Copertina
Autore Erodoto
Titolo Le storie
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2006 [1996], Classici greci 26 , pag. 822+770, cop.fle., dim. 120x190x44+42 mm , Isbn 978-88-02-07417-7
CuratoreAristide Colonna, Fiorenza Bevilacqua
TraduttoreFiorenza Bevilacqua
LettoreLuca Vita, 2006
Classe classici greci , storia , storia antica , etnografia , zoologia
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Indice


    Primo volume

  7 Introduzione
 29 Nota biografica
 31 Nota bibliografica
 41 Nota critica

 58 Libro primo
282 Libro secondo
476 Libro terzo
646 Libro quarto



    Secondo volume

  7 Nota critica

 22 Libro quinto
142 Libro sesto
266 Libro settimo
474 Libro ottavo
596 Libro nono


715 Indice dei nomi


 

 

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Pagina 59

LIBRO I
CLIO



Questa è l'esposizione della ricerca di Erodoto di Alicarnasso, affinché le azioni degli uomini non vadano perdute con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci sia dai barbari, non rimangano prive di fama, e in particolare i motivi per i quali combatterono gli uni contro gli altri.

[1, 1] I dotti Persiani sostengono che furono i Fenici la causa del contrasto: essi infatti, arrivati dal Mare Eritreo sulle coste del nostro mare, si stanziarono dove vivono tuttora e subito intrapresero lunghi viaggi per mare; trasportando merci provenienti dall'Egitto e dall'Assiria, giunsero in molte località, tra le quali Argo. [2] Argo a quell'epoca era, sotto tutti gli aspetti, la più importante tra le città della regione che oggi viene chiamata Grecia. I Fenici dunque, arrivati in questa città di Argo, mettevano in vendita il loro carico. [3] Quattro o cinque giorni dopo il loro arrivo, quando ormai avevano venduto quasi tutto, vennero sulla riva del mare molte donne, tra cui anche la figlia del re: il suo nome, a quanto dicono anche i Greci, era Io figlia di Inaco. [4] Mentre queste se ne stavano presso la poppa della nave e compravano gli oggetti che più piacevano loro, i Fenici, fattisi coraggio a vicenda, si gettarono su di esse. La maggior parte delle donne riuscì a fuggire, ma Io insieme ad altre venne rapita; i Fenici, dopo averle imbarcate sulla loro nave, salparono e si diressero verso l'Egitto.

[2, 1] I Persiani dunque affermano che Io giunse in Egitto in tal modo, diversamente da quanto asseriscono i Greci, e che questo fatto segnò l'inizio di una serie di torti reciproci. In seguito, dicono ancora i Persiani, alcuni Greci (di cui essi non sono in grado di fare il nome), sbarcati a Tiro, in Fenicia, rapirono la figlia del re, Europa: costoro sarebbero stati dei Cretesi. A questo punto erano pari: ma poi i Greci si resero responsabili della seconda offesa. [2] Arrivati con una nave lunga a Ea nella Colchide, vicino al fiume Fasi, dopo aver sbrigato gli affari per cui erano venuti, rapirono la figlia del re, Medea. [3] Il re dei Colchí, allora, inviò un araldo in Grecia per chiedere soddisfazione del rapimento e per reclamare la restituzione della figlia; ma i Greci risposero che i barbari non avevano dato loro soddisfazione del rapimento dell'argiva Io: perciò loro avrebbero fatto altrettanto.

[3, 1] Narrano che, nel corso della generazione successiva, Alessandro figlio di Priamo, avendo sentito parlare di questi avvenimenti, volle procurarsi una moglie in Grecia per mezzo di un rapimento, sicuro che sarebbe sfuggito a qualsiasi punizione: infatti costoro non erano stati puniti. [2] Quando dunque ebbe rapito Elena, i Greci decisero di inviare dei messi per reclamare la restituzione di Elena e per domandare soddisfazione del rapimento. Ma quando avanzarono tali richieste, fu rinfacciato loro il rapimento di Medea e il fatto che essi, che non avevano dato alcuna soddisfazione né avevano restituito quanto reclamato, pretendevano ora di ricevere soddisfazione da altri.

