Copertina
Autore Michel Faber
Titolo Il petalo cremisi e il bianco
EdizioneEinaudi, Torino, 2003, Tascabili Stile libero 1168 , pag. 990, cop.fle., dim. 135x206x45 mm , Isbn 978-88-06-16410-2
OriginaleThe Crimson Petal and the White [2002]
TraduttoreElena Dal Pra, Monica Pareschi
LettoreElisabetta Cavalli, 2004
Classe narrativa olandese , narrativa neerlandese
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Pagina 7

Capitolo primo


Attento. Tieni la testa a posto: ti servirà. La città in cui ti conduco è vasta e intricata, e tu non ci sei mai stato prima. Puoi immaginare, da altre storie che hai letto, di conoscerla bene, ma quelle storie ti hanno illuso, accogliendoti come un amico, trattandoti come se fossi uno del posto. La verità è che tu sei un alieno, in tutto e per tutto, arrivato da un altro tempo e da un altro luogo.

Quando ho catturato il tuo sguardo la prima volta e tu hai deciso di seguirmi, probabilmente pensavi di arrivare qui e sentirti a casa. Ma adesso ci sei davvero, in quest'aria fredda, tagliente, trascinato nell'oscurità piú nera, e inciampi su un terreno accidentato, senza riconoscere nulla. Scrutando a destra e a sinistra, strizzando gli occhi contro il vento gelido, ti accorgi di aver imboccato una strada sconosciuta di case buie piene di gente sconosciuta.

E tuttavia non mi hai scelto a caso. Su, risparmiami la ritrosia: tu speravi che avrei soddisfatto desideri che non osi neppure nominare, o almeno che ti avrei intrattenuto un po'. Adesso esiti, ancora aggrappato a me, ma già tentato di abbandonarmi. All'inizio, quando mi hai scelto, non ti sei reso conto fino in fondo delle mie proporzioni, né ti aspettavi che ti avrei catturato cosí, e cosí in fretta. Il nevischio ti punge le guance, piccoli sputi taglienti e gelidi che sembrano di fuoco, braci ardenti nel vento. Incominciano a farti male le orecchie. Ma ti sei lasciato sviare, e adesso è troppo tardi per tornare indietro.

È un'ora livida della notte, cinerea e quasi leggibile, come pagine intatte di un manoscritto bruciato. Avanzi arrancando nella nuvola del tuo respiro esausto, e continui a seguirmi. L'acciottolato sotto i tuoi piedi è bagnato e sudicio, l'aria è gelida e acre d'alcol e di sterco che si scioglie pian piano. Da qualche luogo nelle vicinanze arrivano attutite voci ubriache, ma dal poco che riesci a capire non sono certo gli incipit forbiti di un grande dramma romantico; al contrario, ti ritrovi a confidare in Dio che le voci non si avvicinino troppo.

I personaggi principali di questa storia, di cui vorresti diventare intimo amico, non sono qui. Non ti stanno aspettando: tu non significhi niente per loro. Se pensi che abbiano intenzione di lasciare i loro letti caldi per venirti a conoscere, ti sbagli.

Ti chiederai perché ti ho condotto qui. Perché tardano tanto quelli che avresti dovuto incontrare. La risposta è semplice: i loro domestici ti avrebbero lasciato alla porta.

Quello che ti manca sono i contatti giusti, per questo siamo venuti qui, per i contatti. Una persona che non conta nulla ti presenterà a una persona che non conta quasi nulla, e quella persona a un'altra, e cosí via fino a quando potrai finalmente varcare la soglia, quasi come uno di famiglia.

Per questo ti ho condotto qui, in Church Lane, a St Giles, dove ho trovato la persona che fa per te.

Devo avvertirti, però, che partiamo dal basso, dai piú vili tra i vili. L'opulenza di Bedford Square e il British Museum saranno anche a poche centinaia di metri, ma tra quei quartieri e questo corre New Oxford Street, un fiume troppo ampio per attraversarlo a nuoto, e tu sei dalla parte sbagliata. Il principe di Galles, te l'assicuro, non ha mai stretto la mano a nessuno degli abitanti di questa strada, né accennato col capo un saluto occasionale, e nemmeno, col favore della notte, saggiato le prostitute. Perché sebbene in Church Lane abitino forse piú puttane che in qualunque altra strada di Londra, non si confanno certo ai gusti dei gentiluomini. Per gli intenditori, una donna dopotutto non è soltanto un corpo, e non si può certo pretendere che sorvolino sui letti sudici, lo squallore dell'arredo, i focolari gelidi e l'assenza di carrozze ad attenderli nella via.

