voglia diventare ministro a causa di tuo padre?

Mio padre rispose che non voleva diventare ministro, ma che voleva dare una possibilità alla controparte, e spiegò del carbomo 14. L'uomo disse: Il ministero è una vocazione, e la formazione che noi offriamo è pensata per persone che si sentono chiamate ad abbracciare questa vita. Dubito molto che ne trarresti qualche beneficio.

Disse ancora: Quest'offerta di Harvard è un'opportunità notevole. Non potresti offrire alla controparte una possibilità semplicemente seguendo un corso di teologia? Mi sembra che in origine fosse una facoltà di teologia, quindi immagino che un insegnamento del genere ci sia.

L'uomo sorrise gentilmente a mio padre, e si disse disponibile a fornirgli un elenco di libri da leggere in caso volesse fare qualcosa di piu per offrire quella famosa possibilità alla controparte. Mio padre tornò a casa - all'epoca abitavano a Sioux City - e per tutto il tragitto pensò che forse quello era effettivamente un modo per offrire quell'equa possibilità.

Parlò a suo padre. Venne fuori che un corso di teologia in un ambiente eminentemente laico probabilmente non avrebbe avuto un grande impatto, ma che comunque mio padre doveva decidere da solo.

Mio padre andò all'altro seminario, che godeva anche quello di una certa fama, ed ebbe un colloquio con il direttore.

Il direttore gli chiese come mai volesse diventare ministro, e mio padre rispose che non voleva diventare ministro, e gli spiegò del carbonio 14.

Il direttore disse di rispettare i suoi propositi, ma di trovarli in qualche modo bizzarri, e gli fece notare che comunque era molto giovane. Gli consigliò di andare a Harvard, e gli assicurò che poi, se fosse stato sempre dell'idea di dare alla controparte una possibilità, sarebbe stato felice di prendere in considerazione la sua domanda di ammissione.

Mio padre tornò da suo padre. La bella voce disse che un giovanotto con un diploma di Harvard in tasca difficilmente avrebbe resistito alla tentazione di darsi subito alla carriera, ma disse anche che naturalmente mio padre doveva decidere da solo.

Mio padre si presentò al terzo seminario, che era piccolo e sconosciuto. Fu accolto da un vicedirettore. Era una giornata calda, e nonostante una piccola ventola il vicedirettore, un uomo grasso e rubizzo, sudava abbondantemente. Il vicedirettore gli chiese perché voleva diventare ministro e mio padre gli spiegò della possibilità e del carbonio 14.

Il vicedirettore disse che la chiesa pagava la retta dei seminaristi che intendevano diventare ministri; e che però dato che lui non aveva quell'intenzione erano costretti a chiedergli 1500 dollari all'anno.

Mio padre tornò da suo padre, che disse che probabilmente mio padre avrebbe potuto guadagnare 750 dollari lavorando tutta l'estate in una pompa di benzina, e che lui avrebbe messo il resto.

Cosí mio padre andò in seminario. Quando dico che andò in seminario, intendo dire che si iscrisse al seminario, e che ogni sabato andava in sinagoga per suo personale interesse, dato che non c'era nessuna regola che lo vietava, e che passava quasi tutto il resto del tempo a giocare a biliardo da Helene, l'unico bar della città che serviva alcolici a un sedicenne.

Aspettava che mio nonno gli chiedesse come si trovava, ma mio nonno non lo fece mai.

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Pagina 82

Il signor Konigsberg non ne parlava molto, e quando i figli gli dicevano che volevano fare i musicisti, non sfiorava nemmeno l'argomento, ma rispondeva non puoi mai sapere che cosa ti riserva il futuro. Diceva che fare il contabile non era la fine del mondo. E che fare la segretaria non era cosí cosí terribile.

Sembrava che le cose che non diceva fossero cosí terribili da non poter essere dette, ed è chiaro che non è cosí terribile fare la segretaria o il contabile. Ma Linda ne aveva visti quattro prima di lei fare qualcosa che non era cosí terribile. Beh adesso saltava fuori che tutto questo non aveva nulla a che fare con il fatto che il maccartismo fosse antisemitismo mascherato da attacco ai comunisti o con la possibilità di rifarsi una vita in Canada o in Brasile in caso di necessità. La verità era che il padre non sopportava di avere intorno persone che si esercitavano secondo gli standard del miglior conservatorio del paese. Bene, se vuoi rovinare la vita alle persone, okay. Se vuoi trasformare la tua casa in un remake del maledettissimo Tutti insieme appassionatamente, okay. Però non dare la colpa a Hitler.

