Autore Sabina Guzzanti
Titolo 2119. La disfatta dei sapiens
EdizioneHarperCollins, Milano, 2021 , pag. 400, cop.rig.sov., dim. 14,5x21,8x2,5 cm , Isbn 978-88-6905-826-4
LettoreCristina Lupo, 2021
Classe fantascienza









 

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Parte dell'essere disumano del computer dipende dal fatto che, una volta programmato e messo a punto a dovere, è assolutamente onesto.

Isaac Asimov


Impiegai anni a capire che avevo scelto di lavorare in ambiti disprezzati e marginali quali la fantascienza, il fantasy e la narrativa Young Adult proprio perché quei generi sfuggivano al controllo della critica, dell'ambiente accademico, a ciò che era considerato canonico, lasciando libera l'artista che era in me.

Ursula K. Le Guin


Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.

Henry David Thoreau , Walden ovvero Vita nei boschi




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Antefatto
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La diserzione



Helene Mauer, ingegnere informatico figlia di ingegneri informatici, esce furtiva da una porticina laterale di una struttura gigantesca e scialba. Sotto contratto con il Consorzio delle multinazionali del web fin da prima della sua nascita, Helene è alta e sinuosa, ha capelli biondi e occhi da gatta, e indossa un soprabito di pelle nera sotto cui nasconde qualcosa che tiene ben stretto.

Attraversa a passi rapidi il piazzale esterno del Centro Ricerche e, arrivata al posto di controllo all'uscita della recinzione, mostra le sue credenziali ai robot armati, che la salutano attivando la modalità cordiale.

Si dirige verso il parcheggio delle sfere, si guarda intorno e sceglie quella più distante dalle altre. Un rampicante ostruisce l'apertura del portellone e lei lo strappa. Il ramo cade a terra e con movimenti impercettibili comincia a adattarsi al suolo, mentre Helene in un attimo si infila nella sfera e vola via. Sotto di lei appare la scintillante Butterfly con le sue meravigliose architetture avveniristiche, le installazioni d'arte sul mare, i giardini verticali.

L'isola è tutto ciò che resta dell'India dopo l'innalzamento delle acque, ed è la sede del Consorzio delle multinazionali padrone del web, dei suoi centri di ricerca e del suo gigantesco database.

Helene avvicina le labbra all'orologio: «Trenta secondi e atterro».

La sfera si posa lieve nel porto secondario di Butterfly. Alla banchina l'aspetta un motoscafo. Helene salta a bordo. Un uomo con il volto coperto la accoglie e la invita a scendere nella stiva.

La barca sparisce nel buio, planando sull'acqua a gran velocità.

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La stampa libera



Dall'altra parte del mondo, nel grande stanzone che ospita la redazione di Holly, sullo schermo di un computer un video mostra in primo piano gli occhi gialli di un gatto. È l'incipit della nuova puntata di Gattomat, la rubrica più popolare del giornale. Tess, l'autrice, ha montato le immagini del reportage come in un film western, alternando le pupille del gatto a quelle dell'uomo bello ed elegante che lo vuole catturare. Nel video l'uomo si avvicina, nonostante l'animale emetta un ringhio sordo e minaccioso. Tess ha utilizzato lo slow motion per il momento in cui il gatto con una zampata fa sanguinare la mano dello sconosciuto e ha usato la sua voce per far parlare l'animale: «Stai al tuo posto, paguro!».

Il paguro in questione reagisce con un sorriso smagliante. Col dispositivo da polso, prima si cura il graffio facendolo scomparire in pochi secondi, poi scatta una foto al gatto che fugge e la trasmette al satellite.

C'è qualcosa di visibilmente artefatto nella mimica dell'uomo, che pare costruita su modello di qualche attore famoso. È un tipico paguro che ha speso fior di quattrini per installarsi in corpo un J-JREX, la nuova generazione di impianti biocibernetici prodotti dal Consorzio. Nelle opzioni si possono scegliere fino a sessanta sfumature di sorriso; si può assumere l'atteggiamento più seducente, ambiguo o esplicito senza sforzarsi di trovare la fiducia in se stessi. L'ultimo modello, J-JREX.X1, regola perfino la produzione ormonale. Può farti profumare di sesso con l'intensità che decidi tu.

Nel XXII secolo si può comprare davvero tutto. Tutto tranne la libertà. Il prezzo della perfezione è la rinuncia progressiva al libero arbitrio. Il nomignolo paguri con cui i dissidenti chiamano i Crem, la minoranza ultramiliardaria del pianeta, allude proprio a questo: i portatori di impianti sono come conchiglie vuote, abitate di volta in volta dai desideri pilotati dalle strategie di marketing del Consorzio.