[4, 1] Fino ad allora vi erano stati semplicemente dei rapimenti, commessi dagli uni contro gli altri, ma a partire da quel momento i Greci si resero gravemente colpevoli: infatti cominciarono a portare guerra in Asia prima che i Persiani la portassero in Europa. [2] Ora, questi ultimi ritengono che rapire donne è un'azione da uomini ingiusti, ma darsi da fare per vendicare i rapimenti è da insensati, mentre è proprio dei saggi non preoccuparsi affatto delle donne rapite: è evidente infatti che, se non lo avessero voluto esse stesse, non sarebbero state rapite. [3] Loro, gli abitanti dell'Asia, — dicono i Persiani — non si sono mai curati delle donne rapite, i Greci invece per una donna spartana raccolsero un grande esercito e, giunti in Asia, distrussero la potenza di Priamo. [4] Da allora hanno sempre pensato che ciò che è greco sia loro nemico. In effetti i Persiani considerano come cosa di loro proprietà l'Asia e i popoli barbari che vi abitano, mentre ritengono che l'Europa e il mondo greco siano un paese a parte.

[5, 1] Così sono andate le cose secondo i Persiani ed è nella distruzione di Troia che essi individuano l'origine del loro odio per i Greci. [2] Riguardo a Io, però, i Fenici non sono d'accordo con i Persiani: affermano di non essere ricorsi a un rapimento per condurla in Egitto, ma che Io ad Argo aveva una relazione con il proprietario della nave e, quando si accorse di essere incinta, temendo la reazione dei suoi genitori, si imbarcò con i Fenici di sua spontanea volontà per non essere scoperta. [3] Ecco dunque le versioni dei Persiani e dei Fenici. Da parte mia, non intendo pronunciarmi su questi fatti affermando che le cose andarono in un modo o nell'altro: indicherò invece colui che, a quanto so personalmente, per primo prese l'iniziativa di compiere azioni ingiuste contro i Greci e quindi proseguirò il discorso occupandomi indistintamente di città grandi e piccole:

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[64, 1] Gli Egiziani sono stati anche i primi a osservare religiosamente il divieto di accoppiarsi con donne all'interno dei santuari e di entrarvi dopo un accoppiamento senza essersi lavati. Quasi tutti gli uomini, tranne gli Egiziani e i Greci, hanno rapporti sessuali nei santuari o vi entrano dopo un rapporto senza essersi lavati, ritenendo che gli uomini siano come le altre bestie: [2] infatti, dicono, si vedono tutti gli animali e tutte le specie di uccelli accoppiarsi nei templi degli dei e nei recinti sacri: se questo non fosse gradito alla divinità, neppure le bestie lo farebbero. Adducendo simili giustificazioni, adottano un comportamento che a me non piace affatto.

[65, 1] Gli Egiziani, invece, rispettano scrupolosamente le prescrizioni religiose e in particolare le seguenti. [2] L'Egitto, pur confinando con la Libia, non è molto ricco di animali: ma quelli che vi sono, vengono tutti ritenuti sacri, sia quelli domestici sia quelli selvatici. Se spiegassi per quali motivi le bestie sono considerate sacre, verrei a parlare di questioni divine, che io evito il più possibile di trattare: e se le ho sfiorate, l'ho fatto per necessità. [3] Per quanto riguarda gli animali vige questa norma: Egiziani di entrambi i sessi vengono incaricati di provvedere al nutrimento di ciascuna specie separatamente; tale onore si trasmette di padre in figlio. [4] Gli abitanti delle città, ciascuno per conto proprio, quando fanno voti al dio a cui è sacro quel determinato animale compiono i seguenti riti: radono la testa ai loro figli, o tutta intera o a metà o per un terzo, e poi pesano i capelli su una bilancia usando dell'argento come contrappeso; l'argento che bilancia il peso dei capelli tagliati lo donano alla custode degli animali: essa, in cambio, taglia a pezzi dei pesci e li dà da mangiare alle bestie. [5] Così è prescritto che vengano nutrite. Se qualcuno uccide uno di questi animali, se lo ha fatto volontariamente viene punito con la morte, se involontariamente paga una multa stabilita dai sacerdoti. Ma chi uccide un ibis o uno sparviero, sia volontariamente che involontariamente, deve morire comunque.