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Pagina 89

Siamo appena arrivati al Motel Del Mar, alias Aldgate: prendiamo la Circle Line in senso antiorario. Le colonne sono ricoperte di tessere turchese chiaro, con diamanti lilla incastonati in una striscia color crema - è un accostamento di colori che associo a saponette incartate e ad asciugamanini con ricamate sopra delle ancore. Che infanzia è questa per un bambino? Non è neanche mai stato a Daytona.

Ogni giorno lo porto sulla Circle Line perché non abbia freddo: posso battere di notte, quando lui dorme, ma non possiamo tenere il riscaldamento acceso per 20 ore al giorno. Lui lo odia, perché non gli lascio portare il Cunliffe. Pazienza.

Mi ricordo una volta, circa 1O anni fa, o forse 8, che leggevo il decimo dell' Etica nicomachea su un treno della Circle Line che si era fermato a Baker Street. Filtrava quella morbida luce seppia; erano circa le 11, e c'era una grande calma. Pensai: Si, vivere la vita della mente è la forma piú pura di felicità. Nemmeno allora leggere Aristotele era la mia idea di letizia intellettuale, ma dopotutto si può vivere la vita dell'intelletto senza leggere Aristotele. Se potessi leggere tutto quello che voglio leggerei La tradizione semantica da Kant a Carnap.

Questo ad oggi non è assolutamente possibile, con L che mi interrompe ogni minuto o giú di li per chiedermi una parola. È di cattivo umore perché odia dover domandare; penso che pensi che se mi subissa di domande domani gli lascerò portare il dizionario omerico. James Mill scrisse un'intera storia dell'India negli intervalli, fornendo assistenza lessicale al piccolo John - ma non doveva caricare un passeggino a due posti con una piccola biblioteca, un piccolo bambino, Repulsive, Junior Birdman e Bit, e godeva di tutti i vantaggi rappresentati da moglie, servitú, caminetto nella stanza, e nonostante tutto questo era comunque insofferente e stizzoso. Repulsive è un gorilla di peluche alto quasi un metro; Birdman è una tartaruga guerriera di sessanta centimetri erroneamente battezzata Donatello dal produttore; e Bit è un topolino di gomma lungo tre centimetri progettato per venire perso 30 o 40 volte al giorno.

Anche quando lui non interrompe, c'è continuamente gente che si avvicina. Qualche volta lo rimproverano bonariamente perché colora un libro, altre quando si accorgono che lo sta leggendo lo fissano stralunati. Non sembrano rendersi conto di quanto è negativo per lui. Oggi un uomo si avvicina e con tono bonario: Non dovresti colorare il libro.

L: Perché no?

Bonario: Non è carino per chi vuole leggerlo.

L: Ma io lo sto leggendo.

L'idiota, strizzandomi idiotamente l'occhiolino: Oh davvero? E di cosa parla?

L: Sono arrivato a quando vanno nel paese dei morti e qui è quando lei li trasforma in maiali e qui quando vanno dal re dei venti e qui quando fanno la punta a un bastone col fuoco e lo ficcano nell'occhio del ciclope perché ne aveva solo uno e cosí se glielo toglievano lui non ci vedeva piú.

Cervello che aveva lasciato la scuola a sei anni mentre il corpo scontava la sua condanna: Beh, non molto carino da parte loro, no?

L: Se qualcuno ti sta per mangiare non devi essere carino. Uccidere per autodifesa è accettabile.

Tardo di comprendonio (occhi strabuzzati): Cacchio!

L (per la cinquecentesima volta in un giorno): Che cosa vuol dire?

Tardo: Vuol dire che è pazzesco. (A me) Non è preoccupata di quello che succede quando va a scuola?

Io: Tremendamente.

Cerco solo di essere d'aiuto: Non c'è bisogno di essere sarcastici.

L: Non è una lingua particolarmente difficile. L'alfabeto è un precursore di quello in cui è scritto l'inglese, e ci assomiglia molto.

Essere d'aiuto è sbalordito e strabuzza gli occhi non solo di fronte all'infante Omerolessico: li strabuzza come può strabuzzarli solo uno che ha applicato il rasoio di Occam alle sillabe per tutta la vita. Mi guarda e chiede se si può sedere.

Il treno arriva a Embankment. Io grido «Vietata l'uscita!» e mi fiondo sulla banchina, manovrando il passeggino.

L fa lo stesso, poi si lancia giú dalle scale con scritto Vietata l'uscita. Seguo mio figlio, una madre che segue il figlio. Ci infrattiamo dietro un angolo finché il treno riparte, poi torniamo al binario e compriamo due sacchetti di noccioline.

