Copertina
Autore Gianluca Ficca
CoautorePiero Salzarulo
Titolo Lo sbadiglio dello struzzo
SottotitoloPsicologia e biologia dello sbadiglio
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2002, Saggi Psicologia , pag. 90, dim. 147x220x9 mm , Isbn 978-88-339-1395-7
LettoreGiovanna Bacci, 2002
Classe psicologia , biologia
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Indice

 7     Introduzione

15  1. Cos'è lo sbadiglio?

       1.1 Fenomenologia
       1.2 Strutture e meccanismi nervosi
           implicati nello sbadiglio

29  2. Chi sbadiglia?

       2.1 Filogenesi: presenza e significato
           dello sbadiglio nelle varie specie
           animali
       2.2 Ontogenesi: lo sbadiglio a varie età

38  3. Perché e quando si sbadiglia?

       3.1 Le ipotesi fisiologiche
       3.2 Lo sbadiglio come comportamento
           complesso

54  4. Segnale o sintomo: semiologia dello
       sbadiglio

       4.1 Lo sbadiglio nell'interazione fra
           gli individui
       4.2 Fattori sociali e ambientali: lo
           sbadiglio nell'osservazione
           dell'antropologo
       4.3 Sbadiglio, malattia e farmaci: lo
           sbadiglio nell'osservazione del
           medico
       4.4 Lo sbadiglio nell'osservazione dell'
           artista

76     Conclusioni. Sbadigliare sottovoce

79     Glossario
81     Bibliografia
87     Indice degli autori
 

 

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Pagina 7

Introduzione


Sullo schermo di una TV straniera si svolge uno spettacolo di intrattenimento preserale. Viene fatto entrare uno struzzo, che si ferma nel mezzo dello studio. Per alcuni minuti rimane eretto sulle lunghe zampe, il collo inarcato, la testa protesa in avanti, lo sguardo rivolto verso un punto indefinito: un atteggiamento di grande calma e dignità. Improvvisamente le fauci si aprono in un movimento lento, sempre di più, per poi richiudersi. Nient'altro è cambiato nell'atteggiamento dello struzzo: ha sbadigliato. Anche gli struzzi sbadigliano? Certo, ma perché in quel momento? Cosa (ci) voleva dire?

Lo sbadiglio è un comportamento presente nell'uomo lungo tutte le fasi del suo sviluppo: il bambino sbadiglia, il neonato sbadiglia, persino il feto nell'utero materno sbadiglia. Inoltre, lo sbadiglio non è un atto esclusivo della specie umana, ma lo si ritrova, con caratteristiche assai simili, in numerose specie animali (mammiferi, uccelli, forse anche pesci e anfibi).

È uno dei più misteriosi fra i segnali che il volto di un individuo invia a chi lo circonda, testimoniandone, anche a sua insaputa, lo stato fisico e mentale. Non clamoroso, certo, anzi molto spesso del tutto silente, eppure così evidente, pressoché impossibile da nascondere. Persino coloro che sono in grado di sbadigliare a bocca chiusa saranno «traditi» dall'intensa contrazione dei muscoli periorali e del collo, che serve a contrastare l'apertura della bocca e a limitare l'inspirazione.

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Pagina 29

Capitolo 2

Chi sbadiglia?


2.1 Filogenesi: presenza e significato dello sbadiglio nelle varie specie animali

Le osservazioni etologiche accumulate nel corso dei decenni, con particolare riferimento ai primi trent'anni del Novecento, hanno dimostrato che lo sbadiglio, inteso come apertura della cavità orale con modalità peculiari e differenti da quelle che si realizzano in altre circostanze, come ad esempio quelle legate all'alimentazione, è estremamente diffuso in quasi tutto il regno animale, a partire dai pesci fino all'uomo.

