Copertina
Autore Michel Houellebecq
Titolo La possibilità di un'isola
EdizioneBompiani, Milano, 2005, Narratori stranieri , pag. 404, cop.fle.sov., dim. 150x210x28 mm , Isbn 978-88-452-3493-4
OriginaleLa possibilité d'une ξle
EdizioneFayard, Paris, 2005
TraduttoreFabrizio Ascari
LettoreFlo Bertelli, 2005
Classe narrativa francese
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Indice


Parte prima
Commento di Daniel24             17


Parte seconda
Commento di Daniel25            141


Parte terza
Commento Finale - Epilogo       357


 

 

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Pagina 24

DANIEL24,1


Guarda i piccoli esseri che si
muovono in lontananza; guarda. Sono uomini.



Nella luce che declina, assisto senza rimpianti alla scomparsa della specie. Un ultimo raggio di sole sfiora la pianura, passa sopra la catena montagnosa che sbarra l'orizzonte verso est, tinge il paesaggio desertico di un alone rossastro. I reticolati metallici della barriera di protezione che circonda la casa scintillano. Fox ringhia piano; percepisce probabilmente la presenza dei selvaggi. Per loro non provo alcuna pietà né alcun sentimento di appartenenza comune. Li considero semplicemente come scimmie un po' più intelligenti, e di conseguenza più pericolose. Mi capita di aprire la barriera per soccorrere un coniglio o un cane randagio; mai per soccorrere un uomo.

Non mi verrebbe mai in mente, nemmeno, di accoppiarmi con una femmina della loro specie. Spesso territoriale negli invertebrati e nelle piante, la barriera interspecifica diventa principalmente comportamentale nei vertebrati superiori.


Da qualche parte, nella Città Centrale, c'è un essere simile a me; ha perlomeno i miei tratti e i miei organi interni. Quando la mia vita cesserà, l'assenza di segnale sarà captata in qualche nanosecondo e verrà avviata la fabbricazione del mio successore. Già l'indomani, o due giorni dopo al massimo, la barriera di protezione verrà riaperta; il mio successore si sistemerà fra queste mura. Sarà il destinatario di questo libro.

La prima legge di Pierce identifica la personalità con la memoria. Nella personalità esiste solo ciò che è memorizzabile (sia tale memoria cognitiva, procedurale o affettiva). Θ grazie alla memoria, per esempio, che il sonno non dissolve affatto la sensazione di identità.

La seconda legge di Pierce afferma che la memoria cognitiva ha come supporto adeguato il linguaggio.

La terza legge di Pierce definisce le condizioni di un linguaggio diretto.


Le tre leggi di Pierce avrebbero posto fine ai tentativi rischiosi di downloading memoriale tramite un supporto informatico, a beneficio da una parte del trasferimento molecolare diretto, e dall'altra di ciò che conosciamo oggi sotto il nome di racconto di vita, inizialmente concepito come un semplice complemento, una soluzione di attesa, ma che in seguito ai lavori di Pierce avrebbe assunto un'importanza considerevole. Così, questa avanzata logica fondamentale avrebbe curiosamente riportato in auge una forma antica, in fondo abbastanza vicina a quella che si chiamava un tempo autobiografia.

Riguardo al racconto di vita, non ci sono direttive precise. L'inizio può avere luogo in qualunque punto della temporalità, come il primo sguardo può cadere su qualunque punto dello spazio di un quadro; l'importante è che, a poco a poco, l'insieme ricompaia.

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Pagina 38

DANIEL24,2


Oggi che tutto appare, nella chiarezza del vuoto, ho la libertà di guardare la neve. Θ stato il mio lontano predecessore, lo sfortunato comico, ad avere scelto di vivere qui, nella casa che si innalzava un tempo — come attestano scavi e foto — sull'area dell'unità Proyecciones XXI, 13. Si trattava allora — è strano a dirsi e anche un po' triste — di una casa al mare.

