Autore Nadine Gordimer
Titolo Ora o mai più
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2012, I Narratori , pag. 428, cop.fle., dim. 14x22x3 cm , Isbn 978-88-07-01920-3
OriginaleNo time like the present [2012]
TraduttoreGrazia Gatti
LettoreGiangiacomo Pisa, 2014
Classe narrativa sudafricana , paesi: Sudafrica












 

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Glengrove Place. Non è una valle e non ci sono boschi. Il nome doveva essere stato scelto in ricordo di un'altra casa da uno scozzese o da un inglese quando fatti i soldi in questa città a millecinquecento metri di altitudine era entrato nel mercato degli immobili.

Ma è stata una casa. Era un posto in cui potevano vivere–insieme, quando non c'era posto in cui fosse legale. L'affitto dell'appartamento era alto, per loro a quei tempi, ma copriva una certa complicità da parte del proprietario dell'edificio e del custode, niente è gratis quando persone rispettose della legge accettano il rischio di infrangerla. Come inquilino, lui aveva il genere di cognome dal suono inglese o europeo che non differiva da quelli comuni sulle caselle delle lettere degli altri inquilini di fianco all'ascensore nell'atrio; un cactus in vaso ornamentale, se anche non c'erano boschi. Lei era soltanto l'appendice aggiunta "Mrs". Effettivamente erano sposati, nonostante anche quello fosse illegale. Nel paese vicino, dove lei era andata in esilio appena oltre il confine per studiare, e lui, un giovane bianco i cui legami politici gli rendevano necessario scomparire per un po' dall'università della città, loro, ignorando imprudentemente l'inevitabile conseguenza quando fossero tornati a casa, si erano innamorati e sposati.

Tornati a casa, in Sudafrica, lei divenne insegnante in una scuola privata gestita dai Padri di un ordine cattolico e tollerata al di fuori del sistema educativo segregato di stato, dove le era possibile usare il cognome originario in base a principi non razziali.

Lei era nera, lui era bianco. Era l'unica cosa che contava. L'unica cosa che a quel tempo costituiva l'identità. Semplice come le lettere nere su questa pagina bianca. Era in quelle due identità che loro trasgredivano. E la passavano liscia, per lo più. Non erano abbastanza visibili, abbastanza noti politicamente perché valesse la pena di incriminarli in base all'Immorality Act, meglio tenerli sotto controllo, seguirli nel caso potessero, da una parte, lasciare tracce che avrebbero forse condotto ad attivisti più importanti, o magari rivelarsi candidati da reclutare per fornire informazioni sull'ambiente a cui avevano accesso, di qualsiasi livello fosse, da dissidente a rivoluzionario. In effetti, lui era uno di quelli che, ai tempi dell'università, erano stati avvicinati con allusioni attentamente soppesate alla causa della lealtà patriottica o, forse, a una penuria di fondi data ugualmente per scontata tra i giovani, e gli era stato fatto chiaramente capire che non doveva preoccuparsi, la sua sicurezza sarebbe stata garantita e non sarebbe più stato tanto al verde se si fosse ricordato cosa veniva detto nei raduni a cui si sapeva che era presente e contribuiva. Inghiottendo un groppo di disgusto e imitando il tono dell'approccio, aveva rifiutato – non che l'altro avesse riconosciuto il rifiuto oltre che dell'offerta anche di chi aveva acconsentito a fare da magnaccia per la polizia politica.

Lei era nera, ma questo ora implica molto più di quello che era l'inizio e la fine dell'esistenza registrata in un fascicolo obsoleto di un paese obsoleto, anche se il nome non è cambiato. Lei era nata a quei tempi; il suo nome è una firma sul passato da cui proviene, battezzata nella chiesa metodista di cui uno dei suoi nonni era stato pastore, suo padre, preside di una scuola per bambini neri nel villaggio, era un Anziano e sua madre presidentessa dell'associazione femminile. La Bibbia era la fonte dei nomi di battesimo che accompagnavano i secondi nomi, quelli africani a cui i bianchi, che la bambina crescendo avrebbe dovuto compiacere, con cui avrebbe dovuto avere a che fare in questo mondo, non associavano un'identità. Rebecca Jabulile.

