Copertina
Autore Giovanni Gasparini
Titolo Interstizi e universi paralleli
SottotitoloUna lettura insolita della vita quotidiana
EdizioneApogeo, Milano, 2007 , pag. 210, ill., cop.fle., dim. 13,5x20,8x1,8 cm , Isbn 978-88-503-2695-2
LettoreElisabetta Cavalli, 2008
Classe sociologia
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Indice


Premessa - Perché parlare di interstizi              vii



Parte prima


Capitolo 1 — Gli interstizi della vita quotidiana      3

1.1 Tra teoria e osservazione empirica                 3
1.2 La costruzione sociale degli interstizi           16
1.3 Interstizi e intersezioni                         21

Capitolo 2 — Tempo e interstizialità:
             il fenomeno dell'anticipazione           31

2.1 Interstizi e dimensione temporale                 31
2.2 L'anticipazione: incertezza, rischio e sorpresa   37

Capitolo 3 — La prospettiva interstiziale
             nella lettura della Bibbia               45

3.1 Israele e l'Antico Testamento                     45
3.2 Note di lettura sul Nuovo Testamento              53
3.3 La chiamata e la conversione: casi di passaggio   58


Parte seconda

Preambolo                                             71

Capitolo 4 — Umorismo, stoltezza, follia              77

4.1 Riso e scherzo                                    77
4.2 Tra comicità e stoltezza                          85
4.3 Tra stoltezza e follia: il caso don Chisciotte    91

Capitolo 5 — Menzogna, sogno, mondi virtuali         101

5.1 Finzione, menzogna e segreto                     101
5.2 Sbagli, errori e malintesi                       108
5.3 Sogno e rκverie                                  112
5.4 Mondi virtuali                                   120

Capitolo 6 – Arte e teatro                           125

6.1 Cenni sull'arte come universo parallelo          125
6.2 Il teatro: imitazione e performance              129
6.3 La rappresentazione teatrale                     133

Capitolo 7 – La letteratura.
             Tra fiction e poetiche degli interstizi 145

7.1 Universi paralleli e fiction                     145
7.2 Il circuito parallelo della poesia               149
7.3 La filosofia poetica di María Zambrano:
    il tema dell'aurora                              154
7.4 Il "vuoto mediano" di Franηois Cheng             160
7.5 Philippe Jaccottet: una poetica dell'entre-deux  165
7.6 Fernando Pessoa: interstizi ed eteronimia        171


Conclusioni – Interstizi e istituzioni
              nelle società postindustriali          183

I paradossi degli interstizi                         183
La vita non-interstiziale                            185
L'immaginazione interstiziale                        192

Bibliografia                                         195
Indice dei nomi                                      205
Indice delle immagini                                209

 

 

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Pagina VII

PREMESSA

Perché parlare di interstizi


La vita mi duole a pezzi, a sorsate, per interstizi. Fernando Pessoa


Parlare, scrivere di interstizi, fenomeni marginali e apparentemente trascurabili della vita individuale e collettiva: perché? La risposta a questa domanda preliminare è data e contenuta, mi auguro, nelle due parti e nei relativi capitoli in cui si articola questo volume, che presenta una lettura insolita e atipica dei fenomeni della vita quotidiana.

Prestare attenzione agli interstizi è in un certo senso paradossale, dal momento che esperienze scarsamente rilevanti e poco rilevate, o addirittura rimosse dalla considerazione delle scienze sociali, vengono invece assunte qui come indicatori di fenomeni significativi delle nostre società contemporanee. E, in un senso affine, anche il paradosso delle "piccole cose" che, in luogo di essere banali e insignificanti, possono diventare talora allusione alle grandi cose e ai grandi enjeux della vita sociale (Gasparini cur. 2004).