Il mare è sparito, come la memoria delle onde. Disponiamo di documenti sonori e visivi; nessuno ci consente di provare veramente l'attrazione ostinata che pervadeva l'uomo, come testimoniano tante poesie, davanti allo spettacolo in apparenza ripetitivo dell'oceano che si frangeva sulla sabbia.

Non siamo in grado nemmeno di capire l'eccitazione della caccia e dell'inseguimento delle prede; né l'emozione religiosa né quella specie di frenesia immobile, senza oggetto, che l'uomo designava sotto il nome di estasi mistica.


Prima, quando gli esseri umani vivevano insieme, si procuravano soddisfazione reciproca grazie a contatti fisici; ciò lo comprendiamo, poiché abbiamo ricevuto il messaggio della Sorella Suprema. Ecco messaggio della Sorella Suprema, secondo la sua formulazione intermedia:

"Ammettere che gli uomini non hanno né dignità né diritti; che il bene e il male sono nozioni semplici, forme appena teorizzate del piacere e del dolore.

Trattare in tutto gli uomini come animali, che meritano comprensione e pietà, per le loro anime e per i loro corpi.

Rimanere in questa via nobile, eccellente."


Allontanandoci dalla via del piacere, senza riuscire a rimpiazzarla, non abbiamo fatto che prolungare l'umanità nelle sue tendenze tardive. Quando la prostituzione fu definitivamente vietata, e il divieto effettivamente applicato su tutta la superficie del pianeta, gli uomini entrarono nell' età grigia. Non ne sarebbero usciti mai, perlomeno prima della scomparsa effettiva della sovranità della specie. Nessuna teoria davvero convincente è stata formulata per spiegare ciò che ha tutte le apparenze di un suicidio collettivo.

Comparvero sul mercato dei robot androidi, muniti di una vagina artificiale molto efficiente. Un sistema esperto analizzava in tempo reale la configurazione degli organi sessuali maschili e stabiliva temperature e pressioni; un sensore radiometrico consentiva di prevedere l'eiaculazione, di modificare la stimolazione adeguatamente, e di far durare il rapporto tutto il tempo desiderato. Ci fu un successo di curiosità per qualche settimana, poi le vendite crollarono di colpo; le società di robotica, alcune delle quali avevano investito parecchie centinaia di milioni di euro, dichiararono fallimento una dopo l'altra. L'avvenimento fu commentato da certuni come una volontà di ritorno al naturale, alla verità dei rapporti umani; naturalmente non c'era nulla di più falso, e il seguito lo dimostrò con ogni evidenza: la verità è che gli uomini stavano semplicemente abbandonando la partita.

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Pagina 47

DANIEL24,3


Le falesie dominano il mare, nella loro assurdità verticale, e non ci sarà fine alla sofferenza degli uomini. In primo piano vedo le rocce, affilate e nere. Più lontano, sullo schermo sfarfallante, una superficie fangosa, indistinta, che continuiamo a chiamare mare, e che era un tempo il Mediterraneo. Degli esseri avanzano in primo piano, rasentando la cresta delle falesie, come facevano i loro antenati, parecchi secoli prima; sono meno numerosi e più sporchi. Si accaniscono, tentano di raggrupparsi, formano branchi o orde. La loro faccia anteriore è una superficie di carne viva, rossa, attaccata dai vermi. Trasaliscono per il dolore al minimo soffio di vento che trasporta semi e sabbia. Talvolta si gettano l'uno sull'altro, si affrontano, si offendono con colpi o parole. Progressivamente si distaccano dal gruppo, la loro andatura rallenta, cadono sulla schiena; elastica e bianca, la loro schiena resiste al contatto della roccia; somigliano allora a tartarughe capovolte. Insetti e uccelli si posano sulla superficie di carne nuda, offerta al cielo, la becchettano e la divorano; le creature soffrono ancora un po', poi si immobilizzano. Gli altri, a qualche passo di distanza, continuano le loro lotte e le loro manovre. Ogni tanto si avvicinano per assistere all'agonia dei compagni; in quei momenti il loro sguardo esprime soltanto una vuota curiosità.

