Copertina
Autore Michael Hanlon
Titolo Dieci domande alle quali la scienza non può (ancora) rispondere
SottotitoloGuida ai territori inesplorati della scienza
EdizioneCodice, Torino, 2008 , pag. 152, cop.fle., dim. 14x21,5x1 cm , Isbn 978-88-7578-095-1
OriginaleTen Questions Science Can't Answer (Yet). A Guide to the Scientific Wilderness
EdizioneMacmillan, London, 2007
TraduttoreSimonetta Frediani
LettoreCorrado Leonardo, 2008
Classe storia della scienza , scienze naturali , scienze sociali , scienze umane
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Indice


VII Ringraziamenti
 IX Introduzione

    Capitolo 1
  3 Fido è uno zombie?

    Capitolo 2
 27 Perché il tempo è così misterioso?

    Capitolo 3
 37 Per piacere, posso vivere in eterno?

    Capitolo 4
 55 Che cosa abbiamo intenzione di fare con gli stupidi?

    Capitolo 5
 67 Che cos'è il lato oscuro?

    Capitolo 6
 77 L'universo è vivo?

    Capitolo 7
 97 Sono la stessa persona che ero un minuto fa?

    Capitolo 8
111 Perché siamo tutti così grassi... e ha davvero importanza?

    Capitolo 9
123 Possiamo davvero essere certi che il paranormale
    sia una sciocchezza?

    Capitolo 10
137 Che cos'è effettivamente la realtà?

149 Indice analitico


 

 

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Pagina IX

Introduzione


Nella fisica non c'è più niente da scoprire. Da fare restano soltanto misurazioni sempre più precise. LORD KELVIN, 1900


Come ci sembrano ridicoli oggi quegli sciocchi vittoriani! Credevano di sapere tutto. Per loro l'universo era una sorta di posticino ben ordinato composto da pochi milioni di stelle. I pianeti rimanevano per aria ancorati alle ordinate sottane di Newton, e tutto il cosmo funzionava come un orologio svizzero.

Qui sulla Terra, sapevano che la vita era iniziata in una piccola pozza calda e che la sua successiva evoluzione era governata dalla grandiosa tesi del signor Darwin. La materia era fatta di atomi, di un centinaio di varietà diverse, che si comportavano come versioni in miniatura dei pianeti: minuscole palle da biliardo dal comportamento regolare. La scienza si avvicinava alla fine - restava soltanto da mettere i trattini sulle "t" e i puntini sulle "i". Stavamo per raggiungere il "culmine della conoscenza completa".

Come si è visto, era un culmine fasullo. All'inizio del Novecento, tutta una serie di irritanti intuizioni geniali mise ripetutamente i bastoni fra le ruote della scienza, tanto da costringerci a fare a pezzi pressappoco tutto ciò che credevamo di sapere e a ricominciare da capo.

Oggi sappiamo che l'universo è decisamente più grande, e più antico, di quanto immaginassero Lord Kelvin e i suoi contemporanei. Ora sappiamo perché le stelle brillano, di che cosa sono fatte e come si evolvono. Abbiamo determinato l'età della Terra e dei pianeti e abbiamo scoperto o dedotto alcuni fantastici mostri sconosciuti ai vittoriani: i quasar, le stelle di neutroni e i buchi neri.

Abbiamo confermato le teorie di Darwin (in più di un secolo non sono stati pubblicati articoli seri che mettano in dubbio la fondamentale realtà dell'evoluzione) e ora abbiamo un meccanismo, la genetica, che spiega come viene copiata l'informazione da una generazione all'altra. Oggi sappiamo che l'orologio di Newton, pur essendo una descrizione eccezionalmente accurata dei nostri immediati dintorni, alle scale cosmiche e a velocità estreme non funziona. Einstein ha messo in relazione lo spazio e il tempo, l'accelerazione e la gravità, la massa e l'energia in modo meraviglioso e controintuitivo.