Insomma, questo è tutto un altro mondo, dove la prosperità è un sogno esotico remoto come le stelle. Church Lane è il tipo di strada dove anche i gatti sono magri e stralunati per mancanza di cibo, dove gli uomini che si professano lavoratori apparentemente non lavorano mai e le cosiddette lavandaie di rado lavano qualcosa. I benefattori non possono fare alcun bene qui, e vengono ricacciati con la disperazione nel cuore e le scarpe sporche di merda. Un ospizio modello per poveri meritevoli, aperto con gran clamore filantropico vent'anni fa, è presto caduto nelle mani di gente di malaffare, ed è ormai in rovina. Gli altri edifici, piú vetusti, anche se di due o perfino tre piani, trasudano un'atmosfera sotterranea, quasi fossero stati riesumati da una grande fossa, reperti in decomposizione di una civiltà perduta. Costruzioni vecchie di secoli si sostengono su stampelle di tubi di ferro, ferite e acciacchi medicati con cataplasmi di stucco, imbracati con corde da bucato, rappezzati con legno marcescente. I tetti sono una disparata accozzaglia, le finestre dei piani superiori incrinate e nere come i mattoni, e il cielo sovrastante piú denso di quanto sia l'aria, un cielo a volta come il tetto di vetro di una fabbrica o di una stazione ferroviaria: un tempo scintillante e tersa, ora coperta di lordura.

Comunque, dal momento che sei arrivato alle tre meno dieci di una gelida notte di novembre, non sei certo propenso ad ammirare il panorama. La tua preoccupazione immediata è trovare scampo al freddo e al buio, per diventare quello che pensavi di poter essere semplicemente posando la mano su di me: uno di qui.

A parte il bagliore fioco dei lampioni a gas, in lontananza, non vedi nessuna luce in Church Lane, ma questo è perché l'umanità che veglia si rivela di solito con segnali piú potenti del barbaglio fievole di due candele dietro un vetro fuligginoso. Tu vieni da un mondo dove l'oscurità è spazzata via dallo scatto di un interruttore, ma non è questo l'unico equilibrio di forze che la vita consente. Sono possibili patti molto piú precari.

Sali con me nella stanza dove brilla quel lume fioco. Lasciati trascinare all'interno dalla porta sul retro, lasciati guidare per un corridoio claustrofobico che odora di tappeti intrisi d'acqua e biancheria sudicia. Lascia che ti ripari dal freddo. Conosco io il modo.

Attento ai gradini, alcuni sono marci. So io quali, fidati. Sei arrivato fin qui, perché non spingerti un po' oltre? La pazienza è una virtú, e sarà ampiamente ricompensata.

È chiaro - non te l'avevo detto? - che sto per abbandonarti. Si, purtroppo è cosí. Ma ti lascio in buone mani, ottime, anzi. Qui, in questa minuscola stanza ai piani superiori dove brilla quella tenue luce, stabilirai il tuo primo contatto.

È una creatura gentile, ti piacerà. E in caso contrario, poco importa: appena ti avrà messo sulla buona strada, potrai abbandonarla senza tante cerimonie. Nei cinque anni in cui si è fatta largo nel mondo, non si è mai trovata a portata di voce di quei signori e quelle signore tra cui ti muoverai in seguito; lavora, vive e senza dubbio morirà in Church Lane, saldamente incatenata a questa piccionaia.

Come molte donne del popolo, prostitute soprattutto, si chiama Caroline, e in questo momento la trovi accovacciata sopra un grande catino di ceramica pieno di una mistura tiepida d'acqua, allume e solfato di zinco. Usando uno stantuffo ricavato da un cucchiaio di legno e vecchie bende, tenta di avvelenare, risucchiare o in qualche modo distruggere quello che solo pochi minuti prima le ha lasciato dentro un uomo che per un soffio tu non hai incontrato. Mentre Caroline impregna a piu riprese lo strumento, l'acqua si fa via via piu lurida: chiaro segno, cosí pensa, che il seme dell'uomo guizza li sotto e non dentro di lei.

Asciugandosi con l'orlo della sottoveste, Caroline si accorge che le due candele stanno per spegnersi; una è già un mozzicone gocciolante. Ne accenderà altre?

