Autore Helen Hester
Titolo Xenofemminismo
EdizioneNero, Roma, 2018, Not 09 , pag. 168, cop.fle., dim. 11x17x1,3 cm , Isbn 978-88-8056-027-2
OriginaleXenofeminism
EdizionePolity Books, Cambridge, 2018
TraduttoreClara Ciccioni
LettoreGiovanna Bacci, 2019
Classe femminismo , movimenti , filosofia












 

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Indice


    Nota della traduttrice               7


    Introduzione                        11

1.  Cos'è lo xenofemminismo?            15

2.  Futurità xenofemministe             41

3.  Tecnologie xenofemministe           75


    Conclusione: xeno-riproduxione     141


    Note                               153


 

 

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Pagina 11

Introduzione



Lo Xenofemminismo, o XF, può essere visto in un certo senso come un lavoro di bricolage, dato che sintetizza cyberfemminismo, postumanesimo, accelerazionismo, neorazionalismo, femminismo materialista e altro ancora, nel tentativo di dar forma a un progetto adeguato alle condizioni politiche dell'epoca contemporanea. A partire da questa sequela di influenze, lo xenofemminismo costruisce non una politica ibrida - visto che implicherebbe una condizione impossibile: la preesistenza di uno stato non ibridato - ma una politica «non contaminata dalla purezza». Raccogliendo, scartando e rivisitando le prospettive esistenti, cioè smontando le diverse componenti della sua miriade di influenze, lo xenofemminismo si posiziona come un progetto in cui il futuro rimane aperto come luogo di ricomposizione radicale. Questo libro è un primo tentativo di estrapolare le premesse, gli argomenti e le implicazioni del Manifesto Xenofemminista del 2015 ed esprimerli in forma estesa. Voglio precisare, però, che quanto segue è soltanto una delle possibili interpretazioni di un progetto polisemico, lacerato dalle tensioni irrisolte che emergono dalla collaborazione nella differenza.

Probabilmente, ognuna delle sei donne di Laboria Cuboniks - il gruppo di lavoro xenofemminista di cui faccio parte - porrebbe l'accento su aspetti diversi del manifesto, evidenziando alcune tendenze rispetto ad altre a seconda della propria formazione, dei propri interessi e dei propri orientamenti politici. I1 processo di negoziazione tra i nostri diversi modi di concepire l'impegno femminista è stato uno degli elementi più appaganti e illuminanti del nostro lavoro collettivo degli ultimi tre anni. Il manifesto resta un documento che siamo tutte felici di sottoscrivere ancora, e che continuiamo a incorporare nelle nostre pratiche individuali, in veste di musiciste, artiste, archeologhe, teoriche, attiviste, programmatrici informatiche o poetesse. In questo libro presento la mia variante personale dello xenofemminismo, senza disconoscere le diverse componenti che danno forma al progetto nel suo complesso. Questo, dunque, non è il libro sullo xenofemminismo, ma un libro sullo xenofemminismo.

Voglio cominciare esponendo brevemente alcuni limiti di questo testo e chiarendo lo scopo che spero di raggiungere nelle prossime pagine. Xenofemminismo non è una rassegna completa della letteratura accademica esistente, né una monografia che raccoglie le teorie femministe sulla scienza e la tecnologia. È piuttosto una polemica, una provocazione, basata su una selezione del tutto personale di materiale critico. Le fonti bibliografiche a sostegno del testo sono state scelte non perché articolano in maniera esauriente la simultaneità di genere, tecnologia, razza e sessualità, ma perché contengono indicazioni utili per lo sviluppo di una componente specifica del progetto xenofemminista. Il filo rosso che unisce i capitoli di questo libro rappresenta quello che considero uno dei territori più interessanti per qualunque posizione xenofemminista emergente: la riproduzione, sia biologica che sociale. Gli argomenti trattati in Xenofemminismo convergono intorno a questo tema.