Si è dimostrato che gli atomi, in precedenza ritenuti indivisibili, sono composti da un serraglio bizzarro, problematico e all'apparenza francamente casuale di particelle fondamentali. E alla scala degli atomi gli oggetti hanno un comportamento diverso rispetto al mondo del grande, del pesante e del veloce descritto da Einstein. A quanto pare, l'universo può essere davvero strano - a volte, misterioso. Le particelle possono influenzare altre particelle a distanze di miliardi di anni luce, istantaneamente. Forse esistono molte altre dimensioni oltre alle quattro, tre dello spazio e una del tempo, a noi familiari. Se sono in movimento, gli orologi vanno più lentamente.

La scienza ha formulato alcune teorie sul funzionamento della mente ed è riuscita a penetrare la psicologia umana. Con la nostra medicina abbiamo eliminato molte delle grandi cause di morte dell'umanità e siamo in procinto di eliminarne altre. In più, abbiamo fatto il primo passo verso l'esplorazione dell'universo vicino. Una parte della nostra tecnologia è così avanzata che, per citare Arthur Clarke, agli occhi delle persone vissute cent'anni fa sarebbe indistinguibile dalla magia.

Che altro c'è da conoscere, allora? Molto - e questo è l'argomento del presente libro. Non proporrò grandi soluzioni, ma solo qualche interrogativo importante (e altri di minor conto) su temi che spesso la scienza ha eluso o di fronte ai quali si è semplicemente afflosciata: sfide che sono state considerate troppo grandi, per lo meno fino a poco tempo fa.

Forse la nostra hybris è altrettanto grande, o forse ancora più grande, di quella dei vittoriani. Non perché sappiamo di meno, ma forse proprio perché sappiamo di più. L'enorme e ininterrotta accelerazione della scoperta scientifica e del progresso tecnologico che si è avuta nel secolo scorso. specie a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha portato alla convinzione generale che la "grande guerra contro l'ignoranza" - la cui ultima fase iniziò con l'Illuminismo, quasi trecento anni fa - non sia molto lontana dalla conclusione.

Dopo tutto, abbiamo tracciato la mappa del genoma umano e scomposto gli atomi nei loro elementi costitutivi. Nell'arco di qualche anno potremmo arrivare a formulare una grandiosa teoria del tutto, che unifichi le forze fondamentali e riconcili il mondo quantistico con la relatività. Siamo sul punto di capire quali sono i componenti elementari della vita e a quanto pare ogni settimana una nuova scoperta degli astronomi rivoluziona la nostra interpretazione dell'universo. La nostra tecnologia sembra davvero magica - quanto sarebbe difficile spiegare il web a Lord Kelvin?

Si possono fare anche altre considerazioni, tuttavia. Continuiamo a non avere idea, proprio come Lord Kelvin, di che cosa sia fatto l'universo (o quanto meno la maggior parte dell'universo). I vittoriani presumevano che fosse composto soltanto da atomi - quanto si sbagliavano! Per lo più sembra costituito da due sostanze misteriose, la materia oscura e l'energia oscura, sulla cui natura possiamo solo formulare ipotesi. La materia ordinaria (altrimenti detta materia barionica - il buon vecchio idrogeno, voi e me, Nettuno e il mio tavolo da pranzo) non è che un elemento secondario. La maggior parte di ciò che costituisce l'universo è invisibile e non abbiamo la minima idea di che cosa sia - solo qualche congettura piuttosto vaga.

Abbiamo una teoria, o piuttosto un modello, dell'origine del nostro universo, il Big Bang, però in realtà non capiamo che cosa sia stato a esplodere, come sia esploso e che cosa sia stato ad accendere la miccia. Non sappiamo che cosa sia successo prima dell'inizio del nostro universo e neppure se abbia senso porsi questa domanda. Non sappiamo neanche se ciò che consideriamo come il nostro universo sia veramente tutto ciò che esiste. L'ipotesi vittoriana che la Via Lattea sia tutto ciò che esiste era sbagliata di diversi ordini di grandezza.

