Autore Sigfried Giedion
Titolo Costruire in Francia. Costruire in ferro. Costruire in cemento
EdizioneQuodlibet, Macerata, 2022, Habitat 34 , pag. L+127, ill., cop.fle., dim. 18,3x26,3x1,7 cm , Isbn 978-88-229-0283-2
OriginaleBauen in Frankreich. Bauen in Eisen. Bauen in Eisenbeton [1928]
CuratoreEmiliano De Vito
PrefazioneJean-Louis Cohen
LettoreRenato di Stefano, 2022
Classe architettura , scienze tecniche , paesi: Francia












 

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Indice




  VII   Introduzione
        di Jean-Louis Cohen

        Costruire in Francia
        Costruire in ferro
        Costruire in cemento

    1   Nota introduttiva

   17   Ferro

   66   Cemento armato


  121   Elenco delle illustrazioni
  125   Indice analitico

  XLI   La forma che viene
        di Emiliano De Vito



 

 

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Pagina VII

Introduzione
di Jean-Louis Cohen



Ci sarebbero voluti oltre novant'anni perché i lettori italiani potessero infine scoprire, nella sua completezza, la prima opera scritta dallo storico dell'arte Sigfried Giedion sull'architettura moderna. Questo sfasamento è ben più considerevole di quello che sarebbe toccato alle successive opere del medesimo autore, poiché solo tredici anni separeranno l'uscita di Space, Time and Architecture dalla sua traduzione italiana, e passeranno solo diciannove anni dalla pubblicazione di Mechanization Takes Command all'uscita dell'edizione italiana.

[...]

Bauen in Frankreich può esser letto in molti modi. Naturalmente, è lecito interrogarsi sui presupposti teorici del libro, e di vedervi una tappa importante all'interno di un progetto storiografico destinato a svilupparsi nell'arco di diversi decenni. Vi tornerò in séguito. Ma può essere utile anche collocare questo libro nella serie d'interpretazioni della storia dell'architettura francese avvicendatesi fin dall'inizio del XX secolo. Il libro di Giedion, frutto della sua duplice formazione di ingegnere e di storico dell'arte, intende rovesciare la storia dell'architettura. Si inscrive tuttavia in un campo già delimitato da parecchi autori, i quali sono spesso tutt'altro che espressione della modernità più radicale. Giedion dovrà molto ai teorici e agli storici dell'area culturale tedesca che l'hanno preceduto, ma anche agli autori francesi e agli architetti parigini che lo informano, lo ispirano e lo guidano, a cominciare da Le Corbusier. Carola Giedion Welcker non ha forse detto, davanti a suo marito, che questo libro era «quello che Le Corbusier ti aveva chiesto di scrivere»?

Lungi dal costruire la sua narrazione a partire da un'analisi macro-storica, Giedion prende le mosse da un problema radicato nell'attualità, e procede per flashback genealogici, anche se la sequenza del libro stampato resta cronologica.

[...]

A fronte del regresso simboleggiato dall'Ècole des Beaux-Arts di Parigi, Giedion insiste sul ruolo storico degli ingegneri - la sua corporazione, va ricordato, fin dalla fondazione della Scuola politecnica -, senza tuttavia condividere la fede che in questa professione manifestano Werner Sornbart e Le Corbusier, per il quale «gli ingegneri sono sani e virili, attivi e utili, morali e gioiosi», mentre gli architetti sono «disillusi e oziosi, chiacchieroni e malinconici». Le caratteristiche meccaniche del ferro porteranno a nuovi princìpi progettuali, nell'ambito dei quali l'opera di Labrouste, che assegna un «senso ampio» al termine «costruzione», apre la strada a quella libertà che si riscontrerà nella collocazione dei pilastri di Casa Cook da parte di Le Corbusier. Labrouste appare così, agli occhi di Giedion, come il precursore della pianta libera.

[...]

