Copertina
Autore Donna J. Haraway
Titolo Compagni di specie
SottotitoloAffinità e diversità tra esseri umani e cani
EdizioneSansoni, Milano, 2003 , pag. 144, dim. 150x200x13 mm , Isbn 978-88-383-4812-9
OriginaleThe Companion Species Manifesto
PrefazioneRoberto Marchesini
TraduttoreRoberto Marchesini
LettoreCorrado Leonardo, 2003
Classe sociologia , femminismo , biologia , animali domestici , natura-cultura
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Indice


 11 Una naturcultura emergente

 17 Incorporazioni

 22 Compagni

 26 Le specie

 36 Storie di evoluzione

 44 Storie d'amore

 51 Storie di educazione

 54 Il legame positivo

 59 Una bellezza aspra

 67 L'apprendista di agility

 70 La storia del gioco

 75 Storie di razze

 78 I cani da montagna dei Pirenei

 94 I pastori australiani

101 Una categoria a parte


115 Note

119 Il nuovo ruolo delle alterità non umane
    di Roberto Marchesini

 

 

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Pagina 11

Una naturcultura emergente



Da "Appunti della figlia di un giornalista sportivo"

La signorina Pepe di Caienna continua a colonizzare tutte le mie cellule, una dimostrazione concreta di ciò che la biologa Lynn Margulis chiama simbiogenesi. Scommetto che se controllaste il nostro DNA, trovereste tra noi due alcune potenti transfezioni. La sua saliva deve avere dei vettori virali. Sicuramente i suoi baci ruvidi sono stati irresistibili. Anche se abbiamo in comune la collocazione all'interno del phylum dei vertebrati, noi apparteniamo non soltanto a generi diversi e a famiglie divergenti, ma a ordini completamente differenti.

Come rimettiamo in ordine le cose? Canide, ominide; pet, insegnante; cane femmina, donna; animale, essere umano; atleta, addestratore. Di noi una ha un microchip che le è stato iniettato nella pelle del collo per l'identificazione; l'altra ha una foto di identificazione sulla patente di guida dello stato della California. Una possiede una registrazione scritta di tutti gli antenati per venti generazioni addietro; l'altra non conosce i nomi dei bisnonni. E ancora: la prima, frutto di una vasta mistura genetica, viene chiamata "purosangue". La seconda, ugualmente prodotto di una vasta mistura, viene definita "bianca". Entrambi questi aggettivi riguardano un discorso razziale ed entrambe portiamo le conseguenze di questo nella nostra carne.

Una è all'apice dell'entusiasmo, della giovinezza, della prestanza fisica; l'altra è ancora forte, ma sta scendendo la china. E insieme giochiamo uno sport di squadra chiamato "agility" su quella medesima terra nativa espropriata su cui gli antenati della Caienna allevarono le loro pecore merino. Queste pecore erano state importate dall'Australia, paese la cui economia si basava sul loro allevamento, per fornire cibo durante la febbre dell'oro che scoppiò in California nel 1849. Sotto forma di strati di storia, di biologia, di naturcultura, il nome del nostro gioco è complessità. Noi due siamo la progenie affamata di libertà figlia della conquista, prodotto delle colonie dei bianchi, noi che saltiamo oltre gli ostacoli e procediamo lentamente attraverso i tunnel sul campo da gioco.

Sono sicura che il nostro genoma è molto più simile di quanto dovrebbe essere. Deve esserci una registrazione molecolare della nostra relazione nei codici viventi che lascerà una traccia nel mondo, e non importa se siamo entrambe femmine non produttive, una per età, l'altra per volontà di un chirurgo. La sua lingua rossa di pastore australiano, veloce e flessuosa, ha pulito le mie tonsille, con tutti i loro recettori del sistema immunitario. Chi mai sa dove i miei recettori chimici abbiano portato i suoi messaggi o cosa lei abbia prelevato dal mio sistema cellulare per distinguere sé dall'altro e segnare il confine fra esterno e interno?