Be', dipende dall'ora della notte, e Caroline non possiede un orologio. In Church Lane sono in pochi ad averne uno. Pochi sanno che anno è, o perfino che diciotto secoli e mezzo fa, a quanto si dice, un ebreo facinoroso veniva trascinato sul patibolo per aver sconvolto la quiete pubblica. Questa è una strada dove la gente non va a dormire a un'ora precisa, ma quando fa effetto il gin, o quando lo sfinimento non consente ulteriori violenze. È una strada dove la gente si sveglia quando l'oppio nell'acqua zuccherata dei lattanti smette di sedare i piccoli sventurati. È una strada dove gli spiriti piu deboli si trascinano a letto al calar del sole e rimangono svegli ad ascoltare i ratti. È una strada dove le campane della chiesa e le trombe della corona risuonano fievoli, troppo fievoli.

L'orologio di Caroline è il cielo greve e il suo contenuto fosforescente. Le parole «le tre del mattino» possono anche non avere alcun senso per lei, ma capisce perfettamente la relazione tra la luna e le case dall'altra parte della strada. In piedi davanti alla finestra, cerca per un momento di scrutare attraverso i vetri incrostati di sporco congelato, poi gira la nottola e spalanca la finestra. Uno schianto fragoroso le fa temere per un momento di averla rotta, ma è solo il ghiaccio che si infrange. Una gragnuola di piccole scaglie si rovescia sulla strada sottostante.

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Pagina 121

In quell'istante la porta del Fireside si apre, ed entra una donna sola. Porta con sé una folata di aria fresca, e un mugghiare di tempesta, un ululato interrotto dalla porta che si richiude, come un urlo soffocato da una mano. La cappa di fumo per un attimo si dirada, per poi mescolarsi con l'odore della pioggia.

La donna è tutta in nero, no, verde scuro. Un verde scurito dall'acqua. Le spalle sono fradice, il tessuto del corpetto s'incolla alle clavicole sporgenti, e le braccia magre sono fasciate da una stoffa simile a un intrico di alghe. Uno schizzo d'acqua non ancora assorbita brilla sul sobrio cappellino e sull'impalpabile veletta grigia. I capelli folti, non piú rosso fiamma ma di un nero aranciato come tizzoni ardenti, sono tutti scarmigliati, e le ciocche libere gocciolano di pioggia.

Per un attimo freme nervosamente, come un cane, poi si riprende. Rivolta verso il bancone, saluta l'oste, la voce coperta dal baccano della conversazione, e alza le braccia per sollevare il velo. Mentre si scopre il volto, ancora invisibile a Rackham, due scapole aguzze si contraggono dentro la stoffa bagnata. Sulla schiena un lungo rivolo d'acqua, come una lingua o una punta di freccia, volta all'ingiú, verso la gonna.

- Chi è quella? - chiede William.

Le tre prostitute sospirano quasi all'unisono.

- È lei, cocco.

- Forza, Mr Hunt. Buona conversazione.

Sugar si è voltata e perlustra con lo sguardo il Fireside alla ricerca di un posto dove sedere. La piú audace delle tre prostitute, la divinatrice, si alza in piedi, le fa segno di avvicinarsi al tavolo di William.

- Sugar, cara! Vieni qui! Ti presento... Mr Hunt.

Sugar punta dritta al tavolo di William, come se fosse da sempre la sua meta. Anche se è chiaro che sta rispondendo al saluto della prostituta, non accenna a riconoscerla, e fissa lo sguardo solo su Rackham. Quando gli è ormai accanto, guarda William con quegli occhi nocciola che, come promesso da Altre follie a Londra, sembrano davvero dorati, almeno nella luce del Fireside.

- Buonasera, Mr Hunt -. La sua voce non è molto femminile, anzi è perfino un po' roca, ma assolutamente priva di qualsiasi grossolanità che ne riveli la classe. - Non vorrei interrompervi, voi e le vostre amiche.

- Ce ne stavamo giusto andando, - la rassicura la divinatrice, alzandosi in piedi e, come in una cordata, trascinando con sé le compagne. - È te che cerca -. E con questa frase, raccogliendo le eccedenze di taffettà, si ritirano.

Tu non darti la pena nemmeno di seguirle con la coda dell'occhio; sono persone che non lasciano traccia (si esauriranno mai?), e non ci servono piú. William fissa la donna per cui è venuto, incapace di decidere se l'imperfezione del suo viso lo infastidisca (bocca troppo larga, occhi troppo distanziati, pelle secca, lentiggini), o se sia il piú bello che abbia mai visto. Ogni secondo che passa, è piú vicino a decidersi.