Esco dal programma di sorveglianza; l'immagine sparisce, si riassorbe nella barra degli strumenti. C'è un nuovo messaggio di Marie22:

    Il blocco enumerato
    dell'occhio che si richiude
    nello spazio schiacciato
    racchiude l'ultimo termine.

247, 214327, 4166, 8275. Si fa la luce, cresce, sale; precipito in un tunnel di luce. Capisco ciò che provavano gli uomini quando penetravano la donna. Capisco la donna.

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Pagina 49

DANIEL1,4


         Poiché siamo uomini; non bisogna ridere delle sventure
                                 dell'umanità, ma commiserarle.
                                            Democrito di Abdera



Isabelle si indeboliva. Per una donna già toccata nella propria carne, non era ovviamente facile lavorare per una rivista come Lolita, dove arrivavano ogni mese nuove troiette sempre più giovani, sempre più sexy e arroganti. Fui io, me ne ricordo, ad affrontare per primo la questione. Camminavamo in cima alle falesie di Carboneras, che s'immergevano nere in acque di un blu incredibile. Non cercò scappatoie di alcun genere: effettivamente, nel suo lavoro bisognava mantenere una certa atmosfera di conflitto, di competizione narcisistica, cosa di cui si sentiva di giorno in giorno più incapace. Vivere avvilisce, notava Henri de Régnier; vivere logora, soprattutto — in alcuni sussiste probabilmente un nucleo non avvilito, un nucleo di essere; ma che peso ha questo residuo di fronte all'usura generale del corpo?

"Dovrò contrattare le mie indennità di licenziamento..." disse. "Non so come potrò farlo. Inoltre la rivista va sempre meglio; non vedo quale pretesto potrò addurre per andarmene."

"Prendi appuntamento con Lajoinie e glielo spieghi. Glielo dici semplicemente, come lo hai detto a me. Θ già vecchio, penso possa capire. Naturalmente è un uomo di denaro e di potere, e sono passioni che si spengono lentamente; ma a quanto mi hai dettò, mi sembra un uomo che può essere sensibile al logorio."

Fece ciò che le consigliavo, e le sue condizioni furono accettate integralmente; bisogna dire che la rivista le doveva quasi tutto. Quanto a me, non potevo ancora terminare la mia carriera – non del tutto. Bizzarramente intitolato Avanti, Milou! In cammino verso Aden!, il mio ultimo spettacolo era sottotitolato: "100% nell'odio" (la scritta sbarrava il manifesto, in un grafismo alla Eminem); non era affatto un'iperbole. Vi affrontavo subito il tema del conflitto mediorientale – che mi aveva già fruttato qualche bel successo mediatico – in un modo, come scriveva il giornalista di Le Monde, "singolarmente corrosivo". Il primo sketch, intitolato "La lotta dei minuscoli", metteva in scena degli arabi – ribattezzati "feccia di Allah"–, degli ebrei – definiti "pidocchi circoncisi" –, e persino dei cristiani libanesi, che venivano spiritosamente soprannominati "piattole della fica di Maria". Insomma, come notava il critico del Point, le religioni del Libro venivano "messe su un piano di parità" (in questo sketch perlomeno); il seguito dello spettacolo comportava una scenetta esilarante intitolata "I palestinesi sono ridicoli", in cui sviluppavo una serie di allusioni burlesche e salaci attorno ai candelotti di dinamite che i militanti di Hamas si avvolgevano attorno alla vita per fare poltiglia di ebrei. Poi mi abbandonavo a un attacco in piena regola contro tutte le forme di ribellione, di lotta nazionalista o rivoluzionaria, in realtà contro l'azione politica stessa. Sviluppavo naturalmente durante tutto lo show una vena anarchica di destra, del genere "un combattente messo fuori combattimento è un coglione di meno, che non avrà più l'occasione di battersi", che, da Céline a Audiard, aveva già reso celebre la comicità francese; ma inoltre, riattualizzando l'insegnamento di san Paolo secondo il quale ogni autorità viene da Dio, mi innalzavo talvolta fino a una meditazione cupa che ricordava l'apologetica cristiana. Lo facevo naturalmente eliminando ogni nozione teologica per sviluppare un'argomentazione strutturale e di natura quasi matematica, ehe poggiava particolarmente sui concetto di "buon ordine". Insomma, lo spettacolo era un classico, e venne subito salutato come tale: fu senza alcun dubbio il mio più grande successo di critica. Mai, a parere di tutti, la mia comicità si era librata così in alto (o non era mai caduta così in basso, era una variante, ma significava pressappoco la stessa cosa); mi vedevo spesso paragonato a Chamfort, addirittura a La Rochefoucauld.