Abbiamo avuto conversazioni proibite; abbiamo avuto rapporti orali; ci siamo affezionate l'una all'altra raccontandoci tante storie tutte vere ed essenziali. Ci stiamo abituando ad atti reciproci di comunicazione che raramente capiamo. Noi siamo specie da compagnia per costituzione. Ci integriamo a vicenda, fin nella carne. Significativamente diverse da qualunque altra cosa, nelle specifiche differenze, noi esprimiamo nella carne una disgustosa alterazione evolutiva chiamata amore. Questo amore è una aberrazione storica e un'eredità naturculturale.






Questo manifesto esplora due problematiche derivanti da tale aberrazione ed eredità: 1) come possono un'etica e una politica impegnate a far fiorire l'importanza della diversità essere fondate attraverso la relazione uomo-animale; e 2) come potrebbero le storie riguardanti l'universo uomo-cane convincere gli abitanti degli Stati Uniti, che in proposito hanno qualche problema, e forse altre persone meno chiamate in causa storicamente, che alla storia interessa la naturcultura?

Il manifesto dei compagni di specie è un documento personale, un'incursione accademica in territori sconosciuti, un atto politico di speranza in un mondo al limite della guerra globale, un lavoro costantemente in progress, sempre sul punto di partenza. In quanto accademica e persona che appartiene al suo tempo e al suo luogo, offro bastoni smangiucchiati dai cani e argomenti preparati a metà. La storia affrontata in questa sede narra principalmente di cani. Appassionatamente coinvolta in questi racconti, spero di coinvolgere altrettanto i miei lettori nel mondo canino. Ma spero anche che gli eventuali cinofobi e tutti coloro che ritengono di doversi occupare di cose più altisonanti, si rendano conto che queste storie e questi racconti fanno parte delle realtà in cui ci troviamo a vivere. Le prassi e i protagonisti del mondo canino, umani e non umani, dovrebbero stare al centro degli studi tecnoscientifici.

Una cosa che mi sta ancora più a cuore è far capire ai miei lettori perché io consideri lo scrivere a proposito di cani una branca delle teorie del femminismo.

[...]

Questa è una storia di biopotere, biosocialità e tecnoscienza. Da buona darwinista, racconto una storia dell'evoluzione. Seguendo la moda del millenarismo acidico (nucleico), narro una storia di differenze molecolari, ma meno radicata in quella Eva mitocondriale della narrazione neocoloniale Out of Africa e più radicata in quei primi cani femmina mitocondriali che si sono intromessi nella vita dell'uomo, realizzando quella che fu la "Più grande storia mai raccontata".

Queste femmine della specie canina hanno contribuito invece a inaugurare la storia della specie da compagnia, una favola molto mondana e in via di diffusione, piena di incomprensioni, conquiste, crimini e speranze rinnovate. La mia è una storia raccontata da una studiosa di scienze, e femminista di una certa generazione, che è passata dalla parte dei cani in ogni senso. Qui sono i cani ad avere importanza, nella loro storica complessità. In questo saggio i cani non sono un alibi per parlare di altri argomenti; sono una presenza corporea materiale e semiotica nel corpo della tecnoscienza. I cani non sono un surrogato della teoria, non sono semplicemente un oggetto attraverso cui pensare, ma sono esseri con cui vivere. Complici nel crimine dell'evoluzione umana, presenti nel giardino fin dal principio, i cani vestono i panni dell'astuto coyote.