Al suo invito, Sugar si accomoda accanto a lui, in un fruscio crepitante di gonne bagnate, la parte superiore del corpo odorosa di pioggia appena caduta e di sudore fresco. Ha corso, a quanto pare, cosa che una donna perbene non farebbe mai, assolutamente mai. Ma il rossore che la corsa le ha fatto salire alle guance è maledettamente attraente, e il suo odore è celestiale. Dall'acconciatura elaborata è sfuggito qualche boccolo, e alcuni le ricadono sugli occhi. Con un languido movimento della mano guantata li scosta da una parte, oltre le sopracciglia folte. Sorride, condividendo con William l'amara consapevolezza che esiste un limite a ciò che possiamo sperare quando i nostri piani non si sono realizzati.

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Pagina 277

Sugar scivola ancor di piú sotto le coperte, col pesante manoscritto che le grava sul petto. È un guazzabuglio di fogli di grandezza diversa, raccolti in una cartellina di cartone rigido su cui compaiono diversi titoli, tutti cancellati con un frego. Sotto l'elenco di cancellature, sopravvive una sola cosa, il nome dell'autore: SUGAR.

La storia narra di una giovane prostituta dai capelli rossi lunghi fino alla vita e dagli occhi color nocciola, che lavora nella stessa casa della madre, una bieca creatura che risponde al nome di Mrs Jettison. A parte qualche volo di fantasia, i delitti per esempio, è la storia della sua vita... o almeno della sua vita in Church Lane. È la storia di una bambina nuda e piangente che, rannicchiata sotto una coperta sporca di sangue, maledice l'universo. È un racconto di amplessi carichi d'odio e baci striati di disgusto, di sottomissione ostentata e di una brama segreta di vendetta. È un inventario di uomini brutali, una scalmanata processione di rifiuti umani, sozzi, fetidi di gin, di whisky, di birra, indecenti, con le unghie incrostate di unto, i denti schiumanti di bava, strabici, decrepiti, moribondi, obesi, monchi, col culo peloso, il cazzo abnorme - tutti in attesa del loro turno per snidare l'ultimo brandello di innocenza rimasta in lei e divorarlo.

Ma c'è un po' di spazio per la buona sorte in questa storia? Nient'affatto! La buona sorte, del genere di quella piovuta con William Rackham, rovinerebbe tutto. L'eroina non deve conoscere altro che miseria e umiliazioni; non dovrà mai trasferirsi da Church Lane in Silver Street, e nessun uomo dovrà mai offrirle tutto ciò che vuole, in particolare la libertà e il conforto di una vita piú facile. Altrimenti questo romanzo, concepito come un grido di rabbia implacabile, diventerebbe una di quelle storie sentimentali che lei detesta, nelle quali a un certo punto si legge: «Lo sposai, caro Lettore».

No, una cosa è certa: la sua non sarà una storia a lieto fine. La sua eroina si vendica degli uomini che odia, tuttavia il mondo resta nelle loro mani e una simile vendetta è inaccettabile. Il finale della storia è dunque una delle poche cose che Sugar ha pianificato in anticipo, e vedrà la morte dell'eroina. Lei lo accetta come inevitabile, ed è convinta che i lettori faranno lo stesso.

I lettori? Ma certo! Una volta finito, ha tutte le intenzioni di dare il manoscritto alle stampe. Ma chi potrebbe pubblicarlo, chiederai tu, e chi lo leggerebbe? Sugar non lo sa, ma è certa che il libro ha buone probabilità di successo. Si pubblica tanta di quella pornografia da strapazzo, per non parlare dei romanzi rispettabili che garbatamente sostengono l'urgenza di riforme sociali. Santo cielo, solo un paio d'anni fa Wilkie Collins ha pubblicato un romanzo intitolato La novella Maddalena, una storiella miserevole e fiacca in cui una prostituta di nome Mercy Merrick spera nella redenzione... Un libro da scagliare contro il muro per la rabbia, eppure il suo successo dimostra che il pubblico è pronto a leggere vicende di donne che hanno visto piú di un cazzo in vita loro... Si, dev'esserci qualche mente ricettiva là fuori, avida di verità non edulcorate, soprattutto nel futuro piú sofisticato e permissivo che è proprio dietro l'angolo. Che diamine, potrebbe perfino guadagnarsi da vivere scrivendo: basterebbe un paio di centinaia di fedeli lettori; non aspira certo al successo di una Rhoda Broughton.

Si sveglia di soprassalto, sbuffando. Il manoscritto è scivolato, e le pagine sono sparpagliate sulle lenzuola. Pagina uno in primo piano. C'è scritto:

Gli uomini sono tutti uguali. Se c'è una cosa che ho imparato nel corso della mia vita sulla Terra, è questa. Gli uomini sono tutti uguali.