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Pagina 105

12 dicembre 1992

Mi chiamo Ludo. Ho 5 anni e 267 giorni. Mancano 99 giorni al mio sesto compleanno. Sibylla oggi mi ha dato questo libro dove scrivere perché dice che dovrei esercitarmi a scrivere perché la mia scrittura è atroce, e a scuola non mi lasceranno scrivere sempre col computer. Io ho detto che non sapevo che cosa scrivere e Sibylla ha detto che potevo scrivere delle cose che mi piacevano cosí piu avanti negli anni potrò sapere che cosa mi piaceva da bambino. E che potevo anche scrivere le cose interessanti che succedevano cosí piu avanti negli anni mi potrò ricordare di quello che è successo.

Una cosa che mi piace molto sono i polinomi ma non mi piace la parola binomio perché è sbagliata. Ho deciso di non usarla mai. Uso sempre la parola giusta per un polinomio, non importa cosa fanno gli altri. La mia parola greca preferita è [...] e queste sono tutte le cose che mi piacciono oggi.



13 dicembre 1992

Mancano 98 giorni al mio compleanno. Una cosa interessante che è successa oggi è che ho portato sulla Circle Line Kalilah wa Dimnah e qualcuno ha chiesto se mio papà era arabo. Sibylla ha detto ma com'è che le viene in mente una cosa del genere. La persona ha detto ma quello non è arabo. Sibylla ha detto Si. Poi ha detto che però mio papà non era arabo. Volevo chiederle che cos'era ma poi ho deciso di no.

Penso che il greco e l'arabo e l'ebraico siano le mie lingue preferite perché hanno un duale. Il greco è meglio per i modi e per i tempi ma 1'arabo e 1'ebraico sono meglio per il duale perché hanno un duale femminile e un duale maschile e il greco invece ne ha solo uno. Ho chiesto a Sibylla se c'era una lingua con un triale e lei mi ha detto no per quanto ne sapeva ma che non sapeva tutte le lingue del mondo. Mi piacerebbe che ci fosse una lingua con un duale un triale un quadrale un quinquale un sestale un settale un ottale un nonale e un decale, se ci fosse sarebbe la mia lingua preferita.

Mi annoio sulla Circle Line ma sono arrivato a Odissea 15.305. Ancora 9 libri.

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Pagina 196

12 ottobre 1993

Oggi dopo la scuola Sibylla è venuta a parlare con la signorina Lewis. La signorina Lewis ha detto che dovevo andare in fondo alla classe ma Sibylla ha detto: «No».

La signorina Lewis ha risposto: «Va bene, allora». Ha detto che ero un elemento che disturbava gli equilibri della classe. Ha detto che nella vita ci sono altre cose oltre ai risultati accademici e che spesso i bambini che da piccoli sono stati esageratamente forzati a studiare hanno difficoltà a interagire con i loro coetanei e spesso rimangono per tutta la vita dei disadattati.

«La formule est banale», ho detto io.

La signorina Lewis ha detto: «Basta cosí, Stephen». Ha detto che era disposta a modificare il programma per stimolare un bambino particolarmente dotato ma che dovevo avere ben chiaro che qualsiasi risultato ottenessi questo non mi dava il diritto di creare scompiglio in classe e interferire con il processo di apprendimento degli altri bambini. Ha detto che ogni volta che mi trovavo in un gruppo invariabilmente scopriva che gli altri non erano riusciti a concentrarsi sul compito assegnato. Ha detto che avrebbe fatto tutto il possibile per integrarmi nella classe ma che era inutile se gli sforzi che faceva durante il giorno venivano demoliti appena andavo a casa, e che la cosa avrebbe funzionato solo a patto di una genuina collaborazione tra casa e scuola.

Ho detto: «Questo significa che non devo andare piú a scuola?»

Sibylla ha detto: «Lu... Stephen. Non si può. Cioè: anche se io volessi farti smettere di studiare con la signorina Lewis, cosa che non voglio, non possiamo permetterci di assoldare qualcuno che sappia di meccanica quantistica e soprattutto non possiamo a £5,50 all'ora».

Ho detto: «Benché la facoltà di pensare espanda di molto le possibilità umane, se gestita scorrettamente può anche risultare fonte di grande sofferenza personale. Molte disfunzioni e tormenti umani sono generati da problemi del pensiero: questo perché le persone, nei loro pensieri, spesso attingono a un passato doloroso o si inventano futuri allarmanti. Si caricano cosí, attraverso elucubrazioni ansiogene, di sentimenti angosciosi. Minano i propri sforzi con la mancanza di fiducia in sé e altre ideazioni autolesioniste. Comprimono e impoveriscono le loro vite con pensieri fobici».