Lui era bianco. Ma anche questo non è un fatto così definitivo come nella forma codificata dai vecchi fascicoli. Nato nella stessa era passata, qualche anno prima di lei, è un misto bianco – cosa di nessuna rilevanza quando gli elementi sono bianchi. In verità il suo è un misto piuttosto complicato nei termini di un'identità non determinata dal colore. Suo padre era un gentile, laico, ufficialmente cristiano praticante, sua madre ebrea. Θ la madre a essere decisiva nell'identità di un ebreo, la madre di cui si può essere certi quando si tratta di concepimento. Se la madre è ebrea, questo costituisce il titolo del figlio all'interno della fede, e naturalmente implica la circoncisione rituale. Il padre non doveva aver sollevato obiezioni, forse come tanti agnostici e persino atei segretamente invidiava coloro che praticano l'illusione di una fede religiosa – oppure fu per assecondare la moglie che amava? Se era quello che voleva, se per lei era importante in un modo che lui non capiva. Che si tagli il prepuzio.

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Esiste un'Era del Pleistocene, un'Era del bronzo, un'Era del ferro. Sembrava che fosse finita un'Era. Di certo niente meno che una Nuova Era quando la legge non viene promulgata in base a una pigmentazione, quando tutti possono vivere, andare e lavorare ovunque vogliano in un paese che appartiene a loro in comune. Un documento dal titolo convenzionale di "Costituzione" ha spalancato le porte. Solo un vocabolario grandioso può contenere il significato per i milioni a cui non era riconosciuto alcuno dei diritti racchiusi nella parola libertà.

Numerose sono le conseguenze sugli aspetti dei rapporti umani che un tempo erano limitati per decreto. Sulle caselle della posta degli inquilini si leggono anche nomi africani: un medico, un docente universitario e una donna che si sta facendo una carriera nelle opportunità dell'imprenditoria. Jabulile e Steve potevano andare al cinema, cenare al ristorante, prendere una camera in albergo insieme. Quando lei diede alla luce la loro bambina fu in una clinica dove non sarebbe stata ammessa – prima. Θ una vita normale, non un miracolo. Θ stata creata con la lotta umana.

Fin da piccolo a lui era interessata la scienza e all'università aveva studiato Chimica industriale. I suoi genitori la consideravano quanto meno una speranza di antidoto, una garanzia per il suo futuro al contrario delle attività di Sinistra contro il regime che lo portavano a tratti a scomparire presumibilmente da qualche parte oltre confine; avrebbe avuto una professione rispettabile. Non avrebbero mai saputo quanto si era rivelata utile la sua conoscenza degli elementi chimici al gruppo che imparava a fabbricare esplosivi per obiettivi come centrali elettriche. Quando si laureò, il posto di subalterno che trovò in una grande fabbrica di vernici divenne effettivamente una copertura utile per una vita sospetta, sul piano politico e sessuale.

Ambizione. Non era il momento, allora, di pensare a cosa potevi voler davvero fare della tua vita. La bussola interiore riportava l'ago fermamente sull'unico polo – finché non si fosse messa fine alla deformazione della vita umana in comune non c'era spazio per il significato nelle conquiste personali, che fossero scalare l'Everest o diventare ricchi, tutte scappatoie dalla realtà, segno ignobile dell'essere dalla parte dello status quo.