Tess si sforza di trovare una frase efficace per la conclusione. Vorrebbe ispirare gli utenti, ma è di cattivo umore, piena di recriminazioni per come viene trattata al giornale. Il motivo del conflitto è sempre lo stesso: lei ritiene che il successo di Gattomat dipenda dal fatto che attraverso i gatti è sempre riuscita a tenere vivo il gusto della libertà, in un momento storico in cui ogni destino è predeterminato dalla nascita; mentre gli altri redattori - compreso Jonathan, suo compagno e padre di sua figlia - non le riconoscono un valore politico e attribuiscono invece la sua fortuna alla stupidità della gente.

La frustrazione fa si che nella sua testa si ripeta sempre lo stesso discorso che le impedisce di concentrarsi: Anche io come gli altri ho donato il mio patrimonio alla causa dell'informazione libera. Anche io ho rotto i legami con la mia dinastia subendo ricatti e vendette. Anche io mi sono rifiutata di innestarmi un impianto con tutto quello che comporta e non l'ho messo nemmeno a mia figlia, pure se l'impianto la libererebbe dalla dipendenza dal Borinion. Però quando si discute la strategia del giornale la mia opinione non conta nulla. Vogliono solo che attiri la gente nel sito, poi sono loro a insegnargli a pensare. Antropocentrici di merda.

Tess potrebbe infischiarsene della considerazione dei colleghi, essendo ormai una star del web, e invece si tormenta, perché lei, come i suoi compagni, è innanzitutto un'attivista.

Holly, la testata per cui lavora, è l'unico organo di informazione del pianeta concepito e scritto da esseri umani. È un punto di riferimento per tutti coloro che si oppongono alla manipolazione delle coscienze e alla progressiva trasformazione degli uomini in automi senza volontà critica, che appare sempre più inesorabile.

Da qualche tempo poi, il Consorzio ha lanciato in rete Alq, una nuova bestia tecnologica le cui capacità sono ancora in buona parte oscure. Presentato al pubblico come un algoritmo di nuova generazione, è evidente che in realtà sia un'intelligenza artificiale a tutti gli effetti. Un'intelligenza artificiale diffusa, senza corpo, che esiste solo nella rete. Una specie di cervello potentissimo ideato per soggiogare gradualmente il web divenendone l'unica volontà, pilotata dagli azionisti di maggioranza del Consorzio.

Il progetto Alq è stato salutato dal 99,9 per cento dei media del globo come una straordinaria innovazione che avrebbe fermato ogni deriva violenta della rete. Holly è stata l'unica voce dissidente.

«Tess, sei pronta?» le domanda Usserl, il grafico, seduto a qualche metro di distanza.

«Arrivo» risponde lei, e torna con la mente sul lavoro, fa un bel respiro e rivolge la webcam verso di sé. «I gatti sono a rischio di estinzione e con loro l'idea stessa di libertà.»

Si interrompe, non è troppo convinta. Riprova: «I gatti hanno personalità ben distinte, non ne trovi due che scodinzolino insieme...».

Cestina e registra ancora e ancora, mettendo l'accento una volta sull'indipendenza dei gatti, una volta sul fascino misterioso che esercitano sugli umani, una volta su tutto ciò che ci possono insegnare.

L'espressione del suo volto muta dalla dolcezza alla tenacia. Di origini persiane, mescolata con molte altre etnie, la bellezza di Tess colpisce per la sua originalità: testa a forma d'uovo, naso curvo e pieno, occhi grandi ben distanziati e bocca rosso scuro a forma di cuore. Quando appare in video è quasi ipnotica per quanto è aggraziata, ma il segreto del suo successo dipende soprattutto dal tema di cui è esperta: i gatti, che in rete sono più popolari che mai da quando nella realtà sono diventati una specie rara. Tess è stata avvantaggiata dalla fortuna di averne avuto uno, e molto speciale. Si chiamava Ulisse. Una malattia alle ossa lo aveva reso deforme, camminava barcollando e non poteva nemmeno masticare bene, ma aveva una voglia di vivere travolgente, tanto da diventare un esempio per milioni di persone in gravi difficoltà. Ulisse era vissuto più di sedici anni, superando ogni aspettativa, e la sua sepoltura era stata seguita in streaming in tutto il globo.

Tess si guarda intorno in cerca di ispirazione. Gli altri sono quasi tutti in piedi a chiacchierare del più e del meno. Segno che hanno già consegnato il loro pezzo.


La redazione di Holly è composta da una quindicina di ragazzi e ragazze fra redattori, grafici, inviati e amministratori. In un angolo della redazione è stato allestito anche uno spazio per i bambini, la cui presenza abbassa ulteriormente l'età media. Solo Janin, la direttrice, e il suo braccio destro Udo hanno superato la sessantina.