Come posso affermarlo con tanta convinzione? Ho forse conosciuto tutti gli uomini che è possibile conoscere? Ebbene si, caro lettore, forse è proprio cosí!

Il mio nome è Sugar...

Sugar dorme.

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Pagina 402

La pagina sfarfalla di nuovo, e questa volta la penna rotola rumorosamente sul piano della scrivania. Sugar d'istinto balza in avanti, con il solo risultato di rovesciare il calamaio, e tre o quattro grosse gocce d'inchiostro nero schizzano sull'abito verde giada.

- Dio, sia maledetto Dio e tutte le Sue... - sbotta furiosa, ma si interrompe con un sospiro. Non è la fine del mondo. Può tentare di lavare via l'inchiostro, e se non se ne va, o se non ne ha voglia, be', può comprarsi un vestito nuovo. Stamattina dalla banca di William è arrivata un'altra busta, che si è aggiunta alla pila nel cassetto piu basso della toeletta. La sua generosità non è diminuita, o forse gli manca l'immaginazione per modificare le istruzioni alla banca; comunque sia, lei sta accumulando piú denaro di quanto potrebbe spenderne anche se prendesse l'abitudine di versarsi addosso l'inchiostro.

Deve finire il romanzo. Non è mai stato pubblicato nulla del genere, farebbe sensazione. Se quei due palloni gonfiati, i compagni di studi di William, fanno scalpore con le loro blasfemie mediocri, chissà che effetto farebbe lei con il suo libro, il primo a raccontare la verità sulla prostituzione! Il mondo è pronto per la verità; l'età moderna è qui; ogni anno esce un nuovo rapporto che analizza la povertà, non con sproloqui romantici, ma con ricerche statistiche. L'unica cosa che manca è un grande romanzo che catturi la fantasia dei lettori, che li commuova, li irriti, li emozioni, li spaventi, li scandalizzi. Una storia che li prenda per mano e li conduca per strade in cui non hanno mai osato mettere piede, che strappi via le lenzuola scoprendo atti mai mostrati e voci mai sentite. Un romanzo che senza paura punti il dito verso coloro che vanno biasimati. Fino a che un romanzo simile non vedrà la luce, le prostitute continueranno a essere messe a tacere come la Grande Piaga Sociale, mentre la causa della loro miseria se ne va in giro a piede libero...

Sugar fissa gli arabeschi d'inchiostro creati dalla brezza. È ora di sostituirli con qualcosa di piu sensato. Tutte le donne perdute del mondo contano sul fatto che lei dica la verità. «Questa storia, - usava dire alle amiche che sapevano leggere, - non parla di me, parla di tutte noi...» Adesso, nello studio soleggiato di Priory Close, incomincia a sudare.

- Sto morendo, Shush -. Cosi le aveva detto Elizabeth durante la sua ultima notte, la notte prima che tu incontrassi Sugar da quel cartolaio di Greek Street. - Domattina sarò un pezzo di carne fredda. Puliranno la stanza e mi butteranno nel fiume. I miei occhi se li mangeranno le anguille.

- Non ti butteranno nel fiume. Non lo permetterò -. Con che forza Elizabeth le stringeva la mano, pur ridotta com'era a un sacco d'ossa.

- Che cosa farai? - aveva sibilato ironica. - Riunirai mia madre e mio padre e tutte le persone che conosco per un bel funerale cristiano, con il parroco che racconta che brava persona ero?

- Se è quello che desideri.

- Gesú, Sugar, sei una bugiarda spudorata. Non c'è nulla che ti faccia arrossire?

- Sono sincera. Se vuoi un funerale, lo organizzerò.

- Gesú, Gesú... che razza di frottole racconti. È cosí che sei arrivata fino al West End? Dicendo agli uomini che avevano il cazzo piú grosso che avevi mai visto?

- Non è il caso che mi insulti solo perché stai morendo.

Una risata aveva alleggerito l'atmosfera, ma la stretta della mano di Elizabeth intorno alla sua era ancora forte come la mascella di un cane.

- Nessuno si ricorderà di me, - disse la donna morente, leccandosi il sudore che le colava sulla faccia. - Le anguille mi mangeranno gli occhi, e nessuno saprà mai che sono esistita.

- Sciocchezze.

- Ero già morta la prima volta che ho aperto le gambe. «Da oggi, non ho piú una figlia», disse mio padre.

- Che idiota.

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