Il primo capitolo offre una definizione parziale di xenofemminismo, abbozzando alcuni dei concetti generali su cui si basano i capitoli successivi. In particolare, esploreremo il modo in cui il manifesto utilizza i tre concetti chiave di tecnomaterialismo, antinaturalismo e abolizionismo del genere, allo scopo di indicare i contesti in cui potrebbero contribuire a una politica della riproduzione xenofemminista. Il secondo capitolo parla delle futurità xenofemministe, e più precisamente del bisogno di sviluppare visioni del futuro che non si basino né sulla prescrizione né sulla proscrizione della riproduzione biologica umana. Usando l'attivismo ambientalista contemporaneo come trampolino, affronterò sia la questione della mobilitazione del Bambino come icona privilegiata di un mondo a venire, sia quella delle implicite tendenze antinataliste di certe rappresentazioni recenti di un futuro più sostenibile. Fondamentalmente, sostengo la necessità di incoraggiare una politica della mutazione orientata a pratiche di xeno-ospitalità.

Il terzo capitolo affronta il tema delle tecnologie xenofemministe chiamando in causa il movimento femminista per la salute degli anni Settanta. Questo capitolo - il più lungo del libro - guarda all'attivismo talvolta problematico della seconda ondata non come a un modello d'ispirazione, ma allo scopo di identificare alcune delle possibilità contenute nelle traiettorie che ha già in parte seguito. Cosa possono insegnarci le tecnologie di auto-aiuto degli anni Settanta sull'autonomia del corpo e la sovranità riproduttiva in una prospettiva xenofemminista? La conclusione del libro estende questa analisi fino a comprendere le pratiche contemporanee di biohacking. Rifuggendo intenzionalmente gli immaginari politicamente sordi di certe forme di transumanesimo, e mettendo a dialogo il biohacking con l'attivismo per la salute trans* e con discorsi di giustizia riproduttiva, spero di mettere in luce le dimensioni più materialiste degli approcci alla trasformazione emancipatoria e autodiretta del corpo nel XXI secolo.

Sebbene l'argomento principale della mia articolazione dello xenofemminismo sia la riproduzione - intesa in senso ampio -, nel resto del libro emergono inevitabilmente altri temi correlati, come la scalabilità, il lavoro, l'intersezionalità, la natura e il repurposing (o reindirizzamento del valore d'uso di una tecnologia). Cominciamo, però, da una domanda apparentemente semplice: cos'è lo xenofemminismo?

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Pagina 15

1.
COS'È LO XENOFEMMINISMO



Lo xenofemminismo è una forma di femminismo tecnomaterialista, antinaturalista e abolizionista del genere. In questo capitolo delineerò brevemente ognuno di questi tre concetti, usando il controverso manifesto di Shulamith Firestone La dialettica dei sessi come riferimento ricorrente. Pubblicato per la prima volta nel 1970, il testo di Firestone dichiara che «l'accumulazione di abilità [umana] per controllare l'ambiente» - che si estende alla corporeità sessuata e alla riproduzione biologica - è un mezzo per realizzare il «concepibile nel possibile». Il testo considera, dunque, la tecnologia (le famose tecnologie di riproduzione assistita, ma anche alcune forme di automazione domestica e informatizzazione industriale) come il fulcro degli sforzi di trasformare le condizioni sociobiologiche oppressive. L'opera di Firestone adotta un approccio ambizioso, costruttivo e di ampio respiro per concepire un futuro più emancipatorio. Per queste ragioni, ha influenzato profondamente l'immaginario xenofemminista.


TECNOMATERIALISMO

Lo xenofemminismo è un tentativo di formulare una politica di genere radicale adeguata a un'epoca di globalità, complessità e tecnologia. Una politica che veda la tecnologia come uno strumento per l'attivismo, cercando allo stesso tempo di affrontare una realtà contemporanea «tratteggiata da cavi in fibra ottica, onde radio e microonde, oleodotti e gasdotti, rotte aeree e di navigazione e l'inesorabile, simultanea esecuzione di milioni di protocolli di comunicazione a ogni millisecondo che passa» Lo xenofemminismo cerca di portare in primo piano gli elementi di (inter)azione più evidentemente materiali delle culture mediate contemporanee, e ricorre a delle concezioni recenti del digitale che ne evidenziano la bruta fisicità rispetto alle caratteristiche apparentemente più immateriali, cioè rispetto alla «percezione culturale che informazione e materialità siano concettualmente distinte e che l'informazione sia in un certo senso più essenziale, più importante e più fondamentale della materialità». In altre parole, lo xenofemminismo cerca di ancorare quello che è stato spesso erroneamente caratterizzato come un flusso libero e incorporeo ai suoi requisiti infrastrutturali e alla persistente fisicità di chi lo utilizza e lo produce (comprese le persone che, lavorando, svolgono attività ripetitive e mal retribuite nelle catene di montaggio elettroniche di tutto il mondo).

