Copertina
Autore Renée Hamon
Titolo Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi
EdizioneVoland, Roma, 2008, Confini 18 , pag. 216, cop.fle., dim. 14,5x20,6x1,3 cm , Isbn 978-88-6243-002-9
OriginaleAux Iles de lumière. Tahiti-Tuamotou-Marquises
TraduttoreAnnalisa Comes
LettoreFlo Bertelli, 2008
Classe viaggi , mare
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Indice


Ritratto di Renée Hamon di Colette                   5

Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi

I   Pettegolezzi su un cargo                         9


II  Tahiti scalo di lusso                           17

    Sguardi sulla città                             17
    Distretti                                       21
    Spleen e beatitudine                            35
    Le Figlie del Piacere                           45
    Corydon alle isole                              59
    Tinito                                          63
    Piogge                                          72


III Sottovento                                      79


IV  Nell'Arcipelago degli uomini senza paura       103

    Fakarava, "la valle della perla verde"         107
    Anaa, "la stella del mare"                     117
    Litigio su un atollo                           128
    Filosofia di un Tefau                          135


V   Alle isole della morte lenta                   147
    Hiva Oa, rifugio degli ultimi tatuati          151
    Nuvole sul vescovado                           154
    Gli amici del Solitario                        157
    Cannibali convertiti                           169
    Fatu Hiva, cerniera dell'Arcipelago            169
    Nuku Hiva, feudo dei nono                      175
    Oasi nella boscaglia                           181
    E tiohi te hetu i te meama?
    (La stella va in soccorso della luna?)         183


VI  Ohipa farani                                   187


VII Serenità delle isole                           193


    Postfazione                                    195

    Peregrinazioni di un reporter vagabondo        195
    Un'amicizia speciale                           199

    Glossario                                      205

    Note della traduttrice                         211



 

 

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Pagina 35

Spleen e beatitudine


Se non fosse venuto Loti...

Ma è venuto!

E dopo di lui, affascinanti utopisti che a loro volta hanno tessuto un velo di illusioni su questa seducente Tahiti. Chi di loro sconfessò Loti?


Non accorderò anch'io la mia chitarra...

Ma ho viaggiato per il mondo in lungo e in largo: bighellonato, una sera di luna, nella boscaglia delle Ebridi, raccolto le pallide orchidee della giungla di Angkor. Ho respirato i giardini profumati di Peradeniya, dove cantano i bonzi cingalesi avvolti in mussola d'oro...

E non ho mai, mai incontrato una terra così armoniosa come Tahiti, un cielo più sereno, albe più lattiginose, notti più luminose e cariche di stelle così basse...

Eppure perché dopo tanti sogni in riva alla laguna, ho avuto improvvisamente il desiderio di ripartire? Di lasciare quest'isola che mi apparve — il tempo di una luna — il paradiso in terra?

Perché in realtà non esiste per il Bianco un ritorno alla vita primitiva... Porta con sé troppe leggi, e soprattutto abitudini. È capace di abbandonare impunemente tutto quello che fu fino ad allora la sua ragion d'essere? Sottrarsi senza vergogna al suo passato? E vivere a Tahiti, senza l'idea del ritorno?

Non ci credo.

Ho visto troppi relitti... Di painu mai, come dice Oia.


Arrivando a Tahiti il painu mai ha fatto come gli altri...

Sedotto dalla grazia dell'isola costruisce la sua capanna in un ridente distretto, sceglie una graziosa vahine.

All'alba pesca nella laguna, raccoglie i soavi frutti della vallata, ascolta i canti melodiosi.

È felice.

Crede...

Ma la sua felicità è limitata al conto in banca... Le piccole Rarahu adorano la baldoria, fare il giro dell'isola in Buick, i vestiti di Frisco e il punch che inebria.

Ha uno scatto e vuole lavorare.

Ma l'uomo di Canton è padrone del commercio...

E il colono che si è ammazzato di fatica non gli cederà un acro della sua vallata senza denaro contante.

Scoraggiato, il painu mai sprofonda, si decompone.