E c'è, in radice, una dimensione paradossale degli interstizi che concerne la loro stessa etimologia. Interstizio (interstitium, nell'origine latina del termine) è voce infatti che tiene insieme due elementi o parti contrastanti: per un verso, la prima parte del termine (inter-) evoca qualcosa che non è stabile né ben definito o strutturato anche socialmente ma semmai fluido e passibile di movimento, atto al passaggio o all'oscillazione; per un altro verso, la seconda parte del fonema (-stitium) allude allo stare, alla stabilità e solidità di qualcosa, ad una permanenza in una realtà definita quale può essere nel nostro caso una struttura sociale o un fenomeno sociale ben definito. Insomma, a ben guardare l'interstizio è etimologicamente un ossimoro, dal momento che evoca la stabilità accanto al movimento: esso infatti, pur privilegiando il movimento, ne prevede la stabilizzazione (quantunque provvisoria o relativa) in nuove situazioni, quelle appunto a cui allude la messa in evidenza di fenomeni interstiziali. Essi ci parlano così dell'incessante lavorio che si verifica tra attori e sistemi sociali, delle loro reciproche influenze e capacità di modellazione della realtà, così come degli aggiustamenti continui che si producono tra stabilità-inerzia e social change.

Questo volume fa seguito ad una serie di altri libri e saggi attraverso i quali, dalla fine degli anni Novanta a oggi, ho proposto, argomentato e sviluppato l'ipotesi-idea di utilizzare il termine interstizio come una categoria analitica delle società postindustriali e di esplorare in tale prospettiva una serie di fenomeni ed esperienze della vita quotidiana contemporanea.

La scrittura del presente volume, che ha ovviamente una propria autonoma linea di svolgimento, si colloca dunque nella scia di altri lavori elaborati nel corso dell'ultimo decennio e vorrebbe anzi costituirne un punto di arrivo, quantunque provvisorio e ulteriormente valicabile, in coerenza con la logica stessa di mobilità e trasformazione che si addice ai fenomeni in questione.

Nella Parte prima, il capitolo introduttivo indica le tappe teoriche di sviluppo del pensiero interstiziale e mette in ordine una serie di evidenze empiriche al riguardo; a esso fanno seguito alcune esplorazioni su specifici fenomeni e aree analizzate nell'ottica dell'interstizialità intesa come intermediarietà e come marginalità.

La Parte seconda è introdotta da un preambolo che discute un ampliamento dell'area semantica di interstizio in direzione degli universi paralleli, mondi o circuiti a parte che hanno un loro senso specifico e che sono collaterali alla vita quotidiana ordinaria, non-interstiziale per così dire. In questa logica vengono messi a fuoco nei singoli capitoli esempi rilevanti di universi paralleli, raggruppati secondo un certo disegno: si tratta dell'umorismo affiancato dalla stoltezza e dalla follia, della menzogna e della finzione accanto al sogno e ai mondi virtuali, dell'arte in generale e del teatro, nonché della letteratura attraverso alcune esemplificazioni tratte dalla fiction e dalla poesia.

Le conclusioni, infine, additano una possibile via di integrazione tra l'emergere da un lato dei fenomeni interstiziali, con le loro potenzialità di innovazione e destrutturazione del sociale, e la persistenza d'altro lato delle istituzioni nelle società contemporanee.

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Pagina 3

CAPITOLO 1

Gli interstizi della vita quotidiana


1.1 Tra teoria e osservazione empirica

All'inizio di una nuova tappa di esplorazione e riflessione sugli interstizi della vita quotidiana, si rende opportuno per il lettore un sintetico richiamo teorico dei punti di sviluppo della ricerca sui fenomeni che vengono qui chiamati interstiziali.

L'intuizione che ha animato sin dalle prime mosse tale ricerca riguarda la presenza di fenomeni ed esperienze sociali normalmente trascurati ma meritevoli invece di ampia considerazione (in termini sia individuali che collettivi), unita alla constatazione della singolare ricchezza semantica del termine interstizio. Si tratta di una voce che ha antiche origini nella lingua latina e successivamente nelle lingue romanze: per quanto qui ci concerne, il termine non era mai stato utilizzato con intenti analitici o euristici nelle scienze umane e sociali. La scommessa teorica alla base della ricerca è che il ricorso alla categoria dell'interstizialità consenta un supplemento di senso nell'analisi che le scienze sociali portano avanti sui sistemi postindustriali contemporanei, caratterizzati da un grado inusitato di complessità e di contraddizioni. Proprio per questo, si fa sempre più pressante oggi l'esigenza di sperimentare nuovi strumenti analitici.