Una rilevante mole di informazioni ci viene da un'opera pubblicata nel 1926 dal biologo tedesco Friedrich Hempelmann (cit. in Hediger, 1955), il cui titolo è appunto La psicologia animale dal punto di vista del biologo. In effetti, Hempelmann sottolinea come lo sbadiglio sia un fenomeno pressoché generale tra i mammiferi e sia facilmente osservabile in modo particolare nelle scimmie, negli equidi e nei canidi (ci soffermeremo fra poco sullo sbadiglio in queste specie), ma dà testimonianza dello sbadiglio anche in specie filogeneticamente più antiche. È facile comprendere la difficoltà a immaginare funzioni specifiche per lo sbadiglio in specie semplici come ad esempio anfibi e pesci. Le ipotesi formulate da biologi e zoologi riguardano essenzialmente l'esigenza dell'animale di mantenere un equilibrio interno, la cosiddetta «omeostasi»: dunque, analogamente a quanto vedremo per l'essere umano, anche per l'animale la prima spiegazione sul verificarsi dello sbadiglio riguarda l'introduzione di ossigeno nell'organismo quando nel circolo sanguigno il livello di questo cala al di sotto di una certa soglia critica. D'altro canto, già in tempi passati molti studiosi ritenevano azzardato invocare questo meccanismo a proposito di specie animali molto differenti, come gli uccelli, i rettili e soprattutto i pesci e gli anfibi, che vivono nell'elemento acqueo.

Secondo Hempelmann, lo sbadiglio negli uccelli si realizza più raramente che nei mammiferi (dunque uno di noi, P.S., ha avuto molta fortuna nel poter osservare lo sbadiglio dello struzzo, in considerazione delle poche volte in cui è possibile imbattersi in uno di questi uccelli, anche se Sauer e Sauer lo hanno documentato in un lavoro del 1967).

Hempelmann ha sporadicamente constatato lo sbadiglio in alcune famiglie di pappagallo (ad esempio, il pappagallo grigio e il cacatua). Contemporaneamente all'apertura del becco, gli uccelli spesso si stiracchiano e sbattono le ali, comportamento questo che viene spontaneo assimilare allo stretching dei mammiferi e dell'uomo.

Anche i gufi, che sono rapaci notturni, sbadigliano.

Anche i pinguini sbadiglierebbero con una certa regolarità, come documentato dall'esploratore Jean Cendron, che fra il 1949 e il 1952, durante la sua giovinezza, partecipò alle spedizioni francesi in Antartide. Non solo egli osservò lo sbadiglio nei pinguini capostormo che vivevano in libertà, ma fu persino in grado di immortalarlo in numerose fotografie. Il fatto che l'unico esemplare a sbadigliare fosse il capo è dunque già un mirabile esempio di utilizzo sociale dello sbadiglio, argomento che riprenderemo più diffusamente a proposito dell'uomo. Quanto detto è documentato anche nel leone marino.

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Già nei mammiferi, e in particolare nei primati, lo sbadiglio risulta talvolta non legato a esigenze omeostatiche, e mostra invece affascinanti implicazioni di tipo psicologico e comunicativo.

Numerosi autori (ad esempio Gessa, comunicazione personale) hanno attribuito allo sbadiglio dell'animale il significato di gesto minaccioso e aggressivo.

Alcune importanti osservazioni etologiche vanno ascritte al direttore dello zoo di Londra A.D. Bartlett, che studiò a lungo il comportamento dei babbuini. Due babbuini posti nella stessa gabbia aprono regolarmente la bocca, e sbadigliano, per così dire, «reciprocamente». Nel suo articolo divulgativo sullo sbadiglio (1955), il medico svizzero Hediger racconta che Charles Darwin stesso fu profondamente colpito dalle osservazioni di Bartlett. In un primo tempo, egli rifiutò drasticamente l'ipotesi dello sbadiglio come segnale aggressivo, per poi ricredersi quando Bartlett gli mostrò un vecchio babbuino sbadigliare in risposta a una serie di ripetute provocazioni. Successivamente, fu proprio Darwin a osservare lo sbadiglio in specie di scimmie diverse come il macaco e il cercopiteco.

Attualmente, il legame fra sbadiglio e manifestazioni aggressive nei primati è diffusamente accettato. Secondo un punto di vista evoluzionistico, lo sbadiglio in queste specie apparterrebbe alla categoria dei cosiddetti «segnali dispendiosi» (Heyes, 1998). Si tratta di segnali che richiedono una quota di energia e caratteristiche fisiche che solo gli animali in salute possono permettersi (nel caso dello sbadiglio, una dentatura prominente e affilata; l'esposizione della coda del pavone è un altro esempio) e che comportano un'elevata quota di rischio, legata alla possibilità del conflitto.