[66, 1] Gli animali domestici sono numerosi, ma sarebbero ancora di più, se ai gatti non capitasse una cosa del genere: quando le femmine hanno partorito, non vanno più con i maschi; questi cercano di accoppiarsi con le gatte, ma non ci riescono. [2] Ricorrono allora a un espediente: portano via e sottraggono i cuccioli alle femmine e li uccidono, senza però mangiarli; le gatte, private dei loro piccoli e desiderose di averne altri, vanno allora dai maschi: infatti è un animale che ama molto i figli. [3] Se poi scoppia un incendio, i gatti si comportano in modo portentoso. Gli Egiziani, disposti a intervalli, fanno la guardia ai gatti, senza curarsi di spegnere le fiamme: ma i gatti, sgusciando in mezzo agli uomini o saltando sopra di loro, si gettano nel fuoco. [4] Quando si verificano fatti del genere, una grande afflizione si impadronisce degli Egiziani. Nelle case in cui un gatto muore di morte naturale, tutti coloro che vi abitano si radono soltanto le sopracciglia; ma dove muore un cane si radono tutto il corpo e la testa.

[67, 1] I gatti morti sono trasportati in locali sacri, dove vengono imbalsamati e sepolti, nella città di Bubasti. I cani invece ciascuno li seppellisce nella propria città in tombe sacre. Nello stesso modo dei cani sono seppellite le manguste. I topiragno e gli sparvieri li portano nella città di Buto, gli ibis ad Ermopoli. [2] Gli orsi, che sono rari, e i lupi, che non sono molto più grandi delle volpi, sono sepolti là dove vengono trovati morti.

[68, 1] Ed ecco le caratteristiche del coccodrillo: durante i quattro mesi invernali non mangia nulla; è un quadrupede e vive sia sulla terraferma sia in acque tranquille: depone e fa schiudere le uova sulla terra e trascorre la maggior parte della giornata all'asciutto, ma l'intera notte nel fiume, perché l'acqua è più calda dell'aria e della rugiada. [2] Di tutti gli esseri che conosciamo è quello che dalle dimensioni più piccole arriva alle più grandi: infatti depone uova non molto più grosse di quelle dell'oca e il piccolo è in proporzione all'uovo, ma crescendo raggiunge i diciassette cubiti e oltre. [3] Ha occhi di maiale, denti grandi e zanne proporzionate al corpo. Unico tra gli animali, non possiede la lingua; la mascella inferiore non è mobile, ma, unico fra gli animali anche in questo, accosta la mascella superiore a quella inferiore. [4] Ha unghie robuste e, sul dorso, una pelle a squame impenetrabile. Nell'acqua non vede, ma all'aria aperta possiede una vista acutissima. Poiché trascorre una parte della sua vita nell'acqua, ha tutta la bocca piena di sanguisughe. Gli altri uccelli e gli altri animali lo fuggono, il trochilo invece vive in pace con lui, perché gli è utile: [5] quando il coccodrillo esce dall'acqua sulla riva e se ne sta con la bocca spalancata (per lo più è solito farlo volgendosi verso lo zefiro), allora il trochilo gli entra dentro la bocca e divora le sanguisughe: il coccodrillo è contento di essere aiutato e non gli fa nessun male.

[69, 1] Per alcuni degli Egiziani i coccodrilli sono sacri, per altri no, e li trattano anzi come nemici. Quelli che vivono intorno a Tebe e al lago di Meri li considerano assolutamente sacri. [2] In ognuna di queste due regioni allevano un coccodrillo scelto fra tutti, ammaestrato e addomesticato; gli mettono alle orecchie pendenti di smalto e d'oro, e intorno alle zampe anteriori dei braccialetti; gli danno da mangiare i cibi prescritti e le vittime dei sacrifici e, finché è in vita, lo trattano nel migliore dei modi; quando poi muore lo seppelliscono, dopo averlo imbalsamato, in urne sacre. [3] Invece gli abitanti della zona di Elefantina arrivano addirittura a mangiare i coccodrilli, perché non li ritengono affatto sacri. Il loro nome non è coccodrilli, ma «champsai»: sono stati gli Ioni a chiamarli coccodrilli, cogliendo una certa somiglianza tra il loro aspetto e quello dei «coccodrilli» che nel loro paese si trovano sui muri a secco.

[70, 1] Ci sono molte tecniche diverse per catturare il coccodrillo: mi limiterò a descrivere quella che mi sembra più meritevole di essere riferita. Il cacciatore attacca come esca a un uncino una schiena di maiale e la lancia in mezzo al fiume; lui sta sulla riva del fiume con un porcellino vivo e lo picchia. [2] Il coccodrillo, sentendo le grida del porcellino, si dirige verso il punto da cui provengono e, quando si imbatte nella schiena del maiale, la inghiotte: allora lo tirano verso riva. Una volta che il coccodrillo è stato tratto a terra, prima di tutto il cacciatore gli spalma di occhi di fango: se fa questo, lo riduce facilmente in suo potere; se invece non lo fa, ci riesce con fatica.