Janin è di origini curde, ha un volto pieno di rughe, occhi verdi magnetici, ed è vestita sempre alla maniera tradizionale: fazzoletto colorato in testa, maglione infilato nella gonna lunga, scarpe con la punta all'insù.

Udo invece è di origini tedesche, ha incontrato per la prima volta Janin su una sequoia, dove era salito anche lui giovanissimo per proteggerla dai bulldozer. Da quel giorno hanno combattuto insieme tutte le battaglie e oggi sono entrambi leggende viventi del giornalismo indipendente.

Da un paio d'ore Udo e Janin si sono appartati nella stanza della direzione e discutono animatamente sforzandosi di non alzare la voce.

«La legge parla chiaro» dice lei, «quello che abbiamo scritto è incontestabile, se ci condannassero si scatenerebbe una rivolta...»

«Può darsi, ma intanto il giornale chiuderebbe» replica Udo pieno d'angoscia.

«Non è possibile! Abbiamo fornito delle prove schiaccianti!» Janin scatta in piedi come se la sua indignazione potesse fare la differenza.

Qualcuno bussa, ma i due non ci fanno caso. Allora Ettore, un redattore grassottello e brufoloso, si decide a entrare senza permesso.

«Il video è pronto!» esclama quasi tremando dall'impazienza di mostrare il suo lavoro. «Ho avuto una soffiata su una coppia di paguri che esce dal castello tutti i giorni. Sono arrivato fino in Cile con il drone per filmarli!»

«Che fortuna! Bravo, Ettore» commenta Udo, sapendo che i paguri raramente mettono piede fuori dai loro feudi.

«Li ho registrati per giorni, finché non sono riuscito a beccarli durante l'aggiornamento.»

Ettore li precede alla propria scrivania, dove lo aspettano Jonathan e Mila, invitati pure loro alla visione. Poi avvia il filmato fremendo dall'emozione.

Appaiono un uomo e una donna che, ripresi da lontano, sembrano due formiche davanti alla famosa Mano del Desierto, la gigantesca scultura che raffigura una mano che spunta dal suolo arido di Atacama come se emergesse dalle viscere della Terra. Quando il drone di Ettore si avvicina, inquadra bene i due: sono belli ed eleganti, dai modi aristocratici, con una gestualità talmente fluida che sembrano danzare anziché parlare del più e del meno. Segno evidente che hanno innestato in corpo un J-JREX.

L'uomo, parlando come in una pubblicità, dice alla donna che ha voglia di mangiare un certo prodotto, sostenendo con fervore che fa bene alla salute e nutre anche l'anima. Lei lo guarda sognante e risponde che ha voglia esattamente della stessa cosa. Non ha finito di dirlo che si blocca, il suo sguardo diventa vitreo per qualche secondo. Quando pochi istanti dopo si rianima, il suo atteggiamento è completamente cambiato: parlando dello stesso prodotto, sostiene che si è scoperto che fa malissimo. Con una risata di scherno afferma di trovare sacrosanto che sia appena stato messo al bando. L'uomo replica che anche lui ha sempre pensato che fosse una porcheria, e su questa battuta il reportage finisce.

«Bel colpo! Complimenti» dice Janin con gli occhi che brillano.

«Una bomba, avevi ragione!» Jonathan, un bel ragazzo alto e forte, matematico prestato al giornalismo, con la pelle scura e una coda lunghissima di dreadlock, lo abbraccia.

«Voglio vedere questo come lo spiegano» commenta Udo.

«Per far cambiare idea così alla gente, altro che il 45 per cento... qui secondo me la manipolazione va oltre il 60.»

«Ma direi pure oltre l'80!» aggiunge Mila, una giovane biologa che collabora con Holly da un paio d'anni.


È difficile filmare il momento esatto in cui un soggetto viene condizionato, e il video di Ettore è la prova inconfutabile che il limite è stato superato.

A Holly non hanno dubbi che Alq sia stato realizzato in violazione dell'articolo terzo della Costituzione Federale, che stabilisce che la mente umana non può essere manipolata oltre il 45 per cento. Più volte il giornale ha raccolto milioni di firme chiedendo che il funzionamento di Alq venisse pubblicamente condiviso. La politica ha fatto finta di non sentire, mentre si sono sentiti, eccome, i legali del Consorzio, che per l'ennesima volta hanno querelato Holly. Le accuse sono pesantissime: vanno dalla cospirazione al terrorismo.