Ora non c'era più motivo per continuare a fare ricerche su come rendere più durevole la vernice per nuovi tipi di applicazioni edili e decorative, dai tetti ai jukeboxe, dalle camere da letto alle auto sportive decappottabili. Forse avrebbe potuto tornare all'università per ampliare la sua conoscenza di altre branche della chimica e della fisica, non limitate alle apparenze. Ma c'era una figlia a cui dovevano dare una casa. Lui comunque faceva bene il suo lavoro, senza grande interesse, non c'era più gusto come quando sapeva che mentre lavorava (letteralmente) a mantenere le apparenze per l'industria bianca, fabbricava esplosivi per far saltare in aria il regime. L'azienda aveva una serie di filiali in tutto il paese, lui aveva fatto carriera in questa, la sede principale dove aveva cominciato. Se non si decideva a ripensare alla chimica delle provette, come continuava a pensare, e passare all'altro tipo di chimica, quella tra esseri umani, non governativa, non a scopo di lucro, era impegnato però come volontario part-time in una commissione che si occupava delle rivendicazioni di terreni di comunità espropriate dal regime passato. Lei studiava per corrispondenza, Economia e Diritto, e faceva volontariato come segretaria per un gruppo di donne che combatteva la violenza sulle donne e i bambini. La loro piccola Sindiswa andava al nido; il poco tempo che rimaneva lo passavano con lei.

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Sistemarsi in una casa è più che disporre i mobili. C'è la bambina, per quanto piccola, ora padrona di una camera tutta sua. C'è l'ibisco regalato da piantare in un giardino privato; il riconoscimento che hanno un vicino, dei vicini, non solo i compagni Isa e Jake, gli Mkize. La comune gay, tutti che si spostano verso una sorta di ceto medio. Comporta una cosa di cui Steve non è sicuro – la sottoscrizione a un servizio di vigilanza di quartiere. – Saranno di sicuro ex impimpis, bastardi che tradivano e assassinavano i compagni. Chi vuole farsi proteggere da dei traditori? –

Jabu lo prende in giro. – Pago io la quota. –

Una casa. Non è solo un posto, un rifugio ovunque lo puoi trovare. Casa è l'istituzione della famiglia, la sua adesso viene a trovarli – avevano perso i contatti quando era meglio non si sapesse che erano parenti di attivisti politici, con il rischio di venir interrogati dalla polizia. Ma gli altri bambini Reed sono cugini di Sindiswa. Lancia gridolini eccitati quando giocano con lei. Il figlio Steve il fratello Steve, sua moglie e sua figlia sono richiesti più spesso di quanto vorrebbero al pranzo domenicale di dovere in una o nell'altra delle case della famiglia. Sarebbe stato più piacevole fare una gita in macchina da qualche parte nel veld, da soli, con un picnic, Sindi con i suoi giocattoli su una coperta e i giornali della domenica scambiati tra loro. Jabu sembrava meno infastidita di lui da quegli obblighi. Lui non sa o non vuole sapere che la famiglia, la sua famiglia, è decisa a dimostrare di accettare il fatto che sua moglie è nera (perché c'è chi la trova una medicina dura da inghiottire, la democrazia non razziale). Una cognata, moglie di suo fratello Jonathan, esagera un po'; Brenda butta le braccia al collo di Jabu, la bacia, fa dondolare i loro corpi, tira indietro la faccia a guardarla come si rimira una scoperta felice. Così ogni volta che arrivano o se ne vanno.

Si continua a evitare qualsiasi discussione di politica per riguardo ai sentimenti delle persone da entrambe le parti. Θ salutare per il marito-compagno, per la moglie-compagna constatare come i rapporti sociali possano comportare questa scelta; nonostante tutto quello che è successo, seppure a ciascuno in modo diverso. Ogni tanto l'invito è a trascorrere una serata con una delle coppie di cui fanno parte i fratelli. Quello gay, Alan, li porta insieme all'amante attuale in un ristorante africano appena aperto in città, che serve stuzzichini tradizionali a base di larve del mopane, trippa e usu con i fagioli.

– In mio onore? – Jabu inaugura l'atmosfera disinibita della serata. – No, questo posto ci piace, esotico per noi bianchi, nκ. – I modi di Alan sono seducenti, ma Steve non ha di che preoccuparsi perché (per quanto ne sa lui?) quel fratello non è bisessuale nei suoi desideri, che sono chiaramente incentrati sull'amante. Suo fratello Alan, nella variazione congenita di fisico e volto all'interno della famiglia, ha un aspetto più virile di Steve e lo riconosce scherzosamente, senza vanità. – Come avrà fatto uno come te a portarsi via questa ragazza, che intruglio avrai preparato nel tuo laboratorio di vernici da mischiarle ai drink. -

- Preparava fuochi d'artificio per far saltare i piloni. – Adesso lei può dirlo ad alta voce, in compagnia di certe persone, è un titolo di onore.