[71] Gli ippopotami sono sacri nel nomo di Papremis, ma non per gli altri Egiziani. Ed ecco qual è l'aspetto dell'ippopotamo: è un quadrupede; con lo zoccolo fesso come il bue, con il muso rincagnato e con una criniera equina; ha zanne sporgenti, coda e voce da cavallo; le sue dimensioni sono quelle di un bue di taglia massima. La sua pelle è così spessa che quando è secca se ne ricavano aste per giavellotti.

[72] Nel fiume ci sono anche lontre, che sono ritenute sacre. Tra i pesci considerano sacri il cosiddetto lepidoto e l'anguilla, i quali, dicono, sono sacri al Nilo; tra gli uccelli l'ocavolpe.

[73, 1] Vi è anche un altro uccello sacro, chiamato fenice. Io non l'ho visto, se non dipinto; infatti appare presso di loro raramente, ogni cinquecento anni, a detta degli abitanti di Eliopoli: [2] compare, dicono, quando gli muore il padre. Se è come la dipingono, ecco il suo aspetto e le sue dimensioni: le penne delle ali sono in parte color oro, in parte rosse; per sagoma e per grandezza è assai simile all'aquila. [3] Sostengono che compia questa straordinaria impresa (ma a mio parere si tratta di affermazioni inattendibili): partendo dall'Arabia trasporterebbe nel santuario di Helios il corpo del padre avvolto nella mirra e lo seppellirebbe in quel santuario. Così avverrebbe il trasporto: [4] innanzi tutto foggia un uovo di mirra, grande quanto è in grado di portare, e poi prova a volare con questo carico; compiuta la prova, svuota l'uovo per mettervi dentro il padre e con altra mirra ricopre il foro aperto nell'uovo per introdurvi il padre (quest'ultimo, posto all'interno dell'uovo, ne ripristina il peso originario); e dopo averlo così avvolto nella mirra, lo trasporta in Egitto nel santuario di Helios. Ecco che cosa farebbe, a quanto narrano, questo uccello.

[74] Nella regione di Tebe ci sono dei serpenti sacri, assolutamente innocui per l'uomo: sono di piccole dimensioni e hanno due corna sulla sommità della testa; quando muoiono, vengono sepolti nel santuario di Zeus: dicono infatti che sono sacri a questo dio.

[75, 1] Vi è poi una località dell'Arabia, situata quasi di fronte alla città di Buto: io ci sono andato per informarmi dei serpenti alati. Arrivato là, vidi ossa e spine dorsali di serpenti in quantità indescrivibile: vi erano dei mucchi di spine dorsali — grandi, meno grandi e più piccoli — ed erano molti. [2] Il luogo dove giacciono queste spine dorsali è fatto così: un passo tra monti angusti che sbocca in un'ampia pianura, pianura che si ricollega alla pianura egiziana. [3] Si racconta che all'inizio della primavera i serpenti alati spiccano il volo dall'Arabia verso l'Egitto: gli ibis però muovono loro incontro all'ingresso di questa regione e non li lasciano entrare, ma li uccidono. [4] Gli Arabi dicono che è per tale impresa che l'ibis riceve grandi onori dagli Egiziani e anche gli Egiziani, d'accordo con loro, riconoscono di onorare questi uccelli per tale motivo.

[76, 1] Ecco come si presenta l'ibis: tutto straordinariamente nero, ha le zampe da gru, il becco accentuatamente ricurvo, la grandezza di un crex. Questo è l'aspetto degli ibis neri, quelli che combattono contro i serpenti. Ed ecco invece quello degli ibis che più spesso si aggirano tra gli uomini (ci sono infatti due specie di ibis): [2] hanno nuda la testa e tutta la gola; le piume sono bianche, tranne quelle della testa, del collo, della punta delle ali e dell'estremità della coda (tutte queste parti sono intensamente nere); per le zampe e il becco assomigliano all'altra specie. Quanto ai serpenti, la loro forma è simile a quella dei serpenti d'acqua; [3] hanno ali prive di penne, quasi identiche alle ali del pipistrello. E tanto basti sugli animali sacri.