Rievocando le evoluzioni in corso, Giedion vede nella dalle-champignon o nei ponti di Eugène Freyssinet - con la loro portata e la loro accresciuta leggerezza - più un prolungamento che una partenza, e auspica un «materiale nuovo» che sia per il XX secolo ciò che il ferro e il cemento sono stati per il secolo precedente. In definitiva, il sistema di frecce che collega Saulnier a Mies van der Rohe, ed Eiffel a Gropius o a Stam, assume il suo vero senso, inverso: è Mies van der Rohe che rinvia a Saulnier, e Gropius o Stam a Eiffel. È l'architettura di oggi che usa il passato come giustificazione. È rimarchevole come molti degli edifici esemplari scelti da Giedion corrispondano punto per punto alla lista delle costruzioni che costituiscono le basi dell'innovazione trasmessa da Perret a Le Corbusier nel 1915, quando questi lavorava alla sua opera sostanzialmente incompiuta, France ou Allemagne? Anche il principio dell'impaginazione proposta per questo libro - mediante la quale si contrappongono esempi tedeschi ed esempi francesi -, che sarà ripresa nell' Art décaratif d'aujourd'hui, sembra esser stato seguito da Giedion, cui Le Corbusier aveva probabilmente comunicato il suo progetto.

[...]

Giedion, però, non si ferma a tener conto dell'«evoluzione» americana, Wright compreso, e formula anzi una grande teoria sulla «concezione spazio-temporale nell'arte, nell'edilizia e nell'architettura». Tale tesi si basa su una lettura strumentale del cubismo e del futurismo, e sulla celebrazione di Picasso, Klee e Miró, ma anche sulla parallela esegesi dei ponti di Maillart: in architettura, la si può individuare nel lavoro di Gropius, Le Corbusier e Aalto. Molto tardivamente, Giedion aggiungerà nelle ultime edizioni di Space, Time and Architecture, degli edifici di Mies van der Rohe, e, con l'investitura di Jørn Utzon, svecchierà l'organico degli architetti.

Nel suo terzo grande libro, Mechanization Takes Command, opera «dal titolo spaventoso, minaccioso, americano» - come scriverà Le Corbusier, divenuto ostile agli Stati Uniti, quando Giedion gliela invierà, nel 1948 -, l'esperienza del libro sulla Francia è ancora percettibile. Non si tratta più di studiare dei «materiali di laboratorio», nati da un lavoro quasi scientifico, perché è ormai l'invenzione «anonima» materializzata nei brevetti e nei procedimenti manifatturieri a essere identificata come la fonte di una nuova architettura. È una sorta di contraltare simmetrico di Bauen in Frankreich, che si potrebbe ben titolare Basteln in Amerika: non più Costruire in Francia, ma piuttosto Far bricolage in America...

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GIEDION-S_costruireagine ./I/GIEDION-S_costruire4.jpg ./GIEDION-S_costruireC.htm C 300
  INDICE

  NOTA INTRODUTTIVA                             1-16

            COSTRUZIONE                            3
            INDUSTRIA                              4
            ARCHITETTURA                           6
            COSTRUTTORE E ARCHITETTO              10
            COSTRUTTORI                           13
            IL XIX SECOLO                         15
            IL XIX SECOLO IN FRANCIA              16

  FERRO                                        17-65

  1800-1850 PRIME PROVE                           19
            PRIMA FORMAZIONE                      26
  1850-1890 ARCHITETTURA SPERIMENTALE             36
            ESPOSIZIONI                           36
            ESPOSIZIONI DELL'ECONOMIA MONDIALE    38
            SVILUPPO ULTERIORE                    59

  CEMENTO ARMATO                              66-120

            COSTANTI NAZIONALI                    68
  1900-1920 A. G. PERRET                          70
            TONY GARNIER                          77
  1920-1927 LE CORBUSIER E LA NUOVA GENERAZIONE   83
            LO STATO ATTUALE DEL CEMENTO ARMATO  116


            ELENCO DELLE ILLUSTRAZIONI           121
            INDICE ANALITICO                     125

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NOTA INTRODUTTIVA


Anche lo storico sta nel tempo, non al di sopra di esso. Egli ha perso il piedistallo dell'eternità. Lo stesso processo interessa il poeta, il musicista, l'architetto davanti alla collettività, il genitore e l'insegnante davanti al fanciullo, l'uomo davanti alla donna: ci si scontra su uno stesso piano.

Tempi vitali, volti in avanti, sembrano avere poco spazio per i piedistalli. Non abbiamo alcuna paura del passato. Passato, presente, futuro sono per noi un processo inscindibile. Ma noi non viviamo rivolti indietro, viviamo rivolti in avanti. Il passato ci rafforza, poiché ci dà la sicurezza che la nostra volontà non è individualmente limitata. Ma più importante, comunque esso vada, ci appare il futuro. - La prima preoccupazione è per le cose che divengono: il fanciullo è più indifeso del vecchio.