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Pagina 26

Le specie



La "specie da compagnia" è una categoria ancora più vasta ed eterogenea rispetto all'animale da compagnia perché include tutta una serie di specie viventi come riso, ape, tulipano o flora intestinale, necessari a rendere la vita umana così come la conosciamo. Con il termine "specie da compagnia" vorrei insistere su quattro toni risonanti contemporaneamente nella laringe linguistica e storica che ci mette in grado di pronunciare questo termine. Innanzitutto, in quanto orgogliosa erede di Darwin, insisto sui toni della storia della biologia evoluzionista, con le sue categorie di popolazioni, frequenze di flusso genico, variazioni, selezioni e specie biologiche. Negli ultimi centocinquant'anni, i dibattiti a proposito del fatto se la categoria "specie" indichi o meno una reale entità biologica o semplicemente rappresenti una utile scatola tassonomica costituiscono i livelli forte e piano della scala tonale. La specie riguarda un genere biologico e per questo tipo di realtà si rende necessaria la competenza scientifica. Il post-cyborg, che rappresenta un genere biologico, sconvolge le categorie di organismi fino ad allora riconosciute. Il macchinico e il testuale sono interni all'organico e viceversa, in maniera irreversibile.

[...]

Il manifesto dei compagni di specie riguarda quindi l'implosione di natura e cultura in uno specifico ambito inevitabilmente storico, unisce le vite di cani e persone, legati da diversità significative. In questa storia, sono in molti a essere chiamati in causa e il racconto risulta istruttivo anche per coloro che tentano di mantenersi a igienica distanza. Vorrei convincere i miei lettori che gli abitanti della tecnocultura siamo noi, che viviamo nei tessuti simbiogenetici della naturcultura, tanto nella storia quanto nei fatti.

Il mio riferimento è la teoria di Louis Althusser, filosofo francese marxista e poststrutturalista, secondo cui i soggetti si compongono a partire da individui reali che vengono "reclutati" attraverso l'ideologia nelle loro posizioni di soggetti all'interno dello stato moderno. Oggi, attraverso la narrativa sofisticata che li riguarda, gli animali ci chiedono di rendere conto dei regimi in cui dobbiamo vivere, noi e loro. Noi reclutiamo loro nei nostri costrutti di natura e cultura, e con le loro conseguenze di vita e di morte, sanità e malattia, longevità ed estinzione. Inoltre le due specie sono l'una nell'altra nel vivo della carne in un modo che tutte le nostre ideologie non riescono a esprimere pienamente. Le storie sono molto più ampie delle ideologie, è la nostra unica speranza.

Questa lunga introduzione filosofica ha violato la regola più importante degli "Appunti della figlia di un giornalista sportivo", le brevi note canine in onore di mio padre, cronista sportivo, che vivacizzano questo manifesto. Gli "Appunti" esigono che non ci siano deviazioni dalle storie che hanno come protagonisti gli animali. Le lezioni devono essere parte inestricabile della storia; è la regola della verità per tutti coloro fra noi che, da cattolici praticanti e ripudiati - insieme ai loro compagni di viaggio - pensano che il segno e la carne coincidano.

Riportando i fatti, narrando una storia vera, io scrivo gli "Appunti della figlia di un giornalista sportivo".

[...]

Ma sono cresciuta anche nella casa della scienza e, nel momento in cui il mio seno immaturo ha iniziato a svilupparsi, ho appreso i numerosi passaggi sotterranei che connettono i vari poteri e le numerose connessioni che mantengono uniti segno e carne, storia e fatto, uniti nei palazzi della conoscenza positiva, delle ipotesi confutabili e della teoria sintetica. Poiché la mia scienza è stata la biologia, ho imparato presto che spiegare evoluzione, sviluppo, funzione cellulare, complessità genomica, creazione delle forme nel tempo, ecologia comportamentale, comunicazione dei sistemi, cognizione, in breve ogni componente terminologica della biologia, non era poi tanto diverso dallo scrivere una storia di gioco o convivere con i rompicapi dell'incarnazione. Per fare biologia con fedeltà, il professionista deve narrare una storia, deve riportare i fatti e deve essere affamato di verità, deve essere disposto ad abbandonare la storia preferita, il fatto preferito, deve trovarsi in qualche modo sulla linea di partenza. Il professionista deve restare fedele alla storia nella buona e nella cattiva sorte, deve fare proprie le sue risonanze discordanti e viverne le contraddizioni, quando quella storia è in grado di arrivare alla verità della vita. Non è forse questo genere di fedeltà che ha permesso alla scienza della biologia evoluzionista di fiorire e nutrire la fame materiale di conoscenza della mia gente negli ultimi centocinquant'anni?