– Mi ama per quello che sono. – Il motteggio diverte Steve.

Ma qui con Alan i discorsi di politica non vanno delicatamente evitati. L'amante, Tertius (che nome – solo gli afrikaner lo affibbierebbero a un bambino), è un giornalista considerato da molti della sua famiglia un traditore del volk. Ogni volta che il giornale accetta di pubblicare un'espressione qualsiasi della sua giubilante disamina del passato della sua gente con i suoi postumi nel presente – data la riconciliazione la stampa deve andarci cauta con la verità – provoca aggressive smentite da parte dei lettori.

Alan non aveva preso personalmente parte né alla Lotta né alle proteste poco rischiose dei progressisti che firmavano petizioni, a quei tempi. Come aveva detto una volta al fratello con il comodo fare liquidatorio che si appellava ai segreti dell'infanzia condivisa: – Θ già una Lotta dover affrontare gli attacchi contro i gay. Basta quello, è già abbastanza merda. – Eppure Steve sa che Alan condivideva la ripugnanza verso il regime che negava la realtà umana nel tempo e nel luogo a cui entrambi appartenevano per nascita. Una volta in cui aveva dovuto scomparire in fretta, era potuto andare da Alan, sicuro di trovare un posto in cui nascondersi per qualche giorno. Alan non aveva paura. Nulla di tutto questo veniva rivangato ora per rivendicare un cameratismo con Steve e la sua donna.

– Cosa ne pensate dell'erede diretto voi due che siete addentro? –

Steve prende posizione. – Per il momento Mbeki se la sta cavando. Tranne per il fatto incredibile – che si assuma la responsabilità di non credere che l'Aids è un virus. Nomina un ministro della Sanità che prescrive come cura patata africana e - com'è? – aglio e olio di oliva. Mandela ha dovuto affrontare il mattino-dopo, quando ci siamo tutti svegliati dopo la festa, LI-BER-Tΐ LI-BER-Tΐ LI-BER-Tΐ. Ma c'era l'euforia, c'erano tutte le possibilità entusiasmanti – come dire – l'assoluta garanzia di Mandela in persona mentre era lui il leader, c'era lui a cambiare le cose – quelle che si potevano cambiare immediatamente. Adesso è un'altra storia... Il governo deve prendere la pala e darci dentro là dove noi abbiamo usato il bulldozer per abbattere l'apartheid. Fino a quando saranno i bianchi a dominare l'economia? Chi tra il pugno di neri che sono riusciti a conquistare le conoscenze, il know-how qualificante, saprà veramente penetrare in quel potente cartello di nepotismo? Chi cambierà la gerarchia dei capi delle miniere – dall'alto? La gallina che fa ricco il paese – i neri, sono loro che continuano a fornire le uova d'oro, mentre i bianchi, grazie alla Anglo-American & Co., intascano i profitti sul mercato azionario. –

- I neri cominciano a diventare capiturno e capitani di miniera, un tempo erano solo bianchi. – Jabu, non a interrompere ma piuttosto abituata a discutere insieme per far luce.

– Sottoterra! A chilometri di profondità! Manager delle miniere? Niente Radibe o Sithole sulla poltrona di direttore, cara mia. – Jabu è una Gumede, o lo era prima di diventare socia nell'etichetta sulla casella di Glengrove Piace, Mr e Mrs S. Reed. L'accenno di un sorriso, non visto dagli occhi degli altri, diretto a lei. – Non mi interessano le promozioni a livello di pozzo, non ci sarà nessun vero cambiamento finché non ci sono dei neri a presiedere i consigli di amministrazione. Proprietari neri! Θ a questo che deve lavorare il ministro dell'Industria. E i sindacati si devono lavorare lui. -

- Nazionalizzazione delle miniere, andrà così. Chiedete ai sindacati -

- Manager delle miniere... assimilazione da parte della classe capitalista! – Tertius tira fuori una frase fatta o esprime il suo schieramento politico? Alan fa una risata privata insieme al suo uomo.

