Copertina
Autore Pekka Himanen
Titolo L'etica hacker
Sottotitoloe lo spirito dell'età dell'informazione
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2003 [2001], Universale Economica Saggi 1745 , pag. 176, dim. 124x195x10 mm , Isbn 978-88-07-81745-8
OriginaleThe hacker ethic and the spirit of the information age [2001]
PrefazioneLinus Torvalds, Manuel Castells
TraduttoreFabio Zucchella
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe sociologia , informatica: politica , informatica: reti , copyright-copyleft , lavoro
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Indice

  5 Prefazione di Pekka Himanen

  9 Prologo: Come agiscono gli hacker?
    Ovvero, la Legge di Linus di Linus Torvalds

 10 La Legge di Linus
 11 Gli hacker

    Parte prima L'ETICA DEL LAVORO

 15 1. L'etica hacker del lavoro

 21 Lo scopo della vita
 24 La vita appassionata

 26 2. Il tempo è denaro?

 26 "Il tempo è denaro"
 27 Il tempo ottimizzato
 30 La venerdizzazione della domenica
 32 Il tempo flessibile
 34 La sabatizzazione del venerdì
 38 Il ritmo della creatività

    Parte seconda L'ETICA DEL DENARO

 43 3. Il denaro come motivazione

 43 L'etica del denaro
 45 Il denaro come motivazione
 50 Gli hacker capitalisti
 52 L'economia del libero mercato

 56 4. L'accademia e il monastero

 56 Il modello aperto
 59 L'accademia e il monastero
 62 Il modello hacker di apprendimento
 64 L'accademia della Rete
 67 Il modello sociale

    Parte terza LA NETICA

 71 5. Dalla netiquette alla netica

 71 Netiquette e netica
 74 Libertà di parola: il caso del Kosovo
 79 Privacy o l'onniscienza elettronica
 84 La realtà virtuale

 88 6. Lo spirito dell'informazionalismo

 88 Lavoratori autoprogrammabili
 89 Le sette abitudini dello sviluppo personale
 94 Lo spirito dell'informazionalismo
 99 L'etica del network
101 L'etica del computer
102 Essere responsabili

    CONCLUSIONE

107 7. Il riposo

107 I sette valori dell'etica hacker
109 La Genesi protestante
113 La Genesi preprotestante
114 Al di là del venerdì e della domenica

117 Epilogo: L'informazionalismo e la network
    society di Manuel Castells

133 Appendice: Una breve storia dell'hacking di
    Pekka Himanèn

141 Note
161 Bibliografia
172 Ringraziamenti

 

 

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Pagina 5

Prefazione
di Pekka Himanen



Al cuore della nostra epoca tecnologica si trova un affascinante gruppo di persone che si fanno chiamare hacker. Non sono celebrità televisive dai nomi noti, ma tutti conoscono le loro imprese, che in gran parte costituiscono la base tecnologica della nostra nuova società: Internet e il Web (che insieme possono essere definiti "la Rete"), il personal computer e una parte importante del software utilizzato per farli funzionare. Il "file di gergo" (The Jargon File) degli hacker, compilato collettivamente in Rete, li definisce come persone che "programmano con entusiasmo", che ritengono che "la condivisione delle informazioni sia un bene positivo di formidabile efficacia, e che sia un dovere etico condividere le loro competenze scrivendo free software e facilitare l'accesso alle informazioni e alle risorse di calcolo ogniqualvolta sia possibile". Questa è stata l'etica degli hacker fin da quando, nei primi anni sessanta, un gruppo di appassionati programmatori del Mit iniziò ad autodefinirsi in questo modo. (In seguito, a partire dalla metà degli anni ottanta, per i media il termine è diventato sinonimo di criminale informatico. Per evitare di venir confusi con coloro che creano virus e penetrano nei sistemi informatici/informativi provocando danni, gli hacker hanno cominciato a chiamare queste persone "cracker". In questo libro viene osservata la distinzione tra "hacker" e "cracker".)

Il mio iniziale interesse per gli hacker era essenzialmente di natura tecnologica, indotto dal fatto che i simboli più conosciuti del nostro tempo - la Rete, il personal computer e i software come il sistema operativo Linux - in realtà non sono stati sviluppati da aziende o governi, ma creati soprattutto da alcuni individui entusiasti che, semplicemente, si erano messi a realizzare le loro idee insieme ad altri individui animati da interessi comuni, e lavorando autonomamente. (Chi fosse interessato ai dettagli della vicenda consulti l'Appendice, Una breve storia dell'hacking.) Volevo capire la logica interna di questa attività, le forze che la guidano. Tuttavia, più pensavo agli hacker, più era evidente che ciò che li rende ancora più interessanti dal punto di vista umano è il fatto che rappresentano una sfida spirituale di portata generale ai nostri tempi. Gli hacker stessi hanno sempre riconosciuto l'applicabilità dei loro metodi su scala più ampia. Non a caso il loro "file di gergo" precisa che un hacker è sostanzialmente "un esperto o un entusiasta di qualsiasi tipo. Si può anche essere hacker dell'astronomia, per esempio". In questo senso, una persona può essere un hacker senza avere mai nulla a che fare con i computer.