[...]

Così, io narro di cani che vivono ai nostri giorni. Tutte le storie si snodano per tropi, cioè figure del discorso indispensabili per narrare qualunque cosa. Tropo (dal greco tropos) significa deviazione o saltello. Tutto il linguaggio devia e saltella; non esiste un significato diretto, ma solo il pensiero dogmatico secondo cui la nostra sfera d'azione è la comunicazione senza tropi. Il mio tropo favorito per i racconti con i cani è "metaplasma". Metaplasma indica un cambiamento in una parola, per esempio aggiungendo, omettendo, invertendo o transponendo lettere, sillabe o suoni. Il termine deriva dal greco metaplasmos, che significa rimodellare o ricostruire. Metaplasma è un termine generico usato per quasi tutti i tipi di alterazione di una parola, alterazione che può essere intenzionale o meno. Io uso il metaplasma a significare il rimodellamento delle carni del cane e dell'uomo, la ricostruzione del codice della vita, nella storia delle interrelazioni fra le specie da compagnia.

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Pagina 38

Gli studi sul DNA mitocondriale nel cane come orologio biologico hanno retrodatato la sua origine a un'epoca molto più antica di quanto si pensasse. Le ricerche di laboratorio di Carles Villa e Robert Wayne svolte nel 1997 evidenziano che il cane si sarebbe separato dal lupo circa 150.000 anni fa, periodo che corrisponde all'origine dell' Homo sapiens sapiens. In successivi studi sul DNA questa data, non supportata da reperti fossili e archeologici, è stata ridimensionata in un intervallo che va da 50.000 a 15.000 anni fa, con gli scienziati propensi per la data più recente poiché coincide con tutti i tipi di prove disponibili. Seguendo questa analisi, sembra probabile che il cane sia comparso dapprima in Asia per un breve periodo, localizzandosi in diverse aree, e poi si sia velocemente diffuso in tutto il pianeta, seguendo l'uomo nei suoi spostamenti.

Molti interpreti sostengono che lo scenario più probabile vede il lupo diventare cane per sfruttare l'abbondanza di calorie fornite dai rifiuti prodotti dall'uomo. Grazie a questi comportamenti opportunisti, quei cani emergenti si sarebbero adattati dapprima con il comportamento e poi geneticamente a ridurre le distanze di tolleranza, a diminuire le fughe rizzando il pelo, i loro cuccioli avrebbero avuto occasione di trascorrere più tempo a socializzare con specie diverse nelle prime settimane del loro sviluppo e sarebbero arrivati a occupare confidenzialmente aree condivise con umani pericolosi.

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Pagina 41

La coevoluzione richiede una definizione più ampia rispetto a quella normalmente fornita dai biologi. Certo, il reciproco adattamento di morfologie visibili, come le strutture sessuali dei fiori e gli organi degli insetti impollinatori, è coevoluzione. Ma è un errore vedere le alterazioni dei corpi e dei cervelli dei cani come biologiche e i cambiamenti dei corpi e dei cervelli umani, per esempio nell'emergere delle società di allevatori e agricoltori, come culturali, e questo vale anche per la coevoluzione. Sospetto che il genoma umano contenga una importante testimonianza molecolare dei patogeni delle specie compagne dell'uomo, cani compresi. Il sistema immunitario non è una parte minore della naturcultura, poiché determina dove gli organismi, incluse le persone, possono vivere e con chi. È impossibile immaginare la storia dell'influenza senza il concetto di coevoluzione di uomini, suini, polli e virus.