– Ma Stevie, cosa ne dici dello stile altisonante di Mbeki, cita poesie nei suoi discorsi, poeti inglesi, irlandesi, cosa diavolo c'entra Yeats con i minatori che smontano dal turno. -

- Già. Essere un intellettuale è sempre un errore per un presidente. L'Uomo del Popolo conosce gli slogan dei cortei, cita i padri della liberazione. Deve abituarsi a essere tutto un ok, ok, allora vuoi dire. Grande. Come se il modo in cui parliamo c'entrasse qualcosa con il mettere in atto una politica, con il cambiare le cose. -

- C'entra, c'entra! Il modo in cui concepisci il potere... è imitato dal modo in cui ti esprimi. -

- Madiba poteva – doveva concentrarsi sul paese all'interno dei suoi confini. Il caos lasciato dal vecchio regime, la cartina frammentata in cui la gente era rinchiusa, ghetti, location, Bantustan definiti Sviluppo Separato, Madiba si è occupato di quello che c'era da smantellare all'interno del paese. Allora la nostra identità non era un'impresa continentale, ok. Ma noi siamo il continente africano. Proprio come l'Europa non è la Germania, l'Italia, la Francia e così via, prese individualmente. Mbeki deve integrarci da un punto di vista concettuale se vogliamo arrivare a pesare nell'ordine del mondo. Considerarci, considerare il paese individualmente è l'altro retaggio, dai tempi in cui eravamo a pezzi proprietà dell'Europa. Il loro cortile. Bisogna riconoscere che Mbeki questo lo capisce. -

- La democrazia comincia in casa. Θ così che dice la gente. – Tertius fa ondeggiare la bottiglia di vino. Jabu copre il bicchiere con la mano. – Davvero no? Il Congo è la Repubblica democratica del Congo dagli anni sessanta e sono ancora lì a combattere gli uni contro gli altri a livello regionale. I buoni inizi di Mugabe nello Zimbabwe sono sfociati in una dittatura. Non possiamo far finta che altri stati vicini non siano in cattive acque o non ci stiano per finire e che noi non ne verremo coinvolti. –

La mano sollevata di Jabu si inclina. – Ci sono ragazze congolesi per strada vicino a dove abitavamo prima, quelle del posto si lamentano che gli portano via i clienti. -

- Tesoro, quella è sempre stata la prima forma di commercio internazionale. – Ma neanche Steve sa bene se la battuta è un'arguzia trita o esprime solidarietà contro una liberazione che non ha cambiato l'espediente ultimo per le donne: darsi al commercio che baratta l'accesso al proprio corpo con la sopravvivenza.

– Così siete di nuovo sul circuito dei pranzi domenicali. Oh oh. – Passando alla politica di famiglia. Alan si rivolge a Steve, anche se è girato a metà verso Jabu, fingendo nei suoi confronti una premura civettuola. – A me e a te devono riservare un posto a tavola. Θ la nuova democrazia, sì. Che non si estende più in là di così per quelli come noi. – Stringe il lobo di Tertius tra il pollice e l'indice. – Noi abbiamo ancora il tatuaggio che dice Checca a escluderci dagli abbracci camerateschi. Siamo stati picchiati da dei bulli una volta che ballavamo insieme in un night club, e il fratello di Tertius, ministro della chiesa olandese riformata, tuona di fronte alla sua congregazione sull'ira che Dio scaglia per amore contro il nostro amore – quello che non osa pronunciare il proprio nome. Eccoci... faccio citazioni pretenziose, come Mbeki. –

L'allusione a "un posto a tavola" non verrà riconosciuta dall'amante o dalla moglie del fratello, e forse neanche Steve la coglierà, la distanza rivoluzionaria lo allontana dal legame materno con l'ebraismo che è il motivo per cui tutti e tre loro, i fratelli, sono maschi circoncisi.

