Copertina
Autore Umberto Eco
Titolo Sei passeggiate nei boschi narrativi
SottotitoloHarvard University, Norton Lectures 1992-1993
EdizioneBompiani, Milano, 1994 , Isbn 978-88-452-2228-3
LettoreRenato di Stefano, 1994
Classe critica letteraria
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Pagina 1

1.
Entrare nel bosco


Vorrei iniziare ricordando Italo Calvíno, che doveva tenere otto anni fa, in questo stesso luogo, le sue sei Norton Lectures, ma fece in tempo a scriverne solo cinque, e ci lasciò prima di poter iniziare il suo soggiorno alla Harvard University. Non ricordo Calvino solo per ragioni d'amicizia, ma perché queste mie conferenze saranno in gran parte dedicate alla situazione del lettore nel testi narrativi, e alla presenza del lettore nella narrazione è dedicato uno dei libri più belli di Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore.

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Pagina 66

Che fare? Notate che questa domanda è direttamente indirizzata non solo a don Abbondio, ma al lettore. Manzoni è maestro nel mescolare la sua narrazione a subitanei, sornioni appelli ai suoi lettori, e questo è tra i meno sornioni. Che cosa avreste fatto voi al posto di don Abbondio? Questo è un esempio tipico di come l'autore modello, o il testo, invitano il lettore a fare una passeggiata inferenziale. L'indugio serve per stimolare questa passeggiata. ...

Potremmo domandarci comunque se era anche necessario che Manzoni inserisse quelle informazioni storiche sui bravi. Si sa benissimo che il lettore è tentato di saltarle, e ciascun lettore dei "Promessi sposi" ha fatto così, almeno la prima volta. Ebbene, anche il tempo che occorre per sfogliare delle pagine che non si leggono fa parte di una strategia narrativa, perché l'autore modello sa (anche se spesso l'autore empirico non saprebbe esprimerlo concenttualmente) che in un racconto il tempo appare tre volte: come tempo della fabula, tempo del discorso e tempo della lettura.

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Pagina 72

Il tempo del discorso è dunque l'effetto di una strategia testuale che interagisce con la risposta del lettore e gli impone un tempo di lettura.

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Pagina 107

[...] Ma passeggiare in un mondo narrativo ha la stessa funzione che riveste il gioco per un bambino. I bambini giocano, con bambole, cavallucci di legno o aquiloni, per familiarizzarsi con le leggi fisiche e con le azioni che un giorno dovranno compiere sul serio. Parimenti, leggere racconti significa fare un gioco attraverso il quale si impara a dar senso alla immensità delle cose che sono accadute e accadono e accadranno nel mondo reale. Leggendo romanzi sfuggiamo all'angoscia che ci coglie quando cerchiamo di dire qualcosa di vero sul mondo reale.

Questa è la funzione terapeutica della narrativa e la ragione per cui gli uomini, dagli inizi dell'umanità, raccontano storie. Che è poi la funzione dei miti: dar forma al disordine dell'esperienza.

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Pagina 142

In questa dialettica noi rispondiamo all'invito dell'Oracolo di Delfi, "Conosci te stesso'. E siccome, come dice Eraclito, "Il dio il cui oracolo è in Delfi, non parla né nasconde, ma accenna", questa conoscenza rimane illimitata perché assume la forma di una interrogazione continua.

E tuttavia questa interrogazione, benché potenzialmente infinita, viene limitata dal formato ridotto dall'Enciclopedia richiesta da un'opera di finzione, mentre non siamo affatto sicuri che il mondo reale, con tutte le sue infinite possibili repliche, sia finito e illimitato o infinito e limitato.

