Autore Kari Hotakainen
Titolo La legge di natura
EdizioneIperborea, Milano, 2015, n. 250 , pag. 264, cop.fle., dim. 10x20x2 cm , Isbn 978-88-7091-450-4
OriginaleLuonnon laki
EdizioneSiltale, Helsinki, 2013
PrefazioneNicola Rainò
TraduttoreNicola Rainò
LettoreAngela Razzini, 2015
Classe narrativa finlandese












 

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Pagina 9

Non guardarti, guarda il cielo.

L'uomo indossava una giacca arancione e un casco rosso. Disse di essere un paramedico e raccomandò a Rautala di stare calmo, pur sapendo quanto fosse difficile in quell'ammasso di lamiere insanguinate. Basta non guardare le ossa che ti spuntano fuori ma tenere gli occhi fissi al cielo, attraverso il parabrezza frantumato, e rimarrai cosciente.

Rautala provò a cercare il nome dell'uomo sulla giacca. Non lo trovò, si ricordò del cielo. Era terso e senza uccelli, poco prima brillava il sole. Ricordò i raggi del mattino, quando aveva avviato il motore per andare dai suoi vecchi che abitavano a un centinaio di chilometri da lì.

L'uomo gli si fece più vicino dicendo che per tirarlo fuori occorrevano attrezzi speciali, ci sarebbe voluto ancora un po'. Gli avrebbe dato subito un analgesico. Rautala annuì e fece quello che gli era stato appena proibito: si guardò.

Le ossa se n'erano andate per proprio conto, si erano aperte un varco nella carne verso la libertà e avevano bucato anche la giacca a vento, da cui ora spuntavano come da un taglio d'arrosto. I jeans neri erano un grumo rosso. Gli crollò la testa sul volante. Perse i sensi.

A un tratto sussultò per un rumore violento, metallico: era forse qualche grosso attrezzo? Sì. Stavano tagliando le portiere. Ma non era già abbastanza a pezzi quella macchina?

Qualcuno gli disse che ad appena cento chilometri da lì lo attendevano i migliori ortopedici del Paese, la migliore squadra di chirurghi. Tutti a sua disposizione, stia tranquillo. L'elicottero del pronto intervento sta arrivando. L'elicottero, roba che si vede solo nei film. E alle fiere agricole dove lo portava suo padre da piccolo. Il pubblico poteva salire a bordo e farci un giro, ma papà non aveva i soldi per far volare alto il suo ragazzo.

Rautala se ne stava immobile tra le lamiere battendo i denti, come un bambino che è stato troppo in acqua e non trova più l'asciugamano. Ma non era il caso di agitarsi, o rischiava che le gambe maciullate gli si staccassero del tutto dal tronco.

Poco prima stava parlando con la figlia nel ronzio dell'abitacolo, e adesso era al centro del mondo. È così che si sentono i privilegiati? Tutta quella gente per una persona sola. Per lui. Se lo meritava? Oppure no? Ma lo sanno, tutti questi, chi sono io? Non sono nessuno. E quanto costerà? Quando arriverà il conto? È colpa mia? Stavo forse armeggiando con la radio e ho combinato un guaio? O cercavo le mentine sul sedile accanto? Ho forse vissuto abbastanza per potermene andare? C'è ancora qualcosa che mi resta da dire? Si può giocare a pallavolo su una sedia a rotelle? Magari facendo solo il palleggiatore? E un disabile può frequentare anche gente con le gambe sane, o deve starsene con quelli come lui?

Trattenne il pianto e quello gli rientrò a singulti. Il pianto è una brutta bestia. Gli scuoteva il corpo lacero, Rautala cercò di arginarlo con un muro, che però crollò e le lacrime proruppero a spruzzi dal naso. Non poteva pulirselo con le mani ridotte in quel modo. Ma prima che arrivasse la vergogna spuntò una mano con un fazzoletto di carta che glielo asciugò.