La prima fase della ricerca ha messo a fuoco gli interstizi in quanto fenomeni che sono stati chiamati di I livello: si tratta di fenomeni o esperienze che si definiscono in quanto intermedi, in mezzo (in-between) fra altri fenomeni rilevati in termini di tempo (è il caso dell'attesa, della sosta e dell'anticipazione), di spazio (come nel caso del passaggio e del viaggio) o di comunicazione (dove sono stati utilizzati in termini esemplificativi il silenzio e la corrispondenza epistolare). Nei fenomeni interstiziali di I livello sono compresenti poi esperienze che si differenziano nel senso della continuità ovvero della discontinuità, dove si affermano rispettivamente le metafore del limen o soglia e del limes o limite (Gasparini 1998, 2002).

Accanto a tali fenomeni, che sono stati oggetto di analisi specifiche, un secondo fuoco di analisi è stato rappresentato dagli interstizi denominati di II livello. Si sono così individuate una serie di esperienze della vita quotidiana che, in un contesto socioculturale dato, vengono considerate e definite nel segno della marginalità, dell'eccezione o dell'eccezionalità rispetto a modelli, prassi, mores nonché strutture sociali consolidate. In questa prospettiva sono stati esplorati fenomeni dotati di interstizialità-marginalità quali in particolare il dono (per la sua marginalità socio-economica rispetto al mercato e allo stato), la sorpresa (eccezionale rispetto alla rigida programmazione temporale caratteristica dei nostri sistemi e della relativa organizzazione sociale del tempo), oltre che le esperienze del giocare e del perdere (Gasparini 1998, 2002).

A lato dei fenomeni interstiziali propriamente detti, sia di primo che di secondo livello, si è tenuto conto di una pista ulteriore e solo in parte coincidente: quella chiamata delle "piccole cose", con riferimento sia a illustri precedenti nel campo della filosofia (Weil 1991, Heidegger 2002) sia a recenti lavori in chiave filosofica (Rigotti 2004, 2004a). La convergenza delle piccole cose rispetto ai fenomeni interstiziali consiste appunto sia nella condivisione di un'attenzione a fenomeni trascurati che in una loro rivalutazione nei confronti delle "grandi cose", siano esse pertinenti alla politica, all'economia, alla cultura o alla vita quotidiana in genere (Gasparini cur. 2004).

Mentre rinviamo ai lavori precedenti per una illustrazione dei fenomeni interstiziali e per un primo bilancio teorico sui risultati, vogliamo dare conto di una ulteriore espansione del termine-categoria di interstizio, a cui è interamente dedicata la seconda parte di questo volume. Si tratta di un utilizzo degli interstizi per cogliere un terzo livello nel quale ricadono le esperienze di una serie di universi paralleli e collaterali alla vita quotidiana intesa come mondo serio e "reale" nella sua normalità. In questi interstizi di III livello possiamo comprendere, come verrà illustrato in seguito, esperienze molto diverse e apparentemente disparate quali il comico, la follia, la menzogna, la realtà virtuale, la scrittura, il teatro, il mondo dell'arte e altre ancora.

In complesso, dunque, l'ampia gamma dei fenomeni interstiziali configura tre diverse accezioni dell'interstizialità, distinte ma connesse e collegabili tra loro: a una interstizialità come intermediarietà (I livello) e in quanto marginalità-eccezionalità (II livello), viene accostata ora una interstizialità come parallelismo-collateralità alla vita seria e per così dire normale o prevalente (III livello).


Posponendo dunque alla trattazione della seconda parte del volume una esplorazione e discussione dei cosiddetti universi paralleli, riportiamo ora per sommi capi e in estrema sintesi gli esiti di un lavoro di osservazione empirica dei fenomeni interstiziali denominati di I e di II livello, compiuto attraverso un'analisi della stampa nel periodo dal 2000 al 2006.

Uno sguardo retrospettivo sintetico a questi anni, posti all'inizio del nuovo millennio computato in base al calendario gregoriano, fa emergere anzitutto l'importanza dei fenomeni di passaggio, così come l'attenzione alle fasi di passaggio vissute nei sistemi sociali sia al livello macro- che a quello micro- dei singoli attori.

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Pagina 10

Tornando esplicitamente e direttamente ai fenomeni interstiziali, emerge ripetutamente dall'analisi della stampa la rilevanza del fenomeno della sorpresa, anche attraverso una catena di collegamenti che la pongono in relazione con l'anticipazione e con l'attesa, quest'ultima intesa qui nel senso di un insieme di aspettative di comportamento che si esprimono nel sociale. I primi anni del nuovo millennio danno evidenza di fenomeni che in varie aree sono stati considerati — e si possono effettivamente ritenere — sorprendenti, e questo in termini di sorprese considerate negative per i singoli, i gruppi sociali e i paesi in questione.