Il posto a tavola si prepara per il Sabbath, la cena del venerdì sera, per lo sconosciuto che il capofamiglia uscendo dalla sinagoga dopo il rito del Sabbath inviterà a casa a mangiare. Usanza antica, è un'origine densa di significato per la carità rispettosa della dignità. Alan aveva studiato le fedi religiose – compresa quella laica di suo fratello Steve. Questo prima di provare il buddhismo. Forse la "ricerca" non aveva a che fare con nessun dio ma con il suo bisogno adolescenziale di spiegarsi perché non correva dietro alle ragazze come tutti i suoi amici. Parallelamente leggeva poesie – e da lì aveva imparato a non discriminare contro quella che evidentemente era la poesia dell'ideologia politica; era la poesia a essergli sacra; perché mai Mbeki non doveva citare Yeats – versi, immagini rammentate che distillavano ciò a cui voleva appellarsi meglio di qualsiasi altra forma di espressione un politico potesse trovare. Se lui, Alan, avesse potuto scegliere, avrebbe scelto di essere un poeta piuttosto che un rivoluzionario; quella è la rivoluzione contro tutti i limiti dell'ordinario.

Fa il copywriter in un'agenzia pubblicitaria.

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Steve deve continuare a ricordarselo, a ripeterselo. Commercio d'armi, il più sporco del mondo. Il cliché veritiero. Non c'era stimolo, nella situazione di allora, né il tempo per pensarci quando l' Umkhonto doveva mettere le mani sulle armi da ovunque e da chiunque venissero. Non dalle potenze democratiche del mondo occidentale, impegnate a rifornire gli arsenali dell'apartheid, militari e finanziari.

– E allora cosa fai. –

Nel bush sapevi che cosa dovevi fare.

Si risponde da solo, in tono nuovo e sprezzante: Metti insieme una delegazione. Sì? Qui non si tratta dei tuoi problemi nelle aule di un'università dietro i cancelli di sicurezza, fratello. E non siamo nel campo di addestramento in Angola, pronti a combattere con a fianco i compagni cubani. Non c'è da applicare il codice, la morale della Lotta, rivisti per la tiritera di Pace-e-Libertà.

Da Peter Mkize, Jabu e Jake la domanda, l'affermazione – qualsiasi cosa sia – arriva esplicita. E allora cosa fai.

E ancora una volta lui si risponde da solo perché nessun altro vuole o sa farlo. – Ti unisci al coro dell'opposizione ipocrita, colpisci per il tuo retto tornaconto la corruzione nel governo, la corruzione a opera dell'Anc. –

Peter parla come se costretto al tradimento sotto interrogatorio. – Zuma era a capo dei servizi segreti nel bush. –

– E dieci anni sull'Isola! – Jabu tiene il calendario della resistenza armata.

L'eroismo ha un alone imperialistico, da non attribuire a un individuo quando ogni quadro era votato a qualsiasi cosa la Lotta esigesse; in termini di responsabilità, stoicismo, sofferenza.

Jake batte le nocche sul tavolo, schiacciando qualcosa. – Come è possibile credere che questi stessi compagni diventati leader abbiano dimenticato quello che erano, quello che hanno passato combattendo – in cambio di una libertà di tangenti, una libertà di danaro. –


E intanto forse accadeva in quella stessa sera di ottobre?