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Pagina 15

Dopodiché accadde quel che accade a chiunque entri in un ospedale. Oltre ai vestiti e agli effetti personali gli portarono via l'intimità, la posizione, la reputazione, l'onore, il passato. Dandogli in cambio vestiti puliti e un futuro.

Ed eccolo su un letto del reparto di terapia intensiva in attesa dell'intervento. Sembrava un paziente, ed era un uomo.

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Pagina 24

Laura aveva ascoltato re e buffoni, vecchi e moribondi.

I re le davano del lei, finché non perdevano il controllo e la chiamavano puttana. Un re non regge più di tanto se si ritrova sottomesso a un altro re. E un male è sempre un re.

I buffoni non reggono la realtà e così la deformano, la sbeffeggiano. In ospedale non durano a lungo, si riducono a pazienti generici nel giro di una settimana.

I vecchi contengono tutte le età e perciò sono imprevedibili. I ricordi sono grandi stanze in cui si aggirano domandandosi chi ha cambiato posto al comò, e perché la tunica bianca di Dio ha dieci penne nel taschino. E quando Dio si presenta come il primario, il professor Korhonen, loro alzano la mano in aria mandandolo affanculo.

I moribondi non parlano, sibilano soltanto. L'anima è grande e lascia il corpo con fatica, come se non volesse o non avesse spazio per uscirsene.

Una volta Laura si era trovata al capezzale di una vecchia in punto di morte. Le teneva la mano. Era fredda come un pezzo di ferro d'inverno. L'anziana sibilava, sospirava, sibilava ancora, si sollevava per tossire, ma non c'era posto per la tosse, che spingeva, strappava e picchiava la gola cercando di allargarla, niente da fare, la vecchia si lasciava cadere, guardava con orrore il soffitto, o forse qualcos'altro, va a saperlo, perché i suoi occhi erano già a metà strada verso l'altra sponda e magari fissavano qualcosa al di là. Laura sperava che si spegnessero e invece no, la vita non aveva pietà, ricorreva ai tempi supplementari, e quando il respiro sembrava sul punto di interrompersi, ecco che proprio allora si riprendeva: il polso diventava quello di un neonato, come se la donna fosse riuscita a riaggrapparsi a questa sponda. Laura pregava: spegniti! L'ultimo sibilo rimase a metà, la bocca si spalancò in una smorfia. Laura sentì la morte sotto la propria pelle, il gelo della vecchia mano le era penetrato dentro. Solo allora chiamò una collega e annotarono l'ora del decesso, 13:21. Saara ha traslocato, aveva detto l'altra infermiera.

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Pagina 40

I pensieri di Väinö andavano e venivano in modo imprevedibile, erano organismi viventi, autonomi e irregolari, difficili da guidare, fermare, mettere in fila.

Väinö ne afferrò uno al volo e lo tenne chiuso tra le mani come una farfalla. Suo figlio aveva fatto un incidente. Lo trattenne per un po', finché un altro pensiero non gli si posò accanto. Amleto sul grande palcoscenico. Anche Amleto è un figlio, ma un figlio vero è più importante di uno inventato. Quei due pensieri, il figlio e Amleto, gli restarono in mente per una ventina di secondi, poi arrivò Kerttu.

Väinö e Kerttu stavano insieme da mille anni. Non avevano mai nemmeno preso in considerazione l'idea di separarsi, ma di uccidere il coniuge sì. Un incensurato al suo primo delitto può cavarsela con una condanna di pochi anni, anche se poi, una volta tornato a casa, si ritrova solo. Il lato triste dell'omicidio.

Senza alzarsi dalla sedia Väinö disse a Kerttu che il loro unico figlio aveva avuto un incidente d'auto. La madre trasalì, poi domandò se fosse ancora tutto intero. Väinö annuì, ormai facevano miracoli, comunque tu fossi ridotto. Gli ospedali avevano fatto progressi sconcertanti. Vai fuori strada e loro ti rimettono in pista. Non stanno lì a dirti, ehi tu, credi di poterti bere l'anima per vent'anni e poi venire qui a chiedere un paio di protesi alle ginocchia, solo per tornare a trascinarti fino al bancone? Nessuna domanda, ti raccolgono buco di culo e ti rimandano fuori bel culetto.