Parlare di sorpresa nell'ottica dell'interstizialità — siamo qui al II livello considerato dei fenomeni interstiziali — corrisponde in larga misura, in un'altra prospettiva teorica, al topos della sicurezza e al grande tema del rischio nella società contemporanea (cfr. Beck 2000). I sistemi postindustriali, che si possono (o si potevano) considerare come quelli in cui la sicurezza dei loro membri è tutelata nella misura storicamente più elevata dai pubblici poteri e da una serie di istituzioni — in termini fra l'altro di tutela della salute, di controllo dei processi di produzione e distribuzione dei beni alimentari e di altro tipo, di difesa dei diritti dei cittadini a tutti i livelli, ivi compreso quello alla sicurezza fisica — si confrontano in questi anni a una serie di nuove emergenze naturali, tecnologiche, politiche nonché socioculturali, rivelando elementi insospettati di fragilità.

L'analisi della stampa dall'anno 2000 a oggi pone in evidenza una gamma molto ampia e diversificata di eventi non solo negativi ma, appunto, sorprendenti nella misura in cui non erano stati previsti o non erano prevedibili, in tutto o in parte. Tali si possono considerare una serie di eventi naturali, anche se una parte di essi può essere ipoteticamente collegata a una nuova fase climatica nelle regioni temperate, dovuta a un trend di riscaldamento del pianeta terra in atto da alcuni decenni e alimentato in pari tempo dalle emissioni dei gas (per il riscaldamento artificiale nelle aree abitate), che ha determinato il cosiddetto buco dell'ozono. Si ricordi, nei paesi europei e dell'emisfero nord in genere, l'eccezionale ondata di caldo che ha caratterizzato l'estate 2003, con conseguenze gravi sulla salute (migliaia di persone anziane morte, in Francia e in altri paesi europei), con l'aumento dei consumi energetici (condizionatori, elettrodomestici in genere) e l'incidenza sugli stili di vita.

Si sono verificati, sempre sul versante degli eventi naturali, una serie di fenomeni catastrofici rari o rarissimi, alcuni dei quali mai avvenuti prima in certe aree: l'esempio più eclatante è rappresentato dallo tsunami del 26 dicembre 2004 nell'Oceano Indiano, che ha interessato paesi asiatici e persino africani nei quali non era presente alcuna memoria o cultura del fenomeno, e che rappresenta per la dimensione delle perdite umane e delle devastazioni naturali uno degli eventi naturali più gravi non solo di questi anni ma degli ultimi secoli.

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Pagina 21

1.3 Interstizi e intersezioni

L'attenzione agli interstizi della vita quotidiana, questi fenomeni generalmente trascurati ma di notevole interesse per la messa a fuoco di una serie di aspetti e valori emergenti nei sistemi postindustriali, induce a occuparsi di esperienze che si pongono solitamente all'incrocio non solo di tematiche e problematiche ma di aree e tradizioni differenti dell'analisi delle scienze umane.

La presa in considerazione degli interstizi conduce così, normalmente, ad affinare la sensibilità nei confronti delle intersezioni tra diverse prospettive non solo sub-disciplinari (per esempio, tra singole branche della sociologia o dell'antropologia) ma disciplinari (tra sociologia e antropologia, tra sociologia e filosofia, e così via), vale a dire tra approcci scientifici che si sono costruiti nel tempo in modo autonomo e specifico, elaborando apparati concettuali e metodologici ben distinti, spesso non comunicanti. La prospettiva interstiziale, da parte sua, tende invece a sviluppare un approccio trasversale di tipo olistico, pur rispettando la legittimità delle specificità disciplinari.

Interstizi e intersezioni si collegano, si richiamano, spesso si implicano nelle analisi. La sensibilità nei confronti dei fenomeni interstiziali va di pari passo con l'attitudine a sviluppare capacità di approccio trasversali, multiple, pluridisciplinari o transdisciplinari. Né mancano "interstizi" tra le singole discipline, vale a dire spazi di analisi intermedi e aree di frontiera o di passaggio.