Può darsi che anche noi sottovalutiamo di molti ordini di grandezza la scala di ciò che studiamo, se consideriamo che oggi la fisica prende in seria considerazione l'idea del multiverso, un insieme vastissimo, anzi infinito, di universi che potrebbe essere necessario per risolvere uno dei grandi misteri: perché il nostro universo sembra essere finemente regolato per permettere la nostra esistenza? Può darsi che quel che vediamo nel cielo di notte, tutta la magnificenza dell'universo - le galassie vortice, i quasar e i vuoti senza fine dello spazio intergalattico - non sia altro che una bollicina sul retro di qualcosa di infinitamente più grande. La vera natura della realtà continua a essere poco chiara.

Altri misteri: non sappiamo come sia iniziata la vita sulla Terra né se sia mai iniziata altrove. Probabilmente, non siamo più vicini a comprendere la vera natura della mente umana di quanto fossero Platone e Aristotele. Non abbiamo idea di come faccia esattamente una massa di gelatina grigia di poco più di un chilo a concepire Romeo e Giulietta, ad apprezzare un bel tramonto o a provare un dolore angoscioso.

La natura del tempo ci sfugge e il processo di invecchiamento è ancora un mistero. In realtà, ancora non sappiamo perché invecchiamo né perché il processo ha la velocità che ha né se mai riusciremo a contrastarlo.

Molti altri aspetti della natura umana continuano a essere sconcertanti. Come specie, sembra che stiamo cambiando forma – letteralmente. L'epidemia di obesità sembra un concetto semplice, ma in realtà presenta alcuni lati misteriosi. E i nostri politici ed esperti di scienze sociali evitano decisamente di affrontare, e persino di riconoscere, quelle differenze fondamentali tra individui che causano tanto dolore e afflizione.

La mente delle altre creature viventi è ancora un mistero profondo, anche se più ne approfondiamo la conoscenza, più siamo spinti a concludere che il grande divario tra gli esseri umani e gli animali potrebbe non essere grande come pensavamo. Ciò che sappiamo è davvero strabiliante, ma più riflettiamo su ciò che non sappiamo, più siamo obbligati a concludere che piuttosto che esserci tuffati nel mare della conoscenza, ci siamo solo bagnati la punta dei piedi.

Le pure e semplici dimensioni di ciò che ignoriamo fanno sembrare scarse le nostre conoscenze, ma forse al lettore viene da pensare altrimenti leggendo i giornali. Stando a quel che dicono le riviste, i quotidiani e i periodici, e anche i programmi televisivi che spesso sono riusciti a divulgare con intelligenza alcuni dei concetti più difficili, è legittimo pensare che la maggior parte della scienza sia "cosa certa".

La scienza ora dispone di un proprio gruppo di portavoce e commentatori, addetti stampa, spin doctor professionisti e siti internet, e naturalmente di un intero esercito di giornalisti specializzati nel settore. In Gran Bretagna, le persone che come me si guadagnano da vivere scrivendo di scienza per i giornali, il web e le riviste o realizzando programmi televisivi e radiofonici, saranno un centinaio. Cinquant'anni fa erano sì e no una decina.

Sono necessarie perché spesso gli scienziati sono stati pessimi comunicatori riguardo alle proprie attività (com'è noto, Isaac Newton, forse la più grande mente di tutta la storia, era tanto incapace di comunicare che spesso le sue lezioni erano seguite da non più di un paio di studenti annoiati).

Ancora oggi molti scienziati non possiedono un telefono cellulare (o non hanno la minima idea di come si usa) e controllano i messaggi di posta elettronica una volta alla settimana. Ne conosco uno o due che usano ancora il fax. Scienziati come questi sono sempre esistiti, ma la differenza è che oggi si avvalgono di uno spin doctor e di conseguenza la scienza è diventata un po' com'era un tempo la politica, un vasto oceano di opinioni mutevoli, ondate di argomenti che diventano di moda e poi scompaiono (questa settimana è il cambiamento climatico, la prossima inizieremo a preoccuparci di nuovo degli OGM nel cibo – aspetta un momento... probabilmente siamo molto in ritardo con l'allarme per l'influenza).