La sentenza si aspetta a giorni: le imputazioni sono pretestuose, ma la giustizia privatizzata è più arbitraria che mai. Anche se sono abituati a difendersi in tribunale, per la prima volta gli attivisti sentono di essere davvero in pericolo. Nessuno può permettersi di attaccare Alq, progetto su cui il Consorzio ha puntato tutto e da cui si aspetta profitti inimmaginabili.

«Questo farà agitare anche i paguri, vedrete...» commenta Janin guardando orgogliosa Ettore.

«Tessy, vieni a vedere anche tu! È incredibile!» grida Jonathan alla sua compagna, e nel voltarsi la massa di dreadlock colpisce il viso di Ettore.

«Ehi, sta' attento, sei pericoloso!»

«Quanto sei delicato! Se sono pericolosi i capelli questo come lo chiami?» Jonathan gli dà uno scappellotto, un po' per scherzo un po' per ricordargli che ha davanti la firma più autorevole della nuova generazione.

L'arrivo di Tess interrompe la scaramuccia. Ettore, segretamente innamorato di lei, la invita arrossendo a guardare il video. Dopo averlo visto anche Tess si complimenta.

«Ottimo lavoro, Ettore! Bravissimo!»

«Grazie, Tess» dice lui con le mani sudate.

«Non si sono nemmeno resi conto di aver cambiato idea...» continua lei con stima sincera. Poi aggiunge con un briciolo di frustrazione: «Anche io sono riuscita a filmare un paguro fuori dalla sua residenza, ma io mi occupo di gatti, non vale niente...».

«Ottima notizia. Il tuo servizio è pronto, quindi?» chiede Udo ignorando deliberatamente la sfumatura polemica nel tono della giovane.

«Sto sistemando il commento finale.»

«Non è il momento di fare i perfezionisti, siamo in guerra... Posso vederlo?»

Tess acconsente e lo accompagna alla sua scrivania, ma il suo malumore è tangibile.

Udo guarda il video senza troppa concentrazione e conclude che funziona anche con il commento che c'è già.

«La situazione si spiega da sola.»

«Ma è il commento che dà il senso politico ai gatti» protesta Tess.

«Purché sia pronto entro dieci minuti...» le concede Udo. «E già che ci rimetti le mani, evita per favore di chiamarli paguri. La tua rubrica la seguono anche loro, e la leggono pure i migranti ossequiosi del potere.»

«E il video di Ettore, allora?»

«Che c'entra? La tua rubrica serve a portarci il pubblico meno impegnato.»

«Vorresti dire il pubblico dei deficienti, di' la verità!»

Jonathan ha sentito che Tess sta alzando la voce e si avvicina.

«Che succede?»

«Non ti ci mettere anche tu» dice lei aggredendolo.

«La solita storia...» Udo lancia un'occhiata a Jonathan, che capisce al volo e lo lascia parlare.

«Dài, Tess, stiamo chiudendo il numero... Ti pare il momento?» dice il tedesco nel modo più conciliante possibile.

«Nessuna polemica, ma paguri non lo tolgo. Primo: ormai si chiamano così anche tra di loro. Secondo, terzo, quarto, quinto e sesto, per la centesima volta: LA MIA RUBRICA È POLITICA.» Le ultime parole le scandisce per bene.

Udo sorride. «Te lo abbiamo sempre riconosciuto, Tess. Se non fosse per i tuoi gatti, il motore di ricerca...»

Tess lo interrompe imitando il suo accento: «Confinereppe Holly nelle uldime pacine... Ma se mi seguono in tanti forse ci sarà anche un motivo, non può essere? Forse dovresti domandarti perché, e se non trovi una risposta forse il deficiente sei tu... Non può essere?».

«Tutto può essere...» Udo non abbocca alla provocazione, ma Jonathan interviene in sua difesa.

«Non ti pare di esagerare, Tessy? Non devi essere insicura, il tuo lavoro è importante...»

A questo punto lei si arrabbia davvero. «Io sono perfettamente consapevole dell'importanza del mio lavoro! Siete voi che pensate di essere avanti chissà quanto e invece siete ancora antropocentrici fino al midollo senza neanche accorgervene!»

«Su, Tess, non puoi dare dell'antropocentrico a me, dài... Tu non eri nemmeno nata quando abbiamo iniziato a fare questi discorsi...» dice Udo, che comincia a fare fatica a restare calmo.

Ma Tess, senza curarsi della disapprovazione che trapela dai due, si tuffa davanti alla webcam e registra la frase per concludere il video: «La diffusione dei gatti sul web è l'unico fenomeno che gli algoritmi non riescono a regolamentare. È come se i video, i meme e tutto quello che c'è in rete sui mici ne condividessero lo spirito di indipendenza. Cercano di catturarli per mettere un impianto anche a loro, dobbiamo proteggerli. I gatti trasmettono il seme della libertà».