Kerttu precisò di aver chiesto solo notizie del figlio, non dell'intero sistema sanitario. Väinö disse che alla prossima telefonata avrebbe messo l'apparecchio acustico. La volta prima non ce l'aveva. Tanti dubbi scompaiono grazie a quegli aggeggi.

Kerttu si allontanò cigolando sulla sedia a rotelle. Fa bene mantenere una certa distanza. Migliora la visuale. Da quattro metri ebbe una visione chiara del marito come di un uomo bello e in gamba. Gli venne voglia di chiedergli di quella creaturina nella pancia della nipote. Ma non se la sentì, non sapendo se avrebbe parlato all'orecchio o all'apparecchio acustico. Faceva una bella differenza. Pensò alla piccola vita nella pancia della nipote e alla propria morte. Così vicine da essere quasi la stessa cosa. Kerttu che va, bambino che viene. Si incrociano sulla soglia e si salutano.

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Pagina 51

[...] Ma ora non gli importava, c'era sua figlia alla finestra, il volto non era più così roseo e lui sapeva perché: Mira voleva continuare dal punto in cui erano rimasti nell'ultima telefonata subito prima dell'incidente.

Te ne vai in giro per il paese sul tuo macchinone senza curarti di tutta la merda che scarichi nell'atmosfera. E non m'interrompere. Non vuoi prenderti nessuna responsabilità per quel che fai. Non ti preoccupi minimamente del mondo che ti lasci dietro. E non m'interrompere. Mangi animali innocenti che non ti hanno fatto niente di male. Dalla Nuova Zelanda, il Canada, il Brasile e Dio sa dove ti portano manzi morti e tu te li rosoli nel forno. E non m'interrompere. Io e Pete ce la stiamo mettendo tutta per dare a questo paese un presidente verde. Voglio che la nostra campagna elettorale parta prima della nascita di mio figlio. Così potrò dirgli che è nato nel periodo in cui la Finlandia è cambiata. Diventerà una società diversa, una comunità aperta, dove la felicità è un diritto di tutti, indipendentemente dall'orientamento sessuale e dal colore della pelle. E tu liquidi il discorso dicendo che daresti volentieri il tuo voto a un conservatore che accetta i gay. Il nostro candidato non è un tradizionalista oscurantista e capitalista, ma un progressista internazionalista e ambientalista. E non m'interrompere. Tu ci accusi di aver commesso un furto intellettuale appropriandoci del concetto di tolleranza. Non è vero. Lo abbiamo solo portato all'attenzione di tutti. Dici che la tolleranza non significa niente se non viene messa alla prova. Bene, vieni e testarla tu stesso, vieni a una nostra manifestazione. E non m'interrompere. Lavori in nero, fai le creste su ogni prezzo, e non fai che osannare il modello estone con l'aliquota del diciassette per cento, un paradiso, certo, ma hai mai pensato a dove ti porta un sistema del genere? Quando andrai con il tuo maledetto suv da Tallinn a Tartu e incontrerai centinaia di buche sulla strada, ti accorgerai che con quel prelievo fiscale non riescono neanche a rifare l'asfalto. E non m'interrompere, cazzo. Come puoi difendere il tuo stile di vita? E non venirmi a dire che non ci sono alternative, perché ci sono. È una questione di volontà politica. D'accordo, non riguarda te. Ma è anche una questione di scelte personali, e questo ti riguarda. Ok? Di' qualcosa! Ma non essere volgare, la mia pancia ha orecchie.

Rautala strizzò gli occhi. Sì, Mira era ancora alla finestra. In genere alla fine dei suoi monologhi diceva di avere il telefono scarico.