[77, 1] Tra gli Egiziani quelli che abitano nella parte seminata dell'Egitto sono di gran lunga i più dotti fra gli uomini con cui ho avuto a che fare, perché coltivano la memoria del passato di tutta l'umanità. [2] Seguono questo regime di vita: si purgano per tre giorni di seguito ogni mese, cercando di assicurarsi la salute con emetici e clisteri, nella convinzione che tutte le malattie derivino agli uomini dai cibi di cui si nutrono. [3] Del resto gli Egiziani sono, dopo i Libici, gli uomini più sani del mondo anche per altri motivi e cioè, secondo me, per il clima del paese, perché le stagioni non presentano mutamenti: le malattie infatti colpiscono gli uomini soprattutto nei momenti di cambiamento, e in particolare durante i cambi di stagione. [4] Mangiano pani fatti con farina di olira che chiamano «killestis». Bevono vino d'orzo, dal momento che nel loro paese non ci sono viti. Quanto ai pesci, ne mangiano alcuni crudi, seccati al sole, altri invece conservati sotto sale; [5] tra gli uccelli mangiano crudi, dopo averli messi sotto sale, le quaglie, le anatre e gli uccellini piccoli; tutti gli altri uccelli e pesci di cui dispongono, tranne quelli ritenuti sacri, li mangiano arrostiti o bolliti.

[78] Durante le riunioni dei ricchi, quando si è finito di mangiare, un uomo porta in giro una statua di legno in una bara, scolpita e dipinta in modo da imitare alla perfezione un cadavere, lunga in tutto uno o due cubiti; e mostrandola a ciascuno dei convitati dice: «Guardalo e bevi e divertiti: da morto sarai così». Così fanno durante i banchetti.

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[98, 1] Quanto a quella grande quantità d'oro dalla quale prelevano per il re la polvere di cui ho parlato, gli Indiani se la procurano nel modo seguente. [2] La parte orientale della regione indiana è una distesa di sabbia; tra i popoli che conosciamo e per i quali disponiamo di qualche informazione sicura, gli Indiani sono i primi in Asia verso l'aurora e il sorgere del sole, dal momento che il settore orientale del loro territorio è deserto a causa della sabbia. [3] Gli Indiani sono divisi in molte stirpi, che parlano lingue differenti; alcuni sono nomadi, altri no; altri ancora abitano nelle paludi formate dal fiume e si nutrono di pesci crudi che pescano da imbarcazioni di canna: ogni imbarcazione è formata dalla sezione di una canna compresa tra due nodi. [4] Questi Indiani portano abiti di giunco: raccolgono il giunco dal fiume, lo battono, lo intrecciano come una stuoia e poi lo indossano come se fosse una corazza.

[99, 1] Altri Indiani, che vivono a oriente dei precedenti, sono nomadi, si cibano di carni crude e sono chiamati Padei. Ed ecco quali sono, a quanto si dice, le loro usanze. Quando uno di loro, uomo o donna, si ammala, se è un uomo lo uccidono gli uomini a lui più legati, sostenendo che, se muore di malattia, le sue carni vanno perdute per loro: lui nega di essere ammalato, ma essi non accettano le sue ragioni, lo uccidono e se lo mangiano. [2] Analogamente se è una donna a cadere malata, le donne a lei più amiche si comportano esattamente come gli uomini. Se poi uno riesce a raggiungere la vecchiaia, lo sacrificano e se lo mangiano. Ma non sono molti quelli che rientrano in questo numero, dal momento che eliminano prima tutti coloro che incappano in una malattia.

[100] Altri Indiani ancora conducono un diverso genere di vita: non uccidono nessun essere vivente, non seminano nulla, non hanno l'abitudine di avere case, si nutrono di erbe e hanno nel loro paese un cereale grande quanto un grano di miglio e racchiuso in un baccello, che cresce spontaneamente: essi lo raccolgono, lo fanno bollire con tutto il baccello e lo mangiano. Se uno di loro si ammala, se ne va nel deserto e lì si stende per terra: nessuno si occupa di lui, né dopo la sua morte né durante la malattia.

[101, 1] Tutti gli Indiani che ho elencato finora si accoppiano in pubblico, come le bestie; hanno tutti la pelle dello stesso colore, simile a quello degli Etiopi. [2] Il liquido seminale che emettono quando si uniscono alle donne non è bianco come quello degli altri uomini, ma nero come la loro pelle; uno sperma dello stesso tipo lo hanno anche gli Etiopi. Questi Indiani vivono molto oltre la Persia, verso sud, e non sono mai stati soggetti a Dario.