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I paguri delle Ande



È raro che un paguro si interessi alle pubblicazioni di Holly, ma la notizia della fuga di tutta la redazione ha fatto scalpore anche fra i Crem. E così la coppia protagonista del video di Ettore si è riconosciuta.

In una residenza sontuosa alle pendici di El Muerto, sulla Cordigliera Andina, la parte del Cile che non è finita sott'acqua, il lui e la lei del video - Pedro e Jesusa Moreno Alcantes de Alicantes Ostrowsky Muñez - si guardano e si riguardano, compiaciuti di quanto siano venuti bene e del numero spropositato di visualizzazioni.

Sulle pareti, la smart house proietta immagini di applausi e di premiazioni sul podio, utilizzando foto del loro passato e accostandoli a personaggi storici importanti, da Mandela a Mengele, senza fare troppe distinzioni.

Contemporaneamente fioccano complimenti degli amici da tutto il pianeta. Messaggi tridimensionali di congratulazioni arrivano anche dal fuoco intelligente del camino e dai quadri parlanti. È un tripudio di celebrazione della coppia, all'apice della notorietà. Pedro e Jesusa ridono, si baciano e accennano persino qualche passo di danza, finché lei all'improvviso sbuffa e spegne tutto.

«È davvero terribile la popolarità, lo abbiamo sempre sentito dire, ma viverla è un'altra cosa, non credi, amore?»

«Si, per qualche minuto è divertente, ma non di più» la asseconda lui.

«Ti dispiace se disattiviamo un pochino l'impianto?»

«E perché, tesoro?» chiede Pedro sconcertato.

«Non so, vorrei provare a riflettere senza...»

Pedro è perplesso. L'impianto ha anche la funzione di preservare la lucidità dalle tempeste ormonali scatenate dalle emozioni. Si domanda piuttosto perché la moglie non la attivi.

«Non dirmi che ti sei fatta turbare dal video, Jesusa.»

«Ti prego, solo un attimo...» lo implora lei.

«E va bene, d'accordo, ma solo per qualche minuto, sennò mi viene l'ansia, lo sai...»

Disattivati gli impianti, si buttano sul divano. Il gatto di casa, percependo qualcosa di anomalo, va a nascondersi sotto un mobile.

«Pedro, pensi davvero che siamo manipolati?» gli chiede Jesusa guardandolo negli occhi.

«Avevo ragione, allora! È per il video! I giornalisti di Holly sono ricercati dalla polizia di tutto il mondo proprio perché hanno falsificato documenti importanti per destabilizzare l'Equilibrio Economico. Come puoi farti venire un dubbio del genere? Allora anche io e te ci saremmo sposati perché ce l'ha detto un algoritmo?»

«Adesso che c'entra come ci siamo incontrati? A ogni modo, è l'algoritmo che ha fatto il match...» azzarda lei timorosa.

«Ancora! Se non mi ami più dimmelo, ma smettila di insinuare che sia tutta una farsa! Per me non lo è, forse lo è per te!»

«Ma il nostro amore si alimenta di stimoli artificiali» vorrebbe dire Jesusa, che si trattiene per non scatenare un putiferio. A Pedro non piace parlare di quello che c'è dietro l'apparenza. Pensa si tratti di inutili elucubrazioni che ti consumano e basta. Anzi, a giudicare da quanto è teso, Jesusa pensa che le convenga scusarsi per evitare scenate. Lo abbraccia sforzandosi di essere affettuosa.

«Perdonami, vedere quella scena in cui ci contraddiciamo così repentinamente...»

«Lo so, sono subdoli e vigliacchi, spero che li trovino presto e li mettano sotto chiave.»

«Ma tu ricordi di aver detto quello che hai detto nel video?»

«Ma certo che no! E non me lo ricordo perché non è mai successo, è chiaro? È un falso!»

«Certo, certo, ma sembrava così vero.»

«L'unica cosa vera è la tua bellezza, sei molto fotogenica. Vieni qui, fatti baciare.»

Si baciano, ma nessuno dei due si sente a proprio agio. Si allontanano.

«Scusa, è che senza la connessione... non sono capace» si giustifica Jesusa.

«Per fortuna la connessione c'è» le risponde Pedro, che già non sopporta più di stare senza impianto.

Con un comando degli occhi lo riattiva, e lei fa lo stesso. Tornano a guardarsi e stavolta c'è tutta la chimica che ci vuole. Le labbra si avvicinano e non si staccano più.