Ma c'è anche un'altra ragione per cui la narrativa ci fa sentire a nostro agio rispetto alla realtà. C'è una regola aurea per ogni criptoanalista o decritattore di codici segreti, e cioè che ogni messaggio può essere decrittato purché si sappia che si tratta di un messaggio. Il problema col mondo reale è che ci stiamo chiedendo da millenni se ci sia un messaggio e se questo messaggio abbia un senso. Con un universo narrativo noi sappiamo per certo che esso costituisce un messaggio e che un'autorità autoriale sta dietro a esso, come sua origine e come insieme di istruzioni per la lettura.

Così la nostra ricerca dell'autore modello è la ricerca dell' Ersatz di un'altra immagine, quella di un Padre, che si perde nella nebbia dell'infinito, per cui non ci stanchiamo mai di domandarci perché ci sia dell'Essere piuttosto che Nulla.

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Pagina 145

6.
Protocolli fittizi


Se i mondi narrativi sono così confortevoli perché allora non tentare di leggere lo stesso mondo reale come se fosse un romanzo? Oppure, se i mondi della finzione narrativa sono così piccoli e ingannevolmente confortevoli, perché non cercare di costruire mondi narrativi che siano complessi, contraddittori e provocatori come il mondo reale?

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Pagina 173

Si può reagire a queste intrusioni del romanzo nella vita, ora che abbiamo visto quale portata storica possa avere questo fenomeno? [Protocolli di Sion]. Non sono qui a proporvi le mie povere passeggiate nei boschi della finzione come un rimedio alle grandi tragedie del nostro tempo. Ma è pur sempre passeggiando nei boschi narrativi che abbiamo potuto capire anche il meccanismo che permette l'irruzione della finzione nella vita, talora con risultati innocenti e gradevoli, come quando si va in pellegrinaggio a Baker Street, talora trasformando la vita non in un sogno ma in un incubo. Riflettere sui complessi rapporti tra lettore e storia, finzione e realtà, può costituire una forma di terapia contro ogni sonno della ragione, che genera mostri.

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Pagina 174

A un certo momento, sceso il buio più completo, si è diffusa una bellissima ninna-nanna di De Falla e lentamente (anche se un poco più in fretta della realtà, perché tutto si è svolto in un quarto d'ora) sopra il mio capo ha iniziato a ruotare il cielo che appariva nella notte tra il 5 e il 6 gennaio del 1932 sulla città di Alessandria. Ho vissuto, con una evidenza quasi iperrealistica, la mia prima notte di vita.

L'ho vissuta per la prima volta, dato che io quella prima notte non l'ho vista. Forse non l'ha vista neppure mia madre, spossata dalle fatiche del parto, ma magari l'ha vista mio padre, uscito zitto zitto sul balcone, un poco agitato e insonne per l'evento mirabile (almeno per lui) di cui era stato testimone e remota concausa.

Sto parlando di un artificio meccanico realizzabile in molti luoghi, e magari l'esperienza è già accaduta ad altri, ma mi perdonerete se per quei quindici minuti ho avuto l'impressione di essere il solo uomo sulla faccia della terra (dall'inizio dei tempi) che si stesse ricongiungendo col proprio Inizio. Ero così felice che ho provato la sensazione (quasi il desiderio) che potevo, che avrei dovuto morire in quel momento - e in ogni caso altri momenti saranno ben più casuali e inopportuni. Avrei potuto morire perché ormai avevo vissuto la più bella delle storie che avessi mai letto in vita mia, avevo trovato forse la storia che tutti cercano tra pagine e pagine di centinaia di libri, o sullo schermo di molte sale cinematografiche, ed era un racconto i cui protagonisti eravamo io e le stelle. Era finzione, perché la storia era stata reinventata dal direttore del planetarío, era Storia, perché raccontava che cosa fosse avvenuto nel cosmo in un momento del passato, era vita reale perché io ero vero e non il personaggio di un romanzo. Ero, per un momento, il Lettore Modello del Libro dei Libri.

Quello era un bosco narrativo dal quale non avrei mai più voluto uscire.

Ma siccome la vita è crudele per voi come per me, eccomi qui.

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