Copertina
Autore Patricia Highsmith
Titolo Gente che bussa alla porta
EdizioneBompiani, Milano, 1998 [1990], I grandi tascabili Best seller 201 , Isbn 978-88-452-3795-9
OriginalePeople who knock on the door [1983]
TraduttoreAttilio Veraldi
LettoreRenato di Stefano, 1999
Classe narrativa statunitense
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 7 [ inizio libro ]

Con mira recisa, Arthur lanciò la pietra. Saltellò sei, sette volte sull'acqua e affondò, creando cerchi dorati sulla supefficie dello stagno. Un lancio buono come quelli di quando aveva dieci anni, pensò, cioè l'età in cui era stato più bravo in certe cose, come pattinare all'indietro, per esempio. Ora ne aveva diciassette.

Raccolse la bicicletta e pedalò verso casa. Quel giorno era diverso. Quel pomeriggio l'aveva cambiato totalmente, e si rese conto che fino a quel momento lui aveva avuto paura di pensarci.

Maggie era felice anche lei in quell'istante? Meno di cinque minuti prima gli aveva sorriso e, come al solito o quasi, gli aveva detto: "A presto, Arthur. Ciao."

Guardò l'ora: le cinque e trentasette. Un'ora assurda e noiosa! Assurdo, inoltre, misurare il tempo. Il sole di maggio gli sfiorava il viso; il vento gli raffreddava il corpo sotto la camicia. Le cinque e trentasette significavano che entro un'ora all'incirca la cena sarebbe stata in tavola, che suo padre sarebbe rientrato verso le sei, avrebbe preso il giornale del pomeriggio e si sarebbe lasciato cadere nella poltrona verde del soggiorno. Suo fratello Robbie sarebbe stato imbronciato e di pessimo umore per chissà quale ingiustizia subita a scuola quel giorno. Con uno scatto, lui sollevò in aria la ruota anteriore della bicicletta e alleggerì quella posteriore per scavalcare un ramo caduto in mezzo alla strada.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 102

Più tardi, dopo un'altra doccia, Arthur diede un'occhiata alle due riviste, o meglio ai fascicoli, che aveva trovato sul letto. Il primo riguardava la "santità della vita" e incitava: "Siate prolifici e moltiplicatevi!" Il secondo, che aveva una brutta copertina bianca e blu, coi colori fuori registro, scriveva: "Pensaci due volte!", ed era interamente dedicato ai pericoli fisici dell'aborto: setticemie, emorragie, depressioni, che venivano definite "morte della mente". Questo opuscolo trattava degli aborti "illegali" (il termine lì adoperato), dei macellai che li praticavano, dei fatali tentativi autonomi: come se non esistessero aborti legali, eseguiti da medici competenti. I medici e le infermiere che praticavano o assistevano questi interventi venivano definiti senza mezzi termini e "assassini" e "assassine" erano considerate le ragazze e le donne che a essi ricorrevano. Insomma, una dose piú concentrata di tutte le scemenze che aveva già visto e leggiucchiato nelle riviste. che ormai circolavano per casa. I contraccettiví non venivano mai menzionati. La gravidanza era una realtà e basta: andava portata a termine, fino alla nascita del bambino, e così via. Gli venne da ridere, perché quello che aveva sott'occhio non era meno esagerato e, a suo modo, meno farsesco di ciò che aveva appena visto alla televisione. C'era anche una certa componente sadica, che faceva pensare allo Scienziato Pazzo di buona memoria: che le donne paghino. Gli articoli erano scritti tutti da uomini con nomi da WASP, mentre le due case editrici avevano ragioni sociali come God's Way Press e New World College Religious Publications Inc., le cui sedi erano situate in località talmente piccole della Califomia, dell'Illinois e dell'Ohio che lui non le aveva mai neppure sentite nominare.

Bussarono alla porta. "Arthur?'

"Sì?"

Entrò il padre. "Bene, vedo che le stai guardando, almeno."

Lui gettò di nuovo le riviste sul letto. 'Già, avevo detto che l'avrei fatto."

"E ora come la pensi?"

Lui trasse un profondo respiro. "Ma davvero t'aspettavi che cambiassi idea per via di questa... di questa propaganda?"

Il padre sbuffò e attese prima di rispondere. "Ancora non hai l'età per votare e ti credi superiore a queste cose? Alla parola di Dio. Certo, non sono la Bibbia, lo ammetto, ma sono pur sempre la parola di Dio. Non so come riuscirai a dormire stanotte. Ma forse non ci riuscirai... Suvvia, Arthur... Magari prima dell'alba vedrai la luce e cercherai di fare qualcosa. Non voglio questa colpa sulla mia famiglia." E, parlando più lentamente, aggiunse: "E se vuoi andare lì, fino a quell'ospedale, io t'accompagno... A qualunque ora."

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 112

"Voglio dire, te l'aspetti che una ragazza si leghi veramente? Flirtano sempre, fanno le civette. Veronica non tanto, però, devo dire," aggiunse Gus, in tono serio. "O bisogna cambiare sempre ragazza... per essere sicuri? La cosa è molto impegnativa."

Pensò di chiedergli se era stato a letto con Veronica, ma concluse che significava invitare Gus a fare la stessa domanda sul conto di Maggíe. "Lei che cosa dice?"

"Io credo di piacerle, ma forse perché lei piace a me. Capisci? Ma per lei quanto può durare?"

Non sapeva che cosa rispondere e ciò che Gus diceva gli metteva tristezza, perché poteva applicarsi anche a Maggie. Per quanto ancora Maggie gli avrebbe voluto bene? Poi gli venne fatto di pensare d'essere decisamente piaciuto a Maggie, a letto. E anche dopo. Quei quindici o venti minuti li aveva rivissuti molte volte nella memoria. Se non le era piaciuto allora, non gli avrebbe dato un altro appuntamento, non lo avrebbe invitato a casa sua per presentarlo ai suoi. Il letto, sempre, pensò, tutto dipendeva da quello. O almeno aveva la sua grande importanza. Si costrinse a interessarsi a quanto aveva detto Gus. "Veronica farà il college qui?"

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 330 [ fine libro ]

La maledetta creatura esisteva, dunque! Sua madre l'aveva vista! La sorellastra. Si ricordò d'essersi dimenticato di cercare tra gli annunci delle nascite sull' Herald. "Bene, se Madame Irene già la spupazza in giro, immagino che presto tornerà anche al lavoro. Magari è già lì, al Silver Arrow."

"Già, perché no? Alla bambina può badare la sorella."

Notò che la madre appariva leggermente nervosa. Tra qualche minuto le sarebbe passato. Era contento che lei avesse effettivamente visto la piccola, perché questo la rendeva più concreta e non un fantasma: un corpicino destinato un giorno a morire come tutto il resto dell'umanità. "A proposito di Irene e del suo lavoro: non ci sarebbe da ridere se tornasse alla sua vecchia professione... Sai, quella di battona?"

Le spalle della madre sussultarono per la risata. "Oh, Arthur!"

"Senza la guida della confraternita," aggiunse lui, e immediatamente pensò: e di papà. Certamente, doveva averlo sostituito il reverendo Bob Cole: adesso ci pensava lui. No? Tornò serio. "In verità, si fanno più soldi sul marciapiede che al Silver Arrow," dichiarò, in tono solenne.

| << |  <  |