Il progetto xenofemminista non rifiuta la tecnologia (o la scienza o il razionalismo - idee spesso considerate costrutti patriarcali), ma la considera tanto una parte dell'ordito e della trama delle nostre vite quotidiane quanto una potenziale sfera di intervento attivista. Laboria Cuboniks nutre un interesse critico per tecnologie che potrebbero sembrare banali, come gli elettrodomestici, ma anche per innovazioni di più alto profilo capaci di agire da vettori per nuove utopie: i farmaci, la stampa 3D, il software open source, i sistemi di cybersecurity e l'automazione postindustriale. Se questi fenomeni possono essere usati per aumentare il controllo e il dominio sui corpi che lavorano, allo stesso modo rappresentano dei terreni fertili di possibilità per la sinistra femminista. Lo xenofemminismo è interessato a esplorare e usare queste affordance a proprio vantaggio - «vuole schierare strategicamente le tecnologie esistenti per riprogettare il mondo». Allo stesso tempo, però, lo xenofemminismo ammette che le tecnologie non sono affatto neutrali di per sé, ma vengono regolate e costituite dai rapporti sociali. Ciò riguarda anche le storie particolari della loro progettazione, le infrastrutture (tecniche, politiche, culturali) nelle quali emergono e gli squilibri in termini di accesso, fattore che in gran parte dipende dal carattere delle specifiche tecnologie in questione.

Riserve di questo tipo sono comuni a molte teorie e molti approcci tecnofemministi. Perfino l'entusiastica visione di comunismo cibernetico esposta ne La dialettica dei sessi mostra una certa consapevolezza dei limiti che il contesto sociale potrebbe porre alle implicazioni trasformative di una tecnologia.

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Pagina 20

ANTINATURALISMO

Il tecnomaterialismo dello xenofemminismo è arricchito dal suo impegno antinaturalista, e il suo investire negli scenari tecnologici contemporanei è, in parte, un'elaborazione di tale impegno. Perciò, Laboria Cuboniks dichiara che:

Il nostro destino è legato alla tecnoscienza, dove nulla è tanto sacro da non poter essere riprogettato e trasformato in modo da allargare la nostra prospettiva di libertà, estendendola al genere e all'umano. Dire che nulla è sacro, che nulla è trascendente, né può essere sottratto alla volontà di conoscere, di ritoccare, di hackerare, significa dire che nulla è sovrannaturale. La «Natura» - qui concepita come campo sconfinato della scienza - è tutto ciò che c'è.

In altre parole, scienza e tecnologia consentono una serie di interventi consapevoli all'interno del cosiddetto mondo «naturale». Questi interventi potrebbero potenzialmente estendere la libertà umana, per esempio incoraggiando l'autonomia riproduttiva e permettendoci di esercitare un controllo (seppur contingente, conteso e limitato) su ciò che accade ai nostri corpi. La Natura qui è vista non come un fondamento essenzializzante per la corporeità o l'ecologia, ma come uno spazio di conflitto tecnologizzato che influenza in modo sostanziale le esperienze vissute.

La distinzione sempre dubbia tra natura e cultura è stata definitivamente demolita dai cambiamenti in ambito scientifico e tecnologico. Se il crollo di queste distinzioni categoriche presumibilmente riduce l'utilità del costruttivismo sociale in quanto strumento analitico - in particolare quando si tratta di esporre la mutabilità delle identità - al contempo permette a ciò che prima era visto come intoccabile (il «naturale») di diventare un terreno di intervento e azione. Questo rifiuto di inquadrare la natura sempre e soltanto come il limite irremovibile degli immaginari emancipatori è un elemento cruciale del progetto xenofemminista, e un altro elemento di sintonia con La dialettica dei sessi. «La gravidanza», scrive Firestone, «è la temporanea deformazione dell'individuo nell'interesse della specie.» L'autrice osserva che la gestazione e il parto sono dolorosi, rischiosi e pieni di ostacoli per i corpi che ne fanno esperienza. In questo senso, Firestone vede lo sviluppo delle nuove tecnologie riproduttive - comprese quelle che agevolano l'ectogenesi - come un'occasione senza precedenti per mettere fine all'oppressione del corpo fecondabile.