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Pagina 109

Nel corso del pranzo non venne pronunciata una sola parola a proposito degli Elohim, e durante la settimana cominciai a chiedermi se ci credessero davvero. Non c'è nulla di più difficile da scoprire di una schizofrenia conoscitiva leggera, e per la maggior parte degli adepti fui incapace di pronunciarmi. Patrick, manifestamente, ci credeva, il che era del resto un po' inquietante: ecco un uomo che occupava un posto importante nella sua banca lussemburghese, che maneggiava somme che superavano talvolta il miliardo di euro, e che credeva a fantasie diametralmente opposte alle tesi darwiniane più elementari.

Un caso che mi intrigava ancora di più era quello di Scienziato, e finii col rivolgergli direttamente la domanda – con un uomo di un'intelligenza simile, mi sentivo incapace di fare il furbo. La sua risposta, come mi aspettavo, fu di una chiarezza perfetta. Uno, era possibilissimo, e persino probabile, che specie viventi, alcune delle quali sufficientemente intelligenti per creare o manipolare la vita, fossero apparse da qualche parte dell'universo. Due, l'uomo era proprio apparso per via evolutiva e la sua creazione da parte degli Elohim doveva dunque essere presa soltanto come una metafora – mi mise però in guardia contro una credenza troppo cieca nella vulgata darwiniana, sempre più abbandonata dai ricercatori seri; l'evoluzione delle specie doveva in realtà assai più alla deriva genetica che alla selezione naturale, cioè al puro caso e all'apparizione di gruppi etnici isolati geograficamente e di biotopi separati. Tre, era possibilissimo che il profeta avesse incontrato non un extraterrestre, ma un uomo del futuro; certe interpretazioni della meccanica quantistica non escludevano affatto la possibilità di risalita di informazioni, addirittura di entità materiali, nel senso inverso della freccia del tempo. Promise di fornirmi una documentazione sull'argomento, cosa che fece poco dopo la fine del seminario.

Preso coraggio, lo interrogai allora su un argomento che mi aveva impressionato fin dall'inizio: la promessa d'immortalità fatta agli elohimiti. Sapevo che venivano prelevate alcune cellule di pelle da ogni adepto e che la tecnologia moderna permetteva una conservazione illimitata; non avevo alcun dubbio sul fatto che le difficoltà minori che impedivano attualmente la clonazione umana prima o poi sarebbero state superate; ma la personalità? Il nuovo clone come avrebbe avuto il ricordo, seppur ridotto, del passato del suo antenato? E se la memoria non veniva conservata, come avrebbe avuto l'impressione di essere lo stesso uomo, reincarnato?

Per la prima volta lessi nel suo sguardo qualcosa di diverso dalla fredda competenza di una mente abituata alle nozioni chiare, per la prima volta ebbi l'impressione di una eccitazione, di un entusiasmo. Era il suo argomento, quello cui aveva consacrato la propria esistenza. Mi invitò ad accompagnarlo al bar, ordinò per sé una cioccolata molto cremosa, io presi un whisky — non parve nemmeno accorgersi dello strappo alle regole della setta. Alcune vacche si avvicinarono alla vetrata e si fermarono come per osservarci.