Il calore, l'umidità, la tensione elettrica dell'atmosfera influiscono sul suo cervello di Bianco. Non resiste più.

È perduto.


Tahiti, scalo meraviglioso... Scalo di lusso.

Per conservare il proprio standing ha bisogno di parecchio denaro.

Meno che in Europa, certo. Ma a Tahiti il burro come il tabacco — e tutto quello di cui un Bianco non saprebbe fare a meno — si compra a suon di dollari...

— Ho retto il colpo — mi diceva un colono — perché sono sempre riuscito a pagarmi mezzo litro di vino.

— Tahiti, l'unico angolo della terra dove non si crepa di fame — diceva un altro. — Ma quello che non trovo nella vallata, devo comprarlo dai cinesi. E non mi fanno credito a lungo!


Terra Promessa... Terra dell'impossibile.

Il Bianco che non ha 'moni', per i maori perde tutto il suo prestigio di civilizzato.


***



All'ombra dei manghi, tropicalizzati e decivilizzati, talvolta brontolano. Eppure nessuno vorrebbe reimbarcarsi...


Nel mio distretto dove tutto l'anno fioriscono oleandri e gigli di Cana, spesso incontro un gentiluomo a cavallo.

Lungo, magro e grinzoso, Van Houden somiglia in modo sorprendente a Don Chisciotte.

Ebbe facilmente tutte le dulcinee del porto: vahine di fuochisti e di cinesi. Una gli lasciò anche un ricordino indelebile. Riconoscente, lui la sposò...

Madame Van Houden (nata Iapo a Tetua) ha vent'anni, un corpo androgino e capelli lisci. Come regalo di nozze Don Chisciotte le offrì una splendida dentiera.

— Io — dice Tacob Aaron — sono più prudente. Non prendo mai una vahine senza denti!

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Pagina 42

Dalla mia veranda tutte le sere vedevo un fuoco di posizione che si accendeva sulla cima dell'albero maestro della Florina, ormeggiata nella laguna.

Curiosa di conoscere il proprietario, prendo la mia piroga e faccio il giro del veliero. Nessun marinaio sul ponte. La catena dell'àncora è arrugginita, lo scafo in stato pietoso.

– Ehi, della barca!

Un vecchietto buffo con le gambe corte, il viso incorniciato da una folta barba, accorre sul parapetto.

– Che vuole da me?

– Niente di male, Capitano! Si può salire?

Esita un secondo, poi mi lancia una scala di corda.

Simpatizziamo subito.

Il viso del capitano John è un cocktail di tre celebrità:

Giorgio V, Charcot e Poiret. Quando indossa il cappello da yachtman somiglia soprattutto a Giorgio V.

– Non è la prima a farmelo notare. Un giorno entrando in un negozietto a Honolulu, la commessa mi osserva poi mi attira nel retrobottega dov'è appeso un ritratto del re. Me lo mostra, fa un'elegante riverenza e mormora tutta tremante: Sire!

Il capitano John conosce il suo Pacifico in lungo e in largo. Ha doppiato Capo Horn tre volte, ma nelle Tuamotu ha evitato per poco la coda di un ciclone.

— Era fra gli atolli Fakarava e Raraka. Che notte! Ero solo al timone, il mio marinaio era caduto in mare. I lampi mi accecavano, il tuono cadde diretto contro l'albero maestro. My God, che paura!


Su di lui circolano diverse voci. Dicono che è uno dei Fratelli della Costa, un beach-comber, un negriero della peggiore specie. La verità è tutt'altra.

Il capitano John me l'ha raccontata una sera malinconica...

A Sidney il capitano John si innamora di una prosperosa australiana dai capelli di brace. Per convincerla a seguirlo fa costruire uno schooner, una piccola goletta che battezza col nome della sua bella: Florina.

Per un anno navigano dalle Hawaii alle Figi, da Samoa all'isola di Pasqua. A Valparaíso la bellezza scompare con i soldi, lasciando al capitano il piccolo Dick.

– Dick all'epoca aveva solo tre mesi. Adesso ha sette anni.

Lo sente? Mi chiama, ha fame. It is feeding time...