[102, 1] Altre popolazioni indiane confinano con la città di Caspatiro e con la Pattica; rispetto agli altri Indiani sono stanziati in direzione dell'Orsa e del vento borea e hanno un tipo di vita simile a quella dei Battriani. Sono i più bellicosi tra gli Indiani e sono quelli che partono in cerca dell'oro: è dalla loro parte, infatti, che inizia la zona deserta a causa della sabbia. [2] Ora, in questa regione desertica e sabbiosa ci sono formiche di dimensioni inferiori a quelle dei cani, ma superiori a quelle delle volpi: se ne trovano alcune anche presso il re di Persia e sono state appunto catturate in questa zona. Tali formiche, quando scavano le loro tane sotto terra, portano fuori la sabbia proprio come le formiche della Grecia, alle quali assomigliano molto anche nell'aspetto: ma la sabbia che estraggono è aurifera. [3] È alla ricerca di questa sabbia che gli Indiani organizzano spedizioni nel deserto; ciascuno di essi aggioga tre cammelli: ai lati due maschi, legati con una fune, per tirare, al centro una femmina: su di essa sale il cammelliere, che ha avuto cura di aggiogarla strappandola a figli più piccoli possibile. I cammelli non sono inferiori ai cavalli per velocità e inoltre sono molto più adatti a trasportare pesi.

[103] Quanto all'aspetto del cammello, i Greci lo conoscono e io non sto a descriverlo; mi limiterò a segnalare quello che ignorano: il cammello ha nelle zampe posteriori quattro ossa femorali e quattro ginocchia; il pene, posto fra le zampe posteriori, è rivolto verso la coda.

[104, 1] Gli Indiani dunque, in questa maniera e aggiogando i cammelli con questo sistema, muovono alla ricerca dell'oro; fanno i loro calcoli in modo da andare a prenderlo quando la vampa del sole è più ardente: infatti per la gran calura le formiche scompaiono sotto terra. [2] Presso queste popolazioni il sole è più caldo non a mezzogiorno, come presso gli altri popoli, bensì al mattino, dal momento in cui sorge fino all'ora in cui finisce il mercato. Durante tale lasso di tempo il sole scotta molto più che in Grecia a mezzogiorno, tanto è vero che, a quanto si dice, la gente durante quelle ore se ne sta immersa nell'acqua. [3] A metà della giornata il sole in India brucia pressappoco come nel resto del mondo; invece nel pomeriggio diventa come altrove è al mattino; e, man mano che si allontana, fa sempre più fresco, finché al tramonto è proprio freddo.

[105, 1] Appena arrivano sul posto con dei sacchetti, gli Indiani li riempiono di sabbia e tornano indietro al più presto: infatti le formiche, raccontano i Persiani, si accorgono subito, dall'odore, della loro presenza e li inseguono. La loro velocità è senza pari, tanto che, se gli Indiani non si avvantaggiassero di un buon tratto di strada mentre le formiche si radunano, nessuno di loro riuscirebbe a salvarsi. [2] I cammelli maschi, che sono meno veloci delle femmine, non appena cominciano a farsi trascinare, vengono staccati, ma non tutti e due insieme; le femmine invece, ricordandosi dei figli che hanno lasciato, non danno nessun segno di debolezza. In tal modo, secondo i Persiani, gli Indiani si procurano la maggior parte dell'oro: altro oro, ma in quantità molto più limitata, viene estratto dal sottosuolo del paese.


[106, 1] Le estreme regioni del mondo abitato hanno avuto in sorte, in un certo senso, le cose più belle, proprio come la Grecia ha avuto in sorte il clima di gran lunga più temperato. [2] L'India in effetti è l'ultima delle terre abitate verso oriente, come ho detto poco sopra: in India gli animali, sia quadrupedi che uccelli, raggiungono dimensioni molto maggiori che altrove, tranne i cavalli (per questo aspetto sono inferiori ai cavalli della Media, i cosiddetti cavalli Nisei); inoltre l'oro vi si trova in quantità enormi, in parte estratto dal sottosuolo, in parte trasportato dai fiumi, in parte invece portato via nella maniera che ho descritto. [3] Là poi le piante selvatiche producono come frutto una lana che per bellezza e per qualità è superiore a quella delle pecore: e gli Indiani si vestono con abiti ricavati da queste piante.


[107, 1] Verso sud l'ultima delle regioni abitate è l'Arabia: è l'unico paese del mondo che produca incenso, mirra, cassia, cinnamomo e ledano.

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