"Sono stati ottenuti risultati interessanti in certi nematelminti," cominciò Scienziato, "per semplice centrifugazione dei neuroni implicati, e iniezione dell'isolato proteico nel cervello del nuovo soggetto: si ottiene una trasmissione delle reazioni di rifiuto, in particolare quelle legate agli shock elettrici, e anche del percorso in certi labirinti semplici."

In quel momento, ebbi l'impressione che le vacche scuotessero il capo; ma per lui era come se non ci fossero.

"Tali risultati, ovviamente, non sono riproducibili nei vertebrati, e ancor meno nei primati evoluti come l'uomo. Suppongo che lei si ricordi di quanto ho detto, il primo giorno del seminario, riguardo ai circuiti neuronali... Be', la riproduzione di un simile dispositivo è concepibile non nei computer che conosciamo, ma in un certo tipo di macchina di Turing, che si potrebbe chiamare automa a cablaggio indefinito, su cui lavoro in questo momento. Contrariamente ai calcolatori classici, gli automi a cablaggio indefinito sono in grado di stabilire delle connessioni variabili, evolutive, fra unità di calcolo adiacenti; sono dunque capaci di memorizzazione e di apprendimento. Non c'è alcun limite a priori al numero di unità di calcolo che possono essere messe in relazione, e dunque alla complessità dei circuiti progettabili. La difficoltà a questo stadio, ed è notevole, consiste nello stabilire una relazione biiettiva fra i neuroni di un cervello umano, prelevato nei minuti immediatamente successivi al suo decesso, e la memoria di un automa non programmato. Essendo la durata di vita di quest'ultimo pressoché illimitata, basterà poi reiniettare l'informazione in senso inverso, in direzione del cervello del nuovo clone; sarà la fase del downloading, che, ne sono convinto, non presenterà alcuna difficoltà particolare una volta messo a punto l' uploading."

Calava la notte; le vacche si allontanarono a poco a poco per tornare ai loro pascoli, e non potevo fare a meno di pensare che si dissociassero dal suo ottimismo. Prima di congedarsi, mi diede il suo biglietto da visita: professor Slotan Miskiewicz, dell'università di Toronto. Era stato un piacere conversare con me, mi disse, un vero piacere; se desideravo altre informazioni, non dovevo esitare a inviargli una e-mail. Le sue ricerche procedevano bene in quel momento, nutriva buone speranze di realizzare progressi significativi nell'anno a venire, ripeté con una convinzione che mi parve un po' forzata.

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Pagina 122

"Non conosco gran che dell'arte contemporanea," mi scusai. "Ho sentito parlare di Marcel Duchamp, e basta."

"Θ stato certamente lui a esercitare la maggiore influenza sull'arte del XX secolo, sì. Si pensa più di rado a Yves Klein; eppure, tutti coloro che fanno delle performance, degli happening, che lavorano sul proprio corpo, fanno riferimento più o meno consapevolmente a lui."

Tacque. Vedendo che non rispondevo nulla, e che non sembravo nemmeno capire di che cosa intendesse parlare, riprese: "Schematicamente, hai tre grandi tendenze. La prima, la più importante, quella che assorbe l'80% delle sovvenzioni, e i cui pezzi si vendono più cari, è il gore in generale: amputazioni, cannibalismo, enucleazioni, ecc. Tutto il lavoro in collaborazione con i serial killer, per esempio. La seconda è quella che utilizza l'umorismo: hai l'ironia diretta sul mercato dell'arte, alla Ben; oppure cose più raffinate, alla Broodthaers, in cui si tratta di provocare il malessere o la vergogna nello spettatore, nell'artista, o in entrambi, presentando uno spettacolo pietoso, mediocre, di cui si possa dubitare costantemente che abbia il minimo valore artistico; hai anche tutto un lavoro sul kitsch, cui ci si avvicina, che si sfiora, che si può talvolta raggiungere brevemente a patto di segnalare con una metanarrazione che non si è mica così ciechi da non accorgersene. Infine, hai una terza tendenza, il virtuale: sono spesso dei giovani, molto influenzati dai manga e dall' heroic fantasy; tanti cominciano così, poi ripiegano sulla prima tendenza una volta che si sono resi conto che non ci si può guadagnare la vita su Internet.