Scendiamo nel quadrato alla ricerca di Dick.

Il capitano John stacca dal soffitto una gabbia dorata, la depone sulla tavola, prende il canarino fra le sue grosse mani villose, lo accarezza, gli sussurra piccole sciocchezze.

– È tutto quello che mi resta di Florina!

Sono arrivato a Tahiti e non ho più la minima voglia di navigare. D'altronde, Dick ora ha il mal di mare. La ruggine rode la mia boat, lo scafo è bucato. Un giorno o l'altro affonderà e io con lui. Il più presto possibile...


Nella cabina ho visto, appesa a un attaccapanni, una gonna di seta verde sbiadita...

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Pagina 77

È cessata come era venuta. Improvvisamente.

In una giornata il sole caldo si è bevuto tutta la pioggia. E il mio distretto ritrova la serenità, i canti e i rumori familiari.

Oia riprende il suo arpione.

Mau stende la biancheria.

Lapo e Tetua accordano la chitarra.

Don Chisciotte strofina il suo cavallo pezzato.

Arrivate dalla montagna, le peretei, le cicale verdi, strofinano le loro ali diafane contro le pareti della mia capanna e i riorio intonano il loro canto lamentoso.

Sulla laguna sfilano le piroghe.

Con tutte le vele spiegate, una goletta supera il passaggio. È la Moana che se ne va verso le lontane Marchesi.


Consultiamo la carta dell'Arcipelago.


Quante isole dai nomi musicali!

Ecco le Sottovento:

Huahine, "il relitto dei Flutti".

Raiatea la Sacra.

Tahaa sua sorella gemella.

Bora Bora, "l'illustre vallata".

E più a ovest, Maupiti.


Arrivederci, Tahiti!

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Pagina 79

III
SOTTOVENTO




                    Cinque lune brillavano sopra il grande Oceano.
                                    Gioivano di pericolosi poteri.
                       Irato per la loro attività maligna, Taaroa,
                   il grande dio, congiurò contro di loro. Colpite
                         da terremoti, le Lune emisero delle grida
                        che echeggiarono nell'immensità, e caddero
                              con un fragore di tuono nell'Oceano.
                                  Erano nate cinque nuove isole...



Lungo il molo, i popa'a di Papeete osservano i piccoli velieri pronti a virare. Fanno foto e restano a terra.

Questi 'gusci di copra' sono buoni per gli indigeni.


I popa'a non conosceranno mai l'ebbrezza del mare!

Non sentiranno mai né lo sciabordio dell'onda sulla prua, né il canto dell'aliseo fra la velatura.

Non vedranno mai apparire le misteriose isole di corallo nell'alba lattiginosa. Ne lo svanire, al crepuscolo, del fuggitivo raggio verde...


Con un cappellino da yachtman e vestiti inamidati, i popa'a di Papeete fanno ìl loro giretto sul molo.


***



A cavalcioni sui sacchi di copra, Marere, Tetua e Tioti chiacchierano animatamente.

— Io — dice Marere — sono fiu di Tahiti. Ho bevuto troppo rum, ritorno all'atollo. Il cutter di Kaukura parte questa notte.

— Io — dice Tetua — ho cantato troppo con le vahine, mi hanno rotto la chitarra. Rientro a Rurutu. La grande vela del Manureva è nuova, ci metteremo sette giorni.

— Io — dice Tioti — voglio vedere il paese. La potii Raiatea se ne va alle Sottovento, ho dei feti'i laggiù.

— Parto con te, Tioti. I tuoi feti'i saranno i miei.

— Ok. Vita vahine, ma non ti dimenticare il vino!

Il tempo di comprare qualche bottiglia dai cinesi, di arrotolare in un pareo una coperta e un paio di shorts di ricambio, sono pronta.

In Oceania il pareo è la valigia del maori...

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Pagina 147

V
ALLE ISOLE DELLA MORTE LENTA



— Passi alle Tuamotu — decretano i faccendieri. — Ma andare alle Marchesi per vedere dei tizi che crepano e per farsi mangiare dai nono, bisogna essere pazzi!