Lo sai benissimo perché vado in macchina, non certo per divertirmi. Sempre col fuoco al culo dietro al lavoro, e poi dai nonni. Corri di qui, scappa di là. E sarei io a distruggere l'atmosfera? Con una macchina sola? Che ho anche cambiato con un diesel? L'ho fatto quando quel ministro ambientalista ha promesso agevolazioni fiscali a chi premeva l'acceleratore verde. E ha mantenuto la promessa, per due anni. Ad ogni modo non ti sei fatta tanti scrupoli a prenderla in prestito per andare con Pete a quel festival rock, anche se potevate benissimo usare i mezzi pubblici. E non dimenticare che me l'hai chiesta anche per la vostra spedizione in Ostrobotnia a liberare i visoni. E io non ve l'ho data. Maledizione, ci mancava solo che la polizia di Kauhava prendesse la targa e mi ritrovassi nei guai. Il punto è che ogni strada arriva a un crocevia. Che bella parola! Prima adoriamo la Croce e poi ci chiediamo se sia quella la via. Ecco da dove deriva. È così difficile da capire, che tutta la vita è fatta di conflitti, di compromessi, e di sciolina sbagliata sotto gli sci? Te lo dico chiaro e tondo, non me ne frega un cazzo della natura quando vado dai miei. Con i mezzi pubblici ci metterei ventiquattr'ore, e non potrei neanche andare a fargli la spesa. E quelle ventiquattr'ore non le darei nemmeno per una specie in via d'estinzione. Tu invece non hai tempo da dedicare ai nonni, sei troppo occupata con la campagna elettorale, a diffondere i valori della tolleranza. Non ne hai mostrata molta quando tua nonna ha avuto l'ictus. Allora eri impegnata a liberare i visoni. Ti auguro una vita migliore della sua. Posso continuare? Bene. Non ho niente contro il tuo candidato verde alla presidenza, ma mi fanno un po' paura i suoi sostenitori. Non parlo di te, ti conosco, ma questa tua tolleranza riguarda anche gli altri o solo chi la pensa come voi? Sono tutti razzisti quelli che hanno idee diverse? Io non credo a nessuna ideologia che non sia stata messa alla prova. Pratica contro teoria. La pratica vince sei a zero. Sempre. Dall'ascesa dei Veri Finlandesi voi ambientalisti avete tratto conclusioni tutte vostre e sfruttato al massimo le poche dichiarazioni razziste di quel partito. Dietro la loro vittoria elettorale non c'erano i negri, ma intere fabbriche buie. I voti che hanno ottenuto sono figli della disoccupazione. Lo so che la tua pancia ha orecchie, perciò non dico altro.

Mira scomparve, Rautala ebbe un sussulto. Allungò la mano verso la finestra senza poterla raggiungere. Il vuoto fu riempito dalla lite avuta prima dell'incidente.

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Pagina 59

Rautala sentì la merda in arrivo. In condizioni normali è una sensazione gradevole, sapendo che la materia espulsa cade quindici centimetri sotto nell'apposita tazza. Ma adesso si rendeva conto che quella roba poteva infilarsi in ogni piega e anfratto del suo fondoschiena. Suonò il campanello. Non sapeva mai chi arrivava. Poteva essere quella che dice: Bene, oggi l'abbiamo fatta grossa. Rautala detestava quell'umorismo sfacciato e spicciolo, ma non aveva scelta.

Vennero Laura e Silvia, lo spinsero sul fianco e gli sistemarono la padella sotto le reni. Rautala seguì le loro espressioni esattamente come Irma Keinänen aveva seguito quelle dell'uomo dal nome assurdo. Dipendeva in tutto e per tutto dalla pietà delle infermiere, e sul volto di Laura gli parve di leggere: Hai ricevuto una nuova vita. Nella vecchia non avevi pietà per gli altri, e neanche ne ricevevi. Per questo non capisci la parola, e nemmeno hai più bisogno di capirla, ora, perché la vivi. Una nuova vita puzza sempre. La vecchia ha un odore, la nuova puzza. È una legge di natura, incisa a scalpello sulla pietra.

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Pagina 143

Annuì verso il ministro della Sanità e delle Politiche sociali. Vai avanti. Continua, anche se non ce la fai. Per questo siamo pagati: per dividere il poco che c'è e dirlo apertamente.