"Suppongo che non ti collochi in nessuna delle tre."

"Mi piace molto il kitsch, talvolta, non ho per forza voglia di riderci su."

"Gli elohimiti vanno un po' lontano in questo senso. no?"

Sorrise. "Ma Il profeta lo fa del tutto innocentemente, non c'è alcuna ironia in lui, è molto più sano..." Notai al volo che aveva detto "il profeta" con totale naturalezza, senza una particolare inflessione di voce. Credeva davvero agli Elohim? Il suo disgusto per le produzioni pittoriche del profeta doveva talvolta imbarazzarlo, però; c'era qualcosa in quel ragazzo che mi sfuggiva, dovevo fare molta attenzione se non volevo urtarlo; ordinai un'altra birra.

"In fondo, è una questione di grado," riprese. "Tutto è kitsch, se vogliamo. La musica nel suo insieme è kitsch; l'arte è kitsch, la letteratura stessa è kitsch. Ogni emozione è kitsch, praticamente per definizione; ma anche ogni riflessione, e in un certo senso persino ogni azione. La sola cosa che non sia assolutamente kitsch è il nulla."

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Pagina 137

Ho l'impressione che Marie22, realizzando questa immagine, abbia voluto esprimere ciò che proverebbero gli umani dell'antica razza se si trovassero confrontati con la realtà oggettiva delle nostre vite — non è il caso dei selvaggi: anche se circolano fra le nostre case, se imparano in fretta a tenersene alla larga, nulla consente loro di immaginare le condizioni tecnologiche, reali, delle nostre esistenze.

Come testimonia il suo commento, sembra che Marie22, verso la fine, abbia persino cominciato a provare una certa compassione per i selvaggi. Ciò potrebbe avvicinarla a Paul24, con cui peraltro ha tenuto una corrispondenza costante; ma, mentre Paul24 trova accenti schopenhaueriani per ricordare l'assurdità dell'esistenza dei selvaggi, completamente votata alla sofferenza, e per invocare su di loro la benedizione di una morte rapida, Marie22 arriva persino a considerare che il loro destino avrebbe potuto essere diverso e che, in certe circostanze, avrebbero potuto conoscere una fine meno tragica. Θ stato comunque dimostrato parecchie volte che il dolore fisico che accompagnava l'esistenza degli esseri umani era loro consustanziale, che esso era la conseguenza diretta di un'organizzazione inadeguata del loro sistema nervoso, così come l'incapacità di stabilire relazioni interindividuali in una modalità diversa da quella dell'affrontamento derivava loro da un'insufficienza relativa degli istinti sociali rispetto alla complessità delle società che i mezzi intellettuali di cui erano dotati permettevano loro di fondare — ciò era già evidente nel caso di una tribù di media grandezza, per non parlare di quegli agglomerati giganteschi che dovevano restare associati alle prime tappe della scomparsa effettiva.