Sibylla ha detto che non devo citare acriticamente, che l'autore sembrava presupporre che non esistesse una memoria non sollecitata, presunzione che non sembrava comprovata da un bel niente.

Io ho detto che era proprio il motivo per cui era meglio che io non andassi a scuola, perché avevo bisogno di imparare ad argomentare come J.S. Mill.

La signorina Lewis ha detto che non intendeva sminuire quanto aveva fatto Sibylla, ma che esisteva il concreto rischio di essere tagliato fuori dalla realtà.

Sibylla ha detto che la signorina Lewis non sapeva che cosa voleva dire andare a scuola in un posto che va in fibrillazione per l'apertura del primo motel.

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Pagina 242

Quando non ho trovato niente nei libri ho pensato che forse di persona era diverso.

Quando incontrò mia madre era già stato sposato, ma era finita, si era risposato e aveva cambiato casa. Cosí anche se fossi riuscito a scoprire dov'era il Medley, adesso sarebbe stato occupato solo dalla sua ex moglie.

Poi ho pensato che magari avrebbe tenuto una conferenza da qualche parte, e che io avrei potuto seguirlo fino a casa. Ma poi ho pensato che sarebbe finito da qualche parte a bere, e che per me sarebbe stato difficile seguirlo. Potevo provare con il travestimento da gobbo che avevo dovuto mettermi per andare a vedere La moglie del soldato; ma ho pensato che avrei avuto dei problemi a entrare in un bar anche come nana sensibile alla sua altezza.

Poi ho avuto un'idea. Mio padre scriveva spessissimo sui giornali, e sbagliava sempre un sacco di cose. La scienza esercitava su di lui un fascino irresistibile. Non aveva mai ben capito la differenza tra la teoria della relatività generale e la teoria della relatività ristretta, ma per qualche ragione non riusciva ad astenersi dall'infilarle nei suoi articoli tutte le volte che poteva. A volte prendeva una parola che aveva sia un significato tecnico sia uno comune (caos, stringa, relatività, positivo/negativo, dimezzamento, rendo l'idea?), facendo seguire considerazioni applicabili al termine nella sua accezione tecnica per suffragare delle generalizzazioni sulla parola nel suo significato comune. Qualche volta il significato tecnico poteva essere espresso solo in termini matematici, e non aveva un vero correlativo nel linguaggio comune; beh, questo non lo fermava mai. Quindi, era solo questione di aspettare che uscisse il pezzo successivo e poi scrivere per correggere gli errori in un modo accattivante, candido, da ragazzino, firmando Steven, 11 anni; la risposta era praticamente garantita, e con un po' di fortuna avrebbe messo il suo indirizzo.

Il giorno dopo era lunedi. Sono tornato in biblioteca e ho scorso tutti i giornali della domenica, ma di suo non c'era niente. Poi ho passato in rassegna quelli di lunedi 30 marzo. Niente. Ormai erano 1O giorni che sapevo chi era.

Sono tornato in biblioteca a controllare i giornali tutti i giorni. Niente. Stavo li in piedi al tavolo, sfogliando le pagine, e qualche volta trovavo una storia interessante e mi appassionavo e poi d'improvviso mi veniva in mente. Sapevo chi era.

Sabato ci sono andato di nuovo, e questa volta c'era un pezzo sulle Galapagos, sull'«Independent Magazine». Parlava di estinzione e selezione. C'erano molte incongruenze logiche, e anche errori di fatto sui dinosauri, e sembrava che non avesse capito il senso della teoria del gene egoista. Ecco la mia occasione!

Non avrei accennato agli errori logici, per non irritarlo, e ho deciso di non dire niente dei punti in cui confondeva Dna e Rna perché pensavo che potesse risultare troppo imbarazzante, ma ho pensato che potevo sottolineare tranquillamente errori di fatto piú astrusi; una cosa del genere la potevo firmare Steven, 11 anni. Era difficile decidere quanto semplificare la teoria del gene egoista: dato che non l'aveva capita non volevo dare una spiegazione difficile, e però mi pareva che se mi fossi limitato a parole di una sillaba gli sarei sembrato odioso.

Ho riscritto la lettera dieci volte cercando di sembrare intelligente senza essere irritante. Avrei potuto stamparla col computer, ma ho pensato che la mia grafia atroce l'avrebbe incuriosito di piú, cosí ho scritto la versione finale a mano.