Borboleta, il feudo dove vivono i Morena, è governato da cinque famiglie associate per rafforzare il patrimonio. El Muerto, la montagna che li ospita e li protegge, è alta più di seimila metri. A cinquanta chilometri, nel rispetto delle distanze di legge, c'è un Agglomerato, un popoloso campo di accoglienza composto essenzialmente da migranti nordamericani dell'East Coast fuggiti dallo tsunami che distrusse New York. Con il tempo, a loro si sono uniti i superstiti dei grandi incendi, dei terremoti, delle piogge acide e delle epidemie che avevano flagellato lo stesso lato della costa.

Da bravi newyorkesi, i migranti non hanno perso l'abitudine a informarsi e il numero pubblicato da Holly prima della fuga ha colpito molto la comunità. Hilary, un'attivista che cerca da sempre di fomentare la rivolta tra i suoi compagni rassegnati, ha addirittura organizzato una lettura pubblica del numero e un dibattito a seguire.

Questa volta il fatto che Holly si sia interessata ai Moreno, signori del loro feudo, ha portato sotto il tendone un sacco di gente. Mancano solo i soliti ignavi, troppo spaventati dall'eventualità di essere accusati di tradimento.

«Non so quanti di voi hanno letto l'articolo di Jonathan» dice Hilary, che in risposta ottiene un brusio incerto.

«Il pezzo spiega chiaramente che il Consorzio manipola i Crem attraverso gli impianti e noi disgraziati attraverso i social. La manipolazione riguarda anche noi!»

«Io vado sui social quando lo decido io» protesta uno tra il pubblico.

«Ne abbiamo parlato tante volte» risponde Hilary. «I social creano dipendenza attraverso la dopamina, stimolata dalle gratificazioni fittizie di cuoricini e crediti. In questo modo il Consorzio succhia i nostri dati arricchendosi e rendendo noi sempre più deboli.»

«L'abbiamo sentito mille volte questo discorso, Hilary» dice un tizio. «I social fanno parte della nostra vita, è anacronistico pensare di farne a meno.»

«Dovremmo buttare via i crediti e i follower, con tutto quello che ci è costato procurarceli?» grida una donna.

«Io oggi ne ho guadagnati nove» dice una bambina bionda tutta felice.

Demoralizzata, Hilary desiste e passa all'argomento successivo: il caso ha voluto che il numero di Holly sia uscito proprio nel giorno dell'anniversario dello tsunami di New York, e sono in tanti sotto il tendone anche per ricordare insieme la tragedia.

Hilary cede il centro del palco a un uomo anziano cui è toccato il discorso di rito, che si svolge identico da diversi lustri. L'uomo non è un grande oratore e per giunta legge. Nessuno ascolta veramente quello che dice se non verso la fine del discorso, quando il vecchio ricorda la fase successiva al periodo delle Grandi Catastrofi, il ventennio in cui i Crem, barricati nelle loro residenze, avevano ordinato di sparare sulla folla di profughi affamati. L'uomo rievoca le scene dei mucchi di cadaveri accatastati all'esterno dei feudi e abbandonati sotto il sole. Ricorda alla folla silente i volti scheletriti dei sopravvissuti, la pena dei bambini e dei nonni. Le torture inflitte dalla miseria.

Finita la cerimonia, i migranti si disperdono e Hilary si trattiene con il gruppo di attivisti più convinti.

«Che vi è sembrato?» domanda agli altri.

«Io mi aspettavo una reazione più forte» dice uno.

«Anche io ci speravo» mormora Hilary delusa.


Nel palazzo dei Moreno, Jesusa si tormenta. Il dubbio ormai si è insinuato e non le dà pace. Potrebbe cambiare il settaggio del J-JREX.X1 per avere in circolazione più serotonina, ma per qualche ragione non lo fa. Anzi, appena si accorge che Pedro, seduto all'altro capo del salone gigantesco, indossa gli occhiali per immergersi nel mondo virtuale, di nascosto disattiva di nuovo l'impianto, si siede a una grande scrivania di madreperla verde pastello, accende uno schermo e si mette a frugare tra i numeri arretrati di Holly.

Nell'archivio cerca le immagini del periodo delle Grandi Catastrofi: lo scioglimento dell'Antartide e la sommersione di mezza Africa e buona parte dell'India, la caduta di Lisbona, la lenta, struggente scomparsa di Venezia... Naviga fra immagini di milioni di cadaveri, di bambini che urlano, esplosioni, carovane lunghissime di miserabili in fuga. Di cieli neri di fumo, di incendi e di fosse comuni.

Jesusa ha frequentato ottime scuole e la storia la conosce, ma ora senza la protezione dell'impianto è vulnerabile alla disperazione a cui assiste.

Si gira e guarda il marito inerte, il cui spirito si incarna in chissà quale avatar di chissà quale ambiente virtuale. Non avendo nessun altro con cui confidarsi, si decide ad attraversare il salone per parlargli.