L'intelligenza consente iì dominio del mondo; essa non poteva apparire che all'interno di una specie sociale, e tramite il linguaggio. La stessa socialità che aveva permesso l'apparizione dell'intelligenza doveva in seguito ostacolarne lo sviluppo – una volta che furono messe a punto le tecnologie della trasmissione artificiale. La sparizione della vita sociale era la via, insegna la Sorella Suprema. Ciò non toglie che la sparizione di ogni rapporto fisico fra neoumani abbia potuto avere, e abbia ancora talvolta, il carattere di un'ascesi; è del resto il termine stesso che usa la Sorella Suprema nei suoi messaggi, secondo la loro formulazione intermedia perlomeno. Fra i messaggi che ho inviato io stesso a Marie22, ce ne sono alcuni che rientrano nel campo affettivo assai più che conoscitivo o proposizionale. Senza arrivare a provare per lei quello che gli esseri umani chiamavano desiderio, mi sono lasciato talvolta trascinare brevemente sulla china del sentimento.

La pelle fragile, glabra, mal irrorata degli esseri umani sentiva terribilmente la mancanza delle carezze. Una miglior circolazione dei vasi sanguigni cutanei, una leggera diminuzione della sensibilità delle fibre nervose di tipo L hanno permesso, fin dalle prime generazioni neoumane, di diminuire le sofferenze legate all'assenza di contatto. Però immaginerei difficilmente di vivere una giornata intera senza passare la mano sul pelo di Fox, senza sentire il calore del suo piccolo corpo affettuoso. Tale necessità non diminuisce via via che le mie forze declinano, ho persino l'impressione che essa si faccia più pressante. Fox lo sente, chiede meno di giocare, si rannicchia contro di me, mi posa la testa sulle ginocchia; restiamo notti intere in questa posizione – nulla eguaglia la dolcezza del sonno quando si dorme in presenza dell'essere amato. Poi torna il giorno a rischiarare la casa; preparo la scodella di Fox, mi faccio il caffè. Adesso so che non terminerò il mio commento. Lascerò senza vero rimpianto un'esistenza che non mi dava alcuna gioia effettiva. Considerando il trapasso, abbiamo raggiunto lo stato d'animo che era, secondo í testi dei monaci di Ceylon, quello che cercavano i buddhisti del Piccolo Veicolo: la nostra vita al momento della sua sparizione "ha il carattere di una candela che viene spenta". Possiamo dire anche, per ripetere le parole della Sorella Suprema, che le nostre generazioni si susseguono "come le pagine di un libro che si sfoglia".

Marie23 mi invia parecchi messaggi che lascio senza risposta. Sarà compito di Daniel25 prolungare il contatto, se lo desidera. Un freddo leggero mi pervade le estremità; è il segno che entro nelle ultime ore. Fox lo sente, lancia piccoli gemiti, mi lecca le dita dei piedi. Ho già visto parecchie volte Fox morire, prima che fosse sostituito dal suo simile; ho conosciuto gli occhi che si chiudono, il ritmo cardiaco che s'interrompe senza alterare la pace profonda, animale, del bello sguardo bruno. Non posso entrare in tale saggezza, nessun neoumano potrà davvero riuscirci; posso soltanto avvicinarmici, rallentare volontariamente il ritmo del mio respiro e delle mie proiezioni mentali.

Il sole si leva ancora, raggiunge lo zenit; il freddo, tuttavia, si fa sempre più intenso. Ricordi poco marcati appaiono brevemente, poi si cancellano. So che la mia ascesi non sarà stata inutile; so che parteciperò all'essenza dei Futuri.

Anche le proiezioni mentali spariscono. Mancano probabilmente alcuni minuti. Non provo altro che una leggerissima tristezza.

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Pagina 155

La sola possibilità di sopravvivenza, quando si è sinceramente innamorati, consiste nel dissimularlo alla donna che si ama, nel fingere in ogni circostanza un leggero distacco. Che tristezza, in questa semplice constatazione! Che accusa contro l'uomo!... Non mi era tuttavia mai venuto in mente di contestare tale legge né di sottrarmi a essa: l'amore rende deboli, e il più debole dei due è oppresso, torturato e infine ucciso dall'altro, che dal canto suo opprime, tortura e uccide senza cattive intenzioni, senza nemmeno provarne piacere, con una perfetta indifferenza; ecco ciò che gli uomini di solito chiamano amore.

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