Non è solo il quartiere di ware boere a essersi trasformato in conformità alla correttezza politica come espressione di giustizia. Anche la zona di belle case – molte con finti dettagli architettonici dei vari paesi di provenienza dei proprietari – che un tempo era stata di proprietà di bianchi facoltosi ha subito un'invasione, se non una trasformazione. Laddove gli abitanti bianchi, alcuni proprietari da due, tre generazioni, hanno venduto la casa di famiglia per motivi di sicurezza e comprato un appartamento in un complesso residenziale cintato e in teoria isolato da furti e aggressioni, oppure hanno lasciato il paese per vivere senza essere dominati dal governo della maggioranza nera, non c'è più nessuna legge che impedisce a qualsiasi nero possa permetterselo di comprarsi una casa tanto lussuosa. A un isolato di distanza dalla casa in cui è cresciuto Steve, là dove è passato prima in triciclo e poi in bicicletta, il vicepresidente Jacob Zuma aveva scelto di comprare una casa tra le sue altre case sparse per il paese, per abitarci di tanto in tanto nello stile che gli si confaceva. Durante la settimana in cui l'attuale ex vicepresidente era stato destituito dal suo incarico di governo dal presidente Thabo Mbeki a seguito della dichiarazione del suo consulente finanziario Shaik che in tribunale lo aveva accusato di aver ricevuto tangenti da un commerciante di armi francese, Zuma era nella sua casa vicina alla vecchia casa di Steve. Una giovane donna, figlia di un compagno con cui aveva condiviso dieci anni a Robben Island, che secondo la rispettosa usanza africana gli si rivolge chiamandolo malume, zio, ha chiesto ospitalità o è stata invitata a dormire lì il sabato notte dopo una festa. Una storia confusa: tutti e due probabilmente mentono, hanno avuto un rapporto sessuale – l'unico fatto riconosciuto. Lei lo ha accusato di averla violentata. Lui, in questo processo che si è effettivamente tenuto dopo il rinvio da dicembre ad aprile, ha dichiarato che si è trattato di sesso consensuale. Zuma guidava il "Movimento di rigenerazione morale", un'iniziativa governativa per la prevenzione e la cura dell'Hiv/Aids. Ammette che sapeva che la donna era sieropositiva, non ha usato il preservativo; dopo si è fatto una doccia, ha detto, come misura preventiva post coitum per evitare l'infezione. Praticamente un invito a nozze per la stampa. Un vignettista gli ha creato una corona destinata sicuramente a restare per sempre la sua immagine regale: un pennacchio a forma di doccia che gli spruzza acqua sulla testa.

Θ oggetto di schiamazzi divertiti intorno alla piscina della chiesa nel Quartiere residenziale. I Delfini si godono questo ulteriore esempio di ipocrisia morale, in fatto di tangenti come di sesso. Un uomo che aveva ricoperto la seconda posizione di potere nel paese, vicepresidente, apparentemente impegnato nella lotta contro l'Hiv/Aids, dice alla popolazione maschile che una doccia con una bella insaponata al pene, dopo, è tutto quello che serve, nessuna necessità di farmaci antiretrovirali.

Jake non sa resistere. – E se poi scopri di aver contratto lo scolo incurabile, devi metterti a dieta di barbabietole, aglio e spinaci selvatici – ammesso che quelle verdure tradizionali si trovino al supermercato. –

Tutti ridono di nuovo davanti a quello che è diventato colloquialmente un impagabile sinonimo di assurdità, la cura naturale consigliata dal ministro della Sanità che rifiuta i farmaci antiretrovirali. L'altro processo, per corruzione nella fornitura di armi, è stato invece nuovamente rinviato (finirà dimenticato) tra le complicazioni legali di varie irregolarità.

Jabu è la persona più adatta per spiegare, comunicando le delucidazioni ottenute grazie all'accesso a menti legali esperte che la sua intelligenza le dà.

Marc si tuffa nella piscina e riemerge in un'esplosione di acqua e risate, genera una doccia scuotendo la testa rasata come vuole la moda. – Che trama fantastica! Che cast! Se solo potessi – Il drammaturgo, cogliendo una nuova svolta in un intreccio meraviglioso.

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Jabu ha preso accordi, è una sera. Ci sono Jonathan e Brenda, la figlia di Jonathan e Brenda Chantal che con l'esuberanza della madre abbraccia la cugina Sindiswa vista solo poche volte nel corso di un'infanzia ormai quasi completamente superata. E il figlio Ryan che studia Ingegneria in Inghilterra per ottenere una laurea che gli faciliterà trovare un posto di lavoro lì o in qualsiasi altro paese. Non ha aspettato di finire gli studi, si è sposato, la moglie gallese-inglese Fiona è con lui, così dopotutto Sindi non sarà damigella d'onore. Ryan parla con sicurezza della vita a Londra, si è assolutamente acclimatato – persino il suo inglese sudafricano ha perso naturalmente le sue vecchie inflessioni che vengono dal modo in cui la lingua è usata dalla Babele di cittadini, isiZulu, setswana, sepedi, isiXhosa, afrikaans – tutte le note che risuonano su e giù per lo spartito linguistico.