Compito dello storico è in primo luogo riconoscere le insorgenze, e - attraverso ogni sorta di occultamenti - mettere in luce la continuità dello sviluppo. Purtroppo lo storico ha utilizzato la visione dall'alto che il suo ufficio comporta per annunciare la eterna legittimazione del passato, e con ciò colpire a morte il futuro. O quanto meno, per trattenere, inibendolo, lo sviluppo.

Il compito dello storico ci sembra essere di natura opposta: estrarre dall'immane complesso di un'epoca trascorsa quegli elementi che diventano punto di accesso per l'avvenire.


Il diciannovesimo secolo ha travestito ogni nuova creazione con maschere storicizzanti, in modo del tutto indifferente per ogni campo. Nel campo dell'architettura come in quello industriale o sociale. Si idearono nuove possibilità costruttive, ma di esse si ebbe timore, e senza motivo vennero soffocate dietro quinte di pietra. Si creò l'immane apparato collettivo dell'industria, ma si cercò di torcerne del tutto il senso, mentre si lasciava che solo un esiguo numero fosse beneficato con i vantaggi del processo produttivo. Questa maschera storicizzante è inseparabile dall'immagine del diciannovesimo secolo. Ciò è innegabile. D'altro canto non si può dimenticare la forza centrifuga e in avanti da cui il diciannovesimo secolo è pervaso.

Se dal secolo si estraessero quegli elementi che sono vivi e vivono in noi, allora si vedrebbe con stupore che abbiamo dimenticato il nostro proprio sviluppo, o se si vuole la nostra TRADIZIONE.

Se si ripulissero le riviste dalla polvere che vi si è depositata per decenni, allora ci si accorgerebbe che le questioni che oggi ci toccano sono in discussione, inevase, da oltre un secolo.

Al tempo stesso si riconosce con crescente certezza che l'architettura che oggi viene definita «nuova» è una parte legittima di quello sviluppo che attraversa tutto il secolo.

Appartenendo essa certamente a una vasta corrente evolutiva, dobbiamo rifiutarci di vederne l'origine in un piccolo numero di precursori dell'architettura del 1900 - per esempio Berlage, Van de Velde, Lloyd Wright, Behrens, Perret, Garnier. La «nuova» architettura ha origine con l'architettura industriale del 1830, al momento della conversione del processo produttivo artigianale in industriale. Noi, quanto a audacia nell'avanzamento e nelle opere, non abbiamo nessun diritto di paragonarci al diciannovesimo secolo.

Il compito di queste generazioni è: trasporre nella FORMA ABITATIVA ciò che il diciannovesimo secolo è stato in grado di dirci solo in costruzioni astratte e intimamente omogenee. Ognuno sa che con questo e con la così a lungo trascurata conversione dell'attività costruttiva artigianale in industriale siamo ancora all'inizio.

La separazione tra generazioni, che è stata necessaria e che noi stessi dobbiamo ancora portare a compimento, si attenuerà forse non appena ci porremo con disinvoltura di fronte al passato. Poiché non abbiamo paura che esso possa nuovamente opprimerci o confonderci.

FRAU ENKIRCH-LENGMATT - FEBBRAIO 1928

GIEDION

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COSTRUZIONE


La COSTRUZIONE è qualcosa di ESTERIORE?

Siamo sospinti in un processo vitale che non è divisibile. Vediamo sempre più chiaramente la vita come un tutto in movimento, ma indivisibile. I confini dei diversi settori si confondono. Dove termina la scienza, dove comincia l'arte, cos'è la tecnica applicata, cosa pertiene alla conoscenza pura? I diversi settori si compenetrano, e in quanto si compenetrano si fecondano a vicenda. Non ci interessa per nulla oggi sapere dove passi il confine tra l'isolato concetto di arte e l'isolato concetto di scienza. Non valutiamo affatto tali settori ponendoli l'uno sotto l'altro. Essi sono per noi frutti pariordinati di un impulso superiore: la VITA! Cogliere la vita come complesso totale, non ammettervi separazioni, rientra nei più importanti sforzi di questo tempo.

I fisiologi ci hanno mostrato come la struttura del corpo e l'essere di un uomo stiano in un rapporto inseparabile. La scienza fa derivare da un certo tipo di corporatura un determinato carattere. Si discopre il rapporto tra respiro e equilibrio spirituale. La formazione di un corpo comincia dall'interno attraverso respirazione, attività ginniche e sportive. Sviluppare il muscolo di un arto fino all'ipertrofia o immergere il viso nella cosmetica come fosse un corpo isolato mentre le vene vanno in sclerosi, viene respinto come qualcosa di inadeguato.