Per tali ragioni, i ricercatori e le loro imprese fanno notizia a livello mondiale. Una volta il direttore di un giornale mi ha detto: «È fortunato a scrivere di scienza... un tempo non si parlava mai di scienza, ci si occupava soltanto di crimine, politica e sindacati. Oggi nessuno è interessato a tutta quella roba, si parla solo di riscaldamento globale, pecore clonate e vita su Marte». E aveva ragione. La scienza è diventata interessante – si è resa interessante – con la spontanea collaborazione di gente che parla a ruota libera come me. Ma c'è un problema.

Tutti questi reportage, nel tentativo di informare meglio il pubblico, in realtà peggiorano la situazione. Mentre un tempo le grandi scoperte impiegavano settimane o mesi prima di arrivare all'attenzione del pubblico (nel 1952, la doppia elica del DNA comparve sui giornali quasi sei mesi dopo la sua scoperta), oggi ogni minimo dettaglio delle ricerche scientifiche viene riferito come se fosse l'ultima parola sulla questione e come se l'enigma fosse stato risolto. "Nature", che presentò la storia del DNA, oggi ha tutta una serie di collaboratori a tempo pieno che una volta alla settimana decidono quali sono le storie che fanno abbastanza notizia e di cui pertanto vale la pena che i cronisti si occupino.

Il giornalismo medico, in particolare, risente di alcuni spiacevoli effetti collaterali dell'eccesso di informazione. Nei decenni passati, le notizie di trial clinici e di ampi studi realizzati per valutare gli effetti di fattori come il tipo di alimentazione e lo stile di vita impiegavano molto tempo a trapelare. Spesso ciò significava semplicemente che eravamo malinformati; numerosi scienziati erano abbastanza convinti del collegamento tra il fumo e il tumore ai polmoni molto prima della pubblicazione dello studio definitivo di Richard Doll, nel 1954 (in realtà, i primi a dimostrare il collegamento furono gli scienziati nazisti, negli anni Trenta, ma tale primato, forse comprensibilmente, non è ancora del tutto riconosciuto), eppure è passato molto tempo prima che il messaggio che il fumo può uccidere iniziasse a circolare.

Al giorno d'oggi solo un pallido indizio di qualcosa di vasta portata come lo studio di Doll porterebbe a un migliaio di articoli sulle riviste e di titoli sulle prime pagine dei giornali e probabilmente a diverse richieste per l'immediata messa al bando del tabacco.

Il lentissimo passaggio delle informazioni dal dominio scientifico a quello pubblico aveva un aspetto positivo: si realizzava qualcosa di simile a un processo informale di revisione da parte degli esperti — e quindi venivano segnalati solo gli studi davvero significativi, che generavano risultati davvero significativi (in termini statistici).

Al giorno d'oggi, se somministro l'additivo x a una decina di persone e scopro un lievissimo effetto sulla loro salute, mi basta telefonare ai pennivendoli giusti per ottenere su due piedi la richiesta di bandire immediatamente x. La prossima volta che vi capiterà di leggere che una sostanza o un'attività x è stata "messa in relazione" con la malattia y, siate sospettosi — molto sospettosi. Mentre scrivo queste righe, ho sotto gli occhi un titolo di un giornale di Londra: Bere Cola danneggia le ossa. Non abbiamo motivo di dubitare dei risultati di questa ricerca e tuttavia non dubitiamo neanche che nel giro di pochi mesi (o settimane, o anni) arriverà un altro studio che mostrerà un collegamento statistico tra il consumo di bevande gassate e buone condizioni di salute, forse anche delle ossa (il caffè sembra passare dalla categoria di bevanda salutare a quella di bevanda dannosa in modo ciclico e regolare ogni tre mesi; forse è un fenomeno controllato da qualche strana legge fisica). L'effetto di questi titoli — e delle ricerche che li generano — è l'aumento del ronzio di fondo di pseudoconoscenze, l'equivalente moderno dei racconti fantastici da vecchie comari in cui in un certo senso non abbiamo mai creduto, ma che abbiamo citato all'infinito.