La creatività di cui sono portatori in germe i fenomeni interstiziali, che sovente sono annunciatori o epifenomeni di innovazioni sociali e culturali in fieri o in atto, è dovuta – paradossalmente – anche al fatto che si tratta di esperienze trascurate nelle analisi delle singole scienze sociali, oppure di fenomeni fluidi o non ben definiti, che possono rivestire attenzione residuale e periferica nel corso di altre trattazioni e dell'analisi di altri oggetti di studio. Proprio questa situazione di trascuratezza e marginalità scientifica o intellettuale, questo essere ai margini del nucleo tematico delle singole prospettive disciplinari, può favorire un incontro arricchente tra tradizioni differenti, portatrici di approcci, concetti o linguaggi specifici. Penso soprattutto agli snodi tra sociologia, etno-antropologia, filosofia e letteratura; e anche ad altre discipline quali la storia, la psicologia, la semiotica, la linguistica, l'economia, la geografia, la teologia, per citarne alcune.

Se prendiamo per esempio alcuni fenomeni interstiziali tra i più semplici ed evidenti, come l'attesa e la sosta, possiamo notare quale arricchimento di contenuti, problematiche, implicazioni e connessioni derivi da un'analisi che, partendo da una prospettiva di sociologia (o socio-antropologia) della vita quotidiana, accolga conoscenze ed elaborazioni che provengono specialmente dalla filosofia, dalla teologia, dalla psicologia e dalla letteratura.

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Pagina 125

CAPITOLO 6

Arte e teatro


6.1 Cenni sull'arte come universo parallelo

Il tema dell'arte e dei suoi significati, attraverso le sue espressioni e articolazioni, è talmente vasto e pregnante da scoraggiare, ovviamente, qualunque eventuale tentativo di una sua trattazione organica o complessiva in questa sede.

Ciò che si vorrebbe qui mettere a fuoco, invece, sono i punti di contatto tra l'esperienza artistica nelle sue molteplici manifestazioni e gli universi paralleli di cui ci stiamo occupando. L'obiettivo che ci poniamo è dunque limitato, ma non banale, crediamo, ai fini di un inquadramento preliminare e di una comprensione generale dell'esperienza artistica.

In questa linea di riflessione, riteniamo plausibile che l'accedere a una esperienza d'arte qualsivoglia comporti l'avvicinamento e l'ingresso in un ambito diverso da quello della vita comune, ordinaria. Questa osservazione può applicarsi sia al fruitore che allo stesso autore dell'opera d'arte.

Per quanto riguarda il fruitore, vale a dire un attore qualunque che si ponga in rapporto con un'espressione d'arte o ne sia spettatore, richiamiamo di seguito tre esemplificazioni, vale a dire la pittura, la scultura e la musica, rinviando a un successivo capitolo l'analisi della poesia e della letteratura in genere.

Nel primo caso, quello della pittura, seguiamo un individuo che decida di entrare in una pinacoteca o in un ambito in cui è presentata una esposizione di quadri. Il semplice fatto di accedere a questo spazio chiuso e in qualche modo suggellato, in cui le diverse sale si susseguono secondo un percorso più o meno vincolato, fa comprendere al visitatore di trovarsi di fronte a un universo differente da quello della sua vita quotidiana, inframmezzato o intercalato rispetto a essa. Di questo mondo particolare ciascun quadro offre una espressione specifica e ben evidente: il visitatore esamina ed esplora con l'organo della vista la rappresentazione di un soggetto compiuta dal pittore in una forma bidimensionale che si avvale di linee e di colori e che è racchiusa entro una cornice appesa a un muro. Immaginiamo che un quadro – con un paesaggio o un ritratto o una scena d'interno – assorba per qualche minuto l'attenzione del visitatore. Egli entra così nell'universo parallelo che l'autore del quadro gli suggerisce, tanto che la sua attenzione è completamente occupata e circoscritta da ciò che è compreso in uno spazio di centimetri o pochi metri quadrati, quelli in cui ha trovato espressione la tela: essa comunica al visitatore immagini, allusioni ed emozioni che riguardano il soggetto trattato e che sono passibili di trasferirsi in modi più o meno intensi, appunto, dall'autore al fruitore. Il quale, nonostante la sua ipotizzata concentrazione sul quadro, continua a trovarsi fisicamente in un ambito ben preciso, quello del museo o dell'esposizione che è venuto a visitare; e sarà questo spazio che gli consentirà di uscire dalla contemplazione visiva di un quadro per passare a uno successivo, e poi di uscire definitivamente dall'edificio sede dell'esposizione.

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