Copertina
Autore Carlo Fruttero
Titolo Donne informate dei fatti
EdizioneMondadori, Milano, 2006, Scrittori italiani e stranieri , pag. 198, cop.ril.sov., dim. 15x22,5x12,3 cm , Isbn 978-88-04-56073-9
LettoreGiovanna Bacci, 2006
Classe narrativa italiana
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Pagina 7

La bidella



Sì, praticamente sono stata io a trovare il corpo della donna nel fosso e a chiamare i carabinieri col cellulare senza pensarci due volte. Che fai, te ne torni a casa bella tranquilla, ti fai un caffè e non ci pensi più, non hai visto niente, non sono affari tuoi, la puttana la troverà qualcun altro?

Non è la mia mentalità, a parte che in quanto bidella sono gentilmente richiesta di tenere gli occhi sempre bene aperti a 360 gradi. Cesare, mio marito, non è proprio che mi abbia gridata, ma è uno che dice sempre, e l'ha detto anche stavolta, che da certe cose è meglio stare comunque alla larga, che quello è tutto un mondo pericoloso, droga, schiave del sesso, gargagnani, clandestini di tutte le razze, a metterci il dito non sai mai come va a finire. Un minimo di prudenza, di buonsenso, dice lui. Un massimo di fifa, dico io, perché Cesare è un fifone, un vigliaccone, l'ho toccato con mano le mille volte. Del resto tutti gli uomini sono grosso modo così, niente grane, per la carità, niente complicazioni. È per questo che vanno con le puttane: un momento di dolce intimità in macchina, paghi il dovuto e chi s'è visto s'è visto, anche se poi salta fuori che si sono beccati il virus.

Non so se Cesare ci va anche lui, nella dolce intimità, spero di no, preferisco neanche saperlo! Ma quella era a colpo sicuro una puttana, non c'era da sbagliare. Morta? Morta a colpo sicuro. Non che io l'abbia toccata, che anzi mi faceva senso, se devo dire. Ma non era addormentata o svenuta, bastava guardarla. Un sacco buttato lì, questo sembrava. E minigonna di finto coccodrillo rossa, calze a rete nere, un top nero tirato su fino alle ascelle, un sandalone alto mezzo metro e l'altro scivolato via chissà dove. Insomma, in divisa. Niente sangue, per fortuna. Era sdraiata su un fianco, la faccia non si distingueva bene tra i capelli e l'erba del fosso. Lunga, sul magro ma un magro giusto, non secca voglio dire. Giovane, avrei pensato, ma con queste qui non si capisce mai se hanno diciassette anni o trentacinque.

Come mi aveva detto il carabiniere al telefono io non mi sono mossa. Era domenica mattina, fine maggio, cielo quasi sereno, aria tiepida. Ho guardato l'ora, poteva sempre servire ai carabinieri: le 10.42. Ero arrivata li in motorino da un quarto d'ora al massimo, su uno dei sentieri che corrono in mezzo ai prati rimasti prati, tra Beinasco e Rivalta dopo l'ospedale San Luigi. C'erano in vista altre tre persone, ma lontane, due donne e un uomo, che già stavano facendo nel prato quello che ero venuta a fare io, cioè raccogliere una verdurina selvatica che noi chiamiamo i girasoli, che non sono i veri girasoli, ma dei ciuffetti rasoterra, bianchi e verdi, da mangiare in insalata con le uova sode. Roba da poco, ma Cesare ci fa tutta una festa di stagione, li vuole tutte le primavere. Per di più adesso è diventata una specie di primizia ecologica, pochi banchi al mercato la tengono e te la fanno pagare un casino.

Da come gli avevo spiegato la località i carabinieri hanno capito al volo e dopo dieci minuti scarsi sono arrivati, ho visto la macchina scura con la striscia rossa infilare non però il mio sentiero ma un altro laggiù, su un lato del rettangolo, dove c'è anche un piccolo pioppeto. Quei tre che raccoglievano i girasoli si sono raddrizzati a guardare e io intanto facevo dei gran gesti con le braccia alzate, qui, santodio, qui!

E uno che era sceso dall'auto mi ha notata e io gli ho fatto segno di andare avanti fin quasi al pioppeto, e poi lì c'era il mio sentiero che tagliava il prato a metà, col fosso e il cadavere come da mia comunicazione. Quelli sono andati piano piano fino al bivio, diciamo, e lì hanno lasciato l'auto e sono venuti verso di me a piedi, camminando in fila sull'erba che cresce in mezzo al sentiero. Guardavano in terra, per controllare e non rovinare le tracce di pneumatici, se c'erano. C'erano le mie, di tracce, e quelle lasciate dalla ragazza del coniglio, anche lei venuta in motorino. Con me, gentili, ma poche parole. Uno solo è sceso nel fosso attento a dove metteva i piedi e ha toccato la gola della donna distesa. Morta era morta. Allora hanno chiamato altri loro colleghi a Torino e intanto che aspettavano mi hanno fatto un po' di domande. Se puta caso conoscevo la morta, perché mi trovavo lì, da quanto tempo eccetera.

Quando una ha deciso di dire la verità tanto vale dirla tutta fino in fondo, è questo che non vuol capire Cesare. E così io ho raccontato che mentre ero già in mezzo al prato e iniziavo a raccogliere ho visto arrivare in motorino la ragazza del bar, che è scesa e ha iniziato col falcetto a tagliare l'erba del fosso per il suo coniglio. Qualche metro e poi si è fermata di brutto, si è rialzata, ha dato ancora un'occhiata nel fosso e poi è tornata al motorino, salta su e via velocissima. Io ero a trenta o quaranta metri e non potevo certo vedere l'espressione; ma ho capito che nel fosso doveva esserci qualcosa di niente bello. E in effetti.

Ma cosa te ne fregava di andare a ficcare il tuo naso in quel fosso, dice Cesare, che bisogno c'era di tirare dentro la Mara, una ragazza intelligente, che non c'entrava niente neanche lei e che giustamente se l'è filata? Spiegami cosa ci hai guadagnato, scusa? Incazzato viola, perché quando è tornato dal suo solito giro in bici con gli amici della domenica mattina (dice lui) ha trovato la casa vuota e niente girasoli, s'è dovuto arrangiare con degli avanzi, il campione, dato che nel frigo c'erano solo polpettine, spinaci, acciughe, formaggi vari. Più il salame appeso nell'armadietto. Roba da terzo mondo.

Poco dopo sono arrivate altre macchine e un'ambulanza. Quei tre che raccoglievano i girasoli sono venuti di corsa a curiosare ma li hanno tenuti lontani con belle maniere, prego, non c'è niente da vedere eccetera. E intanto recintavano il posto con quelle strisce bianche e rosse. Sono stati lì un bel po', in divisa e in borghese (c'erano anche due donne), e alla fine, mentre portavano via il cadavere, mi hanno chiesto se gentilmente potevo seguirli in caserma, che al motorino ci pensavano loro. E li poi mi hanno tenuta fino alle tre passate del pomeriggio a ripetere sempre la stessa storia, caso mai mi venisse in mente qualche altro particolare (ma anche, non sono nata ieri, per vedere se cadevo in contraddizione). La televisione non si è vista ma alla sera, in un telegiornale locale, c'era un servizio con intervista non a me, a miss Coniglio, la bella Mara, barista al bar Ciro, chiuso la domenica. Lei e il suo coniglio nero.

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