Ebbene, anche la costruzione non è mera razionalità. La concezione che diede impulso al passato secolo per approfondire così grandemente la conoscenza dei materiali da farne risultare una padronanza prima impensabile è tanto espressione di un impulso istintuale quanto cifra artistica.

Si dice che l'arte sondi il terreno, ma, se si è convinti della indivisibilità del processo vitale, si deve soggiungere: anche l'industria, la tecnica, l'architettura sondano il terreno. Di più: l'architettura, che peraltro ha spesso abusato del nome di arte, ci ha rinchiusi per un secolo in un circolo di fallimenti.

Viste secondo il fascino di un certo haut-goût, le decorazioni artistiche del secolo scorso sanno di muffa. Quanto non avvizzisce dell'architettura di quest'epoca sono quei luoghi in cui la costruzione si rivela. - Segue la costruzione completamente poggiata su temporalità, funzionalità, trasformazione; tratto unico, nel campo dell'architettura, di uno sviluppo inconfondibile. La costruzione svolge nel diciannovesimo secolo il ruolo di s u b c o n s c i o. Dall'esterno si prolunga, ostentando, l'antico pathos; in modo sotterraneo, nascoste dietro le facciate, si costruiscono le fondamenta dell'intero nostro essere attuale.

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ARCHITETTURA

Il concetto di architettura è legato al materiale pietra. Gravità e monumentalità costituiscono l'essenza di questo materiale secondo la netta distinzione tra elementi portanti e portati. Le grandi dimensioni che la pietra esige sono ancora oggi per noi legate in modo vitale a ogni edificio. È perfettamente comprensibile come i primi edifici in materiale elastico, con le loro affatto insolite dimensioni modeste, destassero sempre di nuovo nei contemporanei la preoccupazione che potessero crollare.

L'architettura è legata al concetto di «monumentalità». Dove i nuovi materiali di costruzione - ferro e cemento armato - assumano la forma della gravità e della «monumentalità», sono usati in modo improprio rispetto al loro senso.

Ci sembra incerto se il limitato concetto di «architettura» in generale continuerà a esistere.

Non possiamo fornire ragguagli sulla questione: cosa è proprio all'architettura, dove comincia, dove finisce?

I diversi ambiti si compenetrano: le pareti non accerchiano più rigidamente le strade. Le strade vengono trasformate in un flusso dinamico. Binari e treni costituiscono una sola entità con la stazione. Di essa sono caratteristici gli ascensori sospesi nei loro pozzi di vetro, non meno dell'imbottitura isolante tra i montanti. L'antenna fa tutt'uno con l'edificio, come i fianchi di una svettante armatura di ferro stabiliscono collegamenti fra città e porto. I grattacieli vengono attraversati da tram. L'elemento f l u t t u a n t e diviene parte dell'edificio. L'architettura è stata trascinata nel flusso al di fuori dei luoghi isolati che essa aveva occupato accanto alla pittura e alla scultura.

Cominciamo a riconfigurare la superficie terrestre. Ci spingiamo in basso, in alto e sul piano. L'architettura è solo un elemento di questo processo, per quanto uno speciale. Perciò nessuno «stile», nessuno stile costruttivo personale. Espressione formale comune. Trasformazione fluida delle cose.

Secondo la loro espressione formale tutte le costruzioni si aprono oggi alla possibilità. Confondono i loro dispotici confini. Cercano relazione e compenetrazione. Sulle scale inondate d'aria della Torre Eiffel, meglio ancora sui fianchi di ferro di un pont transbordeur, ci si imbatte nell'esperienza estetica fondamentale dell'architettura odierna: attraverso la sottile rete di ferro tesa nello spazio aereo, scorrono le cose - navi, mare, edifici, tralicci, paesaggio, porto. E perdono la loro forma definita: volteggiano discendendo l'una verso l'altra, si confondono simultaneamente.

Non si vorrà trasferire questa esperienza assoluta, che nessuna epoca precedente ha conosciuto, alle abitazioni. In nuce tuttavia essa si trova in ogni progetto della nuova architettura: esiste solo un unico grande spazio indivisibile in cui dominano rapporti e compenetrazioni al posto di delimitazioni.