Il ministro della Sanità e delle Politiche sociali guardò e non guardò il primo ministro. Guardò verso di lui e oltre. Era di qua e di là. Carne e pesce.

Väinö diede una spintarella a Kerttu. Guarda un po' come una persona importante impazzisce in diretta. Non succede tutti i giorni, non poteva perderselo. Kerttu riemerse dai suoi ricordi e vide sullo schermo una donna ammutolita. Niente di strano in un paese di muti, pensò.

Il ministro della Sanità e delle Politiche sociali non cedette, non si spezzò. Ma crollò. Riuscì a biascicare soltanto qualche sillaba, dal naso le colarono acqua e muco, si alzò in piedi, si rimise a sedere, non trovava pace, guardò la lista, non ci vide scritto nulla, solo puntini, non cifre, ma un fluttuante groviglio nero. Sentì la sedia traballare. No, seduta no. Si alzò di nuovo, ma le gambe, pur ben allenate e muscolose, non ressero. Si aggrappò al tavolo con le mani, ma inutilmente. Magari penseranno a un malore, sperò un attimo prima di accasciarsi sul pavimento, non a una crisi di nervi. Ma dai due o tre sguardi che incrociò mentre cadeva capì subito che era una speranza vana.

I giornalisti in prima fila la guardavano come fosse un fenomeno da baraccone. Non vedevano la persona, ma solo il titolo a caratteri cubitali, il pezzo in prima pagina, il video, i like su Facebook, non vedevano un funzionario di Stato, ma un ex ministro caduto per la Santissima Lista, crocifisso da un video, sepolto nel silenzio – e lì rimasto un bel po' a marinare – e il terzo giorno resuscitato alla giunta comunale, da dove di nuovo verrà nella gloria a giudicare chi non sa cosa voglia dire essere nell'occhio del ciclone.

Il ministro delle Finanze lanciò un'occhiata allo staff: fate qualcosa! Due figuri ben piazzati comparvero dal nulla, afferrarono impassibili il ministro per le ascelle e la accompagnarono fuori dalla sala. I battenti della porta si spalancarono su una luce accecante in cui il trio si eclissò. Un giornalista di lungo corso, convinto di aver visto ormai di tutto, questa volta vide anche qualcosa di più. Chiuse un istante gli occhi e cominciò a intessere la trama lirica di un pezzo memorabile.

Il capo del governo si fece dare la lista dal ministro delle Finanze. Il foglio era sporco e umidiccio. Per un attimo gli sembrò che gli sputacchi del ministro della Sanità e delle Politiche sociali avessero sciolto una parte dei tagli, e invece no, erano tutti lì.

Si scusò per l'interruzione e diede la colpa di quel malore alle due notti insonni passate in sala consiliare. Poi riprese a leggere passando ai fondi per l'assistenza domiciliare e il personale ospedaliero. Da entrambe le voci andava tagliato il dieci per cento, perciò esortava fin da subito parenti, amici e conoscenti dei malati a prestare l'aiuto necessario. Molti di loro sarebbero comunque rimasti senza lavoro a causa di altri tagli, per cui avrebbero avuto molto più tempo libero. Ora che la mano della società era malata, un vicino poteva anche offrire la sua. Dal personale sanitario si aspettava invece uno stoico spirito di sacrificio a fronte di una situazione in cui nessuno aveva colpa e tutti erano vittime.

Väinö sentì un'espressione che conosceva, l'aveva letta e riletta su un'infinità di carte, dovevano essere tutte nel primo cassetto del comò, se ricordava bene. Sussidi per l'assistenza domiciliare. Davvero quell'uomo angosciato aveva pronunciato quelle parole? E se sì, perché? Forse aveva risposto alla domanda che Väinö aveva fatto agli assistenti familiari: Me la dà una mano il comune se prendo una sedia elettrica per Kerttu, di quelle che si comandano con la levetta? Non si dice sedia elettrica, Väinö l'aveva chiamata così una volta davanti alla moglie e lei gli aveva tenuto il muso per un pezzo. Sedia a motore, allora, era quella che gli stava promettendo l'uomo angosciato alla tivù?