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Pagina 74

[...] È tutto assolutamente preciso. Dapprima, i movimenti sembrano insignificanti; la tempistica troppo esigente, troppo difficile da rispettare; la coerenza troppo severa, l'insegnante troppo esigente. Poi, cane e uomo arrivano a rappresentarsi, anche solo per un minuto, il modo esatto per continuare insieme, il modo in cui muoversi semplicemente con gioia e con destrezza lungo un percorso difficile, come comunicare, come essere onesti l'uno nei confronti dell'altro. L'obiettivo è arrivare all'ossimoro della spontaneità disciplinata. Cane e accompagnatore devono essere capaci di prendere l'iniziativa e rispondere ubbidientemente l'uno all'altro. Il compito è quello di diventare sufficientemente coerenti in un mondo incoerente, tanto da riuscire a intraprendere quella danza di unione fra due esseri viventi che suscita rispetto e induce una risposta corretta nel corpo, nella corsa, lungo il percorso e tanto da riuscire a ricordare come riportare questa stessa esperienza di vita a ogni livello dell'esistenza, con ogni tipo di partner.

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Pagina 78

I cani da montagna dei Pirenei



I cani da guardia, che lavorano con i pastori di capre e di pecore, esistevano già migliaia di anni fa ed erano diffusi in aree dell'Africa, dell'Europa e dell'Asia. Le migrazioni locali e quelle di più ampie dimensioni di milioni di allevatori, pastori e cani da e verso i mercati e da e verso i pascoli invernali ed estivi, dalla catena montuosa dell'Atlante nel Nord Africa, passando attraverso il Portogallo e la Spagna, la catena montuosa dei Pirenei, proseguendo per l'Europa meridionale fino alla Turchia e all'Europa dell'Est, attraverso l'Eurasia e il Tibet, verso il deserto del Gobi in Cina, hanno letteralmente impresso le loro tracce nel suolo e nella roccia. Nella lora opera dettagliata, Dogs, Raymond e Lorna Coppinger paragonano queste tracce all'intaglio dei ghiacciai. A livello regionale, i cani utilizzati per la guardia al bestiame si sono sviluppati in due tipologie diverse somaticamente e nel comportamento, anche se l'interscambio sessuale ha sempre mantenuto legate le popolazioni adiacenti e migratorie. I cani che si sono sviluppati nei climi più settentrionali, freddi o ad altitudini elevate, hanno dimensioni maggiori rispetto a quelli che si sono sviluppati nel bacino del Mediterraneo o nei deserti. Gli spagnoli, gli inglesi e altre popolazioni europee, nei loro viaggi verso le Americhe, portavano con sé grandi cani simili a mastini e piccoli esemplari simili a cani da pastore, mettendo a punto quel fenomenale scambio genetico noto come conquista. Queste popolazioni, interconnesse ma non mischiate in modo casuale, costituiscono il sogno e l'incubo dei biologi che studiano le popolazioni ecologiche e genetiche, in rapporto all'ardua variabile che prende il nome di storia.

Dopo la metà del XIX secolo, le razze di LGD dei club cinofili con relativi albi dei riproduttori, nascono da individui derivanti da varie tipologie regionali, come il mastino dei Pirenei nella regione basca della Spagna, il cane da montagna dei Pirenei nelle regioni basche di Francia e Spagna, il maremmano in Italia, il kuvasz in Ungheria, il pastore dell'Anatolia in Turchia. Le controversie riguardanti la prosperità genetica e il significato funzionale di queste popolazioni "isola" chiamate razze imperversano nell'universo che ruota intorno ai cani. I club cinofili delle razze sono in parte paragonabili alle associazioni che si occupano della salvaguardia delle specie a rischio, per le quali la drastica diminuzione della popolazione e la distruzione dei sistemi di selezione genetica naturale e artificiale del passato richiedono interventi organizzati di soccorso e sostegno.

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