Il concetto di architettura è divenuto troppo angusto. Quella esigenza di dare forma detta arte non si può più rinchiuderla in una bottiglia come del radio, né si può spiegare la vita che ne resta priva.

Le lente dinamiche nelle faccende umane portano i settori funzionali - come edilizia, industria - a manifestare il loro nuovo modo di vita molto prima di quelli a noi più prossimi.

Solo ora la forma abitativa viene travolta da quelle forze nascoste che cento anni fa sospingevano l'uomo verso visioni costruttive e industriali.

La nostra intima visione richiede questo alla casa:

Superare il più possibile la pesantezza. Proporzioni leggere. Apertura, attraversamenti d'aria: cose, queste, che le realizzazioni architettoniche del secolo passato mostravano per la prima volta in maniera astratta.

Con ciò è raggiunto il punto in cui l'edificio si inserisce nel generale processo della vita.

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Pagina 15

IL XIX SECOLO


Come ogni epoca, anche il diciannovesimo secolo è un'entità complessa. Probabilmente più intricata di altre. Siamo ancora troppo vicini per giudizi vincolanti.

Si dovrebbero individuare innanzitutto due correnti che - spesso inestricabilmente - si confondono: in primo luogo l'insieme dei retaggi: ne sono interessati settori tra loro in un modo o nell'altro distanti. Arte, celebrazioni, rappresentazioni, affari privati. In secondo luogo: oltre a ciò, la vita stessa impone le proprie leggi: la superficie terrestre viene riconfigurata come mai prima (porti, ferrovie, tunnel, grandi perforazioni). La produzione viene fondata su basi totalmente differenti (industria). Ha inizio un mutamento nella stratificazione sociale (tendenze di socializzazione).

L'insieme dei retaggi è parte di noi. Non può essere trascurato. Solo, finisce più amaramente quando con altre priorità si pretende di domare la nuova vita che sorge. Questo è appunto il caso del diciannovesimo secolo.

Una simile pretesa si rivela perciò alla lunga un predominio apparente; la vita prende forma in modo sotterraneo, ma ne scaturisce un'atmosfera opprimente che di continuo reclama sconvolgimenti.

Nel campo dell'architettura ciò diviene particolarmente significativo: se si adoperassero per la sua comprensione i soliti concetti stilistici, non resterebbero altro che vuoti involucri. Per tutto il secolo si costruì, se così si può dire, con la coscienza sporca o malcerta. Proprio i migliori avvertirono che si viveva in un'ammorbante aria di eclettismo. Il diciannovesimo secolo, strappato all'impulso verso una sommaria concezione costruttiva e verso l'isolamento individuale, è nel suo atteggiamento complessivo forzatamente pessimista.


Si è sempre cercato di rinvenire uno «stile» senza avvedersi che questi esperimenti formalistici sono fin dal principio condannati al fallimento. Sono increspature superficiali. Il tempo dei differenti stili di costruzione basati su principi artigianali tramontò per sempre nel momento in cui il concetto di un'architettura isolata si rivelava non più valido.

Il diciannovesimo secolo: singolare mistione di tendenze individualistiche e collettivistiche.

Come nessuna epoca precedente esso etichettò ogni azione quale «individualistica» (Io, Nazione, Arte), ma in modo sotterraneo, in settori screditati e ordinari, come stordito, creò gli elementi per una realizzazione collettiva.

Oggi tutto poggia su tali elementi.

È di questo materiale grezzo che dobbiamo occuparci: grigi edifici, mercati coperti, grandi magazzini, esposizioni. Per quanto poco rilevanti essi appaiano alla smania estetica, è lì il nocciolo!

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FERRO


L'ingresso del ferro nell'architettura significa conversione dell'impresa edile artiginale in industriale. L'inizio della nuova architettura può essere fatto risalire al giorno in cui si abbandonò il vecchio procedimento di produzione e al posto del ferro forgiato a mano subentrò il ferro prodotto meccanicamente con il rullo.

LA PIETRA è resistente solo alla pressione. Si lascia impilare in pesanti masse fino a fare montagne, ma solo attraverso un estremo raggiro permette un certo svuotamento (gotico). Pietra signilica massa compatta. La pietra richiude pesantemente gli spazi. La parete si sorregge in tutta la sua altezza. Larghe aperture orizzontali contraddicono la sua struttura.

IL FERRO può allungarsi e contrarsi. È resistente alla trazione e alla pressione, e quindi alla piegatura.