Ci ho messo due giorni a scriverla. Avrei potuto scriverla in un quarto d'ora, se non avessi avuto la preoccupazione di suonare odioso. Comunque, come direbbe Sibylla, non è carino andare in giro a offendere costantemente le persone.

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Pagina 270

Quando sono arrivato a casa Sibylla stava guardando I sette samurai. Non doveva essere li da molto; i contadini avevano appena lasciato il villaggio. Samurai con l'aria da duri percorrevano a grandi passi le strade di una grande città; bisogna avere un bel coraggio per chiedere a qualcuno di combattere per tre pasti al giorno.

Mi sono seduto sul divano vicino a lei. Ah, bene, ha detto mio padre.

Kanbei stava porgendo un rasoio a un monaco con un arco. Era seduto lungo il fiume e si bagnava la testa con l'acqua; il monaco ha cominciato a rasargli i capelli.

Ah, bene, ha detto mio padre.

Kanbei ha indossato i vestiti portati dal monaco. Ha incrociato lo sguardo dell'inetto Mifune con una faccia di pietra. Mi sa che dovrai aspettare ancora un po', ha detto mio padre.

Kanbei ha preso due manciate di riso e si è diretto verso il granaio. All'interno il ladro ha urlato. Sono solo un monaco, ha detto Kanbei. Non ti arresterò. Non entrerò. Ho portato da mangiare per il bambino. Grazie, ha detto mio padre. Sul serio. Era da molto tempo che una cosa non mi faceva cosí piacere.

Mi sono alzato e ho cominciato a girare per la stanza, in cerca di qualcosa che potessi fare per un'ora o anche dieci minuti senza sentire la sua voce. Ho preso il mio libro sul judo ma dopo due righe ho visto la sua faccia, e ho cominciato a leggere Ibn Khaldun e lui ha detto Adesso ci credo che tu abbia letto i miei libri.

L'hai già incontrato? ha detto Sibylla. Questo era il suo concetto di delicatezza, scoprire subito le carte invece che lasciarmi li a chiedermi che cosa sapeva e se dovevo dire qualcosa.

L'ho incontrato, ho detto. Non so che cosa ci hai trovato.

Ne sai quanto me, ha detto Sib, sottintendendo delicatamente che sapeva con certezza che avevo anche frugato tra le sue carte.

Non gliel'ho detto, ho detto.

Selbstverstandlich, ha detto Sib. Io non ci sono mai riuscita. Ho continuato a pensare che avrei dovuto farlo, ma semplicemente non ci riuscivo. Avevo letto delle cose sue, avevo pensato che forse era cambiato, ed è cambiato, ma solo nel modo in cui potrebbe mostrare maturità uno della scuola Tyrone Power: bocca composta, sopracciglia aggrottate, qui c'è qualcuno che pensa pensieri tosti, insomma. Si è svegliato bambino ed è andato a letto uomo. Mi dispiace parlare male del tuo donatore di sperma, però. Dovrei smetterla.

Fa lo stesso, ho detto.

No che non fa lo stesso, ha detto lei. Ha fermato la cassetta. Interrompere nel mezzo è un vero shock, ha detto, comunque se non altro Kurosawa non lo saprà mai.

Non importa, ho detto.

Va bene, ha detto Sib. Ricordati solo che tu sei perfetto, comunque sia tuo padre. Ci sono altre persone che avrebbero piu bisogno di avere un padre sensato.

Non stiamo parlando di una risorsa esauribile, ho detto.

Stiamo parlando di fortuna, ha detto Sibylla. Perché tu dovresti averle tutte?

Mi stavo lamentando? ho detto.

Guardala da questo punto di vista, ha detto Sib. È dura per un uomo essere messo in ombra dal figlio.

Non mi stavo lamentando, ho detto.

Certo che no, ha detto lei.

Mi ha detto che ha dei figli, ho detto. Ha detto che guardavano Apriti Sesamo e che era il giusto livello.

A che età? ha chiesto.

Non l'ha detto.

Hmmm, ha fatto lei.

Si è alzata e ha acceso il computer e ha preso l'«Independent» e si è seduta a leggerlo.

Ti ho detto che stavo leggendo «Die Zeit»? ha detto. Stavo leggendo «Die Zeit» e mi sono imbattuta in una frase deliziosa, Es regnete ununterbrochen. Piovve ininterrottamente. In tedesco suonava cosí bene. Piovve ununterbrochen. Ci penserò ogni volta che piove.

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