Sua moglie lavora in una galleria d'arte in Cork Street e il fratello di lei è primo violino in un'orchestra da camera che si esibisce in tutto il mondo. – Non ne so soltanto di sforzo e tensioni delle strutture ingegneristiche, non perdiamo mai una mostra sugli sviluppi dell'arte, i trend, i diversi concetti, quello che l'arte è, voglio dire, l'appropriarsi di nuove tecnologie come strumento così come un tempo i pennelli e poi naturalmente la musica – il fratello di Fiona una porta aperta ai concerti, tutto quello che di nuovo succede nel mondo della musica, fantastico, dal post-Stockhausen al post-Jackson. – E come tutto a un tratto ricordandosi gli interessi di Steve e della bellissima – sì, davvero – moglie nera: – E non sentiamo mai com'è che io ho tutte queste cose quando la gente qui vive nelle baracche ancora presa a calci – Arriccia il naso, e poi con uno scatto della testa scrolla via la situazione, com'è giusto in quella serata.

– E i musulmani in Inghilterra? – La voce gentile che Jabu usa per interrogare i testimoni.

– Be' ci sono, ci sono stati episodi sgradevoli, certo i teppisti che sfogano la frustrazione su chi ha un aspetto diverso dal loro non mancano mai. – Solleva le sopracciglia per chiarire che lui non è tra quelli.

L'Australia ha sterminato i suoi aborigeni. Quasi completamente. Così non c'è bisogno di sentirsi in colpa per i propri privilegi, lì. I pochi rimasti, i discendenti, sono per lo più esemplari rappresentativi, non hanno nessuna parte reale nella vita della nazione?

Steve non sente lo scambio che continua tra Ryan e Jabu.

Neanche Jonathan lo sente, gli sta dicendo: – Sto cercando il modo di finanziare l'acquisto di una casa per la giovane coppia a Londra o ovunque lui trovi lavoro, molto probabilmente in una delle grandi società edili — forse persino in un'amministrazione pubblica, come le chiamano, county. Il mio avvocato è alle prese con la scocciatura dei controlli, come ottenere il permesso di mandare dei soldi da qui, è consentito avere una proprietà all'estero, sai... oh, una possibilità soggetta a condizioni. Gli ispettori vanno a mettere il naso in ogni angolo delle tue finanze. Comunque. Ho degli amici che sanno come fare. —

Così il figlio non tornerà. A casa.

Come era chiaro quando Jonathan era venuto a chieder consiglio sulla facoltà di Ingegneria nell'università migliore per il figlio. Casa è un concetto trasferibile. Lo è sempre stato. Molto tempo prima, le tribù venute dal Nord equatoriale, gli olandesi al seguito delle esplorazioni della Dutch East India Company, i francesi con la loro vinicultura, i governatori coloniali inglesi, gli indiani portati a lavorare nelle piantagioni di zucchero dei bianchi, gli ingegneri minerari scozzesi, gli ebrei in fuga dal razzismo della Russia zarista e poi dalla persecuzione della Germania nazista, gli italiani che si erano invaghiti del paese durante il periodo trascorso qui come prigionieri di guerra, i greci portati da un'odissea lanciata dalla povertà — tutti questi e altri di lontane origini ne fecero la loro casa, questo Sudafrica. Senza riuscire a sterminare completamente gli africani san e khoi a cui era stata sottratta la patria d'origine.

Si può, trasformare casa di qualcun altro nella propria, ovunque. Θ la storia del genere umano. Ma è meno complicato se ci si è più o meno sbarazzati della popolazione indigena.

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