La domanda principale si trasforma quindi in: "Che succede se guardiamo gli hacker in una prospettiva più ampia?" e: "Che significato ha, allora, la loro sfida?". Considerata da questo punto di vista, l'etica hacker diventa sinonimo di quel generale rapporto entusiastico nei confronti del lavoro che si sta affermando nella nostra età dell'informazione. In questo senso, l'etica hacker si presenta come una nuova etica del lavoro che sfida la mentalità che ci ha resi schiavi per così tanto tempo, quell' etica del lavoro protestante analizzata nel classico di Max Weber, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Per alcuni hacker l'accostamento tra la loro etica e Weber può sembrare a prima vista incongruo, ma dovrebbero ricordare che in questo libro l'espressione "etica hacker" viene usata in un'accezione che trascende il mondo dell'informatica, e che per questa ragione mette a confronto forze sociali che non vengono normalmente considerate nelle discussioni incentrate esclusivamente sui computer. L'ampliamento del concetto di etica hacker rappresenta così una sfida intellettuale anche per gli stessi hacker.

Ma l'etica hacker è soprattutto una sfida per la nostra società e per la vita di ciascuno di noi. Oltre all'etica del lavoro, il secondo importante livello della sfida lanciata dagli hacker riguarda l' etica del denaro, un aspetto che Weber definì come altra componente fondamentale dell'etica protestante. È evidente che quella "condivisione delle informazioni" citata in precedenza non rappresenta il modo dominante di fare soldi nella nostra epoca; al contrario, il denaro viene accumulato soprattutto tramite il possesso delle informazioni. E neppure il principio etico (ethos) degli hacker - secondo il quale la loro attività deve essere motivata non dal denaro ma soprattutto dal desiderio di creare qualcosa che la comunità dei pari possa ritenere di valore - è un'attitudine comune. Se non è lecito affermare che oggigiorno tutti gli hacker condividano questa etica del denaro o che presumibilmente essa si diffonderà in tutta la società - e lo stesso vale per la loro etica del lavoro -, possiamo invece dire che essa ha rappresentato una forza importante nello sviluppo della nostra epoca e che il dibattito tra gli hacker sulla natura dell'economia dell'informazione potrebbe portare a conseguenze come minimo altrettanto radicali di quelle della loro etica del lavoro.

Il terzo elemento presente nell'etica hacker fin dai suoi esordi - cui si è accennato in precedenza con la frase "facilitare l'accesso alle informazioni e alle risorse di calcolo" - potrebbe essere definito come la loro etica del network o netica (nethic). Essa sostiene idee come la libertà di espressione e l'accesso per tutti alla Rete. La maggior parte degli hacker condivide soltanto alcuni degli aspetti di questa netica, ma il significato sociale di tale adesione deve essere inteso in un senso generale: certo, l'impatto di questi temi è tutto da verificare, ma essi si collocano senza dubbio al cuore delle sfide etiche dell'età dell'informazione.

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Pagina 32

Il tempo flessibile


Nell'economia dell'informazione, la vita intera è stata ottimizzata nella maniera tipica (ma non in tempi precedenti) del lavoro. Ma questo non è tutto. Oltre all' ottimizzazione del tempo incentrata sul lavoro, l'etica protestante richiede anche un' organizzazione del tempo incentrata sul lavoro. L'etica protestante ha introdotto l'idea di un tempo lavorativo regolare come centro della vita. L'autorganizzazione è andata perduta ed è stata relegata a ciò che resta dopo il lavoro: la sera come fine della giornata, il fine settimana in quanto resto della settimana, e la pensione in quanto avanzo della vita. Al centro della vita sta il lavoro regolarmente ripetuto, che organizza tutti gli altri usi del tempo. Weber descrive nell'etica protestante "il lavoro irregolare, cui il lavoratore ordinario è spesso costretto, [...] richiesto da un ascetismo mondano"

Fino a oggi l'organizzazione del lavoro non è cambiata molto nell'economia dell'informazione. Pochi, tuttavia, sono in grado di derogare dalle ore lavorative rigidamente regolari, malgrado il fatto che le nuove tecnologie dell'informazione non soltanto comprimono il tempo, ma lo rendono anche più flessibile. (Castells la definisce" desequenzializzazione del tempo".) Con tecnologie come la Rete e il telefono cellulare, si può lavorare dove e quando si vuole.