La distanza è consistente e quando arriva ha un po' di affanno. Si inginocchia vicino all'amaca in pelle su cui Pedro è sdraiato e delicatamente gli toglie gli occhiali, riportandolo al presente.

Lui si stranisce e protesta. Lei gli chiude la bocca con una mano, poi con dolcezza gli chiede: «Lo sai che giorno è oggi?».

«No, che giorno è?» chiede lui seccato.

«È l'anniversario dello tsunami di New York.»

«E allora?»

«Niente, pensavo che forse sarebbe opportuno celebrarlo. Dopotutto è una tragedia che ha sconvolto tutto il mondo e riguarda da vicino i duecentomila migranti che vivono a pochi chilometri da noi. Un segno di solidarietà e di pace, che ne dici?»

«Ma come ti viene in mente?» risponde Pedro sgarbato. «Non basta che li manteniamo? E cosa importa a noi, di New York? Abbiamo già le nostre Catastrofi a cui pensare...» Poi la scruta corrucciato. «Jesusa, non dirmi che hai ridisattivato l'impianto!»

«No, te lo giuro» balbetta lei.

«Bugiarda. A ogni modo, fai come ti pare ma lasciami in pace.» Pedro le strappa gli occhiali dalle mani e si reimmerge nel suo sogno virtuale.

Con disappunto ma determinata a resistere, Jesusa ritorna alla sua postazione. La sala è così grande che il contapassi le segnala di aver raggiunto l'obiettivo giornaliero con un jingle che all'improvviso le sembra insopportabile. Se lo strappa dal polso, lo butta in un buco nero in un angolo della scrivania e torna a concentrarsi sulla lettura.

Crem è l'acronimo di Certificated Rich Endless Member e si pronuncia alla francese. Avere un buon accento francese è ancora considerato un segno di distinzione, nonostante í pochi francesi sopravvissuti vivano come profughi in condizioni piuttosto umilianti. La decisione di chiamarsi Crem venne presa nel famoso Consiglio del '66...

Jesusa salta qualche paragrafo, trattandosi di nozioni per lei arcinote.

... Nella seconda metà degli anni Sessanta, dopo che c'erano stati sei miliardi di morti, l'appello di un gruppo di scienziati convinse i Crem a cambiare strategia. Non avrebbero più sparato su chi cercava rifugio, avrebbero invece permesso ai migranti di costruirsi degli slum o di occupare le città abbandonate in prossimità dei loro feudi. Ogni tentativo di avvicinamento entro cinquanta chilometri dalle residenze Crem sarebbe stato fermato con le armi. I Crem, in segno di solidarietà, avrebbero sovvenzionato i sopravvissuti con cibo sintetico e un minimo di sanità e istruzione garantite.

Fin qui è tutto noto anche a Jesusa. Holly però era riuscito a documentare che il Consiglio dei Ministri del '66, quello in cui erano state stabilite le nuove regole dell'Equilibrio, era in realtà stato pilotato dal Consorzio. Dietro l'apparente gesto umanitario si nascondeva la necessità di accumulare ancora dati fondamentali per gli studi sul cervello umano, da cui dipendevano quelli sulle intelligenze artificiali avanzate. Se lo sterminio fosse proseguito a quel ritmo, sarebbe presto mancata la materia prima per le ricerche. I dati dei cento milioni di Crem, i soli che sarebbero sopravvissuti, non erano statisticamente rilevanti.

Jesusa passa poi a leggere un articolo di Janin che ricostruisce la campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica lanciata all'epoca dal Consorzio. Gli esperti di marketing per l'occasione avevano riesumato un vecchio slogan degli anni Venti: Aiutiamoli a casa loro. Le nuove regole stabilivano che i migranti avevano sì diritto a fuggire per sopravvivere, ma una volta raggiunto un Agglomerato non potevano più spostarsi, pena la morte. In cambio delle sovvenzioni rinunciavano inoltre al diritto di avviare una propria produzione, perché avrebbe turbato l'Equilibrio Economico.

I migranti vengono tenuti in vita come cavie, con il cibo sintetico che li rimbecillisce e li fa ammalare, continua l'articolo. Gli Agglomerati hanno preso il posto degli spietati allevamenti intensivi del secolo scorso. Non ci nutriamo della carne dei migranti, ma di tutta la loro energia, conclude Janin, e Jesusa percepisce con orrore l'intollerabile violenza esercitata dalla classe a cui appartiene.

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Misticismo e contrattempi



A Flutur l'uragano è passato. Il mare ora è una tavola, e i più forzuti di Holly stanno issando l'insegna sul tetto. Janin gesticola e dà indicazioni perché venga messa bene al centro.

