Copertina
Autore Max Frisch
Titolo Homo faber
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1985 [1959], Impronte 28 , Isbn 978-88-07-0500292
OriginaleHomo faber [1957]
TraduttoreAloisio Rendi
LettoreRenato di Stefano, 1990
Classe narrativa svizzera
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Pagina 7

PRIMA TAPPA


Partimmo dal La Guardia, New York, con tre ore di ritardo, a causa di tempeste di neve. Il nostro apparecchio era un Super-Constellation, come sempre su questa linea. Mi sistemai subito per dormire, era notte. Aspettammo altri quaranta minuti sulla pista, neve davanti ai fari, neve asciutta e leggera, mulinelli sulla pista, ma a rendermi nervoso e ad impedirmi di addormentarmi subito non fu il giornale che distribuiva la hostess, la notizia FIRST PICTURES OF WORLD'S GREATEST CRASH IN NEVADA l'avevo già letta a mezzogiorno, ma semplicemente la vibrazione dell'apparecchio fermo coi motori accesi - e poi il giovane tedesco accanto a me, che mi diede subito nell'occhio, non so perché dava nell'occhio togliendosi il soprabito, sedendosi e tirando su la piega dei pantaloni al ginocchio e anche non facendo niente, semplicemente aspettando come tutti noi la partenza, seduto al suo posto, un biondo di pelle rosea, che subito si presentò, prima ancora che s'allacciassero le cinture. Il nome non l'avevo afferrato, i motori rombavano, uno dopo l'altro, nella prova a tutto gas -

Ero stanco morto.

Ivy m'aveva imbottito la testa per tre ore, mentre aspettavamo l'apparecchio in ritardo, sebbene sapesse che per principio non mi sposo.

Ero contento di essere solo.

Finalmente si partiva -

Non m'era mai capitato di partire con una tale tempesta di neve, appena il carrello ebbe lasciato la pista bianca non si videro piú i fari gialli a terra, niente, neanche un barlume, e anche di Manhattan piú neppure un barlume, tanto nevicava.