Il senso del ferro è: condensare in minime dimensioni una capacità di risposta a richieste elevate. Se si ammette un paragone, il ferro vale in un edificio al tempo stesso come fascia muscolare e scheletro. Il ferro apre gli spazi. La parete può tramutarsi in una epidermide di vetro. Progettare la parete come sostegno dell'edificio diviene una intollerabile farsa.

Ciò conduce a nuove norme di espressione formale.

Al posto dell'irrigidito equilibrio di sostegno e carico, il ferro richiede una più complessa, più flessibile modalità di compensazione delle forze. Con la condensazione della materia in pochi punti sorge una trasparenza sconosciuta, una relazione sospesa con altri oggetti, un'organizzazione dello spazio aereo, des combinaisons aeriénnes che già nel 1889 Octave Mirbeau conosceva. Questo essere inondato dallo spazio aereo, che dava, percorrendo alte strutture (Torre Eiffel), l'idea del volo prima che esso divenisse realtà, ispirò tutta l'espressione formale della nuova architettura. Non derivazioni formali in senso esteriore bensì espressioni di una legge interna.

Il ferro vanta tra i nuovi materiali la più risalente tradizione costruttiva. È sorprendente con quale fanatismo si lottò per mezzo secolo per la sua introduzione e con quale regolarità si disvelò lentamente il suo principio formale. È possibile spogliare questa conoscenza tecnica pezzo per pezzo e auscultarne la lenta crescita.

Il bisogno della sua introduzione era sentito già prima che le macchine rendessero possibili profilati in ferro. E prima che i mezzi teorici per la sua misurazione fossero scoperti, visione e ratio riconobbero in esso il materiale dell'avvenire.

Al punto che assai precocemente - nel 1849 - già si presagiva la FORMA ABITATIVA alla quale oggi lavoriamo:

«Il vetro è destinato a giocare un importante ruolo nell'ARCHITETTURA IN METALLO. Al posto di spessi muri, la cui stabilità e sicurezza risultano diminuite da un elevato numero di buchi, le nostre case saranno così ricche di aperture che appariranno p e r m e a b i l i alla luce. Queste ampie aperture di vetro spesso, semplice o doppio, opaco o trasparente, faranno rifluire, verso l'interno di giorno verso l'esterno di notte, uno splendore magico».

Sembra che nell'organismo umano prendano forma certi atteggiamenti che solo in seguito si cristallizzano in realtà. Esattamente come, prima dell'evoluzione dei macchinari, l'industria venne riconosciuta quale punto del secolo su cui fare leva, e oggi - in più modeste dimensioni - si modella una forma abitativa prima che la struttura sociale corrispondente sia venuta in essere.

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CEMENTO ARMATO


È vano parlare di nuova architettura in Francia senza toccarne l'elemento base: il cemento armato. Esso non viene estratto naturalmente come un materiale compatto. Il suo senso è: composizione artificiale. Il suo luogo di provenienza: il laboratorio. Da sottili barre di ferro, cemento, sabbia, pietre di scarto, da un simile corpo composito possono cristallizzarsi istantaneamente in una sola pietra immani complessi costruttivi, monoliti in grado di resistere all'attacco del fuoco e a elevatissimi pesi come nessun altro materiale naturale in precedenza. Ciò viene ottenuto sfruttando in laboratorio le qualità di materiali in parte privi di valore, elevandone a un multiplo le prestazioni attraverso il loro assemblaggio. È noto: una trave portante - sia essa un sostegno per ponti o per coperture - è sottoposta principalmente nella sua parte superiore alla pressione, nella sua parte inferiore principalmente alla trazione. Per cui si dispone prevalentemente nella parte inferiore il ferro, che possiede la capacità di resistere ottimamente alla trazione, mentre nella parte superiore il cemento, al quale, in quanto massa compatta, con la sua grande resistenza alla pressione, spetta la piena signoria.

Monnier - 1867 - questo non lo sapeva. Nei suoi vasi rinforzati in cemento il ferro aveva la funzione di dare forma, il cemento la funzione di riempimento. Monnier escogitò il proprio sistema progressivamente - con maggiore tenacia rispetto ai suoi predecessori e ai suoi compagni di strada Lambot (1854), Coignet (1861), Hyatt (1877) - e ottenne uno dopo l'altro brevetti per tubi, solette piane, ponti, scale (1875). Benché istintivamente l'organizzazione del ferro e del cemento divenga con Monnier più corretta, gli resta alla fine ancora sconosciuta la loro funzione. Che è quanto compresero invece nel 1880 degli ingegneri tedeschi. - Ma il passo decisivo, il quale, solo, consentì di fare di uno strumento ausiliario, di un elemento costruttivo un nuovo strumento della creazione architettonica, fu compiuto da Fr. Hennehique.

Anche questo risultato, come quasi tutte le conoscenze durature del nostro tempo, scaturì non da visioni fantastiche - queste ne sono semmai l'effetto -, ma da una ravvicinata visione microscopica. Ovvero, laddove volessimo esprimerci secondo il più dimesso linguaggio del nostro tempo: da brevetti.

Hennebique nel 1892 ottenne un brevetto per «trave con staffe» [poutre à étrier].

La parte più delicata delle costruzioni in cemento armato era costituita fino a allora dai punti di giunzione, quei punti cioè in cui il tetto si congiunge alla trave e la trave all'appoggio. Lì non andava. Hennebique, supportando e raddrizzando con il ferro immagazzinato all'interno, riuscì a saldare in uno coperture, travi e colonne (travi con costole). L'edificio come m o n o l i t e divenne possibile. Le isolate colonne di ghisa vennero sostituite da pilastri in cemento armato. Nacque l'edificio unitario con armatura. La fantasia architettonica poteva muoversi così a rimorchio del brevetto. E si sa con quanta pesantezza lo fece.

È evidente quale dovesse essere la prosecuzione del cammino. Ci si occupò dei pilastri, fino a allora poco considerati. Armand Considère (1899) scoprì dei metodi particolari per rinsaldarli (cemento cerchiato). E negli ultimi tempi si è riusciti persino a fare scomparire le travi - questi residuati della costruzione in legno -: tetti senza sostegni! L'azione efficace del ferro (sviluppata dallo svizzero Maillart) si irradia, quasi al modo di un campo magnetico, per l'intera portata del corpo in cemento, un risultato, questo, raggiunto più per via empirica che attraverso calcoli. Ci troviamo in un gioco di forze assai complesso e poco chiaro perfino per la nostra capacità teorica.

Senso del cemento armato: questo prodotto di laboratorio, questo prodotto nato solo da una meditazione del materiale, attraverso - se si vuole - una visione del materiale, è affatto significativo dell'epoca attuale e di quella a venire. Con l'incremento vertiginoso del suo utilizzo, la figura dell'architetto in quanto romantico eroe del disegno ha cominciato a risultare imbarazzante. Nessun altro materiale più del cemento armato si vendica così tanto del proprio snaturamento attraverso un atteggiamento di insubordinazione! Esso permette certo che alla sua armatura si applichino le più incredibili facciate, ma la vera e propria signoria spetta, malgrado tali eventuali storpiature sull'esterno, all'ingegnere. E dietro l'ingegnere: all'impresa edile industrializzata.

L'impresa cementizia non è la solita impresa edile che affida il lavoro a un mezzo centinaio di operai non facendo in fondo null'altro che proseguire in modo grossolano un'attività di costruzione medievale. Dietro l'imprenditore del cemento sta l'impresa edile scientificamente industrializzata. Il cemento armato lo richiede, dalla sua nascita in laboratorio fino alla modalità di trattamento cui è sottoposto il materiale sul luogo. Non può essere altrimenti. - Non è questo il luogo, poiché qui si deve solo indicare una sintomatologia, per classificare i molteplici errori che, almeno fino a oggi, si sono fissati sul cemento armato rendendone più gravosa la possibilità d'uso. Non resterà esso, si spera, l'unico nuovo materiale. A prescindere da ciò, anche materiali come il legno o il ferro si trovano ancora una volta davanti a una loro nuova discoperta.

Il nostro compito a riguardo è stato: mostrare che ci troviamo all'interno di uno sviluppo naturale e che la nostra vera tradizione si è andata formando gradualmente nel corso di mezzo secolo. In fatto di rigore e profondità essa può tenere testa a ogni altra epoca. Solo, su questo si deve porre correttamente l'accento. La conoscenza di Monnier, Hennebique, Considère fu messa dapprima nelle mani degli architetti francesi. Nel 1903 il geniale costruttore Perret ne pativa già concretamente le conseguenze con la sua casa di Rue Franklin. Le banche gli negavano le ipoteche, dato che gli esperti profetizzavano il crollo a quell'esile struttura.

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