Tess è nei campi a caccia di asparagi per la cena. Ettore le ha indicato un posto, vicino alla costa, dove ce ne sono moltissimi. In paese ha trovato dell'olio d'oliva e due limoni che con gli asparagi stanno benissimo. Il contatto con la natura e un venticello rinfrescante la mettono in uno stato d'animo rilassato e pieno di gratitudine.

Manca poco al tramonto e le viene voglia di fare un bagno di luce dorata. In piedi, guardando il mare, le viene naturale mettersi a respirare come le ha insegnato Quotto, in quello strano incontro nel casale abbandonato. Inspira ed espira per qualche minuto a occhi chiusi, e quando li riapre nota un'agave particolarmente maestosa a qualche metro di distanza. In controluce, lo stelo altissimo e leggermente curvo sembra un colpo di pennello che unisce la terra al cielo. La corona di foglie alla base, così grandi e appuntite, fa pensare a un mondo preistorico. Nel contemplare la pianta Tess sente quasi di sprofondarci dentro e a un certo punto le pare addirittura che l'agave cominci a parlare.

Come un lampo senza luce, come un tuffo senza caduta Tess vive di nuovo un'esperienza fuori dall'ordinario. «Andrà tutto bene...» Questo è il messaggio se deve tradurlo in parole, ma lei sente che c'è molto di più: una specie di insegnamento sulla vita, svanito nel momento stesso in cui si è manifestato. Che sia un'altra profezia? Che l'agave sia un oracolo, o la guardiana di una porta, come nelle parabole esoteriche? Il cuore di Tess batte veloce nel petto. Si guarda intorno, si sente forte e lucida e ha la percezione che qualcosa di enorme, nel bene o nel male, stia per accadere...

«Il Borinion!» A un tratto le viene in mente che Quotto non ha ancora mantenuto la promessa.

La sensazione di pace profonda scompare, sostituita da una determinazione altrettanto profonda a scendere nella cava per prendersi il farmaco. La casa diroccata da cui si accede al laboratorio non è lontana. La raggiunge a passi veloci, scende senza timore dalla scala che costeggia la parete, prende una torcia dalla nicchia ed entra in uno dei tunnel sperando che sia quello giusto. Dopo un po' che cammina comincia ad avere dei dubbi: dovrebbe essere già arrivata al corridoio col soffitto basso, ma non lo trova. La torcia disegna sui muri il movimento dei suoi pensieri agitati.

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«È ora che voi giovani prendiate il timone, io non posso più rendermi utile» insiste lui, rigido nell'abbraccio.

«Invece abbiamo proprio bisogno di te: sono venuta a chiamarti perché Usserl ha trovato un antico strumento per stampare e molta carta! Janin dice che solo tu puoi farlo funzionare.»

Udo si incuriosisce: «Che strumento?».

«Un cincospile o qualcosa del genere...»

«Un ciclostile! Davvero? Hanno trovato un ciclostile? Ma non è possibile!»

«Vieni a vedere coi tuoi occhi.»

Udo, emozionato, dimentica ogni turbamento e la segue a passi veloci.

Il reperto di archeologia della comunicazione è ben conservato e lui gli si avvicina tremante mormorando parole che capisce solo Janin: Minima Moralia, McLuhan, Black Panther... Sfiora con le dita lo strumento leggendario, protagonista di tante battaglie del passato. «Sembra nuovo!» dice commosso.

Poi guarda Janin, l'unica che ne comprende il valore simbolico. «È un segno, non credi?»

«Direi di si» risponde lei commossa a sua volta. «Udo, dobbiamo stampare un volantino e distribuirlo in tutti gli Agglomerati. Informeremo i migranti della possibilità di avere un motore di ricerca libero e indipendente. Dobbiamo convincerli a non passare più per il Consorzio. Se andremo io e te insieme ci ascolteranno...»

«Siete due leggende viventi» ribadisce Tess. «Nessuno dubiterà delle vostre parole.»

«Dobbiamo pensare a cosa scrivere sul volantino» dice Solongo, e Udo comincia a parlare impetuoso come se avesse vent'anni.

«Scriviamo che il web d'ora in poi sarà libero! Che i dati personali non sono in vendita! Ci saranno motori di ricerca pubblici, social pubblici... mai più sarà permesso di manipolare le coscienze a scopo di lucro! Le comunità si autodetermineranno e la Costituzione stabilirà diritti uguali per tutti e norme ferree sull'impatto ambientale. Ci dedicheremo alla ricostruzione del sapere perduto. Raccoglieremo le memorie, faremo una nuova enciclopedia. E impediremo che il Consorzio torni a fare di noi merce di scambio!»

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