— Non ascoltare gli hupipi, Vahine — dice Théodore, il sottufficiale della Tereora. — Che andrebbero a fare dai selvaggi? Non ci sono strade, auto, negozi. Ma i tramonti sulle nostre falesie sono belli come quelli di Tahiti! Parto domani. Mettiti d'accordo con Winnie. È un tipo perbene. Ti porterà a spasso per l'Arcipelago.


In quale luogo incontrare Winnie Brander se non al Bougainville, dove fra una virata e l'altra sorseggia forti punch?

Massiccio, i capelli bianchi, il volto disseccato dagli spruzzi d'acqua di mare e dal sole dei Tropici, il vecchio capitano scuote la testa:

— Ragazza mia, alle Marchesi non ci va chi vuole! La mia barca rolla e beccheggia. Le mareggiate sul mio cammino sono sempre gonfie di vento. L'acqua dolce non è fatta per lavarsi, e i viveri freschi durano solo quattro giorni.

Ma se è proprio quello che vuole, si imbarchi con noi...


***



Scoperte dallo spagnolo Mendána che, per ordine del Marchese di Mendoza, andava alla ricerca delle Salomone, furono battezzate Islas Marquesas, in omaggio alla bella moglie del Viceré del Perù.

Le visitarono a loro volta Cook, Marchand, Krusenstern e Dupetit-Thouars, offrendo rispettivamente, ai selvaggi che le popolavano, dei piccoli doni:

Lo spagnolo aveva portato la sifilide e il maiale...

L'inglese diede loro il cane.

Il russo la capra.

I francesi, facendo sbarcare un cavallo, finirono per spaventarli del tutto.

Oggi, preziosissimo 'arnese' del marchesano, questo animale è Tabù...


Un tempo, dice la leggenda, le isole Marchesi erano una sola.

Era la grande Casa, quella di Atanua, il grande dio.

Tupa, l'Ercole, era il costruttore dei picchi giganti e degli obelischi che sovrastano le vallate. Lavorava solo nelle tenebre e quando appariva l'alba gettava alla rinfusa le rocce che teneva ancora fra le mani...

Un giorno di luna una mano nemica accese il fuoco nella grande Casa.

Le isole si separarono e presero i nomi di Hiva Oa, Tahuata e Fatu Hiva; Ua Huka, Ua Pou e Nuku Hiva.

Terre vulcaniche scolpite da ripide falesie, piene di alberi da frutta, popolate dai figli della grande famiglia maori, le Marchesi, oggi, muoiono lentamente...

— Fenua mate... La mia terra muore e noi con lei! — mormora Théodore.

I popa'a hanno reso Tabù tutta quella che era la nostra vita!

Tabù battere il tamburo...

Tabù far seccare i nostri morti al sole.

Tabù tatuarsi.

Tabù portare delle corone...

Tutto è Tabù: i canti, le danze, le risate. Ci rimane solo il namu, l'alcol di cocco che distilliamo di nascosto in fondo alle vallate...

Credi che io ti racconti bugie, Vahine?

Quando vedrai quello che resta di noi, comprenderai...

Winnie Brander non aveva esagerato.

Dalla partenza che tempo da lupi!

Pioggia, vento, burrasche, non ci è stato risparmiato niente.

Ieri la boma è crollata sul casseretto, poco ci mancava e saremmo stati accoppati. Oggi, i ferri del bompresso hanno ceduto e la vela di trinchetto si è strappata sotto una raffica.

Eppure né il calore né le zaffate di copra fermentata alterano il nostro buon umore. Siamo rinchiusi nel quadrato dove rotolano alla rinfusa brocche, catini, cipolle, patate.

Théodore misura le aune di percalle, conta le scatole di salmone.

Maki apre una bottiglietta di rum e il capitano Winnie ci prepara uno di quei punch di cui conserva il segreto.

Da vent'anni scorazza fra Tahiti e le Marchesi, l'umore bellicoso del Pacifico non lo turba più. Quando c'è una tempesta, rimane vicino al timoniere, l'occhio al compasso. Altrimenti si immerge nella lettura.

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