Laura sferrò un colpo contro la parete dello sgabuzzino con il manico della scopa, si strappò via gli auricolari, corse nella saletta, e quando vide lo schermo ebbe voglia di saltarci dentro. In tanti anni di lavoro aveva visto in tivù muratori, imprenditori, signori in giacca e cravatta, ma soprattutto operai delle cartiere sempre a dire con voce dimessa di essere la colonna portante delle esportazioni, lo zoccolo duro del paese, uomini che premendo lo stesso pulsante per tre turni trasformano le foreste in carta, venduta nel mondo intero, per scrivere lettere, per asciugarsi le lacrime, per stampare nuovi contratti di lavoro che garantiscono a quel settore bonus consistenti, perché senza di loro le foreste starebbero lì a stormire inutilmente al vento e le entrate dello Stato verrebbero solo da inservienti, ovvero infermieri, assistenti sociali, camerieri e autisti d'autobus, e che cifra può mai scrivere questa gente umile sotto la riga della dichiarazione dei redditi? Quanto fruttano all'erario i loro compensi miseri, i loro stipendi da mille euro? Con contributi del genere lo stato sociale non durerebbe più di una settimana. Quegli uomini sono carta, e di ottima qualità. Su quella carta compaiono belle cifre e per questo possono far sentire la loro voce e difendere la loro causa. Gli inservienti invece non possono far sentire un bel niente, perché le loro cifre sono come cacche di topo sparse nel bosco.

Laura aveva tirato avanti una vita con poco più di mille euro al mese, e ora voleva entrare nel televisore, le bastavano cinque minuti, per spiegare a quella gente cosa si nascondeva sotto quella riga: Con la carta io asciugo gli angoli della bocca, i lobi delle orecchie, la schiena e la nuca dei pazienti, con le salviette umide, sempre di ottima qualità, gli strofino il sedere, e l'ho sempre fatto per vocazione e con piacere, un piacere che adesso, però, se n'è andato, e tornerà soltanto quando vi sentirò dire: non taglieremo i fondi al reparto A2 di Laura, perché lì ci rimettono in sesto il personale delle cartiere, i contabili, i signori in giacca a cravatta, gli imprenditori e gli operai edili, senza guardare all'età o alla simpatia, se siano finiti in quel reparto per lo stile di vita che si sono scelti o per il lavoro instancabile con cui hanno trasformato le nostre foreste in banconote, in un modo o nell'altro gli infermieri curano tutti, e quando nel giorno del giudizio si guarderà cosa resta sotto quella riga a parte i numeri, ci si troverà la raggiante gratitudine che brilla negli occhi dei pazienti quando dall'ospedale ritornano a casa.

Hulda e Sanelma si domandarono cosa andasse brontolando Laura lì davanti alla tivù. Hulda le fece un cenno con la mano invitandola a togliersi di mezzo. Laura si voltò, si accorse delle pazienti, e si allontanò barcollante dalla stanza.