Anche se oggi ridiamo di certi vecchi "consigli" (evitare i cibi "indigesti", mettere il burro su una bruciatura ed evitare la masturbazione per non rischiare di perdere la vista o la ragione) e deridiamo l'antico terrore dei "colpi di freddo", noi stessi abbiamo creato un nuovo folklore — "troppo tè ha un effetto disidratante" (falso), "tutto il grasso è dannoso" (senza un po' di grasso moriremmo), "l'acqua minerale è più pura e più sicura dell'acqua del rubinetto" (sciocchezze) e così via. La "notizia" può essere buona o cattiva, naturalmente. Sono andato a pescare alcuni articoli recenti sulle malattie cardiache, il cancro e i colpi apoplettici e ho scoperto che, se vogliamo credere a tutti questi "studi", consumando la giusta quantità di manghi, caffè, vino rosso, broccoli, olio di pesce e riso selvatico, e andando a vivere nella regione giusta del Giappone, potrei aspettarmi di vivere fino al XXIII secolo. D'altro canto, leggendo un'altra serie di articoli scoprirei che, con il mio stile di vita, dovrei essere morto vent'anni fa.

Va detto che l'illusione del progresso non è certamente circoscritta al settore della salute. La "grande teoria del tutto", una teoria della fisica, è in circolazione da almeno vent'anni — anzi, certamente da molto più tempo. Una miriade di libri pubblicati nell'ultimo quarto di secolo dichiara con una certa sicurezza che, anche se per il momento non ce l'abbiamo ancora fatta, questa o quella teoria unificherà le forze, concilierà il serraglio di particelle fondamentali e porterà a termine la lunga guerra tra relatività e fisica quantistica. Ma — sorpresa, sorpresa — dopo una serie di false vette, l'obiettivo della grande teoria del tutto è lontano esattamente come prima.

A volte l'illusione del progresso ha gravi ripercussioni politiche e sociali. Il cambiamento climatico non è solo un problema scientifico; è anche una questione di grande interesse politico. Da un canto, la maggioranza degli esperti è d'accordo sul fatto che le attività umane, soprattutto la combustione di carburanti fossili, stanno dando un grande e pericoloso contributo al riscaldamento globale che si misura fin dal 1900. A quanto pare, ogni mese, ogni settimana, arriva una nuova prova che sembra confermare questa tesi. E sulla correttezza dell'opinione dominante ci sono pochi dubbi: stiamo proprio riscaldando il pianeta.

Ma naturalmente la questione non è così semplice. Come ha sottolineato Boris Johnson, il divertente politico e giornalista inglese, il riscaldamento globale è una di quelle cose in cui si crede o non si crede e tutto il dibattito sul cambiamento climatico sa un po' di fede religiosa. Fede e scienza sono considerate incompatibili. Non si crede nella gravità, nelle leggi di Keplero o nel DNA: sono cose che esistono (o, naturalmente, che non esistono). Se salto giu da un terrazzo, il fatto di non riconoscere la validità delle leggi di Newton non mi aiuterà a non fracassarmi le ossa.