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Da quando ho saputo come sono andate le cose, e in particolare di fronte al fatto che la ragazza che mi accompagnò all'Opéra di Parigi era la stessa bambina che noi due (anche Hanna), in considerazione delle nostre condizioni personali, per non parlare della situazione politica internazionale di allora, non volevamo, ho parlato con molte e svariate persone su quel che pensavano della gravidanza interrotta, e ho constatato che (in linea di principio) condividevano la mia opinione. L'interruzione della gravidanza è oggigiorno una cosa naturale. In linea di principio: dove andremmo a finire senza interruzioni della gravidanza? Il progresso della medicina e della tecnica costringe addirittura chiunque sia provvisto di senso della responsabilità a prendere nuovi provvedimenti. Triplicazione dell'umanità in un secolo. Prima non c'era igiene. Concepire e partorire e lasciar morire nel primo anno come piace alla natura, è piú primitivo ma non píú morale. Lotta contro la febbre puerperale. Taglio cesareo. Incubatrici per i parti prematuri. Prendiamo la vita piú sul serio che un tempo. Johann Sebastian Bach aveva messo al mondo tredici figli (o qualcosa di simile) e di essi ne visse appena il 50%. Gli uomini non sono conigli, è una conseguenza del progresso: dobbiamo regolare la cosa da noi stessi. La sovrappopolazione ci minaccia. Il mio primario è stato nell'Africa del nord, e dice testualmente: Se gli arabi un giorno giungono al punto di non far piú i loro bisogni intorno alla casa, si può contare sul raddoppiamento della popolazione araba entro vent'anni. La natura fa cosí: sovrapproduzione per garantire la preservazione della specie. Noi abbiamo altri mezzi per garantire la preservazione della specie. La santità della vita! La sovrapproduzione naturale (se ci riproduciamo al massimo, come gli animali) diventa una catastrofe; non piú preservazione, bensí distruzione della specie. Quanti uomini nutre la terra? Incrementare il rendimento è possibile; compito dell'UNESCO: industrializzazione dei territori sottosviluppati, ma l'incremento non è illimitato. La politica è di fronte a problemi affatto nuovi. Uno sguardo alla statistica: riduzione della tubercolosi, per esempio, successo della profilassi, riduzione dal 30% all'80%. Il buon Dio! Lui lo faceva con le epidemie; noi gliele abbiamo tolte di mano. Risultato: gli dobbiamo togliere di mano anche la procreazione. Nessun motivo di rimorso, al contrario: dignità dell'uomo di agire razionalmente e decidere da solo. Altrimenti sostituiamo le epidemie con la guerra. Basta col romanticismo. Chi rifiuta per principio l'interruzione della gravidanza è romantico e irresponsabile. Non dovrebbe avvenire per leggerezza, si capisce, ma per principio: dobbiamo tener conto dei fatti, per esempio del fatto che la sopravvivenza dell'umanità è non per ultimo una questione di materie prime. La follia della politica demografica nei paesi fascisti, ma anche in Francia. Questione di spazio vitale. E non dimentichiamo l'automazione: non abbiamo piú bisogno di tanta gente come prima. Sarebbe piú ragionevole migliorare lo standard di vita. Tutto il resto porta alla guerra ed alla distruzione totale. Ignoranza, mancanza di competenza sono tuttora assai diffuse. Sono sempre i moralisti che fanno il danno maggiore. L'interruzione della gravidanza: un portato della civiltà, solo la giungla partorisce e imputridisce come natura vuole. L'uomo sa pianificare. Molta infelicità è dovuta al romanticismo, quanti matrimoni catastrofici si fanno solamente per paura di interrompere la gravidanza! Differenza tra prevenzione ed intervento? In entrambi i casi si tratta della determinazione umana di non aver figli. Quanti figli veramente voluti? Altro è che la donna è disposta ad accettarli quando ormai il fatto è compiuto, automatismo degli istinti, si dimentica che ha cercato di evitare la concezione, inoltre senso di potere di fronte all'uomo, maternità come mezzo di lotta economica della donna. Che significa destino? E' ridicolo voler dedurre il destino da incidenti meccanico-fisiologici, non è degno di un uomo moderno. I figli sono qualcosa che noi vogliamo oppure non vogliamo. Danneggiano la donna? Fisiologicamente no, se ad intervenire non è un incompetente psichicamente, solo se la persona in questione è succuba di idee morali o religiose. Ciò che respingiamo: la natura come idolo! In tal caso bisognerebbe essere coerenti: niente piú penicillina, parafulmini, DDT, occhiali, radar, eccetera. Noi viviamo tecnicamente, l'uomo dominatore della natura, l'uomo ingegnere, e chi si oppone non dovrebbe servirsi d'altri ponti fuor di quelli costruiti dalla natura. Allora bisognerebbe essere coerenti e rifiutare ogni intervento, vale a dire: morire di ogni appendicite. Perché è destino! Allora niente lampadine elettriche, niente motori, niente energia atomica, niente calcolatrici, niente narcosi - allora via nella giungla!

Il nostro viaggio attraverso l'Italia - posso solo dire d'esser stato felice, e credo che anche la ragazza lo sia stata, nonostante la differenza di età.

La sua ironia sui giovanotti:

"Ragazzini!" diceva. "Non puoi immaginartelo - si ha l'impressione di esserne la madre, ed è terribile!"

Abbiamo avuto un tempo fantastico.

Ciò che mi dava fastidio era solo il suo bisogno d'arte, la sua mania di vedere tutto. Appena in Italia, non c'era un solo posto dove non ci si dovesse fermare: Pisa, Firenze, Siena, Perugia, Arezzo, Orvieto, Assisi. - Non ho l'abitudine di viaggiare cosí. A Firenze mi ribellai, dicendole che quel suo fra' Angelico lo trovavo, ad esser sinceri, un po' sdolcinato. Poi mi corressi: ingenuo. Non protestò, anzi, era entusiasta: per lei niente può mai essere abbastanza ingenuo.

Quel che è piaciuto a me: il Campari!

E magari, anche i mendicanti col mandolino -

Quel che mi interessava: costruzione di strade, costruzione di ponti, la nuova Fiat, la nuova stazione di Roma, il nuovo treno rapido, la nuova Olivetti -

Dei musei non so che farmene.

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Ore 4,00 Dispozizione in caso di morte: tutti i miei documenti, come note, lettere, blocchi di appunti, devono venir distrutti, è tutto sbagliato. Essere nel mondo: essere nella luce. Guidare asini (come recentemente il vecchio a Corinto) in qualche posto, il nostro mestiere! - ma innanzi tutto: tener testa alla luce, alla gioia (come nostra figlia, quando cantava), cosciente che mi spengo nella luce, al di sopra di ginestre, asfalto e mare, tener testa al tempo, ovverossia eternità nell'attimo. Essere eterni: esser vissuti.

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