Il primo ministro continuò con la lista e arrivò ai contributi alle imprese, che andavano completamente aboliti. Mira se ne rallegrò: non sarebbe più stato tanto facile aprire nuovi allevamenti di animali da pelliccia. Non le venne in mente che erano proprio quelli gli incentivi su cui contava Pete per mettere in piedi una sua attività. Il bambino scalciò. Lei si accarezzò la pancia e lo tranquillizzò. Il primo ministro sentì come un colpo al diaframma e per un attimo si pentì, di tutto quanto. Ma poi ricordò che il pentimento è dolce come il ricordo e che il bambino ha bisogno di un po' di sale per affrontare le sfide della vita. Avrebbe voluto parlare al piccolo dell'impotenza che aleggiava in Europa. Le nazioni dipendono l'una dall'altra, la crisi di una colpisce tutte. Per quanto tu curi con amore e devozione il tuo pezzo di terra, c'è sempre un vicino che ci scarica le sue acque reflue. Il capo del governo valutò un attimo le parole da scegliere. Doveva essere ancora più chiaro, primo perché da dentro la pancia non si sente tanto bene, e poi perché la gente è stanca delle solite chiacchiere inutili. E così disse: Quello che oggi accade in Grecia, forse domani toccherà all'Italia. Se l'ala di una farfalla greca si appiccica a un pezzo di feta finisce per rovinare anche la nostra insalata mediterranea. Il bambino non vedeva il problema, lui che aveva passato gli ultimi mesi nuotando beato in un regno d'acqua e liquido amniotico. E smise di calciare, in fondo quell'uomo brizzolato sembrava avere buone intenzioni. Secondo Mira invece il valore di uno stato sociale dipende dalla misura in cui tutela gli indigenti, ossia lei, Pete e qualche loro amico. Il primo ministro annuì, chiedendole però di definire meglio il concetto di indigente. Mira si sentì presa in giro, mentre il bambino intuì dietro quella richiesta un'annosa insofferenza per i concetti generici, oltre che per la tendenza dell'essere umano a vittimizzarsi non appena gli si toccano i suoi standard abituali. Ad ogni modo il primo ministro capiva Mira, perché la gravidanza rende le donne ipersensibili. I profumi diventano puzzi, l'umore è in continuo subbuglio, il cibo assume un sapore strano. Nella sua condizione era normale prendere dei semplici tagli per la fine del mondo e le parole di un primo ministro per dei versetti satanici.

Nella sala si alzarono le mani dei giornalisti.

Il premier sollevò la sua. In una situazione eccezionale come quella, disse, le domande non erano previste. Semplicemente perché non c'erano risposte.

Mormorii, brusii, cigolii di sedie, flash impazziti. Bocche spalancate, agitar di mani, grattar di teste. Le domande si affollavano e aggrovigliavano una sull'altra: Perché ci dite queste cose solo adesso, all'ultimo momento? Perché non l'avete fatto dieci anni fa, quando c'erano i soldi? Perché tagliate l'assistenza sanitaria? Quanto si risparmia a sospendere la riabilitazione dei pazienti? Non si riesce più a pagare lo stipendio ai fisioterapisti? Ma per favore! A che serve cancellare il programma primaverile del Teatro Nazionale? Che fine farà la danza contemporanea? Perché quattro euro al mese per le biblioteche? Come fanno i bambini a imparare a sciare senza le piste coperte? Chi ha proposto i tagli sugli asili? E così i genitori non potranno più starsene un po' da soli in santa pace? Perché aumentare la retta dell'asilo in base al reddito? Perché abolire i contributi alle imprese? Tagliate i fondi per l'assistenza domiciliare? Ma se non sono mai esistiti!

Non poteva rispondere, ripeté il primo ministro, questa volta con voce più stentorea. Non c'erano risposte. Ci sarebbero, se ci fossero i soldi. Ma di soldi non ce n'erano più.

Gli sfuggì un largo sorriso, che ridusse subito a una linea sottile. Gli era rimasto nella memoria cellulare della pelle dai tempi in cui miele e melassa erano gratis per tutti.

Il ministro delle Finanze era rimasto per circa dieci secondi con la fronte poggiata sul tavolo e quando si tirò su sembrava un bambino piagnucolante strappato al sonno un chilometro prima di arrivare dai nonni.

Väinö armeggiava con l'apparecchio acustico. Il nastro adesivo si era staccato. Ne aveva sentite parecchie, ma non tutte. Qualcosa gli era sfuggito, speriamo niente di importante. Il primo ministro aveva fatto bene a non rispondere. Chiudi il becco se non hai risposte.

D'altra parte quei discorsi alla tivù non riguardavano chi era ormai vicino alla morte, come lui e Kerttu, ma chi rimaneva a questo mondo. E non toccavano nemmeno il figlio, che era in ospedale, né la nipote, che stava per entrarci. Lui quasi morto, lei quasi partoriente. Cosa potevano tagliare al figlio? Più tagliato di così... E alla nipote? Che stava per mettere al mondo un nuovo contribuente? Certo, un bambino all'inizio è solo una spesa, ma prima o poi comincerà pure a pagare le tasse. Kerttu domandò che programma stessero guardando.