Ma questa nuova flessibilità non conduce automaticamente a un'organizzazione del tempo più olistica. Infatti, la tendenza dominante nell'economia dell'informazione sembra essere rivolta verso una flessibilità che porta al rafforzamento della centralità del lavoro. Più spesso che mai i professionisti dell'informazione usano la flessibilità per rendere il tempo di svago più disponibile per brevi intervalli di lavoro, piuttosto che il contrario. In pratica, mentre il blocco di tempo riservato al lavoro è ancora incentrato su una giornata lavorativa di (almeno) otto ore, il tempo libero viene interrotto da intervalli di lavoro: mezz'ora di televisione, mezz'ora di e-mail, mezz'ora fuori con i bambini, inframmezzate da un paio di telefonate di lavoro con il cellulare.

La tecnologia senza fili, per esempio quella del telefono cellulare, non è di per se stessa una tecnologia liberatoria; può essere anche una "tecnologia dell'emergenza". Capita facilmente che ogni chiamata si trasformi in uno strumento per sopravvivere alle emergenze della giornata.

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Pagina 43

3.
Il denaro come motivazione



L'etica del denaro

Come abbiamo visto, l'etica hacker implica un' etica del lavoro che mette in discussione l'etica protestante comunemente diffusa. In generale, la sfida al lavoro propugnata dagli hacker - nonostante il forte impatto tuttora esercitato dall'etica protestante sull'economia dell'informazione - sta facendo sentire il suo peso su un gruppo sempre più ampio di professionisti dell'informazione. Ma quando arriviamo al secondo livello del concetto weberiano di etica protestante - l' etica del denaro, il nostro rapporto con i soldi - le reazioni sono gioco forza più contrastate.

Nel descrivere questa dimensione del vecchio spirito capitalistico, l'etica del denaro protestante, Weber disse: "Il 'summum bonum' di questa 'etica' ", il suo bene supremo, è "guadagnare denaro, sempre più denaro". Nell'etica protestante, sia il lavoro sia il denaro sono visti come fini a sé stanti.

La "novità" della new economy non consiste nel rifiutare il vecchio obiettivo dell'accumulo di denaro. A dire la verità noi viviamo nell'epoca storica del capitalismo più puro, in cui anche quel piccolo simbolo del tradizionale contrappeso allo spirito capitalistico, la domenica di ispirazione antimercantilistica, ci sembra così alieno che vogliamo sbarazzarci delle chiusure domenicali dei negozi per trasformarle in un altro venerdì. Anche il cambiamento del nostro rapporto con la domenica è lì a dimostrare l'importante svolta nell'etica protestante della new economy: la domenica, intesa come tempo libero, ha una ragion d'essere soprattutto come spazio per il consumo. Il frugale puritano del Diciassettesimo secolo descritto da Weber è stato sostituito dall'onnivoro consumatore del Ventunesimo secolo, guidato unicamente dall'autogratificazione.

Questo significa che il conflitto centrale dell'etica protestante viene ora risolto in un modo nuovo. Il conflitto scaturiva dalla simultaneità di una domanda di lavoro che favorisce la prosperità economica e dalla richiesta di considerare qualsiasi tipo di lavoro come un dovere. Ma se una persona considera davvero il lavoro come valore supremo, non si deve preoccupare della massimizzazione del proprio reddito. E se una persona considera il denaro come scopo supremo, il lavoro non è più un valore di per sé ma semplicemente un mezzo. Nel vecchio capitalismo questo conflitto veniva risolto considerando il lavoro più importante del denaro, cosa che si riflette nel modo in cui la maggior parte delle persone tende a percepire il termine etica protestante come etica del lavoro protestante.

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Pagina 101

L'etica del computer

Anche l'applicazione della metafora del computer alle persone e alla società rende la proposta etica di difficile realizzazione. L'ottimizzazione degli esseri umani e delle imprese in termini informatici comporta una logica della velocità, e ciò tende a schiacciare le nostre vite su un altro tipo di sopravvivenza. Alle più alte velocità, l'obiettivo della società diventa lo stesso di quello inseguito dai piloti di macchine da corsa: mantenere il veicolo stabile perché non esca dalla pista. Ancora una volta, l'ideale di stabilità minaccia di sostituire l'etica.

Si potrebbe dire che esiste una "barriera etica", una velocità al di sopra della quale l'etica non può più esistere. Dopo quel punto l'unico obiettivo che resta è la sopravvivenza nel momento immediato. Ma soltanto coloro che non devono concentrarsi esclusivamente sull'"adesso" per garantirsi la sopravvivenza sono in grado di preoccuparsi per gli altri. L'eticità richiede un pensiero senza fretta.

L'eticità richiede anche una prospettiva temporale più lunga: la responsabilità per le conseguenze future degli sviluppi attuali e la capacità di immaginare un mondo diverso da com'è ora. Anche a proposito di questo altro importante problema della nostra epoca, gli hacker sono in grado di fornire soltanto un esempio, più o meno simbolico, di un rapporto diverso e responsabile con il tempo.

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