La scienza non è mai stata così affascinante né così produttiva e attrae le menti più brillanti della nostra generazione. Qualcosa è andato perso, tuttavia: la pazzia dei tempi passati. Perché oggi la scienza, oltre a essere brillante e a infondere ispirazione, è un'industria. Gli scienziati lavorano in squadra, producono scoperte e risultati che hanno un carattere incrementale e la loro stessa sussistenza dipende dalla rapidità con cui i loro lavori superano la revisione da parte di un'équipe di colleghi e arrivano alla pubblicazione. La revisione paritaria è un processo utile e corretto ed è difficile concepirne uno migliore, ma lascia poco spazio ai ricercatori stravaganti ed eccentrici. L'elitarismo e la natura ad hoc della filosofia naturale, pur avendo condotto a numerosi vicoli ciechi, hanno prodotto ispirazione e idee brillanti e geniali. L'epico viaggio di Darwin intorno al mondo, negli anni Trenta dell'Ottocento, portò a una delle intuizioni più geniali e importanti di tutta la storia della scienza, ma leggendo i suoi taccuini ci si rende conto di quanto fosse caotica, in base ai criteri moderni, tutta l'impresa. Tanto per cominciare, impiegarono diverse settimane solo per far uscire il Beagle dal porto di Plymouth. E poi non riuscirono a sbarcare a Tenerife perché era in vigore la quarantena per le navi in arrivo. Ora, naturalmente, qualsiasi genere di spedizione potrebbe contare su un esercito di organizzatori. Oggi i "cani sciolti" se la passano male nella scienza, come mai prima. Gli autori di teorie che mettono in discussione l'opinione dominante tendono a essere ridicolizzati, spesso ingiustamente.

Anche oggi, tuttavia, esistono pensatori liberi che a volte riescono ad aggirare l'opprimente influenza dell'opinione dominante, come Barry Marshall, che ha scoperto che le ulcere allo stomaco non sono provocate dallo stress, ma da un'infezione, e Stanley Prusiner, che ha dimostrato che l'encefalopatia spongiforme degli ovini e la malattia di Creutzfeldt-Jakob sono causate da una proteina detta prione, un agente infettivo in precedenza sconosciuto. Queste isole di magnificenza intellettuale punteggiano un mare piuttosto piatto di conformismo.

Il problema dei grandi interrogativi — sull'origine della vita, ad esempio — è l'estrema difficoltà di ottenere fondi di ricerca per cercare le risposte. Una delle caratteristiche delle domande esaminate in questo libro è che spesso non appartengono in modo chiaro a un'unica disciplina; per comprendere realmente il tempo, ad esempio, probabilmente è necessario essere allo stesso tempo un fisico, uno psicologo cognitivo e un filosofo.

Per risolvere il problema delle origini della vita è necessario essere esperti di geologia, di astronomia, forse di cosmologia (dando per scontato che non sia necessaria la teologia) e di biochimica. Se qualcuno dichiara di voler indagare i fenomeni paranormali o la natura della realtà, gli sarà molto difficile ottenere qualsiasi tipo di finanziamento. Ovviamente, tanti si stanno di fatto occupando di questi problemi, ma gli studiosi che hanno una cultura enciclopedica sono relativamente pochi e tendono a rimanere ai margini.

Oggi la specializzazione e la correttezza scientifica sono tutto. La corrente scientifica principale è incanalata, concentrata e specializzata, tanto che un biochimico che studi la struttura di un certo tipo di proteina molto probabilmente non sa granché delle ricerche più recenti sui grassi o i carboidrati, poniamo, per non parlare di qualsiasi argomento al di là della biochimica.

Charles Darwin aveva una conoscenza operativa dei settori di punta della geologia, della biologia e della meteorologia e padroneggiava le loro varie sottodiscipline. Alla metà dell'Ottocento era possibile, oggi invece la complessità, e il linguaggio tecnico, sono tali che uno scienziato come Darwin non potrebbe proprio esistere. E se esistesse non otterrebbe mai un finanziamento per salpare con il Beagle.