È questa convinzione a motivare l'appello di Firestone a liberarsi «dalla tirannia della loro biologia riproduttiva con tutti i mezzi a disposizione». E il suo appello, probabilmente, è la posizione a cui Shulamith Firestone è più strettamente associata, e sicuramente quella per cui è più spesso biasimata.

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Pagina 28

Elizabeth A. Wilson sostiene che «l'anatomia stabilisce il tipo di malleabilità, eterogeneità, contrasto e imprevedibilità di cui le teorie femministe possono godere», e che dovremmo «riconquistare la biologia per la teoria femminista». Lo xenofemminismo concorda, e (come vedremo in questo libro) persegue lo scopo di una natura antinaturalista sul piano sia teorico che pratico. Anziché cedere questo ambito a interessi conservatori o corporativi - che da decenni tramano per ingabbiare i corpi biomedicamente manipolabili - dobbiamo riconcepire l'evidente (seppur parziale) mutabilità della natura come spazio di politica emancipatoria. Nelle parole di Firestone, «ogni fatto della natura che viene compreso può essere usato per alterarla». La biologia non è il destino, perché la biologia stessa può essere trasformata con la tecnologia e dovrebbe essere trasformata per poter perseguire la giustizia riproduttiva e la trasformazione del genere in senso progressista. Lo xenofemminismo enfatizza la mutabilità fondamentale dei corpi, delle identità e dei diversi processi che contribuiscono a modellarli; riconosce la pluralità della spontanea varietà del genere, spesso violentemente negata (come nel caso delle innumerevoli forme di intersessualità); si impegna in una rielaborazione proattiva ed emancipatoria dell'ordine sessuale e sessuato.

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Pagina 29

ABOLIZIONISMO DEL GENERE

L'ultima caratteristica che voglio esaminare è la mobilitazione xenofemminista per l'abolizione del sistema di genere binario, che in qualche misura deriva dal nostro impegno antinaturalista. Se la natura è avvolta nella sfera politica, e sia le norme che i corpi sono concepiti come malleabili, allora ciò che oggi intendiamo per genere è un terreno di trasformazione emancipatoria. Ma perché parliamo di abolizione in questo contesto? Se il genere può essere ricreato e trasformato in qualcosa di meglio, perché non cercare di riabilitarlo? Queste domande riguardano lo status transfemminista dello xenofemminismo. Come possiamo conciliare argomenti in favore dell'abolizione del genere con la difesa di un accesso meno restrittivo alle tecnologie di transizione, e come può un progetto dedito a massimizzare i diritti e le libertà delle persone trans* usare efficacemente la prospettiva di Firestone, vista la sua ottica palesemente rigida sul dimorfismo sessuale e la corporeità riproduttiva?

Nel paragrafo precedente abbiamo parlato del corpo come piattaforma rielaborabile e delle affordance che implica un approccio al corpo da una prospettiva di antinaturalismo ontologico. È in questo contesto che La dialettica dei sessi conserva la sua potenziale utilità xenofemminista, malgrado la relativa invisibilità delle persone trans* nella sua diagnosi dell'oppressione di genere. Come nota Nina Power: «L'approccio di Firestone alla questione sessuale è tanto sincero da avere un effetto rigenerante. La differenza tra sessi è reale. Gli uomini e le donne esistono, e possiedono capacità fisiche asimmetriche che storicamente hanno reso l'esistenza delle donne assai difficile e spesso spiacevole, o perfino letale». Firestone osserva, però, che con lo sviluppo di mezzi sempre più sofisticati di controllo delle nascite e riproduzione artificiale, la tecnologia ha «creato i veri presupposti per rovesciare queste condizioni "naturali" oppressive, insieme ai loro baluardi culturali». Il fatto che una determinata condizione venga descritta come naturale in questo momento storico non è ragione sufficiente per supporre che non si possa cambiare.

Ma per quanto rigenerante o meno possiamo trovare il materialismo biologico nell'opera di Firestane, sulla sua concezione di «donna» c'è molto da discutere o precisare, soprattutto se vogliamo incorporare alcuni elementi della sua prospettiva nel transfemminismo del XXI secolo.

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