Nello zoo del Bronx, un giardino zoologico molto celebre in cui si è cercato di ricreare l'habitat naturale di ciascuna specie ospitata, un'avvertenza posta in prossimità del settore che ospita il gelada - una specie di scimmia simile al babbuino - afferma: «Quando il gelada sbadiglia, non è perché ha sonno. Mostra i suoi denti canini in segno di aggressività» (tav. 2).

Con ogni probabilità, anche lo sbadiglio dell'ippopotamo è un segno di minaccia, ossia un'esposizione dimostrativa, quasi ritualistica, della dentatura, che non serve esclusivamente al trattamento degli alimenti ma costituisce una vera e propria arma di straordinaria efficacia. È interessante ricordare che i canini degli ippopotami hanno una lenta e costante crescita nel corso di tutta la loro vita. Oggi si sa che lo sbadiglio dell'ippopotamo, che i vecchi esploratori del continente africano reputavano erroneamente essere una manifestazione di sonnolenza, rappresenta in realtà uno dei possibili gesti di minaccia in questa specie animale (tav. 3).

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Pagina 76

Conclusioni

Sbadigliare sottovoce


Durante una conversazione fra amici, nel periodo in cui eravamo intenti alla preparazione di questo volume, ci è capitato di sentir pronunciare la frase «sbadigliare sottovoce»: queste due semplici parole sarebbero tornate spesso nelle nostre discussioni, e forse possono farci da guida per qualche nota conclusiva. Esse sintetizzano in modo molto efficace la caratteristica forse più ambigua e al tempo stesso più distintiva dello sbadiglio, quella di essere un atto prodotto con l'apertura della bocca, e tuttavia privo di un contenuto verbale. E portatore invece di messaggi non verbali di grande rilievo e associati con stati fisiologici e psicologici che hanno un profondo legame con il proprio benessere individuale, con il rapporto con l'altro, o con entrambi.

A volte vorremmo cedere al richiamo del sonno, e invece le circostanze ci impongono di mantenerci vigili. Altre volte lo sbadiglio porta in superficie sensazioni ed emozioni (noia, indifferenza, frustrazione, rabbia, ansia) spesso non esprimibili altrimenti. In ambedue i casi, lo sbadiglio appare come un'efficace risposta, che concilia le esigenze fisiche e psichiche dell'individuo con la necessità di far fronte alle più o meno pressanti richieste che provengono dall'interno e dall'ambiente circostante. Per usare una terminologia di matrice psicodinamica, è suggestivo pensare allo sbadiglio come a una fra le tante manifestazioni del compromesso fra «principio di piacere» e «principio di realtà».

Ma è davvero possibile sbadigliare sottovoce? In altri termini, è possibile ridimensionare l'impatto di questi messaggi, il loro «volume»? A dispetto dei suggerimenti del Galateo, lo sbadiglio represso e quello dissimulato sono comunque visibili e molto contagiosi: vengono solitamente notati e «interpretati», per tutte le ragioni che abbiamo elencato parlando del ruolo dello sbadiglio nell'interazione fra individui, e per due peculiarità su cui, al termine del nostro excursus, vogliamo brevemente soffermarci.

Innanzitutto, l'«autenticità». Lo sbadiglio coglie spesso improvvisamente, di sorpresa: in moltissimi casi, dunque, non può essere trattenuto. D'altro canto, come nella mirabile scena di Svevo fra Macario e Alfonso che abbiamo ricordato, neanche riesce a essere plausibile quando è simulato, quando cioè non è sotteso da un'autentico stato fisico e/o psicologico.

E poi, la lentezza: sebbene lo sbadiglio sia comparso nei frenetici codici linguistici dei navigatori Internet, sotto forma di «emoticon» (la faccina-interiezione, rappresentata con i simboli |:-o|, che dovrebbe restituire l'emozione alla base della frase scritta), il compiersi dello sbadiglio è lento, difficilmente accelerabile. Anche all'osservatore, esso trasmette l'impressione della lentezza.

Lo sbadiglio, ancora così poco conosciuto, viene reso da queste sue peculiarità un fenomeno per certi versi antitetico ai ritmi della società in cui viviamo, e profondamente vicino, invece, a modalità comunicative d'altri tempi.

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