A volte il mistero è dovuto al fatto che un argomento è davvero difficile. Certi misteri, però, alla fin fine potrebbero dimostrare di non essere tali. Talvolta la scienza perde molto tempo a inseguire gli arcobaleni. Prendiamo la coscienza, ad esempio. Il problema di che cosa sia a rendere consapevole la mente è stato deliberatamente ignorato per decenni e invece oggi occupa alcune delle menti migliori del pianeta. La coscienza suscita un interesse profondo. Ma non tutti sono convinti che la sensazione di consapevolezza, apparentemente così misteriosa e significativa, abbia davvero importanza. Per la verità, conosco un insigne scienziato che trova sconveniente discutere della coscienza. Questi discorsi, dice, «portano inevitabilmente soltanto a un mucchio di congetture stupide». Forse, solo forse, ciò che chiamiamo "coscienza" in realtà non esiste...

Uno dei misteri considerati in questo libro è il tempo. Il tempo è qualcosa che tutti diamo per scontato, ma è davvero una bestia molto sfuggente se proviamo a definirlo. Considerare spazio e tempo congiuntamente come una sorta di trama che tiene unito l'universo è un modo assai utile di accostarsi ai problemi dal punto di vista matematico. Ma chiarisce in qualche modo ciò che è in realtà il tempo?

È possibile riuscire a farlo scomparire, con un soffio di logica, eliminando tutte quelle piccole "t" dalle equazioni?

Probabilmente no, ma l'elenco degli scienziati che hanno studiato cose inesistenti è molto lungo. Nell'Ottocento, alcuni psicologi americani studiarono una malattia che causava grande preoccupazione, specie nelle regioni meridionali del paese. Gli effetti di questa malattia, chiamata drapetomania, erano pericolosi ed economicamente negativi. La drapetomania, dovete sapere, era l'«impulso incontrollabile di un negro a evadere dalla schiavitù». Gli schiavi, oltre a soffrire di questa follia irrazionale, potevano essere colpiti anche da dysesthesia aethiopica, ovvero disobbedienza.

La drapetomania fu diagnosticata per la prima volta da Samuel Cartwright, un medico della Louisiana, che riuscì a far citare la sua nuova malattia dal "New Orleans Medical and Surgical Journal". La sua terapia preferita per questa malattia, come per la dysesthesia, era molto semplice: una buona bastonata. Oggi questo esempio ridicolo di razzismo legittimato ci provoca imbarazzo, ma siamo sicuri che ogni fenomeno che diamo per scontato e di cui discutiamo sia più reale della drapetomania? Quali altri punti del canone scientifico potrebbero essere soltanto un elemento culturale, un riflesso del pensiero del nostro tempo?

A pensarci bene, molti altri – non solo il tempo e la coscienza. Non tutti sono convinti che la "materia oscura" e l'"energia oscura" siano reali, ad esempio. Forse le equazioni sono sbagliate, o c'è qualche errore nelle osservazioni, e stiamo dando la caccia allo Snark.

Fino a che punto il mondo elegante descritto dai fisici quantistici rappresenta la realtà o invece un suo modello matematico? Non è del tutto chiaro. La fisica moderna è piena di descrizioni e modelli meravigliosi della realtà e questo è un problema. Lo spaziotempo si contorce e si distende come fosse di gomma. L'energia oscura tende e fa a pezzi la trama stessa della realtà. Minuscole stringhe in vibrazione, cunicoli gravitazionali e scontri tra brane fanno nascere interi universi. Quante di queste cose sono reali, com'era reale la mela di Newton, e quante sono solo astrazioni, impossibile da immaginare se non attraverso la lente delle equazioni e delle dimostrazioni? In particolare, oggi purtroppo lo strano mondo della fisica moderna è così surreale, così controintuitivo, da risultare indecifrabile per le persone comuni (si pensi invece alle opere di Darwin e persino di Newton, che all'epoca potevano essere comprese, quanto meno nei loro tratti essenziali, da milioni di persone istruite).