Fanno dei tagli.

A chi?

A tutto il paese.

E chi li fa?

Quello che piange e quello che non risponde.

Non ce l'hanno un nome?

Sì, ma questo scotch da imbianchino si è staccato.

Che imbianchino?

Facciamoci un caffè.

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Adesso mi odi. Mi odierai sempre. L'odio è una calamita. Non ti libererai da quelli come me, neanche fuori di qui. Siamo lo specchietto retrovisore della società. Guardi noi e vedi dove vanno a finire le tue tasse. Io ho un diploma professionale di ingegneria. Ho misurato e progettato strade, ma poi la mia mi è scivolata via sotto i piedi. Tutti hanno un passato, un retroterra, ma lasciamo stare per il momento. In quegli arazzi con i cervi in riva a una sorgente, anche lì c'è un retroterra, uno sfondo, che è il bosco da dove sono arrivati. Eppure nessuno se ne cura, tutti guardano i cervi.

Ora sono ingegnere dell'animo umano. Osservo le azioni. E da lì che capisci, non dalle parole. A volte la parola è un'azione, ma è molto raro. Un tempo volevo affidare la mia vita a Dio, ma non l'ho fatto. Non sapevo cosa avrei avuto in cambio. Una volta ho incontrato un tale in via Helsinki, una persona molto devota. Aveva dedicato la sua esistenza a Dio, ma si vedeva che in cambio non aveva avuto nulla.

Rautala. Bel nome. Da rauta, ferro. Un nome, un destino. Hai fin troppa resistenza. Non molli mai. Non va bene. Prova un po' a cedere. Guarda il grano. Si piega ma non si spezza. E sarà ancora lì a ondeggiare quando noi saremo già schiattati da un pezzo. Sento che questo discorso non finirà mai. Quella cannula mi ha rovinato. Mi sono rimaste troppe cose sullo stomaco. Non potrai muoverti da questa sedia per parecchio tempo ancora, te lo garantisco. Dovranno sempre spostarti di peso. Finirai su un letto a fissare il soffitto. Nient'altro. Quindici anni fa mi sono lasciato cadere all'indietro. Per vedere se c'era qualcuno a prendermi. E c'era. Questo sistema. La rete di protezione. Un buon sistema. Fin troppo, dice qualcuno. I benestanti come te. Ma dipende anche da dove uno viene, dal suo retroterra. Qual è quello del cervo alla sorgente? No. Con questa storia del retroterra non si arriva da nessuna parte.

Il cervo viene dalla foresta, io da un appartamento di tre camere che sembrava un monolocale. Tutti sempre in soggiorno, papà, mamma, gli amici in visita. Un portacenere grande come un secchio sul tavolino, bottiglie di birra sparse ovunque. Sugli scaffali della libreria quattro volumi della Scala del sapere, alla parete una foto delle vacanze a Las Palmas attaccata col nastro adesivo, i miei con il boccale di birra in mano e due fumetti disegnati a pennarello all'altezza delle teste: «Buenos Birras!», papà in canottiera gialla, mamma in maglietta gialla, entrambi in pantaloncini turchesi, in totale sintonia cromatica, e una settimana dopo papà accoltella la mamma alla schiena, e in una sola notte usciamo tutti di scena. Fa anche rima, anche se manca il ritmo, ma chi se ne frega. Ora vado al centro medico di Maunula, tu te ne torni a casa, e così non ci vedremo più.


Silenzio.

Rautala aspettò che continuasse.

Aveva capito che Niittymäki non era dotato di nessun tappo da usare all'occorrenza, e di nessun buco che potesse essere tappato. Aveva recuperato la voce e ora nessuno poteva togliergliela. Libertà di parola. Diritto di opinione. Il che significa, in certi casi, diluvio.

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