Copertina
Autore Philip K. Dick
Titolo Le tre stimmate di Palmer Eldritch
EdizioneNord, Milano, 1984, Narrativa d'anticipazione
OriginaleThe Three Stigmata of Palmer Eldritch [1964]
PrefazioneCarlo Pagetti
TraduttoreUgo Malaguti
LettoreRenato di Stefano, 1986
Classe fantascienza
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al sito dell'editore








 

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Pagina 3 [ inizio libro ]

CAPITOLO PRIMO



Barney Mayerson aveva un'emicrania fuori del comune quando si svegliò in una camera da letto sconosciuta di un Appartamento Comune sconosciuto di un edificio sconosciuto. E per di più accanto a lui, coperta dal lenzuolo fino alle spalle rotonde e lisce, dormiva una ragazza sconosciuta. Una ragazza sconosciuta che respirava con le labbra socchiuse il respiro regolare del sonno del mattino. Una ragazza sconosciuta con i capelli bianchi che parevano tanti batuffoli di cotone.

Scommetto che arriverò in ritardo al laavoro, mormorò tra sé Barney. Scostò il lenzuolo, senza fare rumore, posò un piede a terra e poi, chiudendo gli occhi, si alzò, cercando di ricacciare indietro l'ondata di nausea che minacciava di travolgerlo. Per quello che ne sapeva, poteva trovarsi a molte ore di volo dal suo ufficio; poteva addirittura trovarsi fuori del territorio degli Stati Uniti. Però di una cosa era sicuro: si trovava ancora sulla Terra. La gravità che schiacciava il suo stomaco era familiare, normale.


E nella stanza attigua, accanto al divano, c'era una valigetta conosciuta, quella del suo psichiatra, il Dottor Sorriso.

Camminò a piedi nudi ed entrò nel soggiorno, sedendosi accanto alla valigetta; la aprì, girò un paio di bottoni, schiacciò un pulsante, e il Dottor Sorriso si accese. I quadranti si mossero, i nastri cominciarono a registrare, e il meccanismo cominciò a ronzare.

- Dove sono? - domandò Barney alla macchina. - Quanto è distante New York? - Era questa la cosa più importante. Dal punto in cui si trovava, riusciva a vedere la parete della cucinetta del com, l'Appartamento Comune; sulla parete c'era l'orologio, e l'ora non era quella che lui temeva. Le sette e mezzo del mattino. Non era tardi.

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Pagina 207 [ fine libro ]

La mia mente evoluta mi dice tutte queste cose, pensò. Quelle sedute di Terapia E non sono state fatte invano... forse non avrò vissuto quanto Eldritch, in un senso, ma in un altro senso sì; ho vissuto centomila anni, gli anni della mia evoluzione accelerata, e grazie a essi sono diventato molto saggio; ho speso bene il mio denaro, ho avuto in cambio l'esatto valore. Adesso nulla potrebbe essere più chiaro, per me. E nelle città residenziali di Antarctica raggiungerò quelli come me, e mi unirò a loro; noi saremo una corporazione di Protettori. Salveremo gli altri. Tutti gli altri.

- Ehi, Blau - disse, dando una gomitata con il braccio naturale alla cosa semiumana che stava accanto a lui. - Io sono il suo discendente. Eldritch è venuto da un altro spazio, ma io vengo da un altro tempo. Capito?

- Uhm - mormorò Felix Blau.

- Guardi la mia fronte alta, la mia testa a cupola; io sono una testa a bolla, vero? E questa corteccia; non è solo in cima, è dappertutto. Cosi, nel mio caso, la terapia ha funzionato davvero. Così non si arrenda, non disperi. Abbia fede in me. Creda in me.

- Va bene, Leo.

- «Leo»? Come mai continua a chiamarmi «Leo»?

Rigido sul sedile accanto al suo, appoggiato ai braccioli con entrambe le mani, Felix Blau lo fissò, implorante:

- Pensi, Leo. Per l'amor di Dio, pensi!

- Oh, già - calmandosi, annuì; si sentì in colpa. - Mi dispiace. E' stato solo un momento. Capisco cosa vuol dire; so di che cosa ha paura. Ma non significa nulla. - Aggiunse, - continuerò a pensare, come dice lei. Non lo dimenticherò per la seconda volta. - Annuì solennemente, per dare forza alla promessa.

L'astronave continuò a volare nello spazio, avvicinandosi sempre di più alla Terra.

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