Questo libro si concentra su dieci domande. Non è un elenco completo dei massimi interrogativi scientifici senza risposta; è invece un'istantanea, scattata in un momento particolare, degli argomenti che mi sconcertano più di altri. Alcune domande sono ovvie, come quelle sulla natura del tempo e sul mistero della realtà. Altre sono comprese nell'elenco semplicemente perché le trovo affascinanti. L'epidemia di obesità forse non rivela nulla di fondamentale circa la natura dell'universo, però mette in luce molti aspetti affascinanti della vita sulla Terra al giorno d'oggi e delle nostre ossessioni.

Qualche grande interrogativo non è citato. L'enigma della coscienza è stato dibattuto fino allo sfinimento e sono propenso a concordare con l'eminente biologo britannico citato poc'anzi. Ciò nondimeno, è un argomento oltremodo interessante. L'ho affrontato, un po' indirettamente, trattando la consapevolezza degli animali e la continuità dell'esistenza.

La fisica moderna è un vero incubo. Forse il suo mistero più grande, e finora senza risposta, è: "Che cosa accade esattamente nella fisica quantistica?". Com'è noto, Paul Dirac rispose: «Tacete e calcolate!», ma questa naturalmente è una risposta inaccettabile.

Ad esempio: quando due elettroni, separati da una distanza enorme, sono entangled, il che significa che quel che capita a uno ha un effetto istantaneo sull'altro, che cosa accade esattamente? Come fa l'informazione a viaggiare a una velocità superiore a quella della luce (possibilità ovviamente proibita)? Una delle interpretazioni è che in qualche modo venga inviato un "messaggio" all'indietro nel tempo. Un'altra è che le particelle "comunichino" facendo riferimento a una "funzione d'onda universale" che si estende dappertutto.

Il ruolo della mente cosciente è un mistero profondo. Com'è che l'atto di osservare influenza ciò che viene osservato, come sostengono fermamente alcune interpretazioni della fisica quantistica? In base a una di queste, inoltre, ogni volta che avviene un evento quantistico si crea un intero universo che tiene conto di tutti i risultati statisticamente possibili. Bene, ma da dove arrivano tutti questi universi?

Che altro manca al mio elenco? Anche se considero la possibilità che l'universo ospiti una miriade di forme di vita, ho lasciato ad altri tutto l'enigma degli UFO. Ai miei occhi, il mistero più profondo è l'esistenza della vita. L'esistenza di una vita intelligente è forse la ciliegina sulla torta, anche se sarebbe una torta estremamente interessante se riuscissimo a trovarla. In ogni caso, può darsi che per trovare forme di vita intelligente non si debba cercare tanto lontano; più gli scienziati indagano i meccanismi interni del cervello animale, più i nostri cugini sembrano salire nella classifica delle capacità intellettuali.

Esistono alcuni aspetti fondamentali di noi stessi che ancora non capiamo. Lo scopo del sonno (e dei sogni) continua a essere un mistero, anche se un anno sì e un anno no viene presentata una nuova teoria. La scienza medica moderna è un trionfo e tuttavia l'imbarazzante verità è che in gran parte non comprendiamo realmente come funziona. Il nostro cervello è ancora profondamente misterioso e non solo perché genera l'esperienza cosciente.

Non sappiamo come né dove sono memorizzati i ricordi. E non sappiamo se il libero arbitrio è un'illusione. Dimostrare che lo è e farlo capire a tutti sarebbe uno dei massimi affronti alla dignità umana da quando abbiamo capito che non siamo stati creati a immagine di Dio, ma ciò non significa che quest'ultima ipotesi non sia quasi certamente vera.

Le cose che non sappiamo sono moltissime.Ve ne presento dieci, ma ce ne sono a centinaia. La scienza ha il compito di trovare le risposte e senza dubbio le troverà.

L'unico problema è che, altrettanto indubbiamente, quando chiariremo questo piccolo gruppo di enigmi, il culmine della conoscenza che avremo raggiunto sarà fasullo proprio come quello raggiunto da Lord Kelvin e i picchi dell'ignoto saranno alti e distanti esattamente come quando pensavamo erroneamente che mancasse solo un passo alla fine della salita.

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