Copertina
Autore Emilia Giorgi
Titolo Eric Owen Moss
SottotitoloParadigmi provvisori
EdizioneMarsilio, Venezia, 2007, Universale di architettura 170 , pag. 94, ill., cop.fle., dim. 12x19x0,9 cm , Isbn 978-88-317-9223-3
LettoreCorrado Leonardo, 2007
Classe architettura
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Indice


  8 Introduzione


 10 Los Angeles is fluid

 12 Hetero-architecture
 12 La Scuola di Los Angeles
 13 L'evoluzione di Culver City: «The architectural free zone»
 14 Investire in architettura: la creazione di un inedito
    paesaggio lavorativo
 16 Experience architecture

 18 Gnostic architecture

 19 Dialettica, conflitto, tensione
 20 Sabotare i confini del progetto: la «Petal House»
 22 Il gioielliere del ciarpame

 27 La regola dell'eccezione

 28 Il mare dionisiaco
 29 Costruire instabilità: la danza tra «Box» e «Beehive»
 37 Una domanda

 38 Il paesaggio urbano come dramma teatrale

 39 La relatività dei punti di vista
 40 Una Babele di voci e culture
 40 Mai percorrere due volte la stessa forma: lo «Stealth»
 45 Un gomitolo scultoreo: «The Umbrella»
 49 Sezionare e lacerare: «Slash/Backslash»
 50 Nuovi ordini per la geometria euclidea: «Pterodactyl»

 55 Make it new: dialogo con le preesistenze

 58 Non un singolo edificio, ma una molteplicità di edifici
 61 Interpretare il contesto storico: una nuova sfida

 67 Not just a building

 68 Ristabilire il ciclo naturale
 76 La metafora naturalistica

 88 Per approfondire


 

 

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Pagina 8

Introduzione


L'abilità di Eric Owen Moss (Los Angeles, CA, 1943) nel trasformare spoglie zone senza vita in luoghi dall'estremo fascino architettonico è nota grazie al suo intervento sull'ex area industriale di Culver City, distretto di Los Angeles. Qui dal 1987 Moss ha ridato vita alle fabbriche abbandonate, restituendo l'identità perduta a Culver City con un procedimento altamente innovativo che, rifiutando un piano prestabilito, si è sviluppato con assoluta elasticità, adattandosi alle esigenze del momento. Un'azione interessante a livello architettonico e urbanistico per l'alta possibilità di sperimentazione offerta dal luogo, terreno fertile per la manipolazione dell'architetto che ha avuto occasione di delineare attraverso lo spazio una composita narrazione autobiografica.

L'area, infatti, presenta una profonda difformità tra gli edifici coinvolti dal cambiamento avvenuto nell'ultimo ventennio secondo un'idea di architettura che «sarebbe incompleta se rappresentasse se stessa come definitiva in ogni circostanza, falsa se ripetesse in modo conforme e prevedibile un unico sistema o punto di vista» (Moss 1999, p. 1.6).

Singoli interventi trasformano le preesistenze che, dialogando l'una con l'altra, danno vita a un'opera dalla fisionomia eterogenea, refrattaria a descrizioni convenzionali. I caratteri della composizione si fondano su metamorfosi, discontinuità, impossibilità di comprendere in una sola volta l'articolazione dell'intero sistema. L'architettura riflette sulla condizione contemporanea nel tentativo di interpretare una città complessa, labirintica, ormai lontana dall'ideale modernista di razionalità e funzionalità.

Eric Moss propone il caos, sì, ma un caos sapientemente orchestrato, dove la forma si frantuma per ripresentarsi sorto mentite sembianze, nuove vesti: il gioco del trasformista.

Gli elementi architettonici di Culver City si dimenano, lottano tra loro, si affrontano e si confrontano.

«Stiamo sperimentando una sorta di pianificazione-guerriglia, un modo di agire in termini di contingenza, che è l'opposto di pianificazioni come quelle del Barone Haussmann a Parigi o di Robert Moses a New York. Quello era un tipo di progettazione della città assoluto, tirannico, nato per durare centinaia di anni; il nostro, invece, è completamente diverso: è un modo di attaccare, sradicare, girare intorno, quasi danzare nello spazio» (E.O. Moss, in Giorgi 2003).

Un procedimento che riflette l'atmosfera culturale e sociale della città di Los Angeles dove la ricerca di Moss ha inizio. Una strategia che, forte della sua flessibilità, può essere adattabile ad altri instabili contesti metropolitani, dall'incessante sviluppo demografico, che rappresentano l'ancora insoluta problematica delle megalopoli del mondo. Dall'attenzione al singolo oggetto architettonico e alle potenzialità poetiche dell'architettura, il pensiero critico di Moss inizia ad affrontare i grandi problemi urbanistici di città come New York, Washington, San Pietroburgo, città del Messico, Guangzhou (Cina), per le quali partecipa ai più rilevanti concorsi, misurandosi con le implicazioni politiche e le necessità pragmatiche dei diversi luoghi. Affronta il dibattito con le amministrazioni e i cittadini, sviluppando progetti a grande scala, realizzabili attraverso